Arturo Delle Donne- Il battello pareva sospeso come per incanto e Emilio Scanavino. Genesi delle forme. (Foto di Francesca Bocchia)
Arturo Delle Donne- Il battello pareva sospeso come per incanto. A cura di Cristina Casero e Andrea Tinterri.
Da domenica 10 novembre a domenica 15 dicembre 2019
Inaugurazione: sabato 9 novembre 2019, ore 17.30
Apertura: giovedì e venerdì ore 14.30 - 18.30 / sabato e domenica ore 10.00 – 18.30
Dove: Palazzo Pigorini, Str. della Repubblica, 29A, Parma (primo piano)
La mostra “Il battello pareva sospeso come per incanto” di Arturo Delle Donne allestita nelle sale del Palazzo Pigorini di Parma e organizzata con il patrocinio e la collaborazione dell’assessorato alla Cultura del Comune di Parma, regala agli spettatori una preziosa occasione per lasciarsi trascinare in un coinvolgente viaggio. Attraverso una serie di immagini, nelle quali di fronte ai nostri occhi i confini tra realtà e finzione si smarginano, possiamo intraprendere un cammino che ci conduce in luoghi inesplorati, nel cuore di vicende tramandateci dall'universo letterario, teatrale e cinematografico, in spazi fantastici o nelle pieghe del quotidiano.
La mostra comprende trentacinque immagini, suddivise in sei progetti differenti, che restituiscono una ricerca complessa: Delle Donne ricostruisce artigianalmente le scene che vuole immortalare, allestisce piccole scenografie, modellini in scala che dovranno essere fotografati. In questo modo lo scatto è solo uno dei passaggi necessari al risultato finale, un passaggio necessario ma non sufficiente. Alcuni delle scenografie, utilizzate nei progetti, accompagnano la mostra, in maniera da rendere evidente al pubblico i vari stadi di lavorazione.
Attraverso questa tecnica Arturo Delle Donne si confronta con la grande letteratura (Racconti di Mare), con il cinema neorealista italiano o con alcuni classici come “Arizona Dream” o “Intrigo internazionale” (The backstage in small scale; Arizona dream), o ancora con la cronaca sportiva (Cortina – Big Champions in tiny scale), partendo dall’esperienza delle olimpiadi invernali di Cortina del 1956.
Arturo Delle Donne cristallizza frame di pellicole in bianco e nero, estrapola pagine di libri d’avventura, ricerca vecchie fotografie di eventi sportivi: I vari cicli cui ha dato vita sono accomunati dal fatto di essere incentrati attorno a storie che si collocano oltre la fenomenicità del reale, ma sempre costruite facendo ricorso a complesse soluzioni di mise en scene, in una tesa dialettica tra realtà e fiction, tra verità e verosimiglianza. Anche quando il punto di partenza è autobiografico (My small – scale life) il processo non cambia: a differenza di molti casi in cui la fotografia è appunto, forma diaristica, nella ricerca di Delle Donne tutto procede a ritroso. La scena è da tempo scomparsa, rimane il ricordo con tutte le sue incertezze e sovrapposizioni di ogni genere. La fotografia non è altro che la testimonianza di un tentativo, la testimonianza di una ricomposizione. In un solo progetto, tra quelli proposti in mostra, la scena non viene ricostruita a tavolino e la fotografia si confronta con un paesaggio reale (Ma small – scale world), ma anche in questo caso Delle Donne ha bisogno di allontanarsene, trasformando il paesaggio, e tutto ciò che lo caratterizza, in quinta teatrale, scenografia in cui, forse, innescare il racconto.
In occasione della mostra verrà presentato un volume, curato da Cristina Casero e Andrea Tinterri ed edito da Academia Universa Press, dedicato alla ricerca di Arturo Delle Donne, con oltre cinquanta immagini, tra cui alcuni inediti non presenti in esposizione.
ARTURO DELLE DONNE
Fotografo professionista, laureato in biologia e dottore di ricerca in ecologia, inizia la sua attività professionale con il reportage pubblicando diversi servizi su riviste specializzate come Gente Viaggi, Mondo Sommerso ed Aqva, alcune sue foto sono state pubblicate da Whitestar/National Geographic.
