“Andiamo a comandare”. Tutti contro tutti e tutti pronti a allearsi con il diavolo pur di soddisfare i propri bisogni. La reputazione, questa sconosciuta.
di Lamberto Colla Parma 25 agosto 2019 -
Sembra proprio che i botti di ferragosto non intendano esaurirsi. Alla fine delle prime due giornate di consultazione il Presidente Mattarella si è presentato alla conferenza stampa con la sua proverbiale flemma leggermente incrinata.
4 o 5 giorni per trovare un accordo che possa dare alla luce un governo per completare la legislatura. Nessun’altra alternativa tecnica o balneare è prevista, in alternativa si ricorrerà alle cabine elettorali. E’ stato questo il diktat del Presidente della Repubblica e il prossimo martedi si tornerà alle consultazioni per avere indicazioni sul proseguo.
Il “povero”, si fa per dire, Sergio Mattarella deve averne sentite di tutti i colori durante i colloqui confidenziali con i gruppi parlamentari e i partiti.
48 ore straordinariamente imbarazzanti stando a sentire quello che era possibile divulgare nelle conferenze stampa post incontro presidenziale.
Talmente caotico e paradossale, quello che via via si andava a accumulare, che persino le borse e lo spread hanno reagito al contrario delle attese. La borsa di Milano è stata la migliore d’Europa e il differenziale tra i titoli di stato Italiani e tedeschi è sceso sotto la soglia psicologica di 200 punti.
Da non credere.
I grillini non disdegnerebbero di fare un Governo con i loro nemici giurati del PD, Renziano o Zingarettiano che sia, salvo che vengano accettati 10 inderogabili condizioni e in contropartita, i rappresentanti del PD, che anche nella totale crisi interna non sono riusciti a attenuare la spocchiosità, sono però riusciti a opporre solo 5 innegoziabili condizioni ai seguaci di Beppe Grillo.
Dovrebbero “solamente” rinunciare al reddito di cittadinanza, ai due decreti sicurezza, a Conte, a ridurre il numero dei parlamentari, insomma rinunciare a tutto quello che è stato fatto con la precedente coalizione.
Infine, nemmeno tanto a sorpresa, Matteo Salvini ha elogiato il lavoro di Luigi Di Maio e rilanciato l’ipotesi di un nuovo accordo, senza Conte, ma con un rimpasto di Governo e nuovi obiettivi condivisi, a partire dalla riduzione dei parlamentari.
Insomma, tutti contro tutti e tutti apparentemente disponibili a trattare alle loro esclusive condizioni.
Una farsa ignobile che potrebbe comunque sfociare nel Governo più strampalato di tutti i tempi repubblicani o, nella migliore delle ipotesi, a un rimpasto dell’esecutivo appena tumulato.
Sarebbe effettivamente auspicabile una rapida chiamata alle urne e che uno dei tre gruppi antagonisti, Centro Destra, Sinistra o M5S, raggiunga quella soglia del 40% che consenta di governare in totale libertà e responsabilità.
Ma così non sarà, perché reputazione e dignità sono state calpestate, tritate e alienate come nessuno avrebbe ragionevolmente potuto immaginare.
Vero che la politica è l’esercizio sublime del negoziato ma quello al quale abbiamo assistito è obiettivamente un teatrino inqualificabile.
Mattarella, pensaci tu!
FOTO
Il Presidente Sergio Mattarella durante le dichiarazioni alla stampa, al termine delle consultazioni
(foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)
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Come in mare aperto, anche in ufficio è necessario un leader capace di motivare il team, esaltarne i punti di forza, aiutarlo a risolvere problemi e capace di prendersi la responsabilità.
Di Mario Vacca Parma 25 agosto 2019 - Un vero leader sa sempre riconoscere ed ammettere i propri sbagli. Un buon leader deve assegnare a ciascuna risorsa un ruolo preciso e comunicare in modo puntuale in quale direzione si sta andando e perché. Parole espresse da Paolo Scutellaro, cinque volte campione del mondo, pluricampione Italiano di vela ed esperto di organizzazione aziendale.
