Parrebbe identificarsi pian piano il piano di Pace Fiscale 2019 distaccandosi dalle previsioni iniziali che indicavano nel condono tombale dei debiti fino a 100mila euro la soluzione ottimale per fare cassa aiutando i cittadini in difficoltà.
di Mario Vacca Parma 3 settembre 2018 - La nuova proposta consegnata al Ministro dell'Economia, Giovanni Tria, prevede un intervento più strutturato sulle cartelle esattoriali, fiscale per tutti i livelli del contenzioso tributario: rottamazione ter ma con sconti anche su imposte oltre che su interessi e sanzioni.
Dunque, più che altro sarà una rottamazione ter. che andrà ad utilizzare gli strumenti deflattivi del contenzioso tributario già esistenti e rafforzando il ravvedimento operoso. Si otterrà quindi una misura di riduzione di imposte dovute e relative sanzioni e interessi a carico di privati e imprese che hanno pendenze con l'Agenzia delle Entrate Riscossione (AeR, ex Equitalia).
Il piano che garantirà riduzioni del debito basati su capacità economica del debitore ed importo della lite e probabilità di chiusura del contenzioso, prevedrà tre stadi - che indicano i livelli di operatività - che coinvolgeranno cartelle esattoriali, accertamenti fiscali in corso o liti potenziali, le liti tributarie nei tre gradi di giudizio:
1. Pre-accertamento: si regolarizzerà versando tramite ravvedimento operoso il 15% sulla parte incrementale delle imposte dirette dovute e saldando l'IVA;
2. Accertamento: nei processi verbali di constatazione della Guardia di Finanza e negli avvisi di accertamento ci si metterà in regola utilizzando l'accertamento con adesione, pagando quindi il debito ma senza cancellando sanzioni e interessi di mora;
3. Contenzioso tributario: non si pagheranno sanzioni e interessi di mora e si concorderà uno sconto forfettario sulle somme dovute in base al parere del giudice.
di Mario Vacca Parma 25 agosto 2018 - Con la sentenza n. 35461, la Corte di Cassazione traccia il confine tra le condotte di appropriazione indebita e di evasione fiscale.
Nel caso di specie si tratta dell'analisi dei presupposto per il sequestro preventivo nei confronti di un amministratore di srl indagato per il reato di impiego di beni, denaro o altre utilità, di cui ex art. 648 ter.
Se l'utilizzo del falso documento per operazione inesistente è avvenuto al fine di abbattere gli utili della società, pagare meno tasse e reimpiegare la somma uscita dal patrimonio sociale per finanziare, mediante il prestito dei vari soci, la società stessa, non sussiste alcuna condotta "appropriativa", posto che il modello operativo posto in essere vede immancabilmente il ritorno finale dei capitali nel patrimonio della società.
Il perseguimento di un interesse della società, sotto il duplice profilo del conseguimento di risparmio di imposta ( evasione) e di ottenimento di liquidità sotto forma di finanziamento soci, con l'assenso degli stessi aderenti al patto sociale è circostanza che, da un lato, esclude la condotta tipica del delitto di appropriazione indebita previsto dall'art. 646 c.p., esigendo questo una manifestazione di volontà univoca del soggetto attivo di tenere come propria la cosa; dall'altro, rende configurabile l'illecito tributario previsto dall'art. 2 del DLgs. 74/2000, che – come la stessa Cassazione rammenta – può rappresentare un reato-presupposto per il reimpiego di denaro, beni o altra utilità.
Andrebbe ricordato che l'art. 646 c.p., quale reato contro il patrimonio, prevede la punibilità per colui che, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso. In ambito societario, tale fattispecie è, in effetti, spesso contestata agli amministratori in una fase prodromica rispetto ai fatti di bancarotta, e dunque sempre in senso "distrattivo" rispetto al patrimonio sociale (di recente, Cass. nn. 12586/2018 e Cass. 5459/2018).
La pronuncia in esame ritiene, pertanto, che, ai fini della configurazione di tale reato, il fatto debba essere realizzato in danno della società stessa o dei soci, con esclusione, dunque, di qualsiasi risalto, quali potenziali vittime della condotta appropriativa, di terzi o creditori.
Dalla lettura della sentenza si rinviene anche che il reato di cui all'art. 2 del DLgs. 74/2000 sussiste anche laddove la falsa fattura sia stata emessa dalla stessa società "beneficiaria" che la faccia apparire come proveniente da terzi. Ciò perché la ratio degli illeciti connessi alla frode fiscale risiede proprio nel fatto di punire colui che artificiosamente si precostituisce dei costi sostenuti al fine di abbattere l'imponibile (cfr. Cass. n. 47603/2017).
Con riguardo al possibile contributo di soggetti formalmente estranei nella realizzazione del reato, i giudici ritengono che può esservi la regia e la guida di soggetti "esperti" estranei alla governance societaria.
