Fabio Vezzani - Sommelier abilitato – AIS Emilia Romagna -
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I segreti della Vigna d'Italia, consuetudini che vengono smentite dai fatti e lo studio tecnico dei vini da parte degli assaggiatori. Una giornata per comprendere ed approfondire quanto degustare un vino possa farne emergere legami indissolubili con il territorio di produzione ed i sistemi di produzione.
di L'Equilibrista - Bologna Palazzo del Re -
Dosaggio zero, pas dosè, assenza di ricolmatura, no dosage, sono solo alcune delle diciture più famose e ricercate per indicare che si parla di vini dal palato molto secco, pulito e rigorosamente vinificate con la tecnica del metodo classico, fiore all'occhiello della grande tradizione spumantistica italiana.
La giornata si apre con la tradizione ed una preziosa descrizione di una terra, la Franciacorta, che ha dato prova di grande sviluppo e che ha insegnato a fare sistema in modo pratico. Produrre qualità, è alla base della nostra cultura in Italia perché è l'unico modo che abbiamo per poterci differenziare e tracciare un solco di unicità nello sconfinato mondo della produzione di massa e della uniformità per senso di appartenenza.
L'Italia e la Franciacorta si sono posizionati dunque nella fascia alternativa del mercato, andando a scalzare dal trono alcuni Dei dell'Olimpo finora indiscussi ricercando affermazione e grande finezza nei profumi. L'evento e soprattutto la degustazioni offerta dal Consorzio di tutela del Franciacorta in collaborazione con l'Associazione Italiana Sommelier, hanno portato consapevolezza nella ridefinizione delle potenzialità del dosaggio zero, soprattutto in zone delicate come la Franciacorta che da sempre contraddistinte per dosaggi e creatori del SATEN, oggi possono vantare prodotti più secchi perché non dosati.
Questo miracolo viene garantito dalla gestione ottimale dell'altitudine, della scelta dei terreni, della vinificazione e del passaggio in legno oppure dalla permanenza dei lieviti, tanto da caratterizzare esempi calzanti che sono stati ben descritti qui di seguito. La fortunata posizione permette poi una completa maturazione delle uve tanto da esaltarne a pieno il frutto e la persistenza gusto olfattiva.
La serata, dedicata al concetto del dosaggio zero, inizia con la cantina Vezzoli Giuseppe, che applica il metodo solo uva, portando qui un quaranta mesi sui lieviti, producendo circa 200.000 bottiglie, facendo leva sul fatto che l'aggiunta della liquer della sola uva come frutto del lavoro delle persone, oltre ad essere garanzia di qualità è anche grande distinzione.
Il naso si distingue per sentori di poca panificazione, ma buon frutto croccante, usando infatti il solo 50% per l'assemblaggio e gestendo una spiccata freschezza che emerge nonostante la scelta tecnica usata, la nota citrina svetta su tutto, anche sulla mineralità che comunque rimane abbastanza evidente. Castelveder è la seconda interpretazione descritta e qui la parte incidente è lo stile di allevamento perché a 300 mt / slm, una cantina che produce circa 80.000 bottiglie l'anno, manifesta equilibrio nonostante permanga la bella freschezza che ora si fa meno pungente perché è il risultato della scelta di posticipare la raccolta, evitando il dosaggio, che lo premia. Questo prodotto è tutto Chardonnay 100% e vendemmiato il 25 agosto, quindi esaltando la fase fenolica e quella tecnologica ma garantendo alta la freschezza e la acidità su tutto.
Monte Rossa punta invece sui suoi 36 mesi di maturazione sui lieviti, che con una produzione di 500,000 bottiglie ne decreta forse quella più produttiva. Qui c'è da stupirsi perché la nota emergente mi riporta all'ossidazione e ad una venatura acetata evidente al naso, ben accentuata ma non coperta perché solo ingentilita grazie al 44% della fase di vinificazione effettuata in legno. Il palato si chiude molto bene mantenendo una parte di vegetalità garantita dall'azione del pinot nero che ne decreta longevità e stratificazione in bocca.
Ormai il palato è ben recettivo e ha appreso la lezione che il sommelier Nicola Bonera, già ambasciatore del Franciacorta e pluripremiato relatore AIS, ha voluto impartirci. Proseguiamo quindi con la cantina Santa Lucia che ci regala una prorompente interpretazione di un 38 mesi sui lieviti di un zona molto vocata e nota. Erbusco è famosa per caratterizzare vini più carichi e strutturati, con note tostate, ricche di nuance gialle zafferano che emergono grazie alla sua dorsale morenica, profonda ed esaltante che ne forgia un vino più masticabile e lungo.
Siamo quasi in chiusura di serata e le spiegazioni iniziano a legarsi fra loro creando un preciso filo conduttore perché adeguatamente approfondite e ben documentate, tanto da far emergere che qualsiasi metodo classico può ben figurare come dosaggio zero, perché soprattutto in Franciacorta a differenze delle altre zone, questo aspetto può meglio caratterizzarsi per ottimo irraggiamento, valorizzato dal terreno con ottime componenti minerali e differentemente stratificato, adeguata ventilazione e soprattutto una completa maturazione che permette di non dosare mai.
Parlavamo di terreno, proprio come capita nella zona di Adro, dove una cantina come Colle Battista regala note ossidative che si protraggono fino all'acqua ragia , grazie a terreni morenici e quindi di grande struttura, dal frutto molto caldo e carico. L'ultima cantina poi, sceglie di concentrare la sua attenzione sulla valorizzazione della maturazione e sulla peculiarità del terreno e quindi nonostante si parli sempre della stessa tipologia di vino, la cantina Borgo La Gallinaccia, si va a caratterizzare per uno spiccato frutto secco, con esaltanti note di croissant e bignè cremoso conferendo a questa ultima interpretazione una direzione di netta distinzione rispetto alla prima cantina approcciata, testimoniando un excursus interessantissimo che adesso esalta una spiccata mineralità che va a sostituire una freschezza riscontrata solo all'inizio della serata sulle prime cantine.
La nuova direzione che hanno scelto queste cantine è testimoniata anche dai grandi player italiani che non a caso portano prodotti che stanno andando verso questa direzione. Non a caso infatti Cadelbosco sta sfruttando il surriscaldamento termico e geologico per presentare una Annamaria Clementi 2008 che definisce il vero crocevia per la cantina perché la prima annata a fare il dosaggio zero.
Grandissimo prodotto, finemente assemblato con 20 vitigni diversi fra loro e risultato di 8 anni di affinamento, regalando note di pasticceria evolute, freschezza olfattiva e grande persistenza in bocca portando questo prodotto nel futuro di una modernità che apprezza sempre di più prodotti nudi, privi di artifizi e ottimamente bilanciati.
Esperienza quella fatta a Bologna che valorizza il lavoro fatto dai vignaioli e che testimonia sempre più come i tempi stiano cambiando, perché il rialzo termico è sempre più ago della bilancia nella scelta dei prodotti e sulle vinificazioni.
(foto gentilmente concesse dal consorzio tutela franciacorta)
Mattinata uggiosa e fredda in una Milano che si conferma sempre più centrale nel panorama della food and wine experience. Una copiosa nevicata fa da cornice al padiglione MICO, struttura dedicata e ben posizionata anche per chi viene da fuori città e vuole muoversi agevolmente sia in centro che nell'Hinterland meneghino. La tre giorni è dedicata ad Identità Golose 2018, hub della gastronomia e centro di divulgazione del saper fare della cucina e tradizione italiana a tavola, che ospita chef e professionisti, parte di una vera e propria comunità di pratica.
Certamente un evento che ha referenziato cuochi, chef e personalità dello show coking di ogni caratura ed esperienza, tanto da essere esempio quotidiano per esperimenti ma soprattutto simposi e conferenze su tutto quello che sia arte nel gusto e sostenibilità a tavola. Le personalità, sui diversi palchi, si scambiano continuamente la scena ed i nomi della grande cucina italiana si alternano nell'arco del tempo a loro dedicato.
L'idea di Paolo Marchi e Claudio Ceroni, direttori d'orchestra di questo evento multifunzionale, è davvero innovativa e la cosa interessante è che ancora in evoluzione visto che oggi si parla di una manifestazione permanente perché l'esposizione sta crescendo di interesse e di connessioni.
Ospitato poi all'interno del salone, c'è anche l'area riservata ai vini ed ecco spuntare la selezione promossa dal Wine Hunter – Helmuth Kosher, patron di Merano Wine Festival, già incontrato il Novembre scorso.
Sento decisamente tante Regioni diverse e la qualità è all'altezza delle mie aspettative. Alcune chicche si fanno riconoscere ovviamente per blasone e per qualità, come la cantina Marisa Cuomo che prosegue una produzione di elite e grande equilibrio gusto olfattivo grazie al Fiorduva che devo dire conferma sempre la sua grande fama. Frutta gialla e fiori di costiera sempre preponderante fino in fondo al sorso dalla poderosa struttura, ottimamente integrata con una sorprendente calda salinità salernitana che lo mantiene agile nonostante il grande calore e la persistenza sprigionati.
Menzione particolare poi per la cantina Ballabio di Casteggio che con il suo Farfalla dosaggio zero mostra eccellenze sia in olfazione che al gusto testimoniando fine opulenza che il pinot nero esprime senza intaccare minimamente la finezza che rimane intatta chiudendo alto rilasciando eleganza. La selezione si completa poi con un altro interessante esercizio di spumantizzazione italiana dato dal metodo classico rosè che si stacca per lodevoli note di carcadè e melograno.
A seguire incontro la cantina Torre di Giurfo che mi sorprende per le due versioni del Cerasuolo di Vittoria, in acciaio o con passaggio finale in legno. Sentendo entrambe le versioni mi ha fatto propendere sulla seconda stavolta, nonostante la mia iniziale riluttanza. Il Frappato, notoriamente vivo e più adatto ad abbinamenti semplici si sposa molto bene con questo 60% di Nero d'Avola che ne custodisce freschezza senza snaturarlo perché evidentemente lo polimerizza al meglio grazie al passaggio nel legno. Le due anime vengono trattate l'una distinta dall'altra infatti e poi assemblate per ottenere un ottimo blend che ne esalta il frutto, la struttura complesso dell'area vulcanica e la persistenza gusto olfattiva mantenendo un vino di sobrietà salvaguardando la profonda impronta siciliana.
Nel mio susseguirsi di degustazioni mirate ed approfondite riflessioni con vignaioli e produttori, l'intervista di oggi è il suggello naturale e soprattutto un momento fondamentale che possa spiegare come tutto questo possa avere una sua logica. Ci riceve con il solito proverbiale sorriso, il vulcanico Helmuth Kosher che strappo letteralmente al banco d'assaggio della cantina Bracco che per altro apprezzo molto per il suo Refosco. La chiacchierata che era iniziata a Merano, proseguita poi alla presentazione del Trento doc, oggi mi riserva qualcosa di più personale ed intimo. Helmuth Kosher realizza il sogno del Wine Hunter partendo dalla selezione di ben un milione di etichette, dove coadiuvato da fini professionisti , si impegna in prima persona e mettendoci la faccia, aggiungo io, per poter far conoscere Cantine quasi sconosciute al grande pubblico, micro realtà che senza il Wine Hunter non avrebbero avuto spazio.
Alle mie domande che si susseguono , la chiacchierata entra nel vivo e colgo la frase che forse mi rimane più impressa: "Amo parlare con il produttore, scambiare esperienze per capire il perché delle scelte fatte, tutti elementi che andranno a incidere profondamente sulla riuscita dei vini ricercando rispetto e valorizzando il rigore che questi professionisti mettono ogni giorno in campo".
Wine Hunter è meritocrazia e diffusione dei territori enoici in giro per l'Italia e per il Mondo, improntata a far diventare questa selezione un vero sigillo di qualità nel rispetto del consumatore e delle persone che concorrono al suo successo.
Proseguo e mi addentro nella zona fieristica dove si susseguono anche gli stand stranieri, fra i quali certamente il più celebrato è quello di FUTURE FOOD LAB dove la preparazione del giorno prevede la leggendaria e morbidissima carne di WAGYU, pura razza bovina e fiore all'occhiello della produzione del sol levante, sapientemente adattata alla cucina europea e proposta in abbinamento per esaltarne la succulenza e persistenza del piatto.
Paolo Marchi e Claudio Ceroni hanno portato una ventata di stile e segnato una tendenza in questi anni di sperimentazioni ed approfondimenti, perché gli specialisti, i tecnici della cucina ma soprattutto i grandi innovatori hanno trovato qui a Identità Golose la loro personale espressione.
Il futuro è roseo per questa manifestazione che mira a naturale rinnovamento e ricerca di assoluta qualità.
Di L' Equilibrista
La tradizione di un territorio dove la Regione sa fare la differenza e la biodiversità crea l'eccellenza. - Verona, Palazzo della Gran Guardia 3
da L'Equilibrista Verona 12 febbraio 2018 -
Cinquant'anni e non sentirli, mezzo secolo di storia e passione pura per un popolo di lavoratori, quello veneto, che continua a staccarsi da tutto per perseguire il suo personale credo andando a riscoprire tradizione facendo leva sul proverbiale senso pratico.
La giornata regala sorrisi sinceri, strette di mano e intuizioni. Geniali spunti fatti di semplici gesti che i Vignaioli della Valpolicella hanno portato all'apice facendo conoscere al Mondo intero un prodotto straordinario che non ha precedenti.
600 milioni il giro d'affari certificato, 2300 imprese coinvolte che lavorano per mantenere una produttività altissima fatta di 1250 giornate lavoro fra i dipendenti di queste isole felici che vogliono fare sempre di più.
I cinquant'anni della DOC sono stati raggiunti ma sembra proprio che nessuno dei presenti, come citato a più riprese durante la conferenza stampa, ha intenzione di rallentare.
Anzi il Governatore di Regione Veneto, Luca Zaia, ha sottolineato come questo debba essere preso a rifermento quale punto di partenza e non di arrivo.
Se si pensa che solo nel 2017 sono state prodotte fino a 62 milioni di bottiglie, allora possiamo comprendere come queste abbiano certamente sancito un fondamentale supporto per tutta l'economia della città e che soprattutto in provincia abbiano generato un indotto sostanzioso andando a garantire servizi fondamentali per il turismo.
Assistendo ad una crescita che dal 2009 al 2016 ha toccato il 54%, praticamente il doppio rispetto all'incremento di tutta la Regione nello stesso periodo, non si può che procedere a vele spiegate, senza dimenticare che dobbiamo fare i conti con dei mostri sacri come Venezia o Padova.
Concretamente, lo scenario opera a pieno regime, tanto che la produzione artigianale vede esportare ben 8 bottiglie su 10, grazie anche alle attività di promozione ed internazionalizzazione gestita dal Consorzio della Valpolicella che vede una partecipazione massiva anche dei più piccoli, perché nel 30% dei casi, le imprese presenti non superano una produzione di 20 mila bottiglie.
Tra le circa 1600 Aziende produttrici e socie, oltre la metà ha dimensioni sotto i 2 ettari mentre solo il 7% va oltre i 100,000 metri quadrati e questo deve far riflettere come sempre quando si parla di Italia. L'eccellenza di una Regione, la capacità di presentarsi come un unicum, crea valore e fa scuola alle altre Regioni che ancora si presentano frammentate soprattutto su mercati Internazionali che invece dovremmo solo dominare senza fatica, come altri nostri cugini fanno già da diversi decenni.
Una produzione lorda vendibile altissima, fissata fino a 24.000 euro per ettaro, così come il valore aggiunto, che in diversi casi supera il 30% creando ed assicurando sostenibilità nel comparto. Infine, il valore fondiario che in diverse aree può arrivare a 450 mila euro ed è del tutto rilevante perché rafforza il capitale di queste Aziende proiettate già nel futuro, garantendosi un accesso al credito con conseguenti investimenti.
Sull'Amarone in particolare, i mercati internazionali hanno visto una crescita in valore del 10% nel 2017 e di un 68% dei volumi complessivi sul fronte estero. Anteprima Amarone oltre ad occuparsi di far conoscere in modo diretto le Aziende, opera in modo attivo per la divulgazione delle indagini che promuove e cura personalmente. Una di queste, è stata svolta dall'Osservatorio dei Vini della Valpolicella che grazie a Nomisma-Wine Monitor, ha aperto una finestra su di un campione rappresentativo di imprese produttrici, che vede qualche conferma ma certamente una voce che non passa in osservato.
