Le esportazioni regionali (+5,0 per cento), continuano a procedere più rapide del commercio estero nazionale (+2,0 per cento). Per valore delle esportazioni, l'Emilia-Romagna si conferma subito dietro la Lombardia, che rallenta come il Piemonte, quarto, e cresce più del Veneto, terzo.
L'andamento è determinato dai risultati sui mercati europei, in particolare dell'Unione, e da un forte sviluppo nell'area asiatica, che compensa quello minimo su quelli americani. Riguardo ai settori, notevole la crescita dei mezzi di trasporto e macchinari. Il segno rosso caratterizza l'industria del legno; ferme ceramica e vetro, elettricità ed elettronica.
Nel primo trimestre 2019 rallenta la crescita delle vendite all'estero dell'Emilia-Romagna (+5,0 per cento), risultate pari a 16.027 milioni di euro. Secondo i dati Istat delle esportazioni delle regioni italiane, analizzati da Unioncamere Emilia-Romagna, l'export nazionale ha mostrato una tendenza positiva, ma molto meno dinamica (+2,0 per cento).
L'Emilia-Romagna si conferma come la seconda regione per quota dell'export nazionale (14,0 per cento), preceduta dalla Lombardia (26,9 per cento) e seguita dal Veneto (13,7 per cento) e dal Piemonte (10,0 per cento). Considerando queste regioni, nel primo trimestre dell'anno solo le esportazioni del Veneto sono aumentate (+1,4 per cento), mentre segnano un arretramento quelle della Lombardia (-1,6 per cento) e del Piemonte (-3,6 per cento).
I settori. Il risultato regionale è da attribuire principalmente all'importante industria dei macchinari e delle apparecchiature, che ha realizzato il 27,6 per cento delle esportazioni regionali, anche se con un aumento delle vendite contenuto al 4,1 per cento. Gli altri contributi più rilevanti sono stati quelli forniti dall'industria dei mezzi di trasporto (+8,4 per cento) e dall'altra manifattura (+28,9 per cento), da attribuire a un export decuplicato di prodotti del tabacco. Seguono gli apporti della metallurgia e dei prodotti in metallo e della chimica, farmaceutica, gomma e materie plastiche (+7,5 per cento per entrambe le industrie). Fermo l'export per le industrie della ceramica e vetro e dell'elettricità e elettronica. Segno rosso per l'industria del legno.
Le destinazioni. Nel primo trimestre l'andamento positivo si è fondato nuovamente sulla capacità di cogliere risultati positivi sui mercati europei (+4,2 per cento) e in particolare dell'Unione (+5,3 per cento), e di sfruttare una buona ripresa su quelli asiatici (+12,8 per cento) a fronte di una crescita minima su quelli americani (+1,5 per cento). Sui singoli Paesi si segnalano la forte crescita sul mercato del Regno Unito (+19,6 per cento), che ha assorbito il 7,5 per cento dell'export regionale, in anticipazione della Brexit, e l'ampia accelerazione delle vendite in Cina (+22,5 per cento). Al contrario continuano a crollare quelle verso la Turchia (-34,2 per cento).
14 nuove società entrano in ELITE grazie alla partnership con Intesa Sanpaolo attraverso Mediocredito Italiano. Tra queste new entri entry anche due aziende emiliano romagnole, la MAE di Piacenza e la MT di Rimini.
- ELITE raggiunge quota 1.177 società, di cui 734 italiane
- Fatturato aggregato delle 14 nuove aziende pari a 640 milioni di euro per un totale di risorse impiegate pari a 1.800 persone
- Terza classe della Lounge ELITE Mediocredito Italiano - Gruppo Intesa Sanpaolo - che ad oggi conta un totale di 65 società
- ELITE è la piattaforma internazionale del London Stock Exchange Group dedicata alle aziende ad alto potenziale di crescita
Oggi ELITE dà il benvenuto a 14 nuove aziende italiane grazie alla partnership strategica con Intesa Sanpaolo, attraverso Mediocredito Italiano - struttura del Gruppo dedicata alle PMI - nel quadro della pluriennale collaborazione con Confindustria, che dal 2009 a oggi opera con numerose iniziative e strumenti innovativi a supporto dell'economia del Paese.
