Donne alla guida? Sono una sicurezza. Statistiche sugli incidenti e osservazioni degli psicologi del traffico sfatano il detto "donne al volante, pericolo costante". A parità d'incidenti, in base ai chilometri percorsi, quelli causati dagli uomini sono più gravi.
Il vecchio adagio "donna al volante pericolo costante" è da tempo un falso mito già soppiantato dalle statistiche sulle strade di mezzo mondo. Perchè quello che veniva chiamato "gentil sesso" rappresenterebbe una sicurezza alla guida più degli uomini, secondo i dati rivenienti dagli incidenti, ma anche dalle osservazioni degli psicologi del traffico.
A tal proposito, lo "Sportello dei Diritti" ritiene molto interessante quanto riportato dall'Ufficio prevenzione e infortuni (Upi) svizzero, il centro elvetico che ha mandato federale per la prevenzione degli infortuni al servizio della popolazione, secondo cui le donne al volante sarebbero più disciplinate e si assumerebbero meno rischi rispetto agli uomini, e ciò benché abbiamo meno esperienza. Rispetto agli uomini, rileva in particolare la psicologa Uwe Ewert dell'Upi, le donne non amano la velocità e sono meno spesso sotto l'influenza dell'alcool. Questi due fattori di rischio distinguono chiaramente, a dire degli esperti, i due sessi quando sono al volante.
Il numero di incidenti è più o meno uguale quando vengono messi in relazione ai chilometri percorsi, con però una differenza fondamentale. «Gli incidenti causati dagli uomini risultano molto più gravi rispetto a quelli provocati da donne», evidenza la Ewert. La possibilità di ferirsi gravemente o di morire è nettamente più alta tra gli esponenti del sesso "forte". Le donne guidano molto di meno sulle autostrade, dove il rischio di incidenti è più basso. Mentre causano numerosi incidenti agli incroci.
Da un punto di vista statistico, gli uomini sono due volte più numerosi rispetto alle donne ad essere coinvolti in incidenti gravi, secondo un'analisi dell'Upi. In Svizzera, nel 2016, si sono registrati 2600 uomini coinvolti in incidenti gravi rispetto a 1400 donne. Gli incidenti gravi causati da donne sono dovuti in buona parte al non rispetto della precedenza: sono due volte più frequenti degli incidenti causati da disattenzione o eccessiva velocità, e otto più elevati rispetto agli incidenti provocati dall'alcool. Tra gli uomini, il mancato rispetto della precedenza è la causa principale di incidenti, ma tale dato è solo due volte più elevato rispetto alla disattenzione, la velocità o l'alcool che per Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", si confermano le cause principali di sinistri stradali sulle strade europee e per le quali è corretto l'incremento di misure dei governi tesi sanzionare i comportamenti che mettono a repentaglio la sicurezza e l'incolumità dei cittadini.
di Guido Zaccarelli 23 dicembre 2017 - Il bullo è una figura carismatica che illumina gli angoli anche più remoti di ogni paese o città. Lo puoi trovare in ogni luogo e in ogni momento attorniato da persone che ne esaltano le qualità, oppure essere al centro di una contesa irridente per i comportamenti assunti e gli atteggiamenti messi in atto nella quotidianità.
È il riferimento positivo per alcuni, da cui trarre esempio, e negativo per altri, da cui tenersi "alla larga", per non essere inclusi nella stretta cerchia dell'amicizia.
Un personaggio, quello del bullo, che si colloca tra l'eroe del momento che riesce a compiere gesta impossibili e il tesoro di casa perché dotato di uno spirito buono e avvolto dall'aria di bravo ragazzo. "un bell'eroe, l'eroe del giorno". Un mito accomunato agli Dei quale frutto dell'amore tra una divinità e una creatura mortale alla perenne ricerca dell'attenzione, e un debole da ricondurre a stili di vita e comportamenti sociali condivisi. Un artista che esprime il desiderio della gloria soffocato dall'IO incapace di dare un senso compiuto alla sua esistenza.
Anche l'etimologia aiuta a descrivere con un'ampia accezione positiva il bullo, boel, che in olandese significa fratello. Il tempo ha cambiato il senso originale del termine riconducendo il bullo ad assumere una accezione negativa, un eroe, da cui tenersi "alla larga".
L'evoluzione dei tempi ha aggravato la sua posizione sociale soprattutto innanzi alla spavalda presenza della tecnologia capace di nascondere nell'intimo del bit le emozioni e i sentimenti di chi subisce l'ingerenza del bullo digitale.
Nel mondo analogico il bullo prendeva di mira il malcapitato e esprimeva in bella vista l'immagine del bellimbusto con azioni dirette o condivise con alcuni amici di quartiere. In paese, tutti sapevano e vedevano. Il dito era il gesto che accomunava la comunità per indicare il bullo, spesso apostrofato nel linguaggio corrente del dialetto locale, che completava l'identità del personaggio, conferendogli una etichetta indelebile per tutta la vita. Sapevano chi era e come si muoveva. Molti in quel mondo hanno sicuramente subito la sua influenza mettendo a dura prova la propria serenità. La presenza della famiglia e il grado di relazione esistente con i figli hanno contribuito, in molti casi, a superare le difficoltà e il disagio del momento e accedere ad una via di fuga, per non rimanere imbrigliati nella sua stretta morsa. La famiglia il punto da cui partire.
Nel mondo digitale tutto cambia. La tecnologia mette a disposizione delle persone una scatola nera che contiene il DNA di ogni singolo individuo. I dati e le informazioni raggiungono le profondità marine dei bit fino a sprofondare nelle tenebre lontane dalla luce del giorno, dove tutti sanno e conoscono. Il bullo si muove nelle ramificazioni sotterranee e invisibili delle connessioni digitali che mettono in contatto le scatole nere di ogni individuo. Approfitta della debolezza altrui e in modo lucido sferra l'attacco, attraendo l'intima curiosità di altri individui disposti a prestare il fianco in forma anonima, dietro la maschera dei bit.
Tutto quello che poteva rimanere confinato all'interno di una comunità analogica, che vedeva, sapeva e poteva intervenire, ora è confinato all'interno di una comunità digitale che promuove nell'ombra, e senza controllo, le attività del bullo. La tecnologia da sola non è in grado di arginare il bellimbusto e confinarlo in un territorio oltre confine.
Serve la presenza forte della famiglia in grado di mantenere un dialogo aperto e costruttivo tra gli stessi membri, evitando di comunicare al proprio interno, con la tecnologia. Serve riconquistare il dialogo scuola – famiglia per godere della stima e della fiducia reciproca e avviare piani di comunicazione orizzontali orientati alla crescita del benessere personale, sociale e culturale.
Il dialogo scuola – famiglia è un faro a cui puntare per ricondurre il bullo alla etimologia iniziale di bravo ragazzo e di eroe per la vita. Non è facile arginare il comportamento dell'eroe digitale quando si muove nell'ombra della caverna di Platone e appare in tutta la sua evidenza il contrasto tra il sole e le tenebre, che s'incontrano camminando nei cunicoli sotterranei della grotta privi di luce. Innanzi alla possibilità di illuminare passaggi interrati e riportare il bullo alla luce della comunità, il legislatore ha ravvisato la necessità d'intervenire con una legge per contrastare i comportamenti messi in atto dal bullo, e i fenomeni da essi derivati, con azioni preventive unite a piani educativi integrati a tutela nei confronti, dei minori.
La Senatrice Elena Ferrara è stata la prima firmataria della Legge 29 maggio 2017, n. 71: disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo che agisce sul versante della scuola e del trattamento dei dati coinvolgendo i gestori dei siti web.
Il bullo e il fenomeno ad esso associato, il bullismo, diventato cyber-bullismo, per la sua esistenza a contatto con il mondo digitale del bit, può trovare una risposta chiara e precisa solo agendo sul recupero della fiducia, della stima e del dialogo tra genitori e figli, aperto alla capacità di ascolto e di intesa con tutte le istituzioni, intente ad elevare fronti comuni per osteggiare l'avanzata di episodi che ledono l'immagine, la serenità e la vita individuale e sociale di molte persone e, spesso, di un intero paese. Serve riconquistare il dialogo famiglia¬ – scuola – istituzioni per accerchiare e isolare il bullo e il bullismo, come fenomeno di massa in continua evoluzione, al quale è necessario rispondere con fermezza cercando tutti di volgere lo sguardo oltre la nostra personale linea di confine che separa la luce dall'oscurità perché «l'essenziale è invisibile agli occhi.»
Purses&I è attualmente uno dei 10 personal style blog più seguiti in Italia, molto apprezzato per la qualità delle immagini e la cura dei contenuti. La sua autrice è Laura Comolli, fra le tre importanti influencer scelte dal marchio Coccinelle come icona di stile.
Una blogger fuori dagli schemi e dagli stereotipi che ieri sera è stata ospite d'eccezione presso lo store di Parma. Fra scatti e dirette live sui social ha condiviso con tutti i suoi followers - oltre 320 mila solo su instagram - l'evento esclusivo #CoccinelleLovesParma.
Numerosi gli invitati al restyling dello store che hanno potuto ammirare borse e accessori del noto brand, ma anche scattarsi selfie ricordo con foto stampata sul momento e avere in omaggio deliziosi portachiavi in pelle personalizzati a mano per l'occasione.
Durante la giornata Laura è stata inoltre protagonista di uno shooting fotografico in giro per la nostra città.
Qui sotto le foto della serata!
Mai una gioia! Anche la nazionale di calcio ci ha traditi. Il web si scatena con l'ironia ignorando una nazionale che non si è mai fatta amare.
di Lamberto Colla Parma 19 novembre 2017
Tanta fatica per nulla. Anni e anni per imparare l'inno di Mameli e ora, quando finalmente dopo 71 anni di provvisorietà, il "Canto degli Italiani" è stato nobilitato a Inno Ufficiale, gli Azzurri del calcio non potranno sfoggiare le loro doti canore sotto i riflettori mondiali di Russia.
Una qualificazione mancata che alla fine non è stata una sorpresa, almeno a giudicare dalla reazione composta del pubblico "social". Al contrario, dalle testate giornalistiche nazionali, qualcuno ha tentato di giustificare la sconfitta dell'andata con gli svedesi con una certa partigianità dell'arbitro mentre altri commentatori hanno voluto sottolineare la prestazione d'orgoglio della squadra, colpita da sfortuna negli ultimi 90 minuti del girone di qualificazione.
E non hanno intenerito e tantomeno commosso le lacrime di Buffon & C. di fine partite. Troppo evidente che fossero frutto di una delusione personale, per la mancata "gita" in terra cosacca e i suoi annessi e connessi di gratificazioni, economici e d'orgoglio, piuttosto che per la delusione regalata ai propri tifosi.
A quel popolo che si riunisce sotto la stessa bandiera solo nelle occasioni dove gioca l'Italia, non resta che spegnere la lampadina dei sogni. Un popolo che ha la sola pretesa di ammirare l'orgoglio, la dignità e la forza di tentare sino alla fine di superare l'avversario.
La vittoria può arrivare o meno, ma la grande soddisfazione viene comunque dalla prestazione coraggiosa degli uomini scesi in campo e dalla loro determinazione a onorare il tricolore e la maglia "azzurra".
"Mai una gioia". Quell'orgoglio e determinazione non sono emersi dalla nazionale che meritatamente resterà in panchina.
Una nazionale brutta, presuntuosa e anche poco elegante. Giocatori più intenti al loro look (spesso discutibile) e a non farsi male per non dover rinunciare alle ben più remunerative partite di club.
Guidati da un CT più somigliante all'anziano, intento quotidianamente a commentare e criticare i lavori delle fognature sotto casa, che a un condottiero capace di scatenare le energie dei ragazzi nelle poche ore che ha a disposizione il team.
Perdere è concesso e i tifosi lo sanno. Ma perdere senza onore l'italiano non lo accetta.
Questi fortunati ragazzi non si rendono conto di quanto male hanno fatto a tanti italiani. Ai tanti che cercano di anestetizzare i propri dolori nei 90 minuti che la nazionale gioca. Pronti a riconoscere la sconfitta ma a esaltare i propri guerrieri per il coraggio e la forza dimostrata.
Quel coraggio e quella forza che molti di noi non hanno più. Che tirano a campare solo per tentare di regalare un futuro o un momento di piacere ai propri figli o nipoti, sottraendolo a loro stessi.
Queste persone non hanno più nemmeno il traguardo dei mondiali di Russia, tanto gli azzurri non ci saranno.
E il web, questa volta, invece degli insulti si è divertito con la satira e l'ironia, gli del calcio stanno già selezionando la nazionale per cui tifare tra quelle più simpatiche e meno dotate. Chissà che si porti fortuna a un'Islanda a caso.
Allora godiamoci di un po' di cotanta fantasia e simpatia tutta italica.
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Una ricerca di CougarItalia.com dimostra che la felicità ha un andamento ad «U»: il culmine dell'entusiasmo si ha a 24 anni, il punto più basso si tocca a 40 anni e poi dai 42 si inizia a risalire. A 42 anni una donna è di nuovo «felice» e va alla ricerca di un partner più giovane.
19 novembre 2017 - «Ci si volta indietro e ci si ritrova a fare i conti con i rimpianti. Si prova anche a guardare avanti, ma non è affatto consolante». Così Alex Fantini, fondatore di CougarItalia.com, il portale di riferimento delle donne mature sopra i 35 anni che prediligono la compagnia di uomini più giovani, spiega la crisi di mezza età, un fenomeno che riguarda 9 donne su 10.
Proprio una ricerca di CougarItalia.com dimostra che la felicità ha un andamento ad «U»: il culmine dell'entusiasmo si ha a 24 anni, il punto più basso si tocca a 40 anni e poi dai 42 si inizia a risalire.
«A 42 anni una donna è di nuovo felice e va alla ricerca di un partner più giovane» commenta Alex Fantini.
Lo studio di CougarItalia.com si è concentrato sull'universo femminile, ma la crisi di mezza età colpisce tutti: uomini e donne, in coppia o single, con o senza figli. E neppure un alto reddito o una grande carriera lavorativa fanno alcuna differenza.
«La crisi di mezza età inizia quando l'individuo arriva alla soglia minima di soddisfazione di sé. Un fenomeno che quindi non ha molto a che vedere con la realtà, quanto piuttosto con le aspettative deluse: il rimpianto per quel che non è stato» puntualizza Alex Fantini.
Il portale di riferimento delle donne mature sopra i 35 anni ha constatato l'esistenza di un elevato grado di correlazione tra benessere e aspirazioni, osservando per quello che riguarda l'universo femminile che fino a 24 anni le donne sono portate ad immaginare un futuro luminoso. Fino a quell'età il cervello elabora le informazioni tendendo a non ridimensionare le aspettative ed anzi ad attendersi un futuro più promettente della realtà.
«E vero è infatti che a 20 anni vivere in una camera in affitto, condividendo lo stesso appartamento con altri mentre si frequenta l'università, rende spesso le donne molto felici, perché attendono che i loro sforzi saranno presto ricompensati» precisa il fondatore di CougarItalia.com.
A 20 anni siamo insomma portati a immaginare un futuro luminoso. A 40 anni invece ci si accorge maggiormente degli errori commessi proprio perché ci eravamo aspettati troppo e ci sembra di avere sbagliato quasi su tutto: salute, lavoro, famiglia.
Secondo la ricerca di CougarItalia.com nei primi anni della maturità si tende a sottovalutare la possibilità di eventi negativi: le donne si aspettano ad esempio di avere una vita più sana rispetto alla media oppure non si aspettano di perdere il lavoro e sottovalutano perfino la probabilità di un futuro divorzio.
«Così, al di là delle loro reali condizioni di vita, la loro percezione di benessere inizia a declinare fino a toccare il punto più basso quando si trovano a dovere fare i conti con tutto ciò che non è andato come esse pensavano, con l'aggravante che non avranno mai più le stesse opportunità» conclude Alex Fantini.
Ma non tutto è perduto. I risultati ottenuti dalla ricerca di CougarItalia.com ci consolano: una volta toccato il fondo non si può che risalire: la reazione emotiva alle occasioni mancate diminuisce con l'età e già a 42 anni le donne sono nuovamente felici: la loro vita migliora all'improvviso e molte di loro vanno perfino alla ricerca di un partner più giovane.
Le donne curvy piacciono, e anche molto! Le forme generose sono altamente apprezzate dagli uomini e se una amante cercano, l'85% sceglie la Curvy. I gusti delle donne, almeno il 75% delle intervistate, amano la «beard design».
Redazione 16 settembre 2017 -
Tinto Brass le bellezze formose le ha sempre esaltate e scoperte, in tutti i sensi. Da Serena Grandi a Francesca Dellera, solo per citarne alcune, sono state così ben dirette dal maestro del cinema erotico italiano, tanto da farne quasi assaporare tutte le armonie dei profumi dei personaggi interpretati dalle splendide attrici.
Le "curvy" come vengono modernamente etichettate le signore con le forme arrotondate, di fatto non sono mai cadute di moda.
Già alcuni anni fa una ricerca scientifica promossa dalla prestigiosa università britannica Westminster , aveva confermato l'ipotesi.
Le donne "burrose" sarebbero quindi sensuali, divertenti e perché no, rassicuranti, aspetti capaci di ingabbiare anche l'uomo più "difficile.
Il successo del "Burlesque" (Spettacolo di varietà costituito da canzoni, balletti, caricature, spogliarelli) e della sua musa Dita Von Teese (in copertina) ne è un'ulteriore prova, capace di guadagnarsi spazi nei palinsesti televisivi con il "bollino verde".
Secondo l'85% degli uomini le donne in carne sono le preferite per tradire il partner.
Considerate più affascinanti, più sensuali e più sexy e rassicuranti, le bellezze mediterranee hanno sbaragliato la concorrenza.
Per tradire le donne preferiscono invece la «beard design».
Questo è quanto emerge dall'ultimo sondaggio di Incontri-ExtraConiugali.com, il portale dedicato a chi cerca un'avventura, su un campione di mille uomini e mille donne di età compresa tra i 18 e i 48 anni.
Niente magre dunque ma solo tante curve.
Come mai? «Le motivazioni sono tante. In primo luogo la carica di energia che queste donne emanano risultando estremamente attraenti agli occhi degli uomini che le guardano. Una donna in carne è sinonimo di felicità e di benessere. Un seno abbondante e fianchi generosi, dunque, non rappresentano un problema, ma una risorsa per piacere agli uomini. E poi c'è anche il sorriso: le donne «tonde» non sono quasi mai tristi, sono quasi sempre positive ed allegre» risponde Alex Fantini, fondatore di Incontri-ExtraConiugali.com, il sito più sicuro dove cercare un'avventura in totale discrezione e anonimato.
E gli uomini? Secondo il medesimo sondaggio per tradire le donne non vogliono maschi con il volto liscio ma neanche quelli troppo barbuti.
Il 75% delle donne preferisce l'uomo con la barba rasata come se fosse disegnata sul viso dell'uomo.
Una barba dunque corta e ben curata, capace di dare equilibrio al viso, oppure una barba semi-folta ma scolpita che consente ai visi più rotondi di allungarsi ed avere un effetto più accattivante.
Perché le donne amano l'uomo con la barba super definita? «La cura del viso - sottolinea Alex Fantini -rende l'uomo più ordinato, ma soprattutto più affidabile nella percezione delle donne». Insomma, l'uomo con il volto ordinato dà l'idea di quello che si prende cura di sé e quindi dei suoi affetti personali, di una persona metodica che non lascia nulla al caso.
Luigi Lucchi scrive a Federico Pizzarotti nel tentativo di convincerlo a accompagnarlo a "una grande "rivoluzione": ritornare ai giorni festivi e domenicali da dedicare alla famiglia e per chi crede anche al Signore".
di Lamberto Colla Parma 6 settembre 2017 -
Nessuno può smentire che Luigi Lucchi, il creativo Sindaco di Berceto, sia disposto a tutto per la sua Berceto.
Sempre in prima linea a metterci la faccia e a rimetterci i propri interessi pur di valorizzare la sua Berceto nell'interesse di tutti.
Un "alieno" nel panorama politico non solo nazionale. Un uomo (con la "U" maiuscola che non ha esitato a mettersi "in mutande" davanti al Quirinale, ma solo dopo avere percorso tutte le strade possibili per essere ascoltato, convinto che "Difendere, come vuole la Costituzione, - postava Lucchi il 28 febbraio 2013 - i propri concittadini nei loro diritti, è un compito del Sindaco. Forse il piu' importante e la mia azione di protesta/proposta, anche se inusuale, come quella di mettersi in mutande, rientra tra questi compiti se a nulla sono servite azioni diverse intraprese già dal 1° febbraio."
In tempi dove gli amministratori pubblici qualche "benefit" riescono a incassare, Luigi Lucchi invece riesce a farsi sottrarre addirittura la sua casa. Definitivamente, nello scorso mese di maggio, l'ufficiale giudiziario è andato a sequestrare l'immobile dove era cresciuto e che aveva ristrutturato come piaceva a lui. L'ultimo atto di un tentativo privato di fare diventare Berceto un Paese turistico, come lui stesso ha confessato ai giornali il giorno seguente. "Non sono una vittima - dichiarava Luigi Lucchi - e la colpa è solo mia. Una colpa nata il giorno in cui, il 6 maggio 1990, abbiamo perso le elezioni comunali comunali a Berceto. In quell'occasione sapendo che Berceto, dopo tanto lavoro eccezionale dal 1985 al 1990, poteva diventare un grandissimo paese turistico ed era invece gelato, raggelato, congelato, dagli intendimenti della nuova amministrazione, ho deciso che potevo fare da solo. Fare un villaggio turistico. Considerare Berceto, con l'innesto di diverse strutture, un villaggio per le vacanze. Troppo per una persona senza le specifiche competenze e soprattutto senza soldi. Ho perso tutto".
Un Sindaco che ha fatto conoscere Berceto in tutto il mondo grazie al gemellaggio con gli Indiani d'America, un sindaco che tra i suoi assessori ha avuto l'ex presidente della Camera Irene Pivetti, insomma un fedele appassionato amante di Berceto; un Paese che desidererebbe mettere a disposizione della collettività non solo nelle giornate più calde d'estate.
Luigi Lucchi però non è solamente l'istrionico, creativo e coraggioso amministratore pubblico ma è uomo colto, sensibile e un appassionato della Politica, che tutti i giorni, 24 ore su 24 e 365 giorni su 365, si dedica alla soluzione dei problemi dei suoi concittadini. Si potrà essere favorevoli o contrari alle sue iniziative ma è certo non si potrà mai smettere di stimare.
L'ultima proposta, in ordine di tempo, è la lettera che ha indirizzato al collega di Parma, Federico Pizzarotti, nel tentativo di coinvolgerlo in una idea "rivoluzionaria": CHIUDERE i Centri Commerciali nei giorni festivi.
"Oggi, infatti, - scrive Lucchi nella parte centrale della lunga missiva a Pizzarotti - per circa dieci mesi l'anno, le famiglie, subdolamente, sono invitate a frequentare solo i centri commerciali anche alla domenica e nei giorni festivi.
Si accresce, si diffonde, si lascia imperare, una "civiltà" consumistica che distrugge non solo l'ambiente, ma anche i nostri rapporti di relazione ed educativi.
Distrugge, soprattutto, le nuove generazioni che non hanno modo di vivere un salutare ed indispensabile rapporto con i propri genitori neppure durante i giorni ritenuti di riposo.
Giornate, quindi, distrutte, per i figli dei clienti dei centri commerciali, ma anche degli operatori e dipendenti degli stessi che in quei giorni invece di fare festa e riposo lavorano.
Ovviamente non si possono attribuire tutte le colpe ai centri commerciali della poca attenzione che viene rivolta, nei fatti, ai bambini, ai giovincelli, la cui educazione è sempre demandata, ormai per moda, ad altri anche da parte, spesso, degli stessi genitori. Pare, infatti, tutto costruito e studiato, per avere, al più presto, soggetti, direi clienti, capaci solo di consumare e far consumare senza riflessioni critiche con comportamenti, verso la vita, da automi. Gli stessi automi o robot con i quali, presto, verranno sostituiti nel mondo produttivo. Non sono un pedagogo e neppure un sociologo. Prendo atto, o ritengo di prendere atto, dei danni che abbiamo, come società, pensando a tutte le famiglie che si ritrovano a trascorrere le giornate di festa nei centri commerciali.
C'è poi, signor sindaco, un danno, facilmente rilevabile, per tutta la montagna, come il mio Comune, Berceto. La città, nei decenni, ha fatto da diga, raccogliendo, dando lavoro e dignità, alle tante persone costrette a lasciare la montagna. A Parma, ad esempio, vivono oltre 1.000 famiglie con origini, radici, a Berceto. Questa emigrazione forzosa, in cerca di lavoro e servizi, ha impoverito i nostri paesi e territori. Territori che sono, ormai, abbandonati e non produttivi.
Paesi che mantengono i pochi servizi commerciali, ristoranti e trattorie, grazie ai villeggianti e ai turisti. La stagione, però, dura solo pochi mesi ed è legata solamente al caldo impetuoso che si ha in città durante l'estate. In montagna, insomma, si viene per godere il fresco e già la diffusione dei condizionatori d'aria, nelle case di città, ha ridotto questi flussi di persone anche in estate.
Fino a pochi anni fa si constatava un ritorno, di diversi gruppi familiari, nei fine settimana, seppur prevalentemente nella sola giornata di festa, nei nostri paesi di montagna.
Un flusso che era indispensabile per far vivere i paesi. Sopravvivenza, infatti, che non è garantita solo dall'estate neppure con stagioni eccezionali come quella appena trascorsa".
Le festività andrebbero "consumate" per la famiglia, la cultura, lo svago e il recupero dei luoghi delle proprie origini mentre, conclude il Sindaco di Berceto, "...l'attrattiva delle città, a differenza del passato, non sono i cinematografi, i teatri, gli spettacoli e i divertimenti in genere, ma sono i centri commerciali. Se questa mia intuizione, facilmente verificabile, è vera, costituisce già di per sé un imbarbarimento che dovrebbe preoccupare qualsiasi Politico, Amministratore, Sociologo, Educatore, Uomo di Fede".
Adesso attendiamo la risposta del Sindaco di Parma.
(Allegata la lettera in formato pdf)
Il viaggio che va per la maggiore? Il 68% preferisce una vacanza all'insegna dell'avventura e il 28% opta per attività estreme: a metterlo in evidenza è CougarItalia.com.
«Nella vita si arriva ad un punto in cui si ha voglia di allontanarsi dalla routine quotidiana per perdersi in un luogo all'insegna dell'avventura, un luogo dove è possibile vedere un leone appostato in attesa della sua preda, oppure più semplicemente andare al mare in una meta immersa nella natura più selvaggia, oppure ancora scegliere una destinazione in cui è possibile dedicarsi ad attività estreme» così Alex Fantini, fondatore di CougarItalia.com, il portale di riferimento delle donne mature sopra i 35 anni che prediligono la compagnia di uomini più giovani, commenta i risultati dell'ultimo sondaggio condotto dal portale da egli creato.
Scorporando i dati relativi proprio alle Cougar, il sondaggio, condotto su un campione di 2.000 coppie, ha infatti consentito di appurare che il 68% di loro ha optato od opterà per delle vacanze all'insegna dell'avventura e dell'imprevisto. Nell'ambito di questo gruppo il 28% ha dichiarato che in vacanza opterà per attività estreme.
Addio dunque alle mete romantiche per partire verso vere e proprie mete avventurose. Tra chi ha dichiarato un'interesse per le attività estreme, il 32% afferma inoltre di preferire il rafting, il 27% dichiara di voler provare l'esperienza di un volo aereo con lancio dal paracadute ed il 18% un'avventura a cavallo.
Secondo il sondaggio condotto da CougarItalia.com, il numero di "coppie Cougar" è in aumento: il 32% delle coppie risulta oggi essere costituito da una donna più grande dell'uomo.
Questo spiega la maggiore propensione all'avventura. E sì, perché è proprio questa tipologia di donna particolarmente sicura di sé, indipendente ed in carriera, a spingere verso questo tipo di scelta, sia per un weekend fuori dal comune che per una vacanza più lunga.
Niente più viaggi romantici: quest'estate 2017 vanno di moda le mete avventurose e sono in crescita le coppie dove lei è una donna Cougar. A metterlo in evidenza è proprio CougarItalia.com, il portale che promuove incontri tra donne mature e uomini più giovani.
Quest'estate l'amore va in controtendenza. Le coppie dicono addio alle mete romantiche per partire verso vere e proprie mete avventurose. Lo rivela una ricerca di CougarItalia.com, il portale di riferimento delle donne mature sopra i 35 anni che prediligono la compagnia di uomini più giovani, che evidenzia come questo tipo di coppia è in aumento nel nostro Paese.
Secondo il sondaggio, condotto da CougarItalia.com su un campione di 2.000 coppie, il 32% di loro risulta essere costituito da donne Cougar e, quindi, da uomini più giovani. Ed è proprio il fatto che il numero di "coppie Cougar" sta aumentando a determinare una maggiore propensione all'avventura. Sì, perché è proprio questa tipologia di donna particolarmente sicura di sé, indipendente ed in carriera, a spingere verso questo tipo di scelta, sia per un weekend fuori dal comune che per una vacanza più lunga.
Così, tra viaggi verso mete lontane e meraviglie da esplorare anche vicino casa per un weekend adrenalinico, l'estate diventa sinonimo di avventura.
Cougar, infatti, non vuol dire solo sesso sfrenato e divertimento, ma anche uno stile di vita legato alla capacità delle donne di sapere dominare le situazioni e di comportarsi al di fuori degli stereotipi. E gli uomini, anche per la scelta delle loro vacanze, si lasciano orientare dai desideri di queste donne d'esperienza che sanno sempre rendere il rapporto qualcosa di veramente speciale.