Nel giugno 2008 vince il primo premio della qualità creativa in fotografia professionale nella categoria food, la cui prestigiosa giuria l’ha giudicato: “un’autore di una versatilità fuori dal comune”.
Dal 2005, in collaborazione con la Solares Fondazione delle Arti di Parma, ha iniziato il progetto fotografico “Closer Portraits”: più di 80 ritratti di personaggi del mondo dello spettacolo e della cultura tra cui Wim
Wenders, Mario Monicelli, Ernest Borgnine, Bernardo Bertolucci, Daniel Pennac, Michelangelo Pistoletto, Hanna Schygulla, Edoardo Galeano, Gerard Depardieu, Emir Kusturica, James Ivory, Peter Greenaway.
Nel 2009 partecipa ad una spedizione imbarcandosi da Southampton sulla nave RRS Discovery per un reportage sulle ricerche in campo climatico con la Environmental Ocean Team.
Ha curato la parte iconografica del volume “Gusto Italiano” dell’ALMA – Scuola Internazionale di Cucina Italiana, edizioni Plan, uscito a marzo 2012.
Nel 2016 collabora per le riprese del documentario “Pope Francis - A MAN OF HIS WORD”, con la regia di Wim Wenders. Grazie a questa collaborazione nell’ottobre del 2017 ha filmato le operazioni di soccorso dei migranti a bordo della Nave CP941 Diciotti della Guardia Costiera Italiana.
Dal 2017 è consulente di Reggio Children foundation per l’ideazione e la realizzazione di progetti di ricerca multimediali.
Nel 2017 partecipa al MIA Photo Fair a Milano con la mostra “Racconti di Mare” e lo stesso anno espone la medesima mostra completa presso la galleria Hernandez di Milano.
Nel luglio del 2019 vince il TAOAWARD per la fotografia di moda con la seguente motivazione: "per la sua capacità di elaborare in modo personale le numerose commissioni in campo professionale e soprattutto nel
mondo della moda”. Ha esposto in vari musei e sedi istituzionali tra cui il Museo del Mare di Genova, il museo di Arte moderna di Velikij Novgorod.
Emilio Scanavino. Genesi delle forme. A cura di Cristina Casero ed Elisabetta Longari In collaborazione con l’Archivio Emilio Scanavino.
Palazzo Pigorini, Parma.
10 novembre – 15 dicembre 2019
Inaugura sabato 9 novembre alle 17.30 nelle sale di Palazzo Pigorini a Parma la mostra Emilio
Scanavino. Genesi delle forme a cura di Cristina Casero ed Elisabetta Longari, realizzata in
collaborazione con l’Archivio Emilio Scanavino e il sostegno del Comune di Parma. La rassegna
offre una lettura inedita dell'opera di Emilio Scanavino (Genova, 1922–1986), artista che è stato
protagonista della stagione italiana della pittura informale negli anni Cinquanta, aggiornando poi i
suoi modi nei decenni seguenti lungo una traiettoria personale e coerente.
L'esposizione presenta – accanto a dipinti, ceramiche e sculture – più di cento fotografie scattate
dallo stesso Scanavino, una produzione interessante e sostanzialmente inedita, conservata presso
l'archivio dell'artista. Intorno a questo nucleo di immagini è costruita, con un taglio innovativo, la
mostra, che chiarisce quindi come la pratica fotografica sia stata parte integrante, sin dalla fine degli
anni Cinquanta, della ricerca dell'autore. Dal confronto tra gli scatti e la produzione artistica si
evidenzia anche l'affermarsi di un differente modo di concepire l'immagine pittorica o scultorea da
parte di Scanavino, che affermava «a me piace fotografare. Ma non cerco belle immagini, mi piace
andare in giro e ritrarre lo scheletro della natura, certi buchi, certi solchi che i secoli hanno
scavato nelle montagne. I detriti che si accumulano nei luoghi dove la nostra civiltà industriale
raccoglie le sue scorie mi raccontano cose incredibili».
Nelle sue fotografie, infatti, Scanavino immortala brani di realtà - corde, innesti, insetti, muri, nodi,
pietre -, tutti elementi che qui diventano forme primarie, archetipi, il cui senso va oltre il loro
significato letterale. Come evidenzia una delle due curatrici, Elisabetta Longari, “la fotografia aiuta
Scanavino a leggere con evidenza il carattere particolare della materia, ne capta la qualità, la
struttura segreta”, e quindi il motivo per cui egli ricorre a questo strumento espressivo è “la
conoscenza, la più profonda e diretta possibile. La fotografia in questo quadro si rivela un ottimo
strumento d’indagine, l’obiettivo è un occhio ravvicinato cui non sfugge nulla, o comunque che sa
cogliere ciò che l'occhio umano non afferra”. L'artista, dunque, assegna alla fotografia un ruolo
fondamentale nel processo di genesi delle forme del suo immaginario, non fondato soltanto sulla
sua invenzione, sulla sua immaginazione, ma capace di trarre forza anche da quella ricognizione
sulla realtà che egli compie anche attraverso il mezzo fotografico.
Il fondamentale rapporto tra l'immagine fotografica e la produzione pittorica e scultorea di
Scanavino, insieme all’analisi del linguaggio fotografico dell'autore, sono indagati nel catalogo
della mostra, un volume edito da Magonza Editore, che presenta la produzione fotografica
dell'autore, sinora poco conosciuta. I saggi delle due curatrici approfondiscono diversi aspetti:
Cristina Casero si concentra più propriamente sull’analisi del linguaggio fotografico e sulle
relazioni dell’artista con il clima culturale e il contesto espositivo a lui contemporaneo; Elisabetta
Longari cerca, basandosi principalmente sui libri, come anche sui carteggi presenti nell’archivio del
pittore, di tracciare una possibile mappa culturale del suo approccio alla fotografia e all’arte.
Cenni biografici
Emilio Scanavino (Genova, 1922 – Milano, 1986), conseguito il diploma artistico, nel 1942
si iscrive alla Facoltà di Architettura dell’Università di Milano, ma interrompe gli studi a seguito
della chiamata alle armi. Nel 1947 Scanavino si reca per la prima volta a Parigi dove soggiorna
qualche tempo e, accanto ai critici, incontra i poeti e gli artisti, Edouard Jaguer, Wols, Camille
Bryen. L’esperienza parigina si rivelerà fondamentale nel suo percorso stilistico, in particolare per
gli echi del postcubismo che assimila e interpreta in chiave personale fin dal 1948, quando espone
alla Galleria l’Isola di Genova. Nel 1950 alla XXV Biennale di Venezia espone Soliloquio
musicale e suscita l’attenzione della critica. Sarà invitato alla Biennale di Venezia anche nel 1954,
nel 1958 e nel 1960 con una sala personale. Nel 1951, in occasione di una mostra personale alla
londinese Galérie Apollinaire, trascorre un periodo a Londra, dove viene profondamente colpito
dall’opera di Bacon, Sutherland e Matta. Dal 1968 lavora sempre di più a Calice Ligure, avendovi
stabilito una comunità artistica, specialmente dedita alle attività artigianali e alla ceramica. Alla sua
opera sono state dedicate mostre personali presso la Kunsthalle di Darmstadt (1973), Palazzo Grassi
di Venezia (1973) e Palazzo Reale di Milano (1974).
Scheda tecnica
Emilio Scanavino. Genesi delle forme.
A cura di Cristina Casero ed Elisabetta Longari
In collaborazione con Archivio Emilio Scanavino
Con il sostegno di Comune di Parma
Sede Palazzo Pigorini | Strada della Repubblica 29/A, Parma
Inaugurazione Sabato 9 novembre, ore 17.30
Date 10 novembre – 15 dicembre 2019
Orari Giovedì e venerdì dalle 14.30 alle 18.30 | Sabato e domenica dalle 10 alle 18.30
Ingresso libero
Si terrà lunedì 11 novembre 2019 alle ore 10.30 la conferenza stampa inaugurale della mostra "Le Bambine Salvate" ideata dal fotografo indipendente Stefano Stranges e realizzata dal Punto Parma Terre des Hommes Italia onlus, alla presenza delle istituzioni. All'interno degli spazi della Biblioteca Sociale, verranno esposti oltre 30 scatti incentrati sulla vita delle bambine indiane sopravvissute all'infanticidio femminile, pratica tutt'oggi drammaticamente diffusa. La mostra è stata realizzata grazie al bando "Donne tutto l'anno" indetto dall'assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Parma.
Inaugura sabato 9 novembre alle 17.30 nelle sale di Palazzo Pigorini a Parma la mostra Emilio Scanavino. Genesi delle forme a cura di Cristina Casero ed Elisabetta Longari, realizzata in collaborazione con l’Archivio Emilio Scanavino e il sostegno del Comune di Parma. La rassegna offre una lettura inedita dell'opera di Emilio Scanavino (Genova, 1922–1986), artista che è stato protagonista della stagione italiana della pittura informale negli anni Cinquanta, aggiornando poi i suoi modi nei decenni seguenti lungo una traiettoria personale e coerente.
L'esposizione presenta – accanto a dipinti, ceramiche e sculture – più di cento fotografie scattate dallo stesso Scanavino, una produzione interessante e sostanzialmente inedita, conservata presso l'archivio dell'artista. Intorno a questo nucleo di immagini è costruita, con un taglio innovativo, la mostra, che chiarisce quindi come la pratica fotografica sia stata parte integrante, sin dalla fine degli anni Cinquanta, della ricerca dell'autore. Dal confronto tra gli scatti e la produzione artistica si evidenzia anche l'affermarsi di un differente modo di concepire l'immagine pittorica o scultorea da parte di Scanavino, che affermava «a me piace fotografare. Ma non cerco belle immagini, mi piace andare in giro e ritrarre lo scheletro della natura, certi buchi, certi solchi che i secoli hanno scavato nelle montagne. I detriti che si accumulano nei luoghi dove la nostra civiltà industriale raccoglie le sue scorie mi raccontano cose incredibili».
Nelle sue fotografie, infatti, Scanavino immortala brani di realtà - corde, innesti, insetti, muri, nodi, pietre -, tutti elementi che qui diventano forme primarie, archetipi, il cui senso va oltre il loro significato letterale. Come evidenzia una delle due curatrici, Elisabetta Longari, “la fotografia aiuta Scanavino a leggere con evidenza il carattere particolare della materia, ne capta la qualità, la struttura segreta”, e quindi il motivo per cui egli ricorre a questo strumento espressivo è “la conoscenza, la più profonda e diretta possibile. La fotografia in questo quadro si rivela un ottimo strumento d’indagine, l’obiettivo è un occhio ravvicinato cui non sfugge nulla, o comunque che sa cogliere ciò che l'occhio umano non afferra”. L'artista, dunque, assegna alla fotografia un ruolo fondamentale nel processo di genesi delle forme del suo immaginario, non fondato soltanto sulla sua invenzione, sulla sua immaginazione, ma capace di trarre forza anche da quella ricognizione sulla realtà che egli compie anche attraverso il mezzo fotografico.
Il fondamentale rapporto tra l'immagine fotografica e la produzione pittorica e scultorea di Scanavino, insieme all’analisi del linguaggio fotografico dell'autore, sono indagati nel catalogo della mostra, un volume edito da Magonza Editore, che presenta la produzione fotografica dell'autore, sinora poco conosciuta. I saggi delle due curatrici approfondiscono diversi aspetti: Cristina Casero si concentra più propriamente sull’analisi del linguaggio fotografico e sulle relazioni dell’artista con il clima culturale e il contesto espositivo a lui contemporaneo; Elisabetta Longari cerca, basandosi principalmente sui libri, come anche sui carteggi presenti nell’archivio del pittore, di tracciare una possibile mappa culturale del suo approccio alla fotografia e all’arte.