Quella a capo dell'ufficio legislativo del Ministero della Giustizia del dottor Vitiello, già componente della commissione Rordorf 2, che si è occupata di riscrivere la legge fallimentare e gli aspetti relativi alle procedure di allerta consentirà di far ripartire l'iter per la definitiva approvazione dei primi tre decreti legislativi attuativi delle deleghe contenuti nella Legge n. 155/2017 (per l'appunto riforma della legge fallimentare).
di Mario Vacca Parma 18 agosto 2018 - La riforma parte da alcuni fattori molto importanti, come il ciclo di vita dell'impresa che alterna fasi di sviluppo a fasi di declino o crisi ed il fatto che "meglio prevenire che curare", si identifica una "strategia di controllo" affinché alcuni allert possano far presumere una crisi prima che essa produca i suoi danni. Naturalmente per giungere a ciò occorre radicalizzare un nuovo concetto di gestione se non di imprenditoria con una cultura orientata fortemente alla pianificazione ed al controllo. Solo cosi sarà possibile perseguire obiettivi di lungo periodo incentrati sulla creazione di valore.
Il tutto in ottica della preservazione della continuità aziendale (come richiesto dalla formulazione del nuovo principio contabile OIC 11) e pertanto la creazione del valore economico deve coincidere nel breve come nel medio-lungo periodo, con la sostenibilità finanziaria ovvero la capacità della gestione aziendale di soddisfare tempestivamente e regolarmente gli impegni finanziari inderogabili.
Naturalmente conseguire tali obiettivi non è semplice e non può essere affidato sempre tutto ad indici di bilancio che potrebbero essere sterili o mal interpretati. Soprattutto nelle PMI occorre un cambio culturale che può essere gestito anche attraverso l'adozione di nuove professionalità – continue o temporanee come la nuova figura dei Temporary Manager, che apportano significative esperienze esterne.
L'adozione di un piano aziendale di controllo e gestione, adeguate routine di risk management fondate sulla condivisione delle informazioni tra i diversi ruoli in cui sia identificata la propensione al rischio un'adeguata verifica interna e un più complesso lavoro di programmazione del rating finanziario atteso permetterebbero l'individuazione di anomalie non solo contabili in tempi sicuramente più utili.
La norma dettata dall'articolo 648 ter 1, comma 4 c.p. in materia di autoriciclaggio si presta a diverse interpretazione laddove recita "fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il danaro, i beni o le atre utilità vengono destinate all'utilizzazione o al godimento personale".
di Mario Vacca Parma 29 luglio 2018 - Tra le interpretazione una è particolarmente usata nei ricorsi a favore del contribuente laddove viene interpretato che la destinazione personale delle somme sottratte a tassazione, cioè senza la "reimmissione" nel circuito economico, giustificherebbe la non punibilità del comportamento tenuto, a prescindere da ogni altra circostanza.
E' doveroso rammentare che, in tema di misure cautelari, l'accertamento del reato di riciclaggio non richiede l'individuazione dell'esatta tipologia del delitto presupposto, neanche la precisa indicazione delle persone offese, essendo sufficiente che venga raggiunta la prova logica della provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni compiute, vedasi Cassazione Penale, II Sez, sentenza n. 18308 del 21.03.2017.
La Suprema Corte non concorda però con tale prospettazione, ritenendo che, in tanto sia applicabile detta causa di non punibilità, in quanto a monte non sia stata posta in essere alcuna attività decettiva al fine di ostacolare l'identificazione dei beni proventi del delitto presupposto.
La sentenza Cassazione Penale, II Sez., n. 30399 del 07.06.2018, prende netta posizione sull'interpretazione da attribuire, secondo la quale il contribuente può andare esente da responsabilità penale solo nel caso di utilizzo o godimento dei beni proventi del delitto presupposto in modo diretto e cioè senza compiere su di essi alcuna operazione atta ad impedire l'identificazione della provenienza illecita e quindi, l'interpretazione secondo la quale la condotta fraudolenta tenuta dal contribuente non sarebbe stata punibile poichè il danaro proveniente dal delitto presupposto sarebbe stato utilizzato per chiudere un debito personale e pertanto per adempiere ad una propria obbligazione non è stata ritenuta idonea.
Alla base di questa tesi non sta solo la necessità di una interpretazione letterale della previsione ma anche la paradossalità di privilegiare una tesi secondo la quale sarebbe consentito al contribuente mettere in essere una condotta di autoriciclaggio beneficiando di una clausola di non punibilità.
DECRETO DIGNITA' (DECRETO LEGGE N. 87 DEL 12 LUGLIO 2018) - Le rilevanti modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato.
Di Mario Vacca Parma 23 luglio 2018 - Il decreto Dignità entrato in vigore il 14 luglio 2018 prevede rilevanti modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato.
L'art. 1 del Decreto si applica a:
• Contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente all'entrata in vigore del decreto (ovvero il 14 luglio 2018)
• Ai rinnovi e alle proroghe dei contratti in corso alla data di entrata in vigore del decreto (ovverp il 14 luglio 2018).
Il decreto stabilisce un termine di durata dei contratti a tempo determinato con lo stesso datore di lavoro:
• Non superiore a 12 mesi (anziché gli attuali 36) e in tal caso il contratto sarà ACAUSALE ossia non sarà necessario apporre una causa giustificatrice del rapporto stesso.
• Non superiore a 24 mesi solo in presenza di almeno una delle seguenti causali:
1. Esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori;
2. Esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell'attività ordinaria.
Di conseguenza la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, non può superare i 24 mesi (anziché gli attuali 36 mesi).
Nell'eventualità suddetto limite sia superato per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti esso si trasformerà in un contratto a tempo indeterminato alla data di tale superamento.
L'apposizione del termine deve risultare da atto scritto e in tale atto, in caso di rinnovo devono essere indicate le predette esigenze (temporanee ