Una sofisticata indagine tecnica è stata condotta nel mondo nel Dark Web dal Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza di Roma, coordinato dalla Procura della Repubblica di Brescia, che ha eseguito in Napoli n. 3 misure cautelari e n. 5 perquisizioni locali per i reati di falsificazione di banconote e di metalli preziosi, utilizzo di carte di credito e SIM telefoniche clonate, vendita di documenti falsi, accesso abusivo a sistema informatico e riciclaggio.
L'attività di indagine ha preso avvio dall'analisi della offerta in vendita di documenti di identità falsi su piattaforme Internet del Dark Web, risorsa informatica accessibile solo utilizzando browsers che consentono di navigare in rete in completo anonimato (browser TOR con dominio .onion). Le risorse del Dark Web non vengono indicizzate dai comuni motori di ricerca e non sono registrate presso i pubblici registri dei domini in quanto finalizzate a garantire l'anonimato degli utenti che vi navigano. Per ottenere questo risultato la connessione viene fatta "rimbalzare" tra più server, ubicati in Stati diversi, chiamati nodi, in modo da rendere pressoché impossibile rintracciare la sua reale origine. Inoltre, i dati scambiati vengono criptati tra un nodo e l'altro. E' infatti difficile trovare una categoria di merce illecita che non sia commercializzata, nel totale anonimato, nei marketplace del Dark Web (anche noti con il nome di Black Market). L'accesso non è libero ma ristretto agli utenti accreditati; i siti sono suddivisi in sezioni classificate in base alla tipologia dei prodotti in compravendita (es. Fraud, Drugs, Weapons, Counterfeit Items, Identity Data, Credit Cards, Knives, Guns and Explosives, Passports, etc.).
Le attività investigative esperite sono state finalizzate alla captazione di ogni utile informazione ricavabile dall'analisi degli annunci di vendita presenti sui vari Market.
Attraverso mirate analisi tecniche delle poche informazioni presenti nel Dark Web è stato possibile ricavare alcuni indizi che sono stati opportunamente isolati e analizzati. Tali elementi sono risultati a loro volta associati ad altre informazioni rintracciate nel mondo del Clear Web, ossia all'interno di applicazioni e siti Internet tracciabili.
Grazie alla perizia e all'intuito degli investigatori, sono state avviate indagini tecniche sul territorio che hanno permesso di accertare come il soggetto principale volgesse la propria attività illegale, unitamente ad altri due soggetti, nella città di Napoli.
Ulteriori riscontri svolti "sul campo", resi peraltro difficoltosi dalle caratteristiche dei quartieri più popolari della città di Napoli ove risiedevano gli autori dei reati e venivano svolte le attività criminali, hanno consentito di appurare che i tre soggetti erano dediti alla compravendita di banconote false e oro contraffatto, oltre ad utilizzare i proventi dell'utilizzo di carte di credito e SIM telefoniche clonate per acquistare beni di consumo da rivendere sul mercato locale.
In particolare, le carte di credito clonate appartenevano per lo più ad ignari cittadini spagnoli e tedeschi i cui codici di accesso erano oggetto di scambio proprio sui Black Market del Dark Web. I guadagni così ottenuti fruttavano migliaia di euro mensili.
L'organizzatore del traffico illecito era conosciuto in rete con il "nickname" di Benz99 ed era riuscito a guadagnarsi la stima di diversi compratori per la qualità degli articoli posti in vendita on-line.
Gli investigatori del Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza di Roma hanno quindi ricostruito l'intero sodalizio criminale attraverso le fonti di prova attribuibili ai tre soggetti. Pertanto, su disposizione dell'Autorità Giudiziaria di Brescia, hanno eseguito tre misure cautelari consistenti rispettivamente in una ordinanza di custodia in carcere, una ordinanza di custodia agli arresti domiciliari e un obbligo di firma presso l'Autorità di Polizia.
Effettuate perquisizioni domiciliari e locali ove sono stati rinvenuti Computer e Smartphone che saranno analizzati secondo le tecniche della "Digital Forensics".
Duro colpo della Guardia di Finanza di Ravenna al mercato della contraffazione sul web. Nei giorni scorsi le Fiamme Gialle di Faenza hanno individuato una ramificata organizzazione che, attraverso l'uso dei social network, vendeva capi di abbigliamento "tarocchi" su tutto il territorio nazionale.
Le indagini hanno preso avvio a seguito di una perquisizione, disposta dalla Procura della Repubblica di Ravenna nella persona del Sostituto Procuratore Dottoressa Lucrezia Ciriello, presso l'abitazione di una donna di Riolo Terme che, a seguito del monitoraggio del web operato dalle Fiamme Gialle al fine di individuare canali di vendita on line di merce illegale, è risultato particolarmente attiva nel commercio di articoli di vestiario e accessori riportanti marchi dell'alta
moda.
Nel corso della perquisizione i Finanzieri della Compagnia di Faenza hanno effettivamente individuato presso la residenza della donna un considerevole quantitativo di merce contraffatta ed hanno sottoposto a sequestro anche il telefono cellulare dell'indagata.
Dall'esame delle applicazioni "Facebook" e "Whatsapp" presenti sul telefono, le Fiamme Gialle hanno disvelato un'estesa rete di rapporti tra alcuni soggetti "fornitori" di capi di abbigliamento taroccati, operanti nelle province di Napoli e Salerno, ed una pluralità di "rivenditori" dislocati su tutto il territorio nazionale, tra i quali anche la donna di Riolo Terme.
In sintesi, attraverso "vetrine virtuali" appositamente create sul social network Facebook, venivano posti in vendita articoli riportanti i loghi dei famosi brand nazionali ed esteri, tra i quali "Louis Vuitton", "Gucci", "Prada", "Michael Kors", "Colmar", "Moncler", "Liu Jo", "Adidas" e "Nike".
Sulla bacheca del social network venivano mostrati i capi di vestiario ed indicati i relativi prezzi, dopodiché il soggetto interessato all'acquisto contattava il "rivenditore" attraverso il canale Whatsapp per definire le modalità di acquisto. Solo dopo aver ricevuto il pagamento mediante l'accredito della somma richiesta su una carta Postepay, il "rivenditore" procedeva alla spedizione della merce all'acquirente finale.
Il sistema di spedizione dei capi contraffatti era stato congegnato in modo tale da preservare la riservatezza dei "fornitori" della merce illegale. Infatti, nella totalità dei casi, agli spedizionieri nazionali incaricati della consegna del pacco contenente i falsi articoli non veniva comunicato il reale indirizzo del mittente, ma un indirizzo fittizio; stratagemma che tuttavia non ha impedito alle Fiamme Gialle di individuare presso gli spedizionieri svariati plichi in partenza verso i "rivenditori", che sono stati sottoposti a sequestro.
L'operazione delle Fiamme Gialle, battezzata "Quattro Chiacchiere" dal nome di uno dei gruppi di Whatsapp creato tra i "fornitori" ed i "rivenditori" degli articoli contraffatti, ha consentito di denunciare alla Procura della Repubblica di Ravenna ben 68 soggetti (10 "fornitori" e 58 "rivenditori") per i reati di contraffazione e di ricettazione, artefici di un mercato illegale on line del falso capace di generare, in circa un anno e mezzo di attività illecita, un fatturato di oltre 600 mila euro completamente "in nero", che ora sarà recuperato a tassazione.
Anche agli "acquirenti finali" individuati, ben 104 soggetti residenti in tutto il territorio nazionale, sarà contestata la violazione amministrativa prevista per l'"incauto acquisto", che prevede una sanzione pecuniaria da 100 a 7.000 euro per chi acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, inducono a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà
industriale.
Incessante è l'impegno della Guardia di Finanza nella lotta alla contraffazione, a presidio delle regole della sana e leale concorrenza ed a tutela dei cittadini e degli imprenditori onesti che operano quotidianamente nel rispetto della legalità.
Militari della Guardia di Finanza del Comando Provinciale Forlì-Cesena hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari e ad un decreto di sequestro anticipato di beni disposto ai sensi della normativa antimafia emessi nei confronti di un imprenditore cesenate.
La misura cautelare personale disposta dal Gip del Tribunale di Forlì (Dott.ssa Monica Galassi) su richiesta della Procura della Repubblica di Forlì, nella persona del Sostituito dott.ssa Sara Posa, ha interessato un pregiudicato ritenuto responsabile dei reati di intestazione fittizia di beni – autoriciclaggio – appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta.
Contestualmente i militari del Gruppo di Cesena hanno eseguito il provvedimento di sequestro anticipato emesso dal Tribunale di Forlì, nella persona del Dott. Giovanni Trerè, che ha riguardato l'intero capitale di 3 società ed il relativo compendio aziendale composto da 12 immobili, 2 attività di macelleria, 5 autovetture e n. 1 motociclo.
Il valore complessivo dei beni sottoposti a vincolo cautelare è stato prudenzialmente stimato in oltre € 2,5 milioni.
L'attività portata a termine dal Gruppo di Cesena rappresenta l'ulteriore importante sviluppo dell'indagine denominata "Vortice 2017" che nello scorso mese di aprile aveva già portato all'esecuzione una misura interdittiva di divieto di esercizio ed amministrazione di imprese a carico di altri 2 soggetti ritenuti prestanome dell'odierno arrestato.
Inoltre nel tempo erano già stati sottoposti a sequestro - sia in ambito penale che in quello amministrativo (cd. doppio binario) - beni per complessivi 5,4 milioni di euro ai quali si aggiungono quelli bloccati nei giorni scorsi (tra i quali risulta esservi un'abitazione di 6 vani ubicata a Civitella di Romagna (FC) e n. 3 autovetture Mercedes).
L'indagine ha permesso di rilevare che il pregiudicato cesenate tratto in arresto aveva costituito numerose società, operanti nel commercio di carni all'interno di supermercati, che poi aveva iniziato a dismettere a favore di soggetti di nazionalità straniera poco prima delle sentenze con cui è stato condanno in via definitiva (per fatti di bancarotta fraudolenta e ricettazione).
Attraverso l'interposizione delle società intestate a prestanome nullatenenti il pregiudicato disponeva di un patrimonio immobiliare ingentissimo costituito da 46 immobili e 22 appezzamenti di terreno ubicati in Cesena, Castrocaro Terme e Terra del Sole, Forlimpopoli e Civitella di Romagna.
Le stessa società sono state sottoposte a verifica fiscale da parte del Gruppo di Cesena e sono risultate essere evasori totali che hanno omesso di dichiarare redditi ai fini delle imposte per oltre 18 milioni di euro.
All'esito di articolate indagini dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Brescia, i finanzieri del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) di Roma e del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Brescia della Guardia di Finanza hanno eseguito dieci ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Giudice delle Indagini Preliminari, nei confronti di altrettanti soggetti di origine siriana facenti parte di un'associazione a delinquere aggravata, a carattere transnazionale (Svezia, Turchia ed Ungheria), dedita ai reati di riciclaggio, autoriclaggio, abusiva attività di prestazione di servizi di pagamento.
Sono state, altresì, individuate condotte relative al finanziamento di gruppi terroristici di matrice islamica.
Le indagini della Guardia di Finanza, avviate nel 2015, hanno preso spunto da una preliminare attività di analisi sui flussi finanziari intercorsi attraverso il circuito dei money transfer con i c.d. Paesi "a rischio", poste in essere anche da soggetti segnalati dal C.A.S.A. – Comitato Analisi Strategica Antiterrorismo quali foreign fighters, stanziati nella comunità siriana stabilitasi tra le province di Como e di Lecco.
Sin da subito, l'attività investigativa ha consentito di delineare, accanto all'esistenza di una struttura criminale di origine islamica stanziata in Brianza ed attiva nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina in Europa, una incessante attività di raccolta e di trasferimento di denaro - anche attraverso il
canale non convenzionale "Hawala" - organizzata in maniera stabile attraverso numerosi "contatti" presenti nei Paesi interessati alle movimentazioni.
Il vorticoso flusso di denaro riconducibile alle movimentazioni "Hawala", registrato nel corso delle indagini come superiore ai 2.000.000 di euro, veniva utilizzato anche per l'effettuazione di attività di riciclaggio oltreché per il finanziamento di gruppi terroristici vicini alla organizzazione "Al-Nusra".
In effetti in alcune conversazioni telefoniche intercettate, sono emerse circostanze relative alla presenza di "uomini" dell'organizzazione nelle zone "calde" della Siria per l'effettuazione dei richiesti trasferimenti di denaro a favore di ribelli antigovernativi contigui ad ambienti terroristici.
Personaggio di spicco dell'organizzazione è risultato DAADOUE Anwar alias "Abou Murad", stanziato in Svezia nella città di Norrköping, il quale, come emerso anche nell'ambito di una specifica attività rogatoriale attivata con il Regno di Svezia, gestiva l'attività di trasferimento - al di fuori del sistema bancario - di ingenti somme di denaro contante. DAADOUE Anwar era coadiuvato in questa attività da CHDID Subhi detto "Abou Alì" - domiciliato in Turchia - unitamente al fratello CHADID Hamoud e ad ABOU DAHER Abdulrahman.
Ulteriori movimentazioni di denaro erano inoltre realizzate anche da un diverso gruppo criminale facente capo al cittadino siriano BAZZKA Salmo alias "Abou Mahmoud", stanziato in Ungheria, con la collaborazione di BAZKKA Alaa, HAKIM Ahmed e HAIDARA Rabi, in contatto con la precedente consorteria criminale per il tramite di SAID AHMAD Mouayad alias "Abou Hamze", uomo di fiducia di CHDID Subhi ed in contatto con vari personaggi in Siria tra cui il fratello impegnato personalmente nel conflitto civile.
In tale contesto investigativo, il Servizio Centrale I.C.O. ha inoltre avviato un'operazione speciale "sotto copertura", in collaborazione con i Servizi di Sicurezza nazionali (AISI), che ha permesso di avvicinare un importante membro dell'organizzazione criminale, CHADDAD AYOUB, acquisendone la fiducia e consentendo di impossessarsi di importanti notizie relative al suo ruolo di deputato, per conto dell'organizzazione investigata, alla raccolta del denaro ed alla sua "movimentazione"" per le attività di finanziamento al terrorismo internazionale, provando anche i suoi trascorsi di foreign fighter ed i suoi collegamenti con combattenti attualmente impegnati nel conflitto siriano tra le schiere di fazioni islamiste antigovernative. Un contributo determinante è stato fornito dall'A.I.S.I. (Agenzia di Informazioni sulla Sicurezza Interna), che ha permesso di comprendere a fondo le metodologie utilizzate dagli indagati per effettuare i trasferimenti di danaro a beneficio delle fazioni terroristiche cui risultavano legati.
In sintesi, era stata creata una consolidata rete di money transfer illegali, attraverso i quali veniva garantito un canale sicuro per il riciclaggio del danaro, derivante da diverse attività illecite, in diversi Paesi dell'Unione Europea ed extraeuropei, nonché per raccogliere fondi destinati ad alimentare organizzazioni terroristiche operanti in Medio Oriente.
L'operazione, di conseguenza, ha di fatto disarticolato un'organizzazione criminale di matrice siriana che si era radicata in Italia, ma godeva di ramificazioni diversi Paesi, in grado di creare uno stabile reticolo di connivenze idoneo ad assicurare la capacità di garantire lo spostamento di ingenti importi in contanti, completamente al di fuori dei canali legali, che sono soggetti alla vigilanza antiriciclaggio. Poiché tra i promotori ed organizzatori di tale rete illecita di Hawaladar erano infiltrati personaggi organici ad associazioni di matrice terroristica siriana, il sistema inevitabilmente è stato utilizzato anche per il trasferimento di danaro finalizzato a sostentare e finanziare tali organizzazioni, come emerso dalle indagini grazie anche alla sempre più fattiva collaborazione tra Guardia di Finanza ed Organismi d'Intelligence, proprio nello specifico settore del contrasto alle attività di finanziamento al terrorismo.
In occasione delle quattro date bolognesi del tour di "Roger Waters", leader dei Pink Floyd, tenutesi presso l'"Unipol Arena" di Casalecchio di Reno, la Guardia di Finanza, ha predisposto una serie di dispositivi di prevenzione e repressione della vendita di prodotti contraffatti e "non sicuri" per il consumatore.
In particolare, nel corso del "Controllo economico del territorio" effettuato durante le serate, le Fiamme Gialle del II Gruppo Bologna hanno eseguito una serie di servizi diretti a verificare il rispetto delle normativa concernente la tutela dei marchi e la sicurezza dei prodotti posti in vendita.
L'attuazione di tale dispositivo ha portato alla denuncia di 29 soggetti per i reati di contraffazione ed al sequestro di oltre n. 600 prodotti, in gran parte magliette con la riproduzione del famoso logo della rock band, per un valore commerciale di circa 10.000 euro.