“L’Effimero e L’Eterno” è il tema centrale su cui si sviluppa la decima edizione di ColornoPhotoLife, festival fotografico che fino al 20 ottobre 2019 porta alla splendida Reggia di Colorno (PR) opere di artisti emergenti e di autentiche leggende dell’obiettivo. Accanto ai lavori del progetto nazionale promosso dal Dipartimento Cultura, sono infatti allestite la mostra “Luigi Ghirri, Tracce nel labirinto”, la personale di Sara Munari e una piccola raccolta di Giovanni Chiaramonte, le esposizioni di giovani astri dello scatto come Francesco Comello e Lorenzo Zoppolato e i ritratti delle “Celebrità” di cinema e letteratura di Chiara Samugheo. Estendendo la possibilità di visita fino al 3 novembre, la rassegna varca però i confini e si allarga a eventi collaterali, quale “The Bright Side of the Moon - fotografie vintage dagli archivi Nasa”, organizzata dallo Spazio BDC28 di Parma per celebrare, fino al 24 novembre, i 50 anni dell’allunaggio.
Sembra ieri che Gigi Montali, circondato e spinto dall’entusiasmo dei soci del Gruppo fotografico Color’s Light, inaugurava il ColornoPhotoLife nella splendida Reggia di Colorno, in provincia di Parma. Invece sono passati due lustri. E il 18 ottobre 2019, il festival taglia il traguardo della decima edizione nel segno del tema “L’effimero e L’eterno”, concetti legati inscindibilmente allo scatto e all’obiettivo fin dai tempi del dagherrotipo e ispiratori del progetto promosso dal Dipartimento Cultura che proprio nella rassegna vedrà il momento conclusivo.
Le opere realizzate per l’iniziativa – che ha coinvolto i Laboratori Di Cult FIAF in 7 Regioni italiane ed è stata condivisa a livello nazionale con i festival “FacePhotoNews” di Sassoferato (AN), CARPE DIEM Sestri Levante (GE), CARPI Foto Festival del Grandangolo di Carpi (MO), nell’ambito di una manifestazione che si arricchisce inoltre della collaborazione con il comune di Ravenna con la rassegna “Camera Works” – vanno ad aggiungersi a una proposta culturale che porterà alla location d’eccezione della Reggia di Colorno il lavoro di importanti autori sulla scena nazionale e internazionale. In alcuni casi, di vere e proprie leggende: la mostra “Luigi Ghirri, Tracce nel labirinto” propone, ad esempio, una selezione di 41 fotografie vintage, utilizzate dall’artista reggiano nel 1991 per il progetto “Dentro un antico labirinto”, nato dalla proposta di Arturo Carlo Quintavalle di realizzare insieme un libro ampiamente illustrato, concepito dagli autori come una lettura del paesaggio italiano attraverso la storia dell’arte, la letteratura e, ovviamente, l’opera di Ghirri stesso.
L’esposizione dedicata al fotografo di Scandiano è però solo uno degli infiniti motivi di interesse di una rassegna che propone inoltre negli spazi della Reggia e in quelli collegati a Parma le personali di Sara Munari e una piccola raccolta di Giovanni Chiaramonte, le mostre di fotografi emergenti quali Francesco Comello e Lorenzo Zoppolato insieme ad altre di interessanti autori del panorama nazionale. In particolare, tra le iniziative a margine dell’evento, lo Spazio BDC28 di Parma celebra i 50 anni dell’allunaggio con “The Bright Side of the Moon - fotografie vintage dagli archivi Nasa”, che dal 17 ottobre al 24 novembre vedrà esposte – oltre a 2 roadbook di Apollo 13 e Apollo 15 - 170 fotografie vintage degli archivi NASA relative ai primissimi lanci e training (1950 - 1966) e alle missioni dei programmi Mercury (1960 - 1963), Gemini (1964 - 1966) e Apollo (1966 - 1972).
Lo spazio del Piano Nobile della Reggia è quello deputato, invece, ad ospitare la mostra di Chiara Samugheo intitolata “Celebrità", 70 splendide fotografie a colori e in bianco e nero che ritraggono volti e atteggiamenti di notissimi attori, registi, scrittori e personaggi dello spettacolo, immortalati dall’autrice tra la fine degli anni ’50 e la metà degli anni ’80.