Ancora una volta la gestione di un team in barca a vela è accostato alla realtà della gestione aziendale e non sono pochi i master in leadership che hanno sessioni in banca affinché diversi soggetti tra loro sconosciuti si fondano in team ed eleggano il leader.
E’ necessario distinguere il manager dal leader, essere manager, infatti, non vuol dire automaticamente essere un leader e quest’ultimo dev’essere dotato di caratteristiche imprescindibili:
• saper ascoltare,
• dare una direzione chiara al proprio team,
• creare un clima positivo, senza conflitti,
• assegnare a ciascuno il proprio ruolo in azienda,
• saper pianificare,
• guidare con l’esempio.
Naturalmente tutti i manager vorrebbero essere dei bravi leader errori che spesso si compiono sono una barriera a tale aspirazione. Essere leaderi deve far parte di una strategia ragionata. L’errore più comune è un’insolente auto-promozione di se stessi e della propria azienda, ed oggi i social forniscono un ottimo mezzo per elevare all’ennesima potenza l’errore. L’obiettivo deve essere quello di captare le esigenze altrui e non di vendere se stessi o la propria azienda. Solitamente le persone fanno marcia indietro davanti a chi si loda.
Trovare il modo di distinguersi, di uscire dalla massa, ma senza per questo passare per grotteschi è uno dei punti fondamentali; ci sono dei trend da seguire, ma saltare sul carro del vincitore non è mai un buon segno. Se non si ha niente di nuovo da dire su un argomento meglio tacere, il silenzio è da sempre il miglior alleato.
Premesso che il leader è tale perché riconosciuto “dal popolo” la leadership deve affermarsi in maniera naturale e per farlo ha bisogno del supporto altrui, è inutile imporsi, piuttosto è necessario condividere il proprio pensiero e lavorare in squadra creando situazioni di reale scambio ed accrescimento comune.
“Un passo falso comunemente riportato dalla letteratura è quello di identificarsi tanto nel ruolo di leader da dimenticare altri tratti del proprio carattere che potrebbero aiutare a relazionarsi in modo diverso. È importante non snaturarsi ed imparare a gestire le proprie caratteristiche. Non bisogna pensare che la timidezza o l’empatia siano nemiche della leadership. L’importante è inviare un messaggio chiaro e mostrarsi sempre coerenti”
Infine è bene concentrarsi su poche cose, non si può essere esperti in ogni settore, si acquisirà maggiore credibilità sapendo tutto su un argomento e formulando un proprio pensiero personale. Il tuttologo è spesso allontanato o ascoltato con scherno.
Molti manager oppongono resistenza al cambiamento del ruolo, essendo abituati a comandare tendono a non mettersi in discussione. In quest’ottica il manager che vuole accrescere le proprie potenzialità e puntare ad essere un leader dovrebbe avere un confronto costante con un coach che lo aiuti a crescere e a migliorarsi ogni giorno. In generale, si possono individuare tre qualità per diventare leader che possono essere potenziate grazie a un programma di coaching.
Il coraggio risiede nella capacità di dire le cose e di farle accadere. Se si ha paura del cambiamento – che ricordo essere uno dei traumi più temuti dall’essere umano - non si migliorerà mai, diversamente bisogna avere il giusto coraggio per sapere comunicare anche le cose difficili. Imparare a farlo con il coach renderà più efficiente il rapporto con i dipendenti.
L’ascolto degli altri prima di parlare è essenziale, una qualità imprescindibile per ogni vero Leader.
E’ anche importante che i leader imparino a seguire il proprio istinto, che non vuol dire smettere di ponderare le cose razionalmente ma metterci quel pizzico di intuizione che fa la differenza. Ciò può far sentire instabili, ma permetterà di aprire nuove strade e di migliorare il proprio business. Naturalmente occorre esperienza nel leggere ed interpretare bene i segnali che arrivano da persone e situazioni.
