La prima cosa che ci ha colpito è dunque sicuramente la "teranga": questo spirito di convivialita e fratellanza che anima la quotidianità dei rapporti del villaggio.
Piacenza 12 agosto 2014 --
Dal Senegal, dove sono atterrati pochi giorni fa, arriva il primo racconto di viaggio dei cinque piacentini partiti, nell'ambito del progetto Kamlalaf, con l'associazione Diaspora Yoff. Accompagnati da Diagne Tagoulé e Logane Samba, stanno vivendo questa esperienza Noemi D'Agostino, Lorenzo Magnani, Daniela Patelli, Margherita Rettagliata e Letizia Bonvini.
Alle 5 del mattino arriviamo a casa di Logane e Diagne. L'aria è fresca e veniamo accolti da parenti assonnati che, nonostante le difficoltà linguistiche, si dimostrano cordiali e ospitali, con semplicità.
Al risveglio del primo giorno ci avventuriamo timidamente nel bel cortile dal pavimento blu e poi in casa, dove tanti parenti e amici sono in fermento da un po'. E' domenica e c'e un gran via vai di donne, bambini e ragazzi che guardano la partita.
Dopo un lauto pasto a base di ceboudjen (riso e pesce), è giunto il momento di andare in spiaggia. La strada è però irta di ostacoli: è impossibile non fermarsi ad ogni porta a salutare la moltitudine di persone nelle case e per strada. Tutti si conoscono e anche noi stringiamo mani, sorridiamo e biascichiamo saluti in francese e wolof.
Finalmente arrivati, troviamo la spiaggia affollatissima: bambini fanno il bagno e gruppi di ragazzi e famiglie preparano l'ataya, un the particolare dal sapore dolce-amaro.
Già dal primo giorno ci rendiamo conto di come la vita sociale sia importante: la gente passa molto tempo fuori casa e la strada diventa così un luogo d'incontro. Chi non gironzola al mercato o fa visita, sta seduto sulla soglia di casa, ed è raro non fermarsi a chiacchierare o a bere un bicchiere di ataya. Questa socialità vitale si ritrova nei momenti del pasto: a chiunque arrivi a casa e a qualsiasi ora viene offerto ceboudjen o fataya o qualche altra prelibatezza.
La prima cosa che ci ha colpito è dunque sicuramente la "teranga": questo spirito di convivialita e fratellanza che anima la quotidianità dei rapporti del villaggio.
Daniela, Letizia, Lorenzo, Margherita, Noemi.
(Comune di Piacenza)
Anche se il gruppo è ormai sulla strada di casa, durante il viaggio in Uganda con Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo i ragazzi del progetto Kamlalaf hanno scritto con intensità le loro riflessioni. Quello che segue è il racconto di Ilaria Platè.
Piacenza 8 agosto 2014 --
Sono trascorsi circa dieci giorni dal nostro arrivo in Uganda, ma sembrano molti di più: tanti sono stati gli incontri, le nuove amicizie, i suoni, le musiche, i colori, gli odori, i momenti e gli sguardi che rimarranno indelebili nella memoria, che mi risulta difficile avere la giusta percezione del tempo che passa.
Soprattutto qui a Moroto, dove la vita quotidiana delle persone scorre lenta, come le alte figure dei Karimojong che camminano solenni, avvolti in stoffe colorate, reggendo un lungo bastone o trasportando fagotti, fascine di legna, taniche d'acqua sulla testa.
Una cosa che sto imparando qui è proprio un modo diverso di vivere il tempo: liberata dai ritmi incalzanti delle nostre città, imparo ad assaporare ogni momento. Anche quando non c'è nulla da fare, da produrre, quando occorre semplicemente aspettare, quando si sta insieme la sera senza televisione o computer, chiacchierando, cantando, giocando, o si sta in silenzio ad ammirare la bellezza del tramonto sulla savana o il cielo trapunto di stelle, scoprendomi grata di essere qui e piena di domande sulla vita.
Ho scoperto che vale la pena "perdere" del tempo così, che questi momenti sono preziosi, così come le persone che sono qui con me: non le ho scelte io, eppure mi sembrano un regalo, per l'amicizia che sta nascendo, e per la compagnia che ci facciamo. Penso anche a chi ci accompagna, e a chi ci ha accolto da subito come parte di una famiglia: Giorgio e Cristina, per me testimoni di una fede autentica e vissuta con semplicità.
La semplicità: un'altra cosa che l'Africa mi sta insegnando. Mi vengono in mente le giornate dai Missionaries of the Poor, il modo in cui essi ogni giorno si mettono a servizio dei bimbi e degli anziani che vivono nella loro struttura, facendo ciò che bisogna fare, con una gioia che li fa canticchiare durante il lavoro; gli stessi bambini, orfani o abbandonati dalle famiglie perché disabili e portatori di handicap: basta fare loro un sorriso, e subito ti permettono di raggiungerli, stabiliscono un rapporto con te. Così come gli alunni della Great Valley School, nello slum di Makindye, a Kampala: basta uno sguardo o un piccolo gesto per avvicinarli: ti vengono incontro, vogliono sapere di te, ti prendono per mano o ti abbracciano, dicono "I wanna be your friend". Certi incontri, certi sguardi, sono sempre con me: un ragazzino di quinta elementare, Musa, conosciuto alla scuola, che mi scrive una mail dall'internet point dello slum; Matilda, bimba disabile alla quale mi sono affezionata durante i giorni trascorsi con i Missionaries of the Poor, che riesce ad articolare appena qualche suono, ma sono i suoi occhi a parlare e i suoi sorrisi; i ragazzi del centro giovanile "Don Vittorione" di Moroto, tra cui Olivia, che mi ha donato un anello, come segno della sua amicizia, lei che di "cose" ne possiede così poche..., o Lazaro e i suoi amici che si divertono ad insegnarmi a parlare un po' in Karimojong; le Charity Sisters, che scelgono di vivere in assoluta povertà, accudendo bimbi orfani che hanno da pochi giorni di vita a due anni; e tanti altri che mi testimoniano la gioia che viene dallo spendere la propria vita così, insieme, mettendosi a servizio del prossimo.
E' un riscoprire la bellezza dell'incontro e del rapporto con chi è "altro" da te, il valore di ciascuno, lo stare insieme con semplicità e curiosità: la ricchezza più grande di questo viaggio sta tutta qui.
Negli ultimi giorni, è stato per me molto emozionante partecipare al coro dei giovani durante la S. Messa: per la prima volta non mi sono sentita un'intrusa, una Muzungu (bianca, straniera) di passaggio che si introduce per un po' in un mondo diverso, ma mi sono anche sentita a casa, accolta dai ragazzi, che, dapprima divertiti dal mio voler imparare a cantare in Karimojong, si sono prestati ad insegnarmi un po' di pronuncia e la melodia delle loro canzoni, che ora non riesco più a togliermi dalla testa. E' stato un momento di comunione bellissimo, e mi è stato finalmente chiaro che, al di là di tutto, siamo davvero tutti uguali, pur nella diversità di costumi, tradizioni, condizioni...e colore della pelle.
Ilaria Platè
(Fonte Comune di Piacenza)
Il viaggio dei ragazzi partiti per l' Uganda nell'ambito del progetto Kamlalaf che ha l'obiettivo di costruire un percorso personale nel mondo del volontariato e della cooperazione internazionale -
Piacenza, 9 agosto 2014 -
E' partito dalla capitale Kampala in direzione Moroto, capoluogo dell'arida regione del Karamoja, il gruppo di Kamlalaf in viaggio in Uganda con Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo. A raccontare emozioni e sensazioni, tappa dopo tappa, oggi è Michela Gaino.
"Dopo dieci giorni finalmente mi trovo un po' da sola. È strano come a volte si abbia voglia soltanto di silenzio, in questo viaggio mi serve specialmente per metabolizzare. Non ho ancora avuto veramente tempo di fermarmi e pensare a quello che sto facendo. Nonostante l'african time, mi sembra tutto così veloce e frenetico come le strade di Kampala: ora tutto quello che sento è il cri-cri di un grillo alternato dal verso di qualche altro insetto notturno.
La partenza per Moroto sa di nostalgia, mi ero abituata a Giorgio e Cristina (i referenti di Cooperazione e Sviluppo in Uganda), alla sede dell'associazione, ai viaggi in macchina per raggiungere i Missionaries of the Poor o la Great Valley School, al muezzin che ci teneva compagnia al sorgere e calare del sole.
Sulla strada per il Karamoja non riesco a dormire, i miei pensieri continuano a scorrere lentamente, come le acque del Nilo, che impiegano tre mesi dalla sorgente a raggiungere il Mar Mediterraneo. Continuo a pensare alle persone che ho incontrato e che con molta probabilità non rivedrò mai più, continuo a pensare a tutte le cose che ho fatto stupendo anche me stessa. Questo viaggio aiuta a conoscere lati, sensibilità, forza che non pensavo di avere. Non sono solo io quella che sta facendo del volontariato; tutte le persone che mi hanno sorriso, salutata, parlato, tenuto la mano mentre ero con loro, non lo sanno, ma mi hanno aiutata più di quanto io non abbia aiutato loro.
Continuo a pensare specialmente alle cose che non ho fatto per mancanza di tempo, come chiedere a quel bambino perché ci siamo parlati con degli sguardi per due giorni senza mai avvicinarci l'uno all'altra, se non il giorno in cui ho dovuto dire addio alla sua scuola. Mi ha salutata con un bacio dicendomi "see you tomorrow", ma io sapevo che un tomorrow non ci sarebbe stato. Il sorriso di Jacob sarà qualcosa che porterò sempre con me.
Intanto la vegetazione si fa sempre più bassa, le macchine che incontriamo sono sempre meno come del resto l'asfalto. Pensavo di essere in sintonia con l'Africa dopo una settimana che sono qui, invece la savana mi coglie quasi impreparata. Scorriamo tra una buca e l'altra di fianco a capanne, acacie, monti, anziani in bicicletta, bambini che portano taniche d'acqua sulla testa e io non mi rendo ancora conto di trovarmi veramente nella "perla" dell'Africa.
Mi colpisce la dimensione e la struttura di queste case di fango e legno. I panni stesi sul tetto di paglia o addirittura per terra. Alcuni dalla strada salutano, altri guardano timorosi tutti questi Muzungu che sfrecciano carichi di bagagli. Mi sento come quel gruppo di irlandesi quando eravamo dai Missionari dei Poveri uno dei primi giorni, giusto il tempo di lasciare qualche scarpa, di scattare una foto e andare. Mi sento un turista. Ma sono solo di passaggio? Mi sento così a casa seppure io sia immersa in un Mondo totalmente diverso da quello che sono abituata a vedere e vivere.
C'è ancora troppo da conoscere, tre settimane non basteranno per le danze da vedere, i canti da ascoltare, i cibi da assaporare...e chissà che volto avrà questo continente al mio ritorno.
Forse sarò io a dirgli "see you tomorrow".
Michela Gaino
(Fonte: ufficio stampa Comune di Piacenza)
Alla Festa del PD di Villalunga buona tavola, musica e solidarietà a favore del Centro Oncoematologico di Reggio Emilia -
Reggio Emilia, 8 agosto 2014 -
Un grande evento nel segno della beneficenza. Con questo presupposto, si svolgerà l'ormai consueta serata della solidarietà, in programma questa sera, venerdì 8 agosto presso la Festa PD di Villalunga al Parco Secchia.
Da anni, la festa ha l'obiettivo di raccogliere fondi a favore di GRADE Onlus, sostenendo le attività di ricerca e assistenza del Reparto di Ematologia dell'Arcispedale Santa Maria Nuova-IRCCS. Quest'anno in particolare tutto l'incasso della serata (al netto delle spese) sarà devoluto al Gruppo Amici dell'Ematologia per contribuire alla costruzione del CO-RE, il nuovo Centro Oncoematologico di Reggio Emilia.
Il programma
L'edizione 2014 della festa di Villalunga, dal titolo "Keep Calm and Enjoy Villalunga", ha in serbo un programma ricco di proposte pensate per tutti i gusti: alle 20.30, i più piccoli potranno divertirsi allo Spazio Ludoteca con l'iniziativa Arte in Gioco a cura degli animatori e atelieristi di Associazione; alle 21.00, l'Arena del Liscio risuonerà delle note di Mister Domenico per animare la pista da ballo; alle 21.30, allo spazio Cuba Libre si apriranno le danze con i balli latino americani di Teatro Latino; alle 22, ottima musica in acustico con i Vibes, che si esibiranno ne La Piazza; stesso orario, ma alla Riserva Rossa, i Luf cantano Guccini in concerto. A partire dalle 19.30 poi saranno aperti tutti i sei ristoranti presenti all'interno della festa.
(Fonte: ufficio stampa Grade Onlus)
Il viaggio dei ragazzi partiti per l' Uganda nell'ambito del progetto Kamlalaf che ha l'obiettivo di costruire un percorso personale nel mondo del volontariato e della cooperazione internazionale -
Piacenza, 6 agosto 2014 -
Le riflessioni di Antonella Romano, in viaggio con il gruppo di Kamlalaf in Uganda, dopo i primi giorni trascorsi nella capitale ugandese dove Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo ha una delle proprie sedi.
"E' passata la prima settimana a Kampala e finalmente riesco a scrivere. Fino ad ora sono sfuggita alla carta e alla penna, ho dato delle scuse alla mia coscienza. Sfuggire a qualcosa è sempre comodo, si evita il faccia a faccia con propri pensieri. Il mio primo viaggio lunghissimo, il mio primo viaggio in Africa, il mio primo viaggio al di fuori dell'Europa, il mio primo viaggio senza mio padre. Lontano da famiglia, amici e casa, entro in un altro mondo e lo faccio con un silenzio forzato.
L'arrivo a Kampala, la capitale dell'Uganda è di notte, una notte che lascia trapelare una contraddizione. Avverto subito la diversità del buio silenzioso, ingannevole e attendo con calma l'indomani. Inizio da subito a sentirmi inappropriata e inadeguata ad un posto così confuso; non capisco. Non capisco perché devo girare in un pulmino, costretta a spiare tra le ombre e le macchie di vetri infangati quel mondo tanto diverso.
Solo questa notte, solo ora che la mia valigia è pronta per ripartire di nuovo verso Moroto, capisco tutto. Capisco il mio malessere, i miei dubbi. Dopo aver visto lo slum vicino alla Great Valley School, la scuola sostenuta da Africa Mission, comprendo la protezione dei miei accompagnatori. Nei giorni trascorsi qui, mi sono accorta che ho visto solo il sipario di questo enorme teatro a cielo aperto. Ne avevo intuito il tessuto: fatto di lamiere, ferro arrugginito e impolverato, impalcature di legno, pilastri che si susseguono e che sostengono stracci che diventano case. Penso alla parola "traffico". Di solito è quello che incontro sulla tangenziale di Napoli, è quello rumoroso di Piazza Garibaldi, è quello che fa uscire il peggio di te, ti fa dire le parolacce, ti fa essere prepotente perché vuoi passare. Il traffico è una parola che non piace ai frettolosi, ai viaggiatori, a chi deve programmare. Il traffico è l'ostacolo per quel mondo che va di corsa e che ha voglia di arrivare sempre per primo.
Qui, invece, il traffico mi piace e spero sempre di incontrarlo. Mi permette di fare una foto, mi permette di riuscire a vedere oltre la lamiera. Tra l'affollarsi di macchine e motociclette riesco a scorgere la vita. Ma solo qualche giorno fa, entrando per la prima volta in uno slum, si è aperto quel sipario ed è entrata di scena la povertà. Pendenze, altipiani, dossi, salite e discese sono interrotte da fogne ed odori nauseanti. Non riesco ad capire la geografia di questi luoghi, mi sfugge il principio con cui è "disegnata" una casa. Anto, cosa dici? Casa? È un termine che sa di lusso, sa di soldi, sa di benessere, è una bestemmia. In ogni passo che faccio e che mi porta in quel mondo tanto diverso, il mio stomaco si muove, un dolore mi attraversa tutto il corpo, mi paralizza, mi toglie il fiato.
E lo stesso dolore lo vedo negli occhi dei miei compagni di viaggio. Non ci parliamo, ma tutti ci capiamo in silenzio e ringrazio Dio di avere le scarpe, perchè possono forse proteggermi da quel suolo rosso, un rosso contaminato da spazzatura e letame. Calpesto una bustina di sapone in polvere "Ariel", quello delle lavatrici, ma qui non ci sono lavatrici. Tutto è lavato a mano in strada, tra l'accumulo di bacinelle, che vengono sfregate, strofinate, risciacquate... ma Anto, lo sporco non va via. E capisco. Capisco che sto entrando nell'intimità di una parte del mondo. Tutto è accumulo, tutto è sovrapposto, tutto si innalza ma con un equilibrio instabile. Tra le fessure di lamiere e disordine, incontro guancette che si piegano e diventano sorrisi smaglianti, incrocio gli occhi dei bambini, occhi da ciglia curvate. Gli occhi, gli unici fari di questa scena nera. Mi dicono "ciao", mi sorridono ed entro nel loro salotto, sono nella loro strada. Ma è l'anticittà. E ancora traffico: traffico di gente, plastica bruciata, caprette, donne, bambini e ancora bambini. Sto male perché in questo "teatro" la scena è fissa, è reale, non verrà rimontata altrove. Ripenso al pulmino e penso che sono una privilegiata; capisco che sono fortunata a vedere quel triste spettacolo dietro al vetro di un pulmino.
Antonella Romano
(Fonte: ufficio stampa Comune di Piacenza)
Il 29 agosto, 31 agosto e 9 settembre, Ascmad Prora, Croce Verde, CuraRE e GRADE organizzano un grande evento dedicato al volontariato all'interno dell'Arcispedale Santa Maria Nuova -
Reggio Emilia, 2 agosto 2014 -
Una tre giorni di solidarietà e confronto a Reggio Emilia. Tra fine agosto e inizio settembre si svolgerà l'evento benefico "Viva. Solidarietà a Reggio Emilia", tre giorni dedicati al volontariato all'interno dell'Arcispedale Santa Maria Nuova - IRCCS, in programma al Campovolo di Reggio Emilia.
L'appuntamento è fissato per il 29 agosto, 31 agosto e 9 settembre 2014 quando un dibattito, un concerto e una cena rappresenteranno i tre momenti clou dell'edizione 2014 di "Viva. Solidarietà a Reggio Emilia".
L'idea nasce da quattro onlus che operano all'interno dell'Arcispedale Santa Maria Nuova - IRCCS - Ascmad Prora Onlus, Croce Verde, CuraRE Onlus, GRADE Onlus - e che, pur mantenendo ognuna la propria autonomia e specificità, riconoscono la necessità di proporre una riflessione condivisa per evitare la dispersione di risorse.
Viva - il cui logo è stato disegnato dal celebre artista reggiano Davide Benati - punta infatti a valorizzare l'impegno delle persone in ambito ospedaliero, creando una sinergia di intenti: l'obiettivo è avviare un percorso di riflessione sulla necessità di unire le forze per raccogliere fondi da investire in strutture, strumenti e servizi all'avanguardia, in grado di dare nuove risposte assistenziali all'interno dell'ospedale.
Il programma di "Viva. Solidarietà a Reggio Emilia" 2014 -
Promosso dalle quattro onlus con il patrocinio di Comune di Reggio Emilia, Provincia Reggio Emilia, Azienda Ospedaliera Santa Maria Nuova, Ausl Reggio Emilia, Fondazione Manodori - prevede venerdì 29 agosto, alle ore 21, un dibattito a ingresso libero sul tema del volontariato e della solidarietà a Reggio Emilia, sull'impatto di quest'ultimo nelle strutture ospedaliere e sulle prospettive future. Tra i relatori, alcuni ospiti d'eccezione come il Sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi e l'Assessore alle Politiche per la Salute della Ragione Emilia Romagna Carlo Lusenti. L'invito è stato esteso anche al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Del Rio.
Domenica 31 agosto invece, Viva propone un concerto benefico al quale parteciperanno diversi artisti di fama nazionale: Lassociazione, Violetta Zironi, Irene Fornaciari e Graziano Romani si alterneranno sul palco, a partire dalle ore 21, per una serata all'insegna di musica e solidarietà a favore del progetto Viva. Non mancheranno poi tante altre sorprese pensate per stupire il pubblico. Il costo del biglietto è di 10 euro a persona.
Martedì 9 settembre, alle ore 20.30, gran finale con una charity dinner sotto le stelle: Viva ospiterà ben 700 persone che, al costo di 25 euro a persona, potranno cenare gustando piatti della tradizione reggiana e contribuendo così alla raccolta fondi a favore di strutture, strumenti e servizi all'interno dell'ospedale.
Il ricavato della tre giorni "Viva. Solidarietà a Reggio Emilia" sarà destinato alle quattro onlus coinvolte per finanziare progetti di ricerca e assistenza all'interno dell'Arcispedale Santa Maria Nuova - IRCCS.
Per informazioni, prevendite dei biglietti del concerto e prenotazioni per la charity dinner, è necessario telefonare ai numeri: 0522.295585 (Ascmad Prora Onlus), 0522.286492 (Croce Verde), 342.8098898 (CuraRE Onlus), 0522.296888 (GRADE Onlus). Per informazioni: www.vivareggioemilia.it Per fare una donazione a Viva: Banca CREDEM - IBAN IT 62 S 03032 12804 010000009308
Le Onlus di Viva
Ascmad Prora Onlus
È una storica associazione di volontariato, fondata nel 1984 a Reggio Emilia, per lo studio e la cura delle malattie dell'apparato digerente e per sostenere progetti per la Radioterapia. Da 30 anni raccoglie fondi a sostegno dei reparti di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, Medicina III e Radioterapia Oncologica dell'Arcispedale S. Maria Nuova - IRCSS, contribuendo ad arricchirli di attrezzature e tecnologie di elevato livello e importanza per l'attività ospedaliera. Attualmente lavora per la raccolta fondi a favore del nuovo reparto di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, il progetto sostenuto dalla campagna pubblicitaria "IO MI IMPEGNO".
Croce Verde
Nata nel 1914, è l'associazione più longeva del territorio. Nel 2014 festeggia i primi 100 anni di storia nel segno dell'assistenza e della solidarietà con quasi 600 volontari che oggi dedicano tempo, impegno e passione a favore del servizio pubblico. Da sempre svolge servizi di emergenza-urgenza in convenzione con il 118 Reggio Soccorso, di accompagnamento intra-ospedaliero e di trasporti programmati non urgenti in ambulanza, senza dimenticare il trasporto di dializzati autosufficienti e i trasferimenti a lunga percorrenza sul territorio nazionale e UE.
CuraRE Onlus
Nasce nel 2011 a Reggio Emilia per promuovere incontri ed eventi volti a raccogliere fondi, a far conoscere il progetto e a creare il giusto coinvolgimento della comunità nella condivisione di un obiettivo: contribuire alla realizzazione del MIRE (Maternità Infanzia Reggio Emilia), la nuova struttura all'interno dell'Arcispedale S. Maria Nuova-IRCSS, di fondamentale importanza per il futuro dell'assistenza provinciale in ambito neonatale, pediatrico, ostetrico, ginecologico, neuropsichiatria infantile e genetica. Ospiterà un centro per la cura di tutte le patologie oncologiche ginecologiche e uno per la procreazione medicalmente assistita, promuovendo la ricerca e la formazione.
GRADE Onlus
Nata nel 1989 a Reggio Emilia, da 25 anni sostiene l'attività clinica del Reparto di Ematologia dell'Arcispedale Santa Maria Nuova - IRCSS e la ricerca, finanziando figure professionali e progetti. Formata da medici, infermieri, personale del Reparto, ex malati e famiglie, dal 2009 è impegnata nella raccolta fondi a favore del CO-RE, il futuro Centro Oncoematologico di Reggio Emilia: la struttura sarà inaugurata nel 2015 e rappresenterà un polo di eccellenza per tutto il nord Italia nella lotta contro le patologie oncologiche.
(Fonte: Ufficio Stampa Kaiti expansion srl)
Il viaggio dei ragazzi partiti per l' Uganda nell'ambito del progetto Kamlalaf che ha l'obiettivo di costruire un percorso personale nel mondo del volontariato e della cooperazione internazionale -
Piacenza, 2 agosto 2014 -
Il resoconto dalle prime tappe del viaggio in Uganda, nell'ambito del progetto Kamlalaf, arriva da Vincenzo Salluzzo, Michela Gaino, Alberto Maserati, Ilaria Platè e Antonella Romano, accompagnati da Paolo Strona di Africa Mission Cooperazione e Sviluppo. Al gruppo si sono aggiunti, con il progetto "Vieni e vedi" dell'associazione, Laura da Treviso e Mara da Fabriano.
Il racconto
Finalmente atterriamo a Entebbe, sul lago Vittoria. Percorrendo l'unica strada asfaltata che ci porta verso Kampala, nonostante il sonno e la stanchezza del lungo viaggio, non possiamo non osservare il susseguirsi di palazzi, baracche, negozietti, insegne al neon, autobus, moto: una notte che anticipa le sensazioni del giorno seguente. Il clima di accoglienza di Giorgio e Cristina Lappo, referenti in Uganda di Africa Mission, qui conosciuta come Cooperation and Development, è da subito quello di una grande famiglia.
L'indomani ci immergiamo nel cuore della capitale: Kampala Road, la strada principale del centro, è affollata di pulmini, "boda-boda" (motociclette che funzionano come taxi), gente in bicicletta, gente a piedi, gente che trasporta cesti, sacchi, gente che compra e vende, contratta, chiacchiera, gioca intorno a un tavolo... Per la prima volta ci sentiamo noi i diversi, i "Muzungu" (i bianchi, gli stranieri), come ci chiamano qui.
Le arterie di Kampala Road ci colpiscono per le cucine a cielo aperto, per i numerosi cibi e frutti, per gli odori e i colori, e per il modo di vivere la strada come luogo di incontro, scambio e condivisione. Arriva però il giorno dopo l'esperienza più significativa: quella dell'affiancamento ai Missionaries of the Poor, giovani fratelli consacrati, sostenuti anche da volontari locali, che si adoperano per l'assistenza agli ultimi. Li abbiamo aiutati nelle mansioni quotidiane di lavaggio a mano del bucato e delle stoviglie, preparazione e distribuzione del pasto, cura della persona e fisioterapia con i bambini portatori di handicap, ospiti della struttura insieme a orfani e anziani.
L'incontro con questa realtà è stato forte: siamo stati spettatori e partecipi di una grande sofferenza e povertà, ma soprattutto dell'amore e della gioia che questi missionari, giorno per giorno, mettono al servizio dei più deboli. Gli stessi bambini, che sono cresciuti in questo clima di solidarietà, ci hanno mostrato che ci si può prendere cura degli altri con semplicità e umiltà. Tutto questo ci ha aiutato a superare l'iniziale difficoltà di una situazione che nessuno di noi aveva mai provato, ma anche a riconoscere la bellezza che sta dietro ad un semplice gesto d'amore.
(Fonte: ufficio stampa Comune di Piacenza)
In fila allo sportello degli Avvocati di strada Onlus si mischiano tradizioni, lingue e colori; la preoccupazione di qualche adulto al sorriso di un bambino ghanese dagli occhi neri grandi, incuranti -
Reggio Emilia, 30 luglio 2014 - Giulia Rossi -
Madri single africane con a seguito figli piccoli alla ricerca di un permesso di soggiorno, padri in difficoltà economica che hanno perso la propria residenza e i diritti ad essa collegati, persone che hanno commesso vari tipi di reato, immigrati disorientati che hanno bisogno anche solo di un consiglio riguardo a come muoversi nella burocrazia italiana, clochard soli che chiedono di essere difesi, ma ancor prima ascoltati. Sono tante e con esigenze diverse le persone in fila agli sportelli degli Avvocati di strada Onlus di via Squadroni e via Turri a Reggio Emilia, in attesa di fruire gratuitamente di una tutela giuridica offerta da questa associazione a chi non ha una fissa dimora e dunque non può accedere all'istituto del gratuito patrocinio.
Se la scorsa settimana vi avevamo presentato gli "angeli custodi dei senza tetto" e il loro altruismo, oggi abbiamo deciso di entrare più nello specifico e, sempre grazie al prezioso contributo di due volontari, Alessandra Scaglioni e Simone Beghi, vi raccontiamo nel concreto la giornata tipo di un Avvocato di strada.
Prendiamo un mercoledì di una fresca e inconsueta estate. È ormai tardo pomeriggio e in fila allo sportello di via Squadroni si mischiano tradizioni, lingue e colori; la preoccupazione di qualche adulto al sorriso di un bambino ghanese dagli occhi neri grandi, incuranti.
C'è chi è arrivato solo e chi si è fatto accompagnare da un amico. La speranza è per tutti la stessa: trovare negli Avvocati di strada non solo un supporto giuridico ma anche un punto di riferimento.
L'ACCOGLIENZA ALLO SPORTELLO DEGLI AVVOCATI DI STRADA
"Chi è allo sportello accoglie la persona e inizia con lei una sorta di colloquio conoscitivo durante il quale il volontario compila una scheda con i dati e la situazione del soggetto in questione -
spiega Alessandra Scaglioni - La sua richiesta di aiuto viene vagliata per verificare se necessiti effettivamente di un Avvocato di strada o se i requisiti in suo possesso siano sufficienti per garantirgli un legale stipendiato dallo Stato. Se di questo si tratta, allora noi non possiamo aiutarlo. Ci limitiamo a indirizzarlo in altri uffici. Abbiamo un'etica molto forte in merito: noi agiamo gratuitamente, non siamo pagati da nessuno. Per coloro che invece non hanno una residenza, né un permesso di soggiorno e hanno bisogno di un Avvocato di strada, viene aperta una pratica e mandata al legale di riferimento", aggiunge.
"In entrambe i casi, un colloquio non si nega a nessuno, anche perché ci sono capitate situazioni davvero borderline. In molti vengono da noi per sfogarsi, per raccontarci le loro difficoltà, per confidarci le loro paure. Per ore. Noi dello sportello li ascoltiamo e se possiamo, soprattutto nelle cause stragiudiziali, li aiutiamo. Ci sono passaggi burocratici come un cambio di residenza e un'iscrizione sanitaria che per chi è nato in Italia può essere banale, ma non per tutti è così", precisa Beghi.
I CASI PIU' FREQUENTI
Ma quali sono i casi e le problematiche con cui gli Avvocati di strada hanno più spesso a che fare?
"Dal punto di vista giudiziale - spiegano i due volontari - abbiamo avuto negli ultimi tempi una causa in materia previdenziale, poi sono state seguite separazioni e divorzi, ricorsi al Tar (Tribunale Amministrativo Regionale) per permessi di soggiorno collegati all'immigrazione. Capita molto spesso infatti che gli extracomunitari si rivolgano a noi chiedendoci un aiuto per ottenne questo tipo di autorizzazione. Spesso ad esempio abbiamo a che fare con madri single africane, che possono essere nigeriane piuttosto che ghanesi, che non hanno mai avuto il permesso di soggiorno o l'avevano ma l'hanno perso, perché hanno commesso reati in materia di articolo 73, cioè spaccio di stupefacenti, e nel frattempo hanno avuto dei figli ma sono state lasciate dal compagno, perché è tornato in Africa o perché è dietro le sbarre. Queste donne si ritrovano così in Italia, magari con precedenti collegati con il compagno in carcere, senza permesso e con minori a seguito. In questi casi noi attiviamo la richiesta del permesso di soggiorno tramite il Tribunale minorile, il famoso articolo 31 del Testo unico dell'immigrazione, che è un ricorso particolare che sfugge un po' alla discrezionalità della Questura, perché cerca di sistemare le madri con figli molto piccoli, magari già affidati a servizi sociali. L' interesse del minore nato in Italia è quello di rimanere su territorio fino alla maggiore età, con almeno una figura genitoriale che lo supporti nella crescita. Quindi, se c'è l'autorizzazione del Tribunale minorile a dare il permesso di soggiorno a queste donne, la Questura non può sfuggire dall'eseguire il provvedimento. Questa tipologia di ricorso è veramente frequente. Poi c'è chi ha già fatto richiesta di protezione internazionale tre anni fa, la Commissione gli ha detto di no, il tribunale gli ha detto di no, e vorrebbe fare una nuova domanda di Asilo, perché ha perso il permesso di soggiorno e dovrebbe tornare a casa, ma spesso proviene ad esempio dalla Nigeria, dove le guerre civili sono all'ordine del giorno...", spiegano.
SUL PIANO PENALE
"Dal punto di vista penale invece i casi sono stati pochi ed erano per lo più relativi all'articolo 10 dell'immigrazione, legati al reato di clandestinità, persone cioè che si trattenevano sul territorio italiano anche se in possesso del foglio di espulsione", concludono i due Avvocati di strada.
I quattro computer potranno essere utili agli operatori e agli educatori nelle attività di sostegno didattico e apprendimento della lingua italiana da parte di giovani e adulti, italiani o stranieri -
Piacenza, 23 luglio 2014 -
Percorrere idealmente un parte della strada insieme sostenendo con la donazione di strumenti informatici, come supporto per affrontare le problematiche legate alla alfabetizzazione e all'apprendimento della lingua italiana da parte di persone svantaggiate. E' questo l'obiettivo che Poste Italiane, consapevole del suo ruolo non solo economico ma di rilevanza sociale per la sua presenza capillare sul territorio, si è impegnata a promuovere donando alla "Fondazione Madonna della Bomba – Scalabrini Onlus" e alle associazioni piacentine "Tersicore", "Il Circolino Onlus" e "Oltre l'Autismo", quattro computer non più in uso presso l'azienda ma appositamente rigenerati in tutte le loro componenti.
Alla presenza del direttore provinciale di Poste Italiane Enrico Carini, dell'assessore alle politiche sociali del Comune di Piacenza Giulia Piroli, dell'assessore al nuovo welfare e sostegno alle famiglie Stefano Cugini, del consigliere comunale Giovanni Botti, del responsabile servizi manutenzione e hardware del Polo Tecnologico Sandro Romagnoli e del responsabile Posteimpresa Stefano Perrucci, sono stati consegnati stamattina, presso la sede direzionale di Piacenza di Poste Italiane, gli strumenti informatici che potranno essere utili agli operatori e agli educatori nelle attività di sostegno didattico e apprendimento della lingua italiana da parte di giovani e adulti, italiani o stranieri.
Hanno ritirato i computer il referente del "Consiglio Comunale dei Ragazzi" e dell'associazione "Tersicore" Davide Tagliafichi, Don Giorgio Bosini e Paolo Cavallo della "Fondazione Madonna della Bomba - Scalabrini Onlus" e il prof. Pietro Merlini dell'associazione "Il Circolino Onlus".
Poste Italiane sviluppa un impegno continuo, nell'ambito della Responsabilità Sociale d'Impresa, promuovendo queste iniziative a favore di quegli enti non lucrativi che prestano volontariamente la loro opera di sostegno attivo a progetti di solidarietà sociale. Senso di responsabilità e affidabilità sono i valori che caratterizzano da sempre Poste Italiane e che guidano i comportamenti nelle relazioni interne e nei rapporti con l'esterno, generando fiducia e credibilità.
(Fonte: ufficio stampa Poste Italiane)
I volontari dell' associazione Avvocati di strada Onlus forniscono assistenza legale gratuita alle fasce più deboli. Si sono costituiti a Reggio Emilia dal 2006 e a marzo hanno aperto un secondo sportello in zona stazione -
Reggio Emilia, 23 luglio 2014 - di Giulia Rossi -
Gli angeli custodi esistono davvero. Non hanno ali bianche né riccioli biondi, ma un cuore grande e uno spirito altruistico. Fanno del bene gratuitamente, senza chiedere nulla in cambio. Spinti dalla convinzione che sia giusto aiutare in prima persona chi è debole, chi viene da lontano, chi è povero, chi ha perso tutto: una casa, il lavoro, la famiglia, il denaro, i propri diritti, la propria dignità e persino la possibilità di essere difeso davanti alla legge.
Stiamo parlando degli Avvocati di strada Onlus, un'associazione formata da volontari, nata a Bologna nel 2001, poi estesa capillarmente in tutto il nostro Stivale.