Anche quest’anno, ColornoPhotoLife può contare, infine, sulla qualificata collaborazione con lo CSAC (Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma), per dare vita a momenti di una viva cultura fotografica che si estende al Concorso a lettura di Portfolio Maria Luigia - tappa di Portfolio Italia - agli intensi incontri con autori e protagonisti della fotografia italiana e ai workshop di Sara Munari, Marco Gualazzini e Francesco Comello, dedicati rispettivamente ai temi “Portfolio fotografico, idee, perché, come”, “Il lavoro fotogiornalistico” e “Trovare la storia”.
Tutto ciò è reso possibile grazie al patrocinio di Destinazione Turistica Emilia, del sostegno di Comune di Colorno, Regione Emila Romagna e Provincia di Parma e alle ampie e qualificate collaborazioni che, ben coordinate dal volontariato culturale del Gruppo Fotografico Color’s Light e dalla professionalità di ANTEA Progetti e Servizi per la Cultura e il Turismo, hanno permesso di conseguire sinergie di particolare efficacia.
Nei giorni del festival, le mostre sono tutte a ingresso gratuito – dalle ore 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 – a eccezione di quella dedicata a Luigi Ghirri e di quella di Chiara Samugheo, entrambe visitabili al prezzo di 4,50 euro con braccialetto identificativo. Per quanto riguarda la mostra “Celebrità”, nel periodo successivo al festival resterà aperta al pubblico dal martedì al venerdì, dalle ore 11 alle 15, con visita guidata obbligatoria insieme al biglietto d’ingresso alla Reggia, e il sabato e la domenica, dalle 10 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18, al prezzo di 4,50 euro con braccialetto identificativo.
Dal 17 ottobre al 24 novembre 2019, 170 fotografie vintage degli archivi NASA in “The Bright Side of the Moon” allo Spazio BDC28 di Parma nell’ambito di ColornoPhotoLife.
Parma -
Effimero ed eterno: due aggettivi che trovano una perfetta sintesi nell’immagine dello sbarco sulla luna, piccolo passo per l’uomo, grande passo per l’umanità, ancora oggi considerato letteralmente incredibile dai dietrologi dello spazio e comunque capace di incarnare, per la maggior parte dei terrestri, l’idea di qualcosa di lontano ma non troppo, tecnicamente intangibile eppure prepotentemente concreto grazie a una copertura mediatica di carattere globale. Di più, universale.
L’intreccio di tutti questi elementi, la superficie pallida inquadrata senza pudore e senza veli in una sorta di voyeurismo galattico, giustifica e offre lo spunto per riflettere sull’allunaggio e sul recente passato dell’uomo oltre l’orbita familiare attraverso gli scatti in mostra dal 18 ottobre al 24 novembre 2019 – con vernissage alle 21:00 del 17 ottobre - allo Spazio BDC28 di Parma, riuniti sotto il titolo di “The Bright Side of the Moon - fotografie vintage dagli archivi Nasa”. Organizzata a margine della decima edizione di ColornoPhotoLife, in programma dal 18 al 20 ottobre alla Reggia di Colorno e dedicata al tema “L’effimero e L’eterno”, l’esposizione celebra i 50 anni dello sbarco lunare di Neil Armstrong e soci con 170 fotografie vintage degli archivi NASA relative ai primissimi lanci e training (1950 - 1966) e alle missioni dei programmi Mercury (1960 - 1963), Gemini (1964 - 1966) e Apollo (1966 - 1972), oltre a 2 roadbook di Apollo 13 e Apollo 15.
Inaugurato ad Artefiera a Bologna nel Gennaio 2016, BDC – Bonanni Del Rio Catalog è il progetto di Lucia Bonanni e Mauro Del Rio riunisce l’insieme delle attività e delle produzioni organizzate dalla coppia relative all’arte contemporanea: una serie in divenire di eventi, oggetti e luoghi, ognuno identificato da un numero progressivo. Il quartiere generale di BDC è BDC28, chiesa sconsacrata nel centro storico di Parma, dove si sviluppa la più lunga ed elegante via porticata della città. Qui, nel Seicento una confraternita legata alla Chiesa di San Benedetto fondò l’oratorio di Santa Maria della Pace. Agli inizi del Novecento l’istituto religioso fu sconsacrato, quindi riconvertito a officina meccanica, e in seguito a garage, finché nel 2015 è stato recuperato e riaperto alla città di Parma con il progetto BDC. Oggi è un centro dedicato all’arte contemporanea: fotografia, disegno, musica live, performance, incontri.