Per diventare leader è importante lavorare con gli altri, gestire gli altri ma soprattutto gestire se stessi perché - come si dice in marina - tutti sanno portare la barca con il mare calmo ma il vero comandante è quello che non va in tilt durante una mareggiata imprevista.
Il giusto equilibrio consente quindi di mostrare il proprio coinvolgimento emotivo in alcune circostanze, finalizzate soprattutto a creare fiducia e non significa mostrarsi stoici e celare qualsiasi emozione, impedendo ai collaboratori di essere percepiti come umani e aperti alla comunicazione.
L’integrità rappresenta la qualità fondamentale per un leader, un attributo che presuppone la capacità di essere onesti e di voler agire nel modo giusto. E’ importante che il leader faccia per primo ciò che enuncia ai collaboratori.
L’autostima e la fiducia nelle proprie capacità senza un desiderio di prevaricare e di mostrarsi superiore è un elemento essenziale nella costruzione dell’uomo leader. La comunicazione tra il capo e i suoi collaboratori gioca un ruolo primario per la produttività, efficienza, fidelizzazione e soddisfazione personale, aspetto che purtroppo è spesso sottovalutato.
Il Buon Leader ricerca e trova giusto equilibrio tra deleghe ed incarichi, generando coinvolgimento e partecipazione, ascolta prima di giudicare concedendo l’opportunità di spiegare le proprie ragioni, organizza meeting e sessioni di coaching favorendo momenti di confronto a cadenza regolare, mostra interesse per la vita personale dei collaboratori, creando in questo modo un clima sereno e collaborativo.
I giovani reggiani cercano di creare opportunità di lavoro dando corpo alle loro idee e diventando imprenditori. Sembra questo lo scenario di questa estate 2019 in provincia di Reggio Emilia.
Tra aprile e giugno, infatti, le nuove imprese aperte da giovani con meno di 35 anni di età sono state 256, quasi 3 al giorno, pari ad un terzo di tutte le aperture di nuove imprese nel trimestre. Al netto delle chiusure rilevate nello stesso periodo (solo 88), come rileva l’Ufficio Studi della Camera di Commercio provinciale, le imprese giovanili nel secondo trimestre dell'anno hanno raggiunto le 4.402 unità, con un saldo positivo di 168 aziende.
Il contributo che i giovani hanno dato all’incremento della base imprenditoriale nel secondo trimestre dell’anno è stato così determinante: il tasso di crescita trimestrale dell'imprenditoria “under 35”, infatti, ha messo a segno un +3,7% a fronte del +0,32% del complesso delle imprese.
Quello delle costruzioni, con 1.206 imprese, è il settore nel quale i giovani sono presenti in misura maggiore (27,4% del totale delle aziende giovanili), ma rispetto ad un anno fa la quota è scesa di oltre due punti percentuali: nel giugno 2018 era il 29,5%.
Un’impresa “under 35” su dieci svolge attività nel commercio, un punto percentuale in più se confrontato con l’analogo periodo dell’anno passato, e la presenza nel settore raggiunge le 910 aziende, con un saldo positivo fra iscrizioni e cessazioni sia per quanto riguarda il commercio all’ingrosso che al dettaglio, comprese le attività degli autosaloni e la riparazione di autoveicoli e motocicli.
Le 433 imprese del manifatturiero rappresentano poco meno del 10% delle aziende condotte da giovani, la medesima quota di un anno fa: quasi un terzo svolge attività nella metalmeccanica (134 unità), mentre 120 imprese si occupano del comparto del tessile-abbigliamento.
Positivo il bilancio trimestrale delle aziende il cui imprenditore ha meno di 35 anni e che svolgono attività di alloggio e ristorazione (a fine giugno di quest’anno ammontano a 428 unità), e quelle dei servizi sia alle imprese (+15) che alle persone (+11).
Di segno “più” anche il saldo registrato nel trimestre aprile-giugno dalle attività del settore agricolo della provincia di Reggio Emilia, dove le imprese giovanili che hanno raggiunto le 235 unità.
(da CCIAA Reggio Emilia 23 agosto 2019)
Produzione della meccanica a -4,4% nel secondo trimestre 2019. Bene alimentare (+1,2%) e prodotti elettrici-elettronici (+1,6%)
Anche se con un’intensità lievemente più contenuta rispetto all’inizio del 2019, la produzione manifatturiera reggiana continua a mostrare il segno “meno”.
Nel secondo trimestre dell’anno in corso, infatti, il volume della produzione delle imprese manifatturiere della provincia di Reggio Emilia ha registrato una flessione del 2,1% a fronte del -3,2% del periodo gennaio-marzo.
Pur in presenza di un incremento della quota di imprenditori che hanno realizzato un aumento nella produzione rispetto all’analogo periodo dell’anno passato, l’analisi dell’Ufficio Studi della Camera di Commercio evidenzia che un intervistato su tre ritiene che questa sia diminuita e anche le previsioni per il terzo trimestre del 2019 non mostrano segnali di miglioramento.
Il trend è condizionato dall’andamento di alcuni dei settori leader dell’economia reggiana, primo fra tutti la meccanica, comparto per il quale la flessione della produzione ha raggiunto il 4,4% (era -3,8% nel primo trimestre).
In calo, anche se più contenuto, il volume produttivo del sistema moda (-3,9%) e dell’industria delle materie plastiche -0,4%.
In ripresa, invece, le industrie di prodotti elettrici ed elettronici, che nel trimestre aprile-giugno di quest’anno hanno registrato un incremento della produzione dell’1,6% rispetto all’anno passato, e quelle della trasformazione alimentare (+1,2%), oltre al variegato comparto delle “altre industrie manifatturiere” (+1%). Stabile il settore ceramico.
Insieme alla produzione è in calo, per il secondo trimestre consecutivo, il valore delle vendite in provincia di Reggio Emilia, ridotto del 3,4%. La flessione ha coinvolto tutti i settori economici provinciali ad eccezione delle industrie alimentari, il cui fatturato si è incrementato dell’1,4%, e le “altre industrie” (+1,4%).
Relativamente alle vendite all’estero, le imprese esportatrici reggiane hanno registrato un calo del fatturato del 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2018, con un andamento in controtendenza per le imprese alimentari, il cui fatturato è cresciuto, rispetto ad un anno prima, del 2,6%%, dell’industria delle materie plastiche (+1,1%) e delle “altre industrie manifatturiere” (+1,7%).
In territorio negativo anche il trend degli ordinativi complessivi del mercato nazionale ed estero che, nel periodo aprile-giugno dell’anno in corso sono calati del 2,2% rispetto allo stesso periodo del 2018.
Quanto alle previsioni espresse dagli imprenditori, queste non fanno ancora ipotizzare, per il terzo trimestre 2019, un rilancio dell’economia reggiana. Pur ipotizzando, più di quattro intervistati su dieci, una certa stabilità per tutti gli indicatori analizzati, la quota di coloro che ancora non vedono avvicinarsi la ripresa prevale su chi si schiera per la crescita.
L'Emilia Romagna comanda la classifica delle chiusure seguita dalla Sicilia e dal Veneto.
Mestre 17 agosto 2019 - Sebbene nel secondo trimestre si sia verificata una leggera ripresa, permane il cattivo stato di salute dell’artigianato in Italia. Nei primi 6 mesi di quest’anno lo stock delle imprese artigiane è diminuito di 6.564 unità. Al 30 giugno scorso, il numero complessivo si è attestato a quota 1.299.549. Ad eccezione del Trentino Alto Adige, in tutte le altre regioni italiane il saldo [1] del primo semestre è stato negativo.
I risultati più preoccupanti si sono registrati in Emilia Romagna (-761), in Sicilia (-700) e in Veneto (-629). A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA. Una moria, quella delle aziende artigiane, che dura ormai da 10 anni. Tra il 2009 e il 2018, infatti, il numero complessivo è sceso di quasi 165.600 unità.
“La crisi, il calo dei consumi, le tasse, la mancanza di credito e l’impennata degli affitti – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – sono le cause che hanno costretto molti artigiani a cessare l’attività. E per rilanciare questo settore è necessario, oltre ad abbassare le imposte e ad alleggerire il peso della burocrazia, rivalutare il lavoro manuale. Negli ultimi 40 anni c’è stata una svalutazione culturale che è stata spaventosa. L’artigianato è stato dipinto come un mondo residuale, destinato al declino e per riguadagnare il ruolo che gli compete ha bisogno di robusti investimenti nell’orientamento scolastico e nell’alternanza tra la scuola e il lavoro, rimettendo al centro del progetto formativo gli istituti professionali che in passato sono stati determinanti nel favorire lo sviluppo economico del Paese. Oggi, invece, sono percepiti dall’opinione pubblica come scuole di serie b. Per alcuni, infatti, rappresentano una soluzione per parcheggiare per qualche anno quei ragazzi che non hanno una grande predisposizione allo studio. Per altri costituiscono l’ultima chance per consentire a quegli alunni che provengono da insuccessi scolastici, maturati nei licei o nelle scuole tecniche, di conseguire un diploma di scuola media superiore”.
(In allegato il documento completo di CGIA di Mestre)
Non c’è che dire, un Ferragosto con i botti come questo del 2019 non si vedeva da molto tempo. Rimandate le ferie per gli esausti parlamentari italiani, richiamati per assistere alla mega sfida a poker sotto le stelle cadenti.
di Lamberto Colla Parma 18 agosto 2019 -
Non c’è che dire, un ferragosto con tanti scintillanti botti non si vedeva da tempo, abituati ormai a vedere i trolley al seguito dei parlamentari uscire dal portone del transatlantico per buttarsi su Capalbio o sulle barchette proprie o di amici per godersi il tanto atteso riposo.
Da molto tempo non si sentiva più parlare nemmeno del “Governo Balneare”, tanto in voga negli anni ’60, ‘70 e ’80 quando le maggioranze erano particolarmente risicate e a farla da padrone erano i piccoli partiti che di volta in volta favorivano una o l’altra maggioranza.
Un “governo di transizione” che avrebbe dovuto durare giusto il tempo di una stagione in attesa che i leader dei partiti trovassero un accordo duraturo, almeno sino all’estate successiva.
Purtroppo, seguì il periodo in cui per la maggiore andava il “Governo Tecnico”, quello che avrebbe dovuto essere super partes e condurre il Paese seguendo scelte tecniche, responsabili e fuori dai giochi dei partiti. L’apoteosi si ebbe con l’arrivo del Governo “lodenato” di Mario Monti, tutto “Austerity” (per gli altri) e demagogia (memorabile la scenetta della frugale cena di capodanno in risposta alla provocazione del Senatore Roberto Calderoli).
A onor del vero, prima di Monti, il “Vate” dell’Austerity era Romano Prodi il quale, con quella bella faccia pacioccosa e rassicurante, ha scorrazzato dall’IRI al Governo nazionale passando per un bel periodo attraverso la Commissione Europea dove si è ben distinto per fare gli interessi d’altri e ben poco quelli dell’Italia.
Ed ora invece sembra essersi conclusa la fase sperimentale di un “Governo a Contratto”, quello “giallo-verde” per l’appunto.
Un Governo composto da due elementi in emulsione dove l’apparente solubilità è determinata dalla costante agitazione. Infatti, non appena il minipimer “Conte” ha interrotto il processo di sbattimento ecco che, come acqua e olio, i due elementi si scindono perfettamente.
