Giovedì, 29 Luglio 2021 12:21

Aumenti materie prime, indagine CNA: quasi il 50% delle imprese prevede una flessione della redditività, il 20% perdita di fatturato e rallentamento dell'attività In evidenza

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Bordoni, CNA Produzione: ”Le imprese sono impotenti di fronte alla speculazione e i prezzi ufficiali non sono stati ancora aggiornati rispetto agli aumenti”

La spirale di rincari delle materie prime e dei semilavorati allarma le imprese del settore manifatturiero e in particolare le micro imprese sulle quali l’impatto degli aumenti dei prezzi è più rilevante. È quanto emerge da una indagine condotta dall’Ufficio Studi della CNA su un campione di circa mille tra micro e piccole imprese.

Un centinaio le imprese reggiane che hanno risposto al questionario, appartenenti per lo più ai settori della meccanica (29,41%) e altre attività manifatturiere (28,43%), come spiega il presidente della meccanica e coordinatore dell’Unione CNA Produzione Silvio Bordoni: “La fotografia presenta tinte fosche, il 49,23% subirà una riduzione dei margini di profitto, circa il 20% una perdita di fatturato e un rallentamento dell’attività produttiva. Inoltre, i rialzi delle materie prime potrebbero generare spinte inflazionistiche e mortificare la ripresa della domanda con riflessi negativi anche sull’occupazione”.

Le micro imprese sono le più esposte e con capacità molto limitate per adottare contromisure. I continui rincari e l’allungamento dei tempi di consegna rischiano di rendere insostenibili i preventivi accettati dalla clientela. Tra le contromisure il 73,85% del campione ha cercato di rinegoziare i preventivi proposti al cliente, mentre il 43% è alla ricerca di nuovi fornitori per cercare prezzi più vantaggiosi.

Nel complesso le imprese di minori dimensioni devono scegliere tra la forte contrazione dei margini di profitto e la possibilità di perdere il cliente.

Il fenomeno dei rincari, inoltre, ha innescato una serie di difficoltà nel reperire i materiali con una preoccupante dilatazione dei tempi di consegna. L’indagine si è focalizzata su un paniere di 28 materie prime e beni intermedi. Nei primi 5 mesi dell’anno le imprese reggiane intervistate hanno riscontrato aumenti importanti anche oltre il 150% per materiali come acciaio inox, alluminio, ferro, laminati e reti metalliche.

Nel segmento legname si segnalano aumenti in media del 25% per noce e teak, del 20% per rovere e circa il 17% per abete e pino.

Rialzi molto consistenti anche nelle plastiche con il polipropilene e il Pvc che hanno avuto rincari tra il 15% e il 30%, la componentistica elettronica mostra un aumento medio dei prezzi del 20%, appena più contenuto il rialzo dei semilavorati (per meccanica, chimica e legno) che si attesta intorno al 12,50%.

Le imprese valutano con preoccupazione anche l’allungamento dei tempi di consegna dei
materiali che in media mostrano una dilatazione di 25 giorni con punte nella componentistica elettronica (in alcuni casi possono superare i 6 mesi), polipropilene, poliuretano e pvc (33 giorni), laminati e reti metalliche 31 giorni. Slittamenti più contenuti per ceramiche e vetro (nessun allungamento rispettivamente per il 62,5% e il 50% delle imprese).

Quale che sia la causa di questa fiammata – conclude Bordoni – il rischio, gravissimo, di tali aumenti è la drastica riduzione della marginalità delle imprese e, di conseguenza, del loro eventuale rafforzamento dopo tanti anni di crisi. Oltre la metà delle imprese ammette di essere impotente di fronte alla speculazione non potendo adeguare alla crescita dei costi il controvalore dei contratti già sottoscritti, anche per l’obbligo di legge che impone di dover giustificare i costi attraverso i prezzari ufficiali che ancora non sono aggiornati rispetto agli aumenti che le imprese stanno subendo”.

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