Proprio qui, BDC49 - The Bright Side of the Moon apre uno scorcio interplanetario portando a Parma un frammento del ruolo della fotografia nel programma spaziale americano degli anni ’60 e ’70, parte integrante del proposito scientifico delle missioni ma anche strumento indispensabile per cogliere e mostrare a tutti un momento capitale nella storia del mondo, fuori dal mondo. Non è eccessivo considerare la fotografia come un elemento chiave nell’operazione mediatica che gli istituti della NASA realizzarono al fine di catturare l’attenzione del pubblico e risvegliare un sentimento collettivo di partecipazione al piano di esplorazione dello spazio. Gli scatti qui esposti, presentati nei più grandi musei del mondo e attualmente in mostra al MET di New York, sono gli stessi originariamente usati dalla NASA sia come oggetto di studio e approfondimento scientifico, sia come documentazione ufficiale da sottoporre agli investitori, oltre che ovviamente per scopi pubblicitari e di divulgazione.
La collezione privata include nel complesso un numero impressionante di fotografie prodotte dalla NASA dall’inizio del programma Mercury. L’autenticità degli scatti è comprovata non solo dalla tipologia di pellicola scelta e dal carattere fotografico usato, ma anche avvalorata dal timbro dell’ente spaziale. In bianco e nero o a colori, queste fotografie sono tutte testimonianze dal pregio inestimabile: le prime erano, infatti, normalmente prodotte durante il periodo di training precedente l’operazione spaziale, mentre quelle a colori furono scattate nella fase del lancio e della missione. Oltre a vantare un indiscutibile valore scientifico, storico e culturale, questi scatti possiedono un’intrinseca e intramontabile qualità artistica che documenta la bellezza della Terra e degli altri oggetti celesti, catturando allo stesso tempo il coraggio e l’audacia dello spirito umano.
La mostra – a ingresso gratuito - è aperta tutti i venerdì, sabato e domenica, dal 18 Ottobre al 24 Novembre 2019, dalle 16:00 alle 20:00.
Si è chiuso con un grande successo di pubblico, l’omaggio che Modena ha reso a Franco Fontana (1933), uno dei suoi artisti più importanti e tra i più conosciuti a livello internazionale.
Modena -
Sono state, infatti, 23.529 le persone (per una media giornaliera di 226) che hanno ammirato la mostra, curata da Diana Baldon e dallo stesso Franco Fontana, ospitata da FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE, nelle tre sedi della Palazzina dei Giardini, del MATA - Ex Manifattura Tabacchi e della Sala Grande di Palazzo Santa Margherita.
Il pubblico è stato per il 41,6% del totale proveniente da Modena, il 13% dalla sua provincia, il 14,2% dalla regione Emilia-Romagna, il 28,6% dall’Italia e il restante 2,6% dall’estero.
Per poter soddisfare le continue richieste del pubblico, gli organizzatori hanno dovuto richiedere una ristampa del catalogo, edito da Franco Cosimo Panini.
Particolarmente significativo è il dato relativo ai gruppi scolastici. Sono state 52 le classi, per un totale di 1.215 alunni e di 148 accompagnatori, che si sono lasciati affascinare dagli scatti del maestro modenese.
