La tradizione di un territorio dove la Regione sa fare la differenza e la biodiversità crea l'eccellenza. - Verona, Palazzo della Gran Guardia 3
da L'Equilibrista Verona 12 febbraio 2018 -
Cinquant'anni e non sentirli, mezzo secolo di storia e passione pura per un popolo di lavoratori, quello veneto, che continua a staccarsi da tutto per perseguire il suo personale credo andando a riscoprire tradizione facendo leva sul proverbiale senso pratico.
La giornata regala sorrisi sinceri, strette di mano e intuizioni. Geniali spunti fatti di semplici gesti che i Vignaioli della Valpolicella hanno portato all'apice facendo conoscere al Mondo intero un prodotto straordinario che non ha precedenti.
600 milioni il giro d'affari certificato, 2300 imprese coinvolte che lavorano per mantenere una produttività altissima fatta di 1250 giornate lavoro fra i dipendenti di queste isole felici che vogliono fare sempre di più.
I cinquant'anni della DOC sono stati raggiunti ma sembra proprio che nessuno dei presenti, come citato a più riprese durante la conferenza stampa, ha intenzione di rallentare.
Anzi il Governatore di Regione Veneto, Luca Zaia, ha sottolineato come questo debba essere preso a rifermento quale punto di partenza e non di arrivo.
Se si pensa che solo nel 2017 sono state prodotte fino a 62 milioni di bottiglie, allora possiamo comprendere come queste abbiano certamente sancito un fondamentale supporto per tutta l'economia della città e che soprattutto in provincia abbiano generato un indotto sostanzioso andando a garantire servizi fondamentali per il turismo.
Assistendo ad una crescita che dal 2009 al 2016 ha toccato il 54%, praticamente il doppio rispetto all'incremento di tutta la Regione nello stesso periodo, non si può che procedere a vele spiegate, senza dimenticare che dobbiamo fare i conti con dei mostri sacri come Venezia o Padova.
Concretamente, lo scenario opera a pieno regime, tanto che la produzione artigianale vede esportare ben 8 bottiglie su 10, grazie anche alle attività di promozione ed internazionalizzazione gestita dal Consorzio della Valpolicella che vede una partecipazione massiva anche dei più piccoli, perché nel 30% dei casi, le imprese presenti non superano una produzione di 20 mila bottiglie.
Tra le circa 1600 Aziende produttrici e socie, oltre la metà ha dimensioni sotto i 2 ettari mentre solo il 7% va oltre i 100,000 metri quadrati e questo deve far riflettere come sempre quando si parla di Italia. L'eccellenza di una Regione, la capacità di presentarsi come un unicum, crea valore e fa scuola alle altre Regioni che ancora si presentano frammentate soprattutto su mercati Internazionali che invece dovremmo solo dominare senza fatica, come altri nostri cugini fanno già da diversi decenni.
Una produzione lorda vendibile altissima, fissata fino a 24.000 euro per ettaro, così come il valore aggiunto, che in diversi casi supera il 30% creando ed assicurando sostenibilità nel comparto. Infine, il valore fondiario che in diverse aree può arrivare a 450 mila euro ed è del tutto rilevante perché rafforza il capitale di queste Aziende proiettate già nel futuro, garantendosi un accesso al credito con conseguenti investimenti.
Sull'Amarone in particolare, i mercati internazionali hanno visto una crescita in valore del 10% nel 2017 e di un 68% dei volumi complessivi sul fronte estero. Anteprima Amarone oltre ad occuparsi di far conoscere in modo diretto le Aziende, opera in modo attivo per la divulgazione delle indagini che promuove e cura personalmente. Una di queste, è stata svolta dall'Osservatorio dei Vini della Valpolicella che grazie a Nomisma-Wine Monitor, ha aperto una finestra su di un campione rappresentativo di imprese produttrici, che vede qualche conferma ma certamente una voce che non passa in osservato.
La Germania si conferma come il principale mercato di destinazione con uno stabile 30% delle vendite per la sola tipologia Amarone. Seguono gli Usa con un costante incremento del 10%, per Svizzera e Regno Unito si segnano incrementi vicini al 5%. Segnali interessanti arrivano anche dai mercati asiatici, che inizialmente occupati principalmente dal Giappone, oggi vedono anche la Cina che cresce arrivando ad un confortante 15%.
Confrontandomi brevemente poi con la Direttrice del Consorzio Valpolicella, Olga Bussinello, emerge che il risultato va letto in modo approfondito perché l'anno appena trascorso ha sancito per i vini rossi italiani un'annata non facile e quindi il fatto che l'Amarone invece sia in splendida forma, conferma ancora una volta il suo forte appeal sui mercati internazionali.
Scrivevo a proposito di una sorpresa ed infatti quella più rilevante arriva dal mercato italiano, che chiude il 2017 in grande ascesa, toccando un inaspettato incremento del 20% che francamente stupisce anche il sottoscritto.
In Italia, la Grande Distribuzione Organizzata detiene un ruolo ancora marginale nella diffusione di Amarone, perché si attesta attorno al 25% circa, quindi sono la ristorazione e le enoteche ad assorbire assieme il 60% di tutto il mercato. Cresce anche la vendita diretta, che se analizzata su base storica, fa un balzo apprezzabile perché sostenuta da un marketing esperienziale sempre innovativo proposto dalla città, unite ad iniziative di enoturismo nonché innovazioni portate dalle piattaforme di incoming di qualità, soprattutto in Valpolicella. E' da qui che arrivano tassi di crescita a due cifre rispetto alla media regionale che dal 2009 al 2016 ha registrato un clamoroso +54%.
Secondo le elaborazioni Nomisma-Wine Monitor, l'Amarone ha prodotto lo scorso anno un giro d'affari pari a circa 355 milioni di euro e che quindi valorizza a pieno la grande produttività della Valpolicella, che con 7994 ettari vitati e circa 2300 aziende produttrici, è la più grande doc italiana se la riferiamo alle 20 esistenti che possono vantare gli stessi cinquant'anni della denominazione nel 2018.
La cosa che mi ha fatto riflettere davvero di questa analisi è soprattutto l'indagine effettuata qualche mese prima sempre da Nomisma-Wine Monitor su un campione di millennials, cioè i nati fra gli anni 80 ed i 2000 sia statunitensi che italiani. Si è infatti capito che le parole "sostenibilità" e "atteggiamento bio" sono le parole chiave dei futuri consumi per quasi la metà degli intervistati.
Nel dettaglio, i vini sostenibili sono indicati dai Millennians americani in testa ai nuovi trend di consumo per ben il 29% dei casi, ma subito tallonati dalle tipologie 'autoctoni' (17%) e dai 'vini biologici' (15%).
Ora, se consideriamo che l'Italia è la terra naturale delle biodiversità e delle specie autoctone esistenti al Mondo, soprattutto vitivinicolo, il Bel Paese rappresenta la genesi per lo sviluppo strategico di un mercato che non è più di nicchia ma che sta prendendo piede per la maggioranza delle nuove generazioni sia europee che extraeuropee.
In aggiunta, lo stesso giudizio è stato espresso dai pari età italiani: per i quali il 26% sceglie i vini sostenibili e il 18% quelli biologici, creando così una spirale virtuosa che va cavalcata.
Il concetto di vigna intesa come totalità nel Paese Italia e caratterizzata in primis dallo stampo biologico, ha visto crescere nel 2016 le proprie esportazioni del 40% e fa riflettere come il 43% dei consumatori americani ritiene che il vino sostenibile sia di qualità mediamente più elevata. Questi consumatori si dimostrano disposti a spendere dal 10 al 20% in più per queste tipologie che sono realizzate con il minimo uso di pesticidi, fertilizzanti e nel rispetto dell'ecosistema locale.
Potrebbe quindi iniziare, per la tanto declamata "Fabbrica Italia", un momento florido che troverebbe il suo naturale sviluppo in un mercato che è già presente e che acclama solo una soluzione di qualità che per altro l'Italia e la Valpolicella ha già iniziato da tempo a cavalcare. Le Istituzioni e la storia hanno tracciato i confini di una DOC, l'Amarone e tutti i suoi attori ne stanno facendo una riserva naturale dalla quale poter attingere a piene mani e continuare nel suo sviluppo e prosperità.