La Germania si conferma come il principale mercato di destinazione con uno stabile 30% delle vendite per la sola tipologia Amarone. Seguono gli Usa con un costante incremento del 10%, per Svizzera e Regno Unito si segnano incrementi vicini al 5%. Segnali interessanti arrivano anche dai mercati asiatici, che inizialmente occupati principalmente dal Giappone, oggi vedono anche la Cina che cresce arrivando ad un confortante 15%.
Confrontandomi brevemente poi con la Direttrice del Consorzio Valpolicella, Olga Bussinello, emerge che il risultato va letto in modo approfondito perché l'anno appena trascorso ha sancito per i vini rossi italiani un'annata non facile e quindi il fatto che l'Amarone invece sia in splendida forma, conferma ancora una volta il suo forte appeal sui mercati internazionali.
Scrivevo a proposito di una sorpresa ed infatti quella più rilevante arriva dal mercato italiano, che chiude il 2017 in grande ascesa, toccando un inaspettato incremento del 20% che francamente stupisce anche il sottoscritto.
In Italia, la Grande Distribuzione Organizzata detiene un ruolo ancora marginale nella diffusione di Amarone, perché si attesta attorno al 25% circa, quindi sono la ristorazione e le enoteche ad assorbire assieme il 60% di tutto il mercato. Cresce anche la vendita diretta, che se analizzata su base storica, fa un balzo apprezzabile perché sostenuta da un marketing esperienziale sempre innovativo proposto dalla città, unite ad iniziative di enoturismo nonché innovazioni portate dalle piattaforme di incoming di qualità, soprattutto in Valpolicella. E' da qui che arrivano tassi di crescita a due cifre rispetto alla media regionale che dal 2009 al 2016 ha registrato un clamoroso +54%.
Secondo le elaborazioni Nomisma-Wine Monitor, l'Amarone ha prodotto lo scorso anno un giro d'affari pari a circa 355 milioni di euro e che quindi valorizza a pieno la grande produttività della Valpolicella, che con 7994 ettari vitati e circa 2300 aziende produttrici, è la più grande doc italiana se la riferiamo alle 20 esistenti che possono vantare gli stessi cinquant'anni della denominazione nel 2018.
La cosa che mi ha fatto riflettere davvero di questa analisi è soprattutto l'indagine effettuata qualche mese prima sempre da Nomisma-Wine Monitor su un campione di millennials, cioè i nati fra gli anni 80 ed i 2000 sia statunitensi che italiani. Si è infatti capito che le parole "sostenibilità" e "atteggiamento bio" sono le parole chiave dei futuri consumi per quasi la metà degli intervistati.
Nel dettaglio, i vini sostenibili sono indicati dai Millennians americani in testa ai nuovi trend di consumo per ben il 29% dei casi, ma subito tallonati dalle tipologie 'autoctoni' (17%) e dai 'vini biologici' (15%).
Ora, se consideriamo che l'Italia è la terra naturale delle biodiversità e delle specie autoctone esistenti al Mondo, soprattutto vitivinicolo, il Bel Paese rappresenta la genesi per lo sviluppo strategico di un mercato che non è più di nicchia ma che sta prendendo piede per la maggioranza delle nuove generazioni sia europee che extraeuropee.
In aggiunta, lo stesso giudizio è stato espresso dai pari età italiani: per i quali il 26% sceglie i vini sostenibili e il 18% quelli biologici, creando così una spirale virtuosa che va cavalcata.
Il concetto di vigna intesa come totalità nel Paese Italia e caratterizzata in primis dallo stampo biologico, ha visto crescere nel 2016 le proprie esportazioni del 40% e fa riflettere come il 43% dei consumatori americani ritiene che il vino sostenibile sia di qualità mediamente più elevata. Questi consumatori si dimostrano disposti a spendere dal 10 al 20% in più per queste tipologie che sono realizzate con il minimo uso di pesticidi, fertilizzanti e nel rispetto dell'ecosistema locale.
Potrebbe quindi iniziare, per la tanto declamata "Fabbrica Italia", un momento florido che troverebbe il suo naturale sviluppo in un mercato che è già presente e che acclama solo una soluzione di qualità che per altro l'Italia e la Valpolicella ha già iniziato da tempo a cavalcare. Le Istituzioni e la storia hanno tracciato i confini di una DOC, l'Amarone e tutti i suoi attori ne stanno facendo una riserva naturale dalla quale poter attingere a piene mani e continuare nel suo sviluppo e prosperità.