“Ho creato la mia prima filastrocca-poesia alle scuole elementari. I successivi testi, scritti al liceo e all’università, furono pensati per canzoni che poi raramente venirono realizzate dal vivo dalla mia band. Ho tenuto segreti tanti miei componimenti per anni fino a quando, nella primavera 2018, ho rotto la timidezza. Mandai la raccolta che componeva “Finzioni di Poesia” al mio attuale editore, con cui da quel momento in avanti ho stretto una collaborazione proficua e ricca di emozioni” (Giorgio Montanari)
Di Nicola Comparato Parma 10 agosto 2019 -
Il poeta Giorgio Montanari, nato a Parma il 18 luglio 1982, dopo il diploma di maturità scientifico-linguistica e la laurea specialistica in Trade Marketing e Strategie Commerciali, nell’anno 2007 comincia la sua avventura lavorativa nel settore export e marketing per prestigiose aziende italiane. Dal 2005, in contemporanea, collabora con alcune importanti testate giornalistiche nazionali. Da sempre innamorato dell’arte in tutte le sue forme (musica, pittura, fotografia, teatro, letteratura), pubblica il suo primo libro, dal titolo “Finzioni Di Poesia” nel 2018. L’anno seguente l’autore dà alla luce la sua seconda raccolta poetica “Nella Purezza” (con illustrazioni di Luca Soncini e prefazione di Antonio Spagnuolo) ed il suo libro illustrato per bambini (“Pizza Story”, con disegni di Marianna Salerno). Alcuni suoi testi sono presenti sul “Catalogo dei primi baci” (2011) del pittore siciliano Massimo La Sorte, sull’antologia “Marche, Omaggio In Versi” (2018), sulla posterzine “Radici” (2019). Tra i suoi poeti preferiti possiamo citare per primi i “poeti maledetti” francesi (il classico poker Baudelaire, Rimbaud, Verlaine, Apollinaire) ma anche tante raccolte poetiche internazionali (Borges, Bukowski, Pacheco) o italiane (Antonella Anedda, Franco Arminio, Pier Luigi Bacchini, Erri De Luca, Mariangela Gualtieri, Giuseppe Ungaretti), che l'autore ha saputo apprezzare nel corso del tempo.
Recensione:
“Leggendo i testi di Giorgio Montanari si ha a che fare con una persona decisa a descrivere ogni attimo della sua vita, ma capace di calarsi nei panni degli altri e diventare un tutt’uno con ciò che lo circonda. Anche il lettore può immedesimarsi nelle parole scritte dal poeta. L’autore con i suoi versi sembra quasi voler comunicare il modo in cui si sente a vivere in questo mondo. Dalla tristezza, alla felicità, dalla solitudine, al romanticismo.”
Voto 10
Per maggiori informazioni:
Il sito di Giorgio Montanari
http://www.giorgiomontanari.it
Mostre, seminari, talk, eventi, letture portfolio e workshop. Il fine settimana appena trascorso ha visto la IV edizione del Pontremoli Foto Festival, un progetto ideato, realizzato e diretto da Lunicafoto con la direzione artistica a cura di Ottavio Maledusi e Maurizio Rebuzzini.
Foto a cura di Francesca Bocchia
Il fotogiornalista Erberto Zani, www.erbertozani.com , è stato premiato al PX3-Prix de la Photographie Paris con un Gold Award nella categoria Press/General News, per il reportage, realizzato recentemente in Uganda, sulla produzione cinematografica di Wakaliwood (un'anteprima del servizio fotografico verrà pubblicato sul catalogo PX3 2019 in uscita nel prossimo autunno).
Wakaliwood non è solo una piccola industria di film di azione a basso budget, ma è anche un esperimento artistico e sociale. All'interno della bidonville di Wakaliga, una delle aree più povere di Kampala, il regista e fondatore del progetto Isaac Nabwana ha creato in oltre dieci anni di attività dozzine di film: lavorando con attori alle prime armi, soprattutto giovani provenienti da tutta l'Uganda, Nabwana si prefigge anche il compito di tenerli lontani da alcol e droga attraverso allenamenti fisici quotidiani e lo scambio di idee per nuove sceneggiature.
Tra i vari aspetti singolari di Wakaliwood c'è sicuramente il "Wall of Fame" (Muro dei Famosi), noto anche come "Wall of deads" (Muro dei morti), una lista di persone straniere che hanno partecipato con piccoli ruoli e sono tutte immancabilmente morte nella finzione dei vari film di Nabwana.