ELITE è il programma internazionale del London Stock Exchange Group nato in Borsa Italiana nel 2012 con la collaborazione di Confindustria e dedicato ad aziende ambiziose con un business solido e una chiara strategia di crescita.
Il modello innovativo dell'ELITE Lounge, che fa leva sulla collaborazione tra ELITE e il mondo bancario, corporate e dei servizi, rappresenta un nuovo modo di supportare il cliente con la finalità di accelerarne la crescita internazionale e manageriale. L'obiettivo è quello di creare un ambiente dedicato che metta il cliente della banca al centro di un network di opportunità, competenze e valore.
Le nuove società che entrano oggi a far parte del network ELITE appartengono a diversi settori di eccellenza dell'economia italiana, dall'alimentare all'automotive, dall'industria al design. Le 14 aziende provengono da 7 diverse regioni, con un fatturato aggregato pari a 640 milioni di euro e un totale di 1.800 dipendenti.
Ad oggi sono 65 le società della Lounge ELITE Mediocredito Italiano - Gruppo Intesa Sanpaolo - la cui prima classe è partita a maggio 2018.
Luca Peyrano, CEO ELITE, ha dichiarato: "Siamo lieti di dare il benvenuto in ELITE a un nuovo gruppo di 14 aziende che rappresentano tanti settori di eccellenza del tessuto imprenditoriale italiano. Grazie alla collaborazione con Mediocredito Italiano, sono entrate in ELITE oltre 60 società di eccellenza che, nella nostra piattaforma, hanno la possibilità di accedere a ulteriori competenze e a nuovi capitali per finanziare la crescita a livello nazionale e internazionale. ELITE si conferma un programma di sostegno alla crescita, punto di riferimento per PMI innovative, ambiziose e in forte espansione".
Stefano Barrese, Responsabile Divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo, ha commentato: "In meno di un anno abbiamo già individuato oltre 60 PMI in tutta Italia per accompagnarle, insieme con ELITE, verso la crescita. Ci auguriamo di innescare in questo modo un meccanismo di sviluppo del potenziale e di crescita delle nostre imprese attraverso investimenti necessari in formazione, internazionalizzazione, accesso al mercato dei capitali e anche attraverso l'identificazione di strumenti finanziari innovativi che un Gruppo come Intesa Sanpaolo può offrire grazie a strutture dedicate alla valorizzazione dei progetti delle PMI italiane".
ELITE è la piattaforma che si propone di accelerare la crescita delle società attraverso un innovativo percorso di sviluppo organizzativo e manageriale volto a rendere imprese già meritevoli ancora più competitive, più visibili e più attraenti nei confronti degli investitori. ELITE offre alle aziende selezionate un set di strumenti e servizi pensati per prepararsi al reperimento dei capitali e cogliere nuove opportunità di visibilità e networking facilitando così la crescita e l'avvicinamento culturale delle imprese alle forme di funding disponibili, compresi i mercati dei capitali, pubblici e privati. Per ulteriori informazioni sul programma visitare il sito: www.elite-network.com
Giovedì 16 maggio Roberto Re fa tappa all'Hotel Parma & Congressi con un one night seminar di cinque ore dalle 19.00 alle 24.00 dal titolo "Tempo di risultati", in cui insegnerà il suo metodo per sviluppare una mentalità rivolta al raggiungimento degli obiettivi in meno tempo e con minore stress.
Per ulteriori informazioni 0521 18 55 155 o Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Di Mario Vacca Parma 5 maggio 2019 - La riforma della crisi d'impresa tra le altre cose prevede nuove responsabilità in capo agli amministratori ed ai membri dei CdA prevedendo l'obbligo della creazione di un corretto assetto organizzativo, amministrativo e contabile, oltre al costante monitoraggio dei flussi di cassa, cioè la capacità di far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate.