Due di loro, Simone Beghi e Alessandra Scaglioni, che da anni operano sul territorio reggiano, ci hanno spiegato di cosa si tratta.
AVVOCATI DI STRADA A REGGIO EMILIA.
"Gli Avvocati di strada si sono costituiti a Reggio alla fine del 2006 per iniziativa di don Renzo Braglia del Gruppo Laico Missionario che, insieme ad alcuni legali - allora erano Nicola Gualdi e Veronica Ligabue i maggiori referenti - hanno deciso di aprire uno sportello gestito da volontari nella sede di via Squadroni 7, in centro storico, rivolto a tutte quelle persone senza fissa dimora che non possono usufruire di una tutela legale, nemmeno attraverso il gratuito patrocinio", spiega Simone Beghi.
Sì, perché anche se sono in pochi a saperlo, chiunque non abbia o abbia perso la residenza, e quindi sia in evidente stato di difficoltà economica, non ha diritto di accedere all'istituto del gratuito patrocinio. L'eliminazione di questa ingiustizia è una delle principali cause per la quale da tempo si battono gli Avvocati di strada.
SENZA RESIDENZA, SENZA DIFESA.
"La difesa è un diritto inviolabile, lo sancisce la Carta Costituzionale, Carta prima a cui fare riferimento e come tale deve valere per tutti, senza distinzioni" - afferma l'avvocato Scaglioni - "Nella pratica però non è così. Chi non ha una residenza, o chi l'ha persa per svariati motivi e vive in strada o nei dormitori, non può essere assistito da un avvocato gratuitamente e dunque, dal momento che non possiede la liquidità per permettersi un legale, non riesce a difendersi. Lo stesso discorso vale per gli immigrati: anche un extracomunitario avrebbe diritto al gratuito patrocinio, ma solo se è in possesso di determinati requisiti. In particolare per accedervi ha bisogno di un documento identificativo e dunque non deve essere un mero clandestino, deve avere il permesso di soggiorno, una residenza, il codice fiscale e un limite reddituale. In assenza di questi requisiti, nemmeno l'immigrato può essere difeso, a meno che non si tratti di emergenze internazionali, per le quali il gratuito è quasi sempre previsto. Ma dove la legislazione ha delle pecche, in quanto appunto tutela solo alcune fasce della popolazione, tralasciando quelle più deboli, interveniamo noi", precisa l'avvocato.
LE PRATICHE STRAGIUDIZIALI.
"C'è poi da aggiungere che il gratuito copre comunque, per chi ha una residenza come per chi non ce l'ha, solo una difesa in ambito giudiziario. Tutte quelle pratiche chiamate 'stragiudiziali', come ad esempio il risarcimento di un sinistro, la burocrazia legata alla richiesta di un permesso di soggiorno, e in generale pratiche amministrative che hanno appunto un percorso che va al di fuori dell'ambito giudiziario, e non sono sempre facili da gestire per un immigrato, sono svolte con il nostro supporto. Queste ultime costituiscono una grossa parte del nostro lavoro", precisano i volontari.
I VOLONTARI.
Insomma, l'aiuto che "Lo studio legale più grande d'Italia, fornisce ai clochard, ma anche a tutti coloro che, arrivati in una nuova realtà, si sentono spaesati è davvero a 360 gradi.
Infatti: "Nella compagine degli Avvocati di strada non ci sono solo esperti legali, che anzi sono in minoranza, ma c'è anche un nutrito gruppo di ragazzi e ragazze, per lo più studenti universitari di varie Facoltà, che svolgono attività di sportello e hanno mansioni amministrative o di semplice orientamento per le persone che si rivolgono alla nostra associazione", spiega Simone Beghi.
"Sono ragazzi fantastici. Non posso che dire del bene di loro: sono tanti, bravissimi, attivissimi, giovani e impegnati", afferma Alessandra Scaglione.
Ed è anche grazie alla disponibilità e competenza di questo nutrito gruppo di giovani che è stato possibile dar vita in marzo 2014 ad un secondo sportello in una zona strategica come via Turri 49, quartiere limitrofo alla stazione ferroviaria di Reggio, crocevia di tante etnie, per il quale da anni l'amministrazione comunale reggiana ha cercato di promuovere progetti di coesione sociale e integrazione.
LO SPORTELLO DI VIA TURRI.
"Abbiamo deciso di aprire un secondo sportello in un'altra sede, oltre quella di via Squadroni che comunque resta, per cercare di avvicinare e aiutare più persone possibili. Fortunatamente abbiamo un numero di volontari sufficiente per coprire sempre un turno alla settimana (due sabati al mese dalle 10.30 alle 12, e due mercoledì al mese dalle 17.30 alle 19), per chiunque ne abbia bisogno.
La sede in via Turri, è stata scelta per la sua valenza simbolica. Fucina di popoli ed etnie, era uno dei luoghi più naturali in cui potessimo andare. Siamo stati ospitati dal Centro Incontro Reggio Est, che ci ha accolto anche per le finalità che quel luogo ha: cioè incentivare relazioni tra popoli diversi.
Ma il nostro obiettivo era anche agevolare quei clienti che arrivano da fuori città con l'autobus ma soprattutto con il treno, per i quali offrire un servizio allocato vicino a tutti i mezzi pubblici e nella tarda mattinata di sabato ci sembrava più vantaggioso", concludono.