E’ quello che è accaduto nel giorno di Ferragosto quando, all’ennesima provocazione di Salvini, il premier Conte ha risposto con una infuocata lettera (data lui stesso alla stampa e pubblicata sul profilo FB) nella quale l’accusava di “Sleale collaborazione” .
Una lettera che è stata la miccia per i fuochi di ferragosto, alla fine dei quali tutti i leader si sono ritrovati al “tavolo verde da poker” al quale si è autoinvitato lo stesso Matteo Renzi, un campione della specialità che, con l’apertura al M5S, ha bloccato l’avanzata alle elezioni salvando di fatto il PD e i grillini da una ennesima batosta elettorale, riuscendo a prendere tempo per organizzare le file dei strampalate truppe “giallo-rosse”.
Un’efficace stratagemma che ha obbligato lo stesso Matteo Salvini a una riapertura a Di Maio, puntualmente rispedita al mittente.
Martedi 20 agosto si voterà la mozione di sfiducia a Giuseppe Conte e le ipotesi in campo sono molteplici: dal Governo Balneare a guida Conte con indipendenti, a un Governo Tecnico del Presidente, forse una nuova maggioranza M5S-PD o infine, meno probabile, una maggioranza di destra che però dovrebbe andare a cercare i soliti “responsabili”, quel manipolo di parlamentari corsari (un tempo c’era Verdini e C.) disposti a sostenere un’alleanza di Governo che da sola non avrebbe i numeri per legiferare.
Staremo a vedere quello che accadrà martedi prossimo, ma le aspettative non sono certamente rosee, qualsiasi formazione ne dovesse uscire.
Video: https://youtu.be/6i2wGMTylAA
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Editoriale: - I botti di Ferragosto. - Le sorprese in dote all’USDA del 12 agosto - Allerta, pezzi di vetro nell'Aglio, olio e peperoncino -E’ allarme per i calabroni killer, un morto in Italia e un ferito grave in Spagna - Buon Ferragosto! -
SOMMARIO Anno 18 - n° 33 18 agosto 2019
1.1 editoriale
I botti di Ferragosto.
2.1 lattiero caseario Lattiero caseario. 6 agosto 2019
2.1 Bis lattiero caseario Lattiero caseari. tendenza
3.1 cereali e dintorni Le sorprese in dote all’USDA del 12 agosto.
4.1 cereali e dintorni tendenze. Ripresa delle quotazioni nazionali
5.1 cereali e dintorni Cereali e dintorni. La sorpresa soia come era prevedibile
6.1 sicurezza alimentare Allerta, pezzi di vetro nell'Aglio, olio e peperoncino
6.2 salute e sicurezza E’ allarme per i calabroni killer, un morto in Italia e un ferito grave in Spagna.
7.1 ferragosto Buon Ferragosto!
8.1promozioni “vino” e partners
9.1 promozioni “birra” e partners
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Editoriale: - Un Italiano a Parigi,- Lattiero caseario. Latte spot e burro in caduta libera, stop crema e formaggi.- DOP IGP, la qualità dei territori. - Sabato 7 settembre torna a Bologna la Festa del BIO - Apicoltura. La Regione investe 560 mila euro - Cimice asiatica, Alleanza Cooperative chiede un tavolo di crisi - Fiume Po, scatta l’operazione “Argini Sicuri” -
SOMMARIO Anno 18 - n° 32 11 agosto 2019
1.1 editoriale
Un Italiano a Parigi,
2.1 lattiero caseario Lattiero caseario. Latte spot e burro in caduta libera, stop crema e formaggi. -
2.1 Bis lattiero caseario Lattiero caseari. tendenza
3.1 cereali e dintorni Cereali e dintorni. Mercati ancora turbati. In attesa dei dati USDA.
4.1 cereali e dintorni tendenze.
6.1 agroalimentare dop igp DOP IGP, la qualità dei territori.
6.2 bio eventi Sabato 7 settembre torna a Bologna la Festa del BIO
7.1 apicoltura Apicoltura. La Regione investe 560 mila euro
7.2 rischio cimice asiatica Cimice asiatica, Alleanza Cooperative chiede un tavolo di crisi
8.1 argini sicuri Fiume Po, scatta l’operazione “Argini Sicuri”
9.1promozioni “vino” e partners
10.1 promozioni “birra” e partners
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Tra le diplomazie di Italia e Francia non è che in questi ultimi anni scorra buon sangue. Ciononostante il fascino dell’erre moscia, dopo Carla Bruni, sembra avere colpito anche dei politici di primo piano. Sandro Gozi, persa la poltrona governativa, fa il salto della quaglia e entra nello staff di Emmanuel Macron con le stesse funzioni che aveva con Renzi e Gentiloni.
di Lamberto Colla Parma 11 agosto 2019 -
La piaga dei cervelli in fuga ha colpito anche la nostra politica. Tra i giovani rottamatori del club renziano è Sandro Gozi il primo a espatriare verso la nazione del nuovo “Enfant Prodige” della politica europea.
Candidato per le europee nella lista di Emmanuel Macron, “En Marche” fondato nel 2016, in attesa che si liberi un posto a Bruxelles per l’uscita dei rappresentanti di Sua Maestà la Regina Elisabetta, dal 30 luglio l’ex sottosegretario agli Affari europei nel governo Renzi, ha ottenuto lo stesso incarico nel governo francese.
Considerati i tanti e delicati dossier aperti tra i due paesi transalpini, dalla questione strategico - militare Fincantieri-STX all’Alitalia, ma anche nelle telecomunicazioni dove il “corsaro” Bolloré spadroneggia tra Tim e Mediaset, o piuttosto la delicata e tragica questione libica, innescata da Sarkozy e perseguita dai suoi successori, dove recentemente altri missili francesi sono stati trovati tra le milizie del generale Haftar con il governo di Parigi che ha dovuto ammettere che i loro soldati (in passato aveva sempre mentito) sono su suolo libico.
Una operazione militare, quella di abbattere Gheddafi, utile a sostituire la predominanza ENI con la francese TOTAL.
Infine, la più recente questione aperta è quella che vede fronteggiarsi FCA e Renault con il terzo incomodo dell’Eliseo e marginalmente i partner giapponesi di Nissan.
Senza contare i rapporti nell’agroalimentare e le acquisizioni di Lactalis (Galbani, Parmalat ecc...) sfociate recentemente con l’acquisto della Nuova Castelli leader nel Parmigiano Reggiano.
Insomma di questioni di rilevanza strategica ce ne sono molte e pesanti e un Sottosegretario di Dossier riservati ne può aver avuto a disposizione molti e potrebbe fare “Buon Uso” delle informazioni nel nuovo incarico parigino.
Un dubbio lecito che ha infatti scatenato le ire di molti e diversi, alcuni dei quali addirittura chiedono di ritirargli la cittadinanza italiana e altri ancora invece hanno avanzato il sospetto che la mancata assegnazione a Milano a sede della Agenzia Europea del Farmaco (EMA era a Londra) possa avere goduto dello zampino del Sottosegretario dell’epoca. Proprio quel Sandro Gozi che si dichiara “Sovranista Europeo”, a giustificare la sua dipartita verso Parigi, mentre qualcun altro invece potrebbe dargli del Euroinomane o dell’Uemanoide, a seconda dei punti di vista.
Insomma alla sete di potere non si comanda e l’animo apolide può prendere il sopravvento pur di sedere su uno scranno importante, e chi se ne frega della dignità!
L’altra faccia della medaglia, perché un aspetto positivo bisogna trovarlo sempre, potrebbe essere che Gozi sia invece il cavallo di Troia per scardinare le resistenze francesi e aprire la strada a tanti altri nostri politici in disarmo, ma eccellenti guastatori.