«Nella vita tutti arrivano ad un punto in cui si ha voglia di allontanarsi dalla routine quotidiana per perdersi in un luogo all'insegna dell'avventura, un luogo dove è possibile vedere un leone appostato in attesa della sua preda, oppure più semplicemente andare al mare in una meta immersa nella natura più selvaggia, oppure ancora scegliere una destinazione in cui è possibile dedicarsi ad attività sportive estreme o comunque inconsuete» spiega Alex Fantini, fondatore di CougarItalia.com.
Sono proprio gli sport più "avventurosi" a riscuotere più successo tra le donne Cougar ed è soprattutto il fine settimana il momento in cui loro preferiscono dedicarsi ad attività "estreme".
Scorporando i dati relativi proprio alle coppie Cougar, il sondaggio di CougarItalia.com ha infatti consentito di appurare che il 68% di loro ha optato od opterà per delle vacanze all'insegna dell'avventura, del cambiamento, dell'imprevisto. E nell'ambito di questo gruppo il 28% dichiara che in vacanza opterà per attività estreme.
Concentrandosi su chi ha dichiarato un'interesse per le attività estreme, il sondaggio ha poi consentito di stilare una graduatoria delle preferenze.
Tra le attività considerate "estreme" o comunque "fuori dalla routine", il 32% afferma di preferire il rafting, il 27% dichiara di voler provare l'esperienza di un volo aereo con lancio dal paracadute ed il 18% un'avventura a cavallo.
La centralità dell'azione governativa dovrebbe riguardare i temi chiavi del lavoro, della competitività delle imprese e sulla sicurezza dei cittadini. Di tutto ciò, nella discussione politica, non vi è traccia.
di Lamberto Colla Parma 23 luglio 2017
I temi politici di tendenza di queste ultime settimane riguardano prevalentemente la questione dei migranti e dello jus soli. Temi certamente importanti ma un politico serio non dormirebbe la notte al pensiero del tasso di disoccupazione che sta minando la società e le imprese stesse.
La spesa pubblica nel frattempo aumenta, la crescita è ancorata a valori bassissimi e conseguentemente l'occupazione non cresce.
Vero che la quota maggiore di spesa pubblica è impegnata dal welfare ma continuare a interrogarsi su quali categorie destinare prioritariamente i fondi dell'assistenza condurrà a far aumentare sempre più il bacino dei bisognosi e sempre meno quelli che potranno ricevere sostegno dallo Stato.
E così i nodi reali verranno al pettine e allora giù con nuove tasse senza pensare che (o forse lo sanno ma fingono di ignorarlo) proprio l'incremento delle imposte è il fattore che inibisce crescita economica e conseguentemente lavoro e occupazione.
Un cane che si morde la coda.
Di politiche attive che riguardino il lavoro non si sente parlare ma nemmeno si sente parlare di agevolare l'accesso al credito delle micro, piccole e medie imprese, quel tessuto economico tipicamente italiano che da sempre rappresenta la spina dorsale della nostra economia. Di banche si parla solo del loro salvataggio (raramente della responsabilità degli amministratori) ma mai di come potrebbero intervenire per contribuire alla migliore l'operatività delle imprese, schiacciate dalle imposte, dalla liquidità insufficiente, frequentemente sotto-dimensionate e incapaci di reagire efficacemente ai sempre più rari picchi di ordinativi. Oppresse dalla burocrazia e dalle scadenze tributarie le piccole imprese stentano a cavalcare le rare occasioni di ripresa. Dopo l'abbattimento dei costi generali infatti sono andate a ridurre all'osso la voce di bilancio dedicato al personale, contribuendo così a abbattere il tasso di competenze, creatività e elasticità dell'impresa stessa.
Insomma, lavoro e competitività delle imprese (soprattutto MPMI) dovrebbero essere i temi dominanti della discussione politica così come pure il tema della sicurezza e della giustizia. E invece vai con lo ius soli, con l'emergenza incendi, con i migranti e le emergenze di cui quest'Italia prospera.
Ma si sa, in periodo di campagna elettorale, che da noi ormai è permanente, non si possono fare programmi di lungo periodo, perciò meglio "promuovere" e cavalcare le tante emergenze piuttosto che ipotizzare una nuova idea di Stato e di economia.
Insomma sarebbe necessaria una nuova classe politica, meno attenta al consenso popolare e più attenta al governo e alle sorti del Paese.
Una politica che, sui grandi temi, dovrebbe trovare la convergenza di tutti gli schieramenti mettendo da parte, almeno per un paio d'anni, i propri personalissimi interessi di parte e privati donando alla comunità nuove occasioni di speranza.
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