È un bell'aggravio di responsabilità ed aumento del lavoro di controllo.
L'evoluzione del compito degli amministratori è partita dall'attribuzione dei doveri nel controllo dell'andamento generale della società, passando per l'obbligo di attivarsi per impedire eventi pregiudizievoli dei quali gli amministratori hanno avuto conoscenza o avrebbero dovuto avere conoscenza; infine ciò non basta più, oggi il componente del Cda (e non solo l'amministratore delegato) è tenuto a monitorare costantemente anche i flussi di cassa generati dalla società, verificando che siano sufficienti a garantire la sostenibilità dei debiti per almeno sei mesi successivi e a garantire la continuità aziendale per l'esercizio in corso . In tutto ciò assume un ruolo fondamentale il monitoraggio dei flussi finanziari perché è la mancanza di liquidità la causa di gran lunga prevalente delle crisi d'impresa.
L'ampliamento delle responsabilità dei componenti del consiglio di amministrazione risponde all'esigenza di evitare che la crisi di una singola impresa danneggi un intero settore, arrecando problemi non solo a creditori, dipendenti, fisco, pubblica amministrazione, ma anche alla collettività nel suo complesso.
In quest'ottica sempre maggiori responsabilità sono addossate a chi detiene le leve del potere aziendale o è in posizione tale da poter effettuare un controllo efficace, quindi l'incompetenza ed un atteggiamento passivo – come viene definito in gergo l'attività di un amministratore poco presente – possono costare cari poiché in caso di default aziendale i creditori potranno chiedere al giudice l'espropriazione del patrimonio personale degli amministratori.
In questa fattispecie si apre ancora di più la forbice tra grandi imprese e PMI.
Le prime avranno sicuramente possibilità di adottare consigli di amministrazione con persone di comprovata esperienza mentre le imprese più piccole, spesso a conduzione familiare e che costituiscono la spina dorsale del nostro paese avranno più difficoltà tanto per la ricerca di comprovate figure quando per la concessione delle deleghe, che come sappiamo sono molto spesso la genesi dei problemi aziendali ove regna l'autorità del fondatore.
Il monitoraggio dei flussi finanziari dell'azienda, con un idoneo sistema, può essere inserito nel più ampio sistema del controllo di gestione introducendo nuove routine organizzative e gestionali che andranno implementate e successivamente lette da collaboratori o professionisti competenti e di comprovata esperienza.
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Particolare rilevanza nella ristrutturazione di un'azienda in crisi è quella legata alla capacità di finanziamento per le imprese in stato di crisi, sia durante la fase di esecuzione del piano, sia durante fase intercorrente tra la redazione del piano e la sua effettiva esecuzione.
di Mario Vacca Parma 27 aprile 2019 - Ancorché la ristrutturazione di un'impresa in crisi sia talvolta possibile anche senza il ricorso a nuovi finanziamenti a titolo di debito, le opzioni disponibili sono più numerose se la ristrutturazione è accompagnata da nuova finanza. La nuova finanza, infatti, consente di disporre di maggiori risorse sia per la gestione della fase di emergenza, sia per la successiva impostazione del processo di ritorno al valore.
A riguardo la disciplina è dettata negli artt. 182-quater e 182-quinquies, L.F. ed è valida per i finanziamenti ottenuti sia nell'ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti (ex art. 182-bis L.F.), sia in quello del concordato preventivo (ex artt. 160 ss. L.F.).
Finanziamenti erogati prima della presentazione della domanda
I crediti derivanti da finanziamenti erogati prima ed funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti sono prededucibili solo se siano previsti dal piano di cui all'art. 160 L.F. o dall'accordo di ristrutturazione e purché successivamente la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato.
Finanziamenti erogati in fase di esecuzione delle procedure
I crediti derivanti da finanziamenti effettuati in esecuzione di un concordato preventivo ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato sono prededucibili.
Finanziamenti soci
La prededucibilità si applica anche ai finanziamenti effettuati dai soci fino alla concorrenza dell'80 per cento del loro ammontare in deroga agli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c. Non vi è limitazione nel caso in cui il finanziatore ha acquisito la qualità di socio in esecuzione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti o del concordato preventivo.
Finanziamenti espressamente autorizzati dal Tribunale
Nel novero di una domanda di concordato o di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti il tribunale - verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione - può autorizzare a contrarre finanziamenti prededucibili a condizione che un professionista designato dal debitore ed in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, comma 3 , lett. d), L.F., attesti che tali finanziamenti siano funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.
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di Mario Vacca Parma 20 aprile 2019 - Il presupposto soggettivo delle procedure richiamate nei precedenti articoli prevede che possano accedervi le imprese (siano imprenditori individuali o società commerciali) ritenute fallibili. Rimarrebbero esclusi le società o gli imprenditori che non rappresentino i requisiti minimi e che, quindi, rimarrebbero in un limbo in quanto non fallibili ma senza una procedura atta a tutelare un accordo con i creditori.
La disciplina del sovraindebitamento, prevista dalla legge 27.01.2012, n. 3, rappresenta una novità assoluta per l'ordinamento italiano in quanto introduce la possibilità dell'esdebitazione. La proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, che il debitore può presentare ai Creditori, presuppone, a pena d'inammissibilità, la non assoggettabilità a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla legge fallimentare. Prevedendo nel proprio ordinamento una procedura dedicata all'insolvente civile persona fisica, l'Italia si è allineata agli altri Paesi occidentali, come raccomandato dalla Banca Mondiale, ed ha completato le fattispecie astratte delle procedure concorsuali.
Tale procedura si sostanzia nel diritto alla cancellazione di tutti i debiti non soddisfatti dalla liquidazione dell'attivo della procedura concorsuale dopo la conclusione di quella aperta con la sentenza dichiarativa di fallimento. Alla persona fisica, (consumatore/privato cittadino ma anche all'imprenditore agricolo) in sostanza, è stata riconosciuta la possibilità concreta di ripartire con una nuova attività commerciale.
La legge consente di accedere alla procedura di risanamento del debiti e rivolgersi all'organismo di composizione della crisi o ad un professionista abilitato e presentare al giudice un piano di rientro del debito. L'accordo approvato dal giudice genera la cd. esdebitazione quindi la riduzione del debito a quanto effettivamente il debitore è in grado di pagare mentre la parte residuale viene cancellata. Nell'eventualità che il piano non venisse approvato è prevista comunque la possibilità di accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio.
La disciplina prevede tre procedure:
I soggetti diversi dal consumatore (imprenditori sotto-soglia, liberi professionisti, enti non commerciali) che hanno contratto debiti durante l'esercizio di impresa possono accedere alternativamente a 2 tipi di procedure: Accordo da sovraindebitamento e Liquidazione dei beni con possibile esdebitazione.
Il consumatore invece può accedere a 3 procedure diverse che sono:
1) Accordo con i creditori: è previsto dall'articolo 7 della legge sul sovraidebitamento delle famiglie e prevede che il debitore possa proporre al creditore o ai creditori un accordo di una ristrutturazione del debito in base ad un piano; procedura meno favorevole rispetto al piano, dal momento che potrà essere approvata con il raggiungimento della maggioranza del 60% dei creditori.
2) Piano del consumatore: Tale procedura, non ha bisogno dell'accordo tra i creditori, perché è il Giudice a decidere anche se la proposta deve essere comunque superiore rispetto a quanto i creditori potrebbero ottenere attraverso la liquidazione del patrimonio; trattasi quindi della procedura più vantaggiosa per le persone fisiche che hanno contratto dei debiti al di fuori della attività imprenditoriale o professionale. Per accedere al piano consumatore occorre che vi siano le seguenti condizioni:
Sovraindebitamento;
Il debitore deve essere un soggetto escluso dalle procedure concorsuali previste nella legge fallimentare, per cui è applicabile solo ai consumatori, imprenditori agricoli, start up innovativa ecc.
Il debitore non deve aver fatto ricorso al piano del consumatore nei 5 anni precedenti e non deve aver subito la risoluzione, cessazione o revoca degli effetti del piano.
Il debitore deve fornire tutta la documentazione per ricostruire la sua situazione economica e patrimoniale.
3) Liquidazione del patrimonio di tutti i beni: "Procedura Salvagente" a cui il cittadino può accedere non avendo i requisiti per poter scegliere quali dei suoi beni cedere. Fatta eccezione dei beni impignorabili verrano liquidati tutti i beni necessari per pagare i debiti ed ottenere l'esdebitazione
Le prime due procedure sono affini al concordato, mentre la terza è più vicina alla procedura fallimentare
Chi usufruisce della Legge 3/2012, può ottenere che i creditori siano soddisfatti da quanto può realmente pagare e che l'ammontare del debito al di sopra delle sue disponibilità venga esdebitato, quindi cancellato con piena riabilitazione.
In tali procedure, e in particolar modo con la Liquidazione del Patrimonio, rientra lo stralcio del debito con il fisco. In alcuni casi il debito con l'Erario è stato stralciato al 10%, ottenendo risorse liquide a favore di altri creditori.
Con la legge del sovraindebitamento a decidere è quindi il giudice, dopo un'attenta analisi dei redditi e valutando anche il merito creditizio. Semplificando, il sovraindebitamento permette quindi alla persona fallita di risanare con modalità sostenibili la propria posizione debitoria, sgravarsi del peso dei debiti e reinserirsi nella società.
Per quest'ultimo articolo della serie dedicata agli strumenti per la risoluzione della crisi mi sono ispirato alla procedura presentata dalla collega Virginia De Rose agli organi competenti e da quest'ultimi accettati a favore del consumatore.
Per ogni eventuale approfondimento:
https://www.gruppor1.eu/public/userfiles/files/R1_Temporary%20Management.pdf
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Cibus Connect è stata l'occasione per incontrare il Presidente Giovanni Zaccanti e l'Amministratore Delegato Andrea Schivazappa di uno dei più affascinanti marchi locali, autori del processo di stabilizzazione prima e di espansione poi di "Parmacotto".
di Lamberto Colla Parma, 20 aprile 2019 -
Una ferita presto rimarginata, quella di Parmacotto, a conferma di una continuità garantita, in primis dalle "persone" ma non da ultimo dagli standard qualitativi espressi dai "prodotti" della gamma "Parmacotto".
E i numeri confermano questa chiara propensione alla crescita che dai 58 milioni di fatturato del 2017, si è passati a 72 milioni del 2018 con una previsione, assolutamente attendibile, di + 20 milioni di "nuovo fatturato" proveniente da oltre oceano attraverso la recente acquisizione di Cibo Italia, azienda che commercializza salumi italiani nel mercato statunitense sia tramite la Grande distribuzione, sia tramite il dettaglio.
Parmacotto LLC è quindi il nuovo player americano (controllato al 70% dalla azienda italia e per il 30% dagli originari fondatori di Cibo Italia, Larry Sala e Alessandro Sità), che con depositi dalla Est Coast alla West Coast svilupperà le linee strategiche che dovranno portare a una crescita del 25% annuo del fatturato USA.
"Quando abbiamo deciso di acquistare Parmacotto, in testa avevamo un progetto. Quello che abbiamo discusso con Schivazappa è stato di consolidare il marchio Parmacotto in tutta la sua presenza in Italia e come secondo punto era di progettare l'estero." Così inizia a raccontare la sua avventura parmense il Presidente Giovanni Zaccanti, già co-fondatore di SAECO e Caffitaly, che prosegue illustrando i fattori di forza che aveva rilevato in Parmacotto, dall'entusiasmo e competenza del personale alla solida validità del Marchio in Italia e all'estero.
"Chiaramente dopo un anno abbiamo cominciato a affrontare il problema con delle basi molto solide e soprattutto in modo organico e programmato per far sì che i progetti futuri esteri possano avere successo e non creino invece difficoltà."
L'obiettivo della nuova proprietà è pertanto di progredire sul mercato statunitense con una lenta ma costante progressione, ponendo attenzione alle note difficoltà del mercato d'oltre oceano ma che al contrario offre delle grandissime potenzialità.
"Tornerei sull'argomento iniziale di Parmacotto come azienda di Parma e del territorio. Noi, insieme ai ragazzi del team, - prende la parola l'amministratore delegato Andrea Schivazappa, ci siamo impegnati, facendo uno sforzo enorme, per lasciare l'autonomia a Parmacotto scongiurando la possibilità di venire aggregata a altre aziende del settore e di mantenere l'azienda sul territorio d'origine. Crediamo che una marca di tale appeal debba procedere in modo autonomo.
Con questa operazione non solo affermiamo che Parmacotto non doveva essere aggregata a altri ma deve diventare un polo aggregante per tutti quegli operatori che credono nei medesimi valori: di marca, di qualità e di affidabilità. Circa il mercato americano lo abbiamo studiato approfonditamente. Siamo andati là, abbiamo fatto le fiere, abbiamo parlato con gli operatori, abbiamo fatto store check, analisi con Nielsen, e la cosa importante che abbiamo capito è che la nostra marca e i nostri prodotti potevano avere uno spazio e uno sviluppo sul mercato americano. Dopo di ché ci siamo posti il problema di come entrare nel mercato statunitense. Abbiamo incontrato gli attuali partner e prima di tutto con loro abbiamo cercato di capire se avessero potuto condividere i nostri stessi valori. Come noi questi ragazzi, abbiamo appurato, condividono i medesimi valori compreso la qualità di servizio verso i consumatori. Da dieci anni sono sul mercato sia della GD che del dettaglio e sono riconosciuti come grandi professionisti. Con questa operazione quindi sfruttiamo le sinergie che troviamo nella società americana (ora Parmacotto LLC) andando a innestare quella che è la marca Parmacotto e i prodotti Parmacotto. Abbiamo già fatto operazioni di referenziamento presso i clienti e i primi feed back sono molto positivi, una positività che deriva da un consumatore che sta rapidamente cambiando i propri gusti."
Un aspetto non indifferente anche perché consentirà all'azienda italiana di ridurre al minimo l'ingredientistica nella costante ricerca della clean label.
I vertici di Parmacotto confermano l'obiettivo recentemente dichiarato di 20 milioni di euro da realizzare entro il 2020 nel mercato USA.
di Mario Vacca Parma 14 aprile 2019 - Un'azienda in stato di insolvenza può ricorrere al concordato preventivo per evitare il fallimento e tentare il risanamento (attraverso la prosecuzione dell'attività) o, se vuole liquidare il proprio patrimonio, godere della possibilità di distribuire agli aventi diritto il ricavato dei crediti.
Trattasi quindi di un istituto che consente all'imprenditore in crisi il soddisfacimento dei creditori della sua impresa, tramite un piano di ristrutturazione ed il pagamento dei debiti anche parziale attraverso qualsiasi forma; è quindi una particolare procedura concorsuale finalizzata a prevenire e ad evitare il fallimento. Rispetto agli altri è' uno strumento più complesso a livello di adempimenti ed ha il vantaggio rappresentato sia dalla prededucibilità dei crediti originati in conseguenza alla procedura, sia dal fatto che produce i suoi effetti per tutti i creditori, anche i dissenzienti. Per contro, a differenza degli altri è vincolato ad un più rigoroso rispetto della par condicio creditorum, ovvero l'uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore salve le cause legittime di prelazione.
Esistono in realtà due tipi di concordato preventivo:
il concordato ordinario: che prevede il deposito del ricorso con tutta la documentazione occorrente;
• il concordato con riserva (o in bianco): il debitore deposita la domanda e si riserva la possibilità di predisporre la restante documentazione entro un preciso termine.
Il debitore può prevedere due modalità per procedere al concordato:
• un concordato liquidatorio (prevedendo la cessione dei beni e quindi il termine dell'attività);
• un concordato di risanamento (come con un concordato con continuità, d'impresa).
Nel momento in cui viene presentata la domanda di concordato, il patrimonio del debitore viene protetto e congelato: vengono in particolare bloccate tutte le azioni esecutive (pignoramenti) e cautelari (ipoteche) dei creditori in modo da dare la possibilità di procedere alla valutazione dell'istanza e alla votazione sulla stessa. Il contenuto del piano è lasciato alla libera determinazione dell'impresa, che può individuare le concrete modalità di soddisfacimento dei creditori, "anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l'attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito".
L'impresa propone ai creditori un pagamento dei loro crediti secondo una percentuale che, per quelli chirografari (ossia che non hanno privilegi come ipoteche o non si tratta di lavoratori dipendenti) non può essere al di sotto del 20%; per i creditori privilegiati si ammette il pagamento parziale ed è ammessa la transazione fiscale e previdenziale. Il concordato è quanti un istituto a tutela dei creditori e da questi ultimi dev'essere approvato almeno da quanti rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. L'impresa debitrice può anche raggruppare i creditori per classi formate in base a diversi criteri.
Le modifiche apportate all'art. 178 L.F. nel corso del 2012 hanno introdotto il silenzio-assenso nel concordato preventivo. Il comma 4 dell'articolo in questione ora prevede che in mancanza di voto espresso in udienza e in assenza di dissenso pervenuto nei venti giorni successivi all'adunanza, i creditori si ritengono consenzienti.
L'art. 186 bis subordina l'ammissibilità di un concordato con continuità al requisito della "migliore soddisfazione" dei creditori rispetto alla prospettiva liquidatoria e agevola l'imprenditore che lo proponga consentendogli di proporre ai creditori chirografari anche una percentuale di soddisfazione inferiore al 20% minimo previsto invece per il concordato liquidatorio.
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Di Mario Vacca Parma, 7 aprile 2019 - Per ciascuna delle procedure prese in esame e richiamate nel precedente articolo, il piano attestato di risanamento – ex art. 67 – l'accordo di ristrutturazione dei debiti – ex art. 182-bis – ed il concordato preventivo – ex art 160 - è opportuno tenere conto di una serie di vantaggi e svantaggi, che possono indurre un'impresa in stato di necessità a ricorrere ad uno strumento piuttosto che ad un altro o addirittura anche a più strumenti. Nelle Linee-Guida per il finanziamento alle imprese in crisi, si afferma: "L'impresa può infatti iniziare trattative "protette" verso un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'art. 182-bis, commi 6° e 7° (supra, par. 1.3), e passare ad un concordato preventivo (conservando gli effetti protettivi sul proprio patrimonio) se lo strumento dell'accordo di ristrutturazione dei debiti si rivelasse inidoneo (art. 182-bis comma 8° )."
Il vantaggio comune alle tre procedure è rappresentato dalla possibilità, in caso di successivo fallimento, di esenzione da revocatoria fallimentare per gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere durante l'esecuzione dei piani.
L'Accordo di ristrutturazione dei debiti
Gli Accordi di Ristrutturazione dei Debiti sono uno strumento flessibile disciplinato dalla legge come mezzo di risanamento. L'impresa in crisi vi ricorre quando vuole ridurre la propria esposizione debitoria e tentare il risanamento. Il comma 1 dell'art. 182-bis L.F. prevede che l'imprenditore in crisi può domandare "l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il settanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, terzo comma, lett. d) sull'attuabilità dell'accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei"
Il contenuto dell'accordo con i creditori aderenti, anche di natura tributaria e previdenziale, è liberamente determinabile mentre a quelli non aderenti si deve assicurare l'integrale pagamento nei termini fissati dalla legge. Nel tentativo di raggiungere un accordo, che potrebbe durare anche del tempo, l'impresa può fare richiesta di pre-accordo al fine di ottenere l'applicazione "anticipata" delle tutele previste.