Individuati, inoltre, 9 commercianti abusivi a cui sono state sequestrate diverse centinaia di bibite in bottiglia di vetro in violazione ad una recente ordinanza del Sindaco di Casalecchio di Reno. In virtù della medesima ordinanza i militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bologna, con la collaborazione della locale SIAE, hanno verbalizzato 4 "bagarini" sopresi mentre erano intenti a commercializzare titoli di accesso in prossimità dell'"Arena".
L'attività condotta dalle Fiamme Gialle bolognesi costituisce testimonianza del costante presidio esercitato dal Corpo, a "tutela dell'ordine e sicurezza pubblica", a "tutela della leale concorrenza" nel "libero mercato" ed alla tutela del consumatore, al fine di garantire, rispettivamente, il corretto svolgimento dell'evento musicale, di scongiurare la commercializzazione di prodotti contraffatti.
Un altro duro colpo al narcotraffico è stato inflitto dai militari del Comando Provinciale di Bologna presso l'aeroporto "Guglielmo Marconi", ogni giorno impegnati nella lotta contro il traffico di sostanze stupefacenti.
Nei giorni scorsi, circa un chilogrammo di cocaina purissima è stato sequestrato dai finanzieri nel corso di un'operazione antidroga, che ha portato all'arresto del corriere e alla denuncia del complice che lo attendeva all'arrivo, entrambi cittadini sudamericani.
Nonostante l'accurato confezionamento, il "corriere", un quarantenne peruviano residente da tempo in Italia, non è riuscito a eludere il controllo dei finanzieri e soprattutto il fiuto del cane antidroga "CALMA", che ha segnalato il soggetto e il bagaglio al seguito.
La bravura dei finanzieri "a 2 e 4 zampe" ha portato al rinvenimento di numerosi involucri, occultati all'interno di appositi doppifondi ad hoc ricavati sia nei capi d'abbigliamento che nelle scarpe del passeggero. Ogni involucro era accuratamente confezionato ed imbottito con abbondante polvere di caffè, nel tentativo – risultato vano - di eludere il fiuto del cane antidroga.
Gli immediati approfondimenti dei finanzieri hanno consentito altresì di identificare e segnalare all'A.G. il complice del corriere, che lo aspettava in aeroporto per portare il prezioso carico sul litorale adriatico.
Su disposizione del Magistrato di Turno, il corriere è stato immediatamente associato presso la casa circondariale "Dozza", mentre il complice è stato denunciato a piede libero.
Lo stupefacente sequestrato, se immesso sul mercato, avrebbe reso al dettaglio centinaia di migliaia di euro.
L'attività in questione si inserisce nel più ampio contesto operativo di contrasto ai traffici illeciti perpetrati attraverso il trasporto aereo, attuato dalla Guardia di Finanza a tutela dei cittadini, anche grazie al contributo delle unità cinofile del Corpo.
I Finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Modena hanno dato esecuzione ad una misura di prevenzione patrimoniale prevista dal c.d. "codice antimafia" emessa dalla Sezione Penale del Tribunale di Reggio Emilia che, in accoglimento di analoga richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica a quella sede nella persona del sost. Procuratore dr.ssa Valentina SALVI, ha disposto il sequestro di beni immobili, mobili, mobili registrati e disponibilità finanziarie (intestati a anche terzi), per un valore di circa 15 milioni di euro, riconducibili ad un imprenditore originario della provincia di Reggio Emilia ma con interessi anche in questa provincia.
Le indagini patrimoniali delle Fiamme Gialle di Modena, svolte con la fattiva collaborazione e supporto del personale del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) della Guardia di Finanza, hanno evidenziato una reiterata propensione a delinquere del soggetto proposto, tale da fargli assumere la veste di c.d. "grande evasore", circostanza emersa e rilevata dai numerosi procedimenti penali accesi presso varie Procure della Repubblica.
Tra questi, in particolare, si sottolineano quelli relativi all'operazione "Plafond" coordinata dalla Procura della Repubblica di Modena nella persona del sost. Procuratore Claudia NATALINI, nell'ambito della quale era stata accertata una maxi frode all'Iva basata sul rilascio di false dichiarazioni d'intento che, tra le altre, coinvolgeva anche una società di Carpi esercente l'attività di fabbricazione di computer e unità periferiche.
Nell'ambito dell'operazione "Plafond" l'attività investigativa condotta dai militari della Guardia di Finanza aveva portato all'esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sei responsabili, tra i quali il promotore del sodalizio criminale odierno prevenuto colpito dalla misura di prevenzione, ed il sequestro di beni per oltre 10 milioni di euro e alla scoperta, durante le perquisizioni effettuate, di un vero e proprio bunker utilizzato per nascondere la documentazione ritenuta più "scottante" e per depositare le somme provenienti dalle attività illecite svolte dall'organizzazione criminale.
In particolare venne ritrovata, nascosta dietro una libreria a muro che scorreva su binari tramite un motorino elettrico, una stanza occulta al cui interno furono rinvenuti e sequestrati 104.988,56 euro in contanti (suddivisi in mazzette da 50 e 100 euro), numerosi timbri riconducibili alle decine di società coinvolte nel meccanismo fraudolento che venivano utilizzati per la compilazione delle fatture false, nonché documentazione ritenuta di notevole interesse tra cui gli organigrammi delle società riconducibili all'organizzazione, dei soggetti coinvolti e del ruolo di ciascuno di essi.
Gli approfonditi accertamenti patrimoniali svolti nell'ambito dell'odierna operazione denominata "Game over" hanno evidenziato una palese sproporzione tra i redditi dichiarati negli anni e la consistenza patrimoniale ricostruita, quest'ultima rappresentata, tra l'altro, da beni immobili ubicati nelle provincie di Reggio Emilia, Parma, Lucca, e Sondrio intestati a svariate società (mero schermo) e persone fisiche (prestanomi) tutti riconducibili al proposto che, pertanto, tramite l'intestazione fittizia ha potuto liberamente godere di un ingente patrimonio.
La rilevata sproporzione tra i redditi dichiarati al fisco e l'elevato tenore di vita, unita, come detto, alla ricostruita pericolosità sociale del proposto emergente dai gravi e reiterati illeciti economico-finanziari (fiscali, societari e fallimentari) realizzati in modo "professionale", ha permesso di aggredire un patrimonio illecitamente accumulato nel tempo costituito da polizze assicurative, conti correnti, autovetture, beni mobili ed immobili, tra i quali una villa di pregio con parco sita in una rinomata località balneare toscana del valore di oltre due milioni di euro ed un residence immobiliare nella provincia reggiana di circa due milioni di euro, per un valore complessivo prossimo ai 15 milioni di euro, consentendo di colpire "al cuore dei propri interessi" chi è abituato a vivere nell'illegalità e di illegalità nonché di restituire alla collettività i beni accumulati.
Militari della Guardia di Finanza del Comando Provinciale Forlì-Cesena hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di sequestro preventivo di beni e ad una misura interdittiva di divieto di esercizio ed amministrazione di imprese a carico di 2 soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di intestazione fittizia di beni – autoriciclaggio – appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta.
Il sequestro - disposto ai sensi della normativa antimafia dal Gip del Tribunale di Forlì (dott.ssa Monica Galassi) sulla base della richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica (Sost. Proc. Dott.ssa Sara Posa), ha interessato l'intero capitale di 2 società ed il relativo compendio aziendale composto da 7 immobili (fra abitazioni e garage) ubicati in Castrocaro Terme e da attività di supermercati e macelleria (a Forlì – Forlimpopoli e Comacchio), il cui valore è stimato in € 3,3 milioni.
Tale provvedimento si aggiunge a quello già eseguito dai finanzieri nel corso del 2017 nei confronti dello stesso pluri-pregiudicato cesenate di 59 anni che, in quella occasione, aveva riguardato ulteriori beni del valore complessivo di € 2,1 milioni, portando così ad oltre 5,4 milioni di euro quanto oggetto di complessivo sequestro.
L'attività repressiva è giunta al termine di indagini eseguite dal Gruppo di Cesena a contrasto dell'illecita accumulazione di patrimoni da parte di soggetti connotati da pericolosità economico finanziaria.
In particolare, nel corso delle attività propedeutiche all'esecuzione del sequestro eseguito nel 2017, era emerso che il pregiudicato cesenate aveva costituito numerose società, operanti nel commercio di carni all'interno di supermercati, che poi aveva iniziato a dismettere a favore di soggetti di nazionalità straniera poco prima delle sentenze con cui è stato condanno in via definitiva (per fatti di bancarotta fraudolenta e ricettazione).
Le indagini del Gruppo Cesena hanno consentito di dimostrare che tali cessioni di quote societarie erano solo fittizie in quanto eseguite a favore di prestanome (molte volte nullatenenti) al solo fine di rendere immuni i beni di proprietà del pregiudicato da sequestri della magistratura. In realtà era lo stesso pregiudicato che continuava a gestirle configurandosi il reato di intestazione fittizia di beni.
Tra le ulteriori condotte penalmente rilevanti contestate agli indagati vi è anche l'attività di autoriciclaggio della somma di oltre 100 mila euro direttamente derivante dai reati di bancarotta e appropriazione indebita, che è stata utilizzata per acquistare beni all'asta già di proprietà di una delle società del pregiudicato.
Nel corso delle indagini sono state eseguite verifiche fiscali nei confronti delle società riconducibili al pregiudicato, risultate essere evasori totali che hanno ommesso di dichiarare redditi ai fini delle imposte per oltre 18 milioni di euro.
Sulla base delle risultanze d'indagine la Procura della Repubblica ha avanzato proposta per l'adozione dei provvedimenti che il GIP ha condiviso delegando il Gruppo di Cesena per l'esecuzione.
Nell'ambito dell'operazione denominata "PAGA GLOBALE", i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Parma hanno dato esecuzione ad un'"Ordinanza di misura cautelare personale con contestuale emissione di decreto di sequestro preventivo", emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Parma, su richiesta della Procura della Repubblica di Parma, nei confronti di un sodalizio criminoso dedito alla frode fiscale ed alla truffa ai danni dello Stato.
L'ordinanza in questione ha portato all'arresto, in custodia cautelare in carcere, di un imprenditore di origini campane, stabilmente operante nel territorio parmense nel settore della impiantistica industriale, e di altre sei persone ristrette agli arresti domiciliari, a vario titolo coinvolte nella vicenda. Tra quest'ultimi, figurano cinque professionisti, di stanza nel napoletano ma operanti nel territorio parmense, che avevano messo a disposizione del dominus le proprie competenze per la realizzazione degli scopi fraudolenti.
Le indagini, condotte dalla Tenenza della Guardia di Finanza di Fidenza e coordinate e dirette dalla Procura della Repubblica di Parma, hanno preso origine da un'attività di verifica fiscale avviata nei confronti di due distinte società, riconducibili all'imprenditore arrestato.
Il preliminare esame della documentazione contabile ed extracontabile ha portato alla luce, sin da subito, un meccanismo artificioso e fraudolento posto in essere ai danni dell'I.N.P.S.: uno schema criminoso che prevedeva il sistematico ed illecito ricorso agli istituti della "malattia" e dell'ammortizzatore sociale del "contratto di solidarietà". Infatti, i lavoratori dipendenti, pur risultando assenti per malattia o inseriti nel programma di riduzione dell'orario di lavoro, continuavano a lavorare nei medesimi giorni in cui sarebbero dovuti essere a riposo, percependo lo stipendio con un sistema di retribuzione ufficioso definito "paga globale". In sostanza, il lavoratore veniva retribuito, a prescindere dalle previsioni del contratto nazionale di categoria del settore, con una paga oraria forfettaria: le buste paga ufficiali erano regolarmente predisposte con l'inserimento delle ore da contratto sindacale, mentre la retribuzione effettiva veniva calcolata sulla base dei fogli di lavoro, con le ore effettivamente svolte.
Con tale modus operandi a farne le spese è lo Stato, sia perché eroga, al posto del datore di lavoro, indennità non dovute, sia perché incamera meno tasse a titolo di trattenute fiscali e previdenziali. A perderci, tuttavia, sono gli stessi dipendenti i quali, pur percependo nell'immediato una retribuzione più alta, non maturano la giusta contribuzione ai fini pensionistici.
Per contro, con tale stratagemma, la società era riuscita, nel tempo, a contabilizzare indebitamente ingenti crediti erariali grazie all'anticipo, per conto dell'I.N.P.S., delle indennità economiche di "malattia" e "contratto di solidarietà". Questi crediti, fittizi e non spettanti, venivano successivamente utilizzati per compensare i debiti tributari e, conseguentemente, non versare le altre imposte dovute all'Amministrazione Finanziaria (quali ritenute alla fonte, IVA e imposte sui redditi).
I dipendenti, peraltro, a loro insaputa, erano stati anche sottoposti a licenziamento collettivo e collocati in "mobilità", per poi essere immediatamente riassunti da un'altra società riconducibile alle stesso imprenditore: in questo modo, grazie alla consulenza dei professionisti compiacenti, l'imprenditore ha potuto fraudolentemente accedere alle agevolazioni previste per l'assunzione di lavoratori in "mobilità", pagando meno di un quinto dei contributi previdenziali effettivamente dovuti.
L'attività di indagine, sviluppata mediante tecniche di investigazione pura (intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, appostamenti ed esame documentale), oltre alla già descritta truffa ai danni dello Stato, ha consentito di svelare un sistema criminoso ampio e collaudato nel quale l'imprenditore, grazie al contributo di vari professionisti ed alla costituzione di una serie di società succedutesi nel tempo, era riuscito a costruirsi una realtà contabile totalmente artefatta.
Gli artifici posti in essere, di molteplice natura, spaziavano dalla simulazione di operazioni straordinarie (affitto di rami d'azienda) all'emissione ed annotazione di fatture per operazioni inesistenti (avvalendosi di numerose società cartiere, tutte facenti capo ad un ulteriore soggetto, tratto anch'egli agli arresti domiciliari), passando per l'indebita fruizione di agevolazioni fiscali e la compensazione di tributi con crediti IVA inesistenti. Nel giro di un paio d'anni, le condotte in rassegna avevano fruttato risparmi non spettanti per oltre € 2.600.000.
Nell'ambito dell'indagine, è stato anche accertato un episodio di usura, posto in essere da uno dei professionisti coinvolti nella vicenda, nei confronti di un imprenditore del parmense. In particolare, a seguito della querela sporta dall'usurato, sono stati svolti accertamenti documentali e bancari, i quali hanno consentito di accertare l'applicazione di un tasso usurario del 117% su un prestito di 10.000 euro, concesso per sopperire ad una momentanea mancanza di liquidità.
Gli esiti delle attività investigative inducevano l'Autorità Giudiziaria all'emissione, oltre che dell'ordinanza di custodia cautelare, anche di un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta ed, in alternativa, per equivalente, di beni mobili, immobili, quote societarie e disponibilità liquide delle società coinvolte e dei solidali fino alla concorrenza dei tributi evasi, pari ad €. 2.300.000.
Contestualmente all'ordinanza di custodia cautelare, sono state eseguite, su disposizione della Procura della Repubblica di Parma e con l'impiego di circa 100 militari del Comando Provinciale Parma e dei Reparti del Corpo territorialmente competenti, circa 30 perquisizioni locali, in provincia di Parma, Napoli, Salerno, Modena, Reggio Emilia, Roma e Crotone, nei confronti dei 26 indagati per truffa ai danni della Stato e frode fiscale.
L'attività portata a termine testimonia la costante attenzione della Guardia di Finanza, in stretta sinergia operativa e sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Parma, nella lotta all'evasione fiscale a tutela delle Entrate dello Stato, nonché il fortissimo impegno profuso dai militari del Corpo affinché i risultati conseguiti in sede investigativa possano tradursi in un concreto ed effettivo recupero erariale.
La finalità è quella di contrastare fenomeni di criminalità economico-finanziaria che producono effetti negativi o distorsivi per l'economia del territorio e che ostacolano la normale concorrenza tra le imprese, nonché quella di salvaguardare gli imprenditori onesti che rispettano le regole del mercato.
Guardia di Finanza di Parma. Operazione "Paga Globale". Arrestate sette persone, tra imprenditori e professionisti. L'operazione è ancora in corso.
La Guardia di Finanza di Parma sgomina un'organizzazione criminale, dedita alla frode fiscale ed alla truffa ai danni dello Stato, che operava tramite l'illecito utilizzo di
ammortizzatori sociali.
Dalle prime ore del mattino, oltre 100 Finanzieri stanno eseguendo - nella provincia di Parma ed in altre località nazionali - 7 ordinanze di custodia cautelare, disposte dall'Autorità Giudiziaria di Parma, nei confronti di altrettanti imprenditori e professionisti, oltre a numerose perquisizioni in luoghi riconducibili ad ulteriori 26 indagati coinvolti nell'illecita attività.
Ulteriori e approfonditi dettagli dell'operazione saranno illustrati successivamente.