Forza Gozi, avanti Renzi & C.
Per approfondire il personaggio:
http://www.sandrogozi.it
Foto Sandro Gozi tratta da Gallery del sito istituzionale http://www.sandrogozi.it/gallery.htm
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Di Mario Vacca Parma 11 agosto 2019 - L’entrata in vigore del Nuovo Codice della Crisi ha favorito un ventaglio di interpretazioni, commenti e giudizi provenienti dal mondo accademico e dai diretti interessati di ogni categoria; Appena qualche giorno or sono 22 Law Firm, ovvero studi legali nazionali ed internazionali che assistono le aziende in crisi hanno espresso su un unico documento dissenso al nuovo codice evidenziando ben 8 punti critici.
Anche in ordine ai tanto proclamati adeguati assetti organizzativi che ogni azienda dovrà implementare al fine di intercettare situazioni di crisi e prevenire la perdita di continuità aziendale ognuno riporta la sua personale interpretazione.
Un ottimo contributo lo fornisce Assonime, determinando un approccio flessibile per non appesantire l’impresa in termini sia organizzativi che economici situazione che finirebbe per far fallire la le legge sul nascere.
La forte differenziazione tra le imprese in termini dimensionali, di base societaria, di risorse e di organizzazione, pone chiaramente il tema di un’adeguatezza da realizzare sartorialmente evitando di ingessare l’azienda con un “programma” troppo pesante che la renderebbe poco efficiente. In questo i vincoli non sono solo di tipo economico - legati al livello di investimento di setup e di mantenimento degli adeguati assetti - ma anche di tipo organizzativo in funzione della quantità e qualità delle risorse umane utilizzate, e di governance, con la presenza o meno di un management indipendente e professionale.
“…Come è da tempo noto in dottrina, la crisi è un processo evolutivo a stadi nel quale crescenti livelli di difficoltà dell’impresa possono portare alla perdita della continuità aziendale e/o all’insolvenza. Mentre l’istituzione degli adeguati assetti organizzativi costituisce un obbligo per tutte le imprese collettive, lo scopo di questi dipende dalla condizione di salute dell’impresa. In una impresa sana, gli adeguati assetti organizzativi sono funzionali alla corretta gestione e vanno inquadrati in un’ottica di moderno risk management, accompagnato da una corretta architettura organizzativa e da una serie di strumenti gestionali tutti caratterizzati da adeguatezza. Quando invece l’impresa entra in una fase di difficoltà, agli adeguati assetti è richiesta non solo una funzione di monitoraggio tempestivo, ma anche di costituire un valido strumento di gestione della medesima. Assosime lega al termine “adeguati” una duplice accezione: sia alla natura e alla dimensione dell’impresa, sia alla capacità di intercettare tempestivamente ed efficacemente gli indicatori della crisi e di perdita della continuità aziendale. L’adeguatezza rispetto agli obiettivi della norma è chiaramente declinata nei diversi strumenti e nelle caratteristiche degli assetti (organizzazione, controlli, sistemi di gestione e di rilevazione contabile, strumenti di monitoraggio della performance quantitativo e qualitativo) che consentono di prevenire la crisi di impresa e la perdita della continuità aziendale. Anche il riferimento temporale entra in gioco dinamicamente fotografando il momento in cui gli assetti vengono implementati ed usati; viene da se che un determinato controllo che in un’impresa sana potrebbe essere condotto con frequenza trimestrale in un’azienda in crisi dovrebbe essere condotto con periodicità più frequenti…”
L’unico neo rinvenibile nel documento di Assonime potrebbe rilevarsi il concetto di anteporre temporalmente l'interruzione della continuità alla crisi e all'insolvenza, quando evidentemente in più parti del corpo normativo viene espressamente chiarito che essa è un evento estremo da evitare il più possibile anche per la tutela della base occupazionale.