La tesi prevalente riconosce all'accordo di ristrutturazione una natura privatistica: si tratterebbe di un accordo tra privati che, se concluso nel rispetto di determinate regole di procedimento, produce gli effetti particolari previsti dalla legge, pertanto il legislatore ha valorizzato il ruolo dell'autonomia privata, mediante la previsione di una procedura semplificata a carattere stragiudiziale sfociante in un accordo, stipulato dal debitore con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, la cui efficacia è garantita dal provvedimento di omologazione del Tribunale.
Stante il carattere contrattuale dello stesso, il regolamento in esso previsto vincola esclusivamente i creditori che vi abbiano aderito. Per quanto concerne, gli altri creditori, la legge prevede, come requisito stesso di attuabilità dell'accordo , la sua idoneità ad assicurare il pagamento dei creditori estranei escludendo in tal modo qualsiasi effetto remissorio del loro credito.
L'accordo si ritiene privato anche in ragione del fatto che non determina l'apertura del concorso dei creditori sul patrimonio dell'impresa, non vi è l'obbligo di rispettare la par condicio tra i creditori e non è nominato alcun organo che rappresenta la massa dei creditori, non ha una efficacia vincolante verso tutti i creditori e quindi solo nei confronti degli aderenti.
Al contrario del piano di risanamento, la procedura dell'accordo è soggetta a pubblicità ed infatti, ha efficacia dalla data di pubblicazione sul registro delle imprese.
Al private equity la quota di maggioranza di Dino Corsini, leader nella produzione di prodotti colati da forno private label.
Milano, 1° aprile 2019 - Consilium SGR, attraverso il fondo Consilium Private Equity Fund III, annuncia l'acquisizione di una quota di maggioranza in Dino Corsini. La famiglia Corsini manterrà una quota nel capitale e continuerà a cooperare con la società con l'obiettivo di proseguire il percorso di forte crescita degli ultimi anni.
Fondata nel 1935, Dino Corsini opera come produttore di prodotti colati da forno (tortini, plumcake, muffin) per la marca privata fornendo i principali operatori della grande distribuzione organizzata in Italia.
Il mercato dei colati da forno è, nel settore delle merendine confezionate, il segmento a maggiore crescita e Dino Corsini, in tale ambito, rappresenta un'eccellenza in termini di qualità e ampiezza dell'offerta, con una gamma completa anche nella nicchia ad elevato potenziale dei prodotti salutistici (biologico, gluten-free, senza zuccheri aggiunti, farine speciali).
Consilium ritiene che, facendo leva sulla qualità del know-how produttivo e l'elevato livello di servizio offerto ai propri clienti, Dino Corsini sia in grado di consolidare la propria posizione di leadership nel mercato di riferimento ed è pronta a supportare l'azienda in un ambizioso piano di sviluppo.
Advisor di Consilium per gli aspetti contrattuali è stato lo studio Alpeggiani & Associati, mentre la due diligence contabile è stata curata da KPMG, quella di business da Long Term Partners, quella fiscale, legale e di struttura dallo studio Russo De Rosa & Associati e il financing da Essentia.
Advisor finanziario della famiglia Corsini è stato lo Studio Cenedese, mentre gli aspetti contrattuali sono stati curati dallo Studio legale Dentons.
L'operazione è stata finanziata da UniCredit, assistita dallo Studio legale Orrick.
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Consilium SGR
Consilium è una società di gestione del risparmio indipendente dedicata all'attività di private equity. Consilium gestisce due fondi mobiliari chiusi riservati a investitori qualificati: il Consilium Private Equity Fund e il Consilium Private Equity Fund III, con una dotazione complessiva di circa €300 milioni. Consilium si focalizza su opportunità di buy-out e investimenti in capitale di sviluppo in aziende italiane di piccole e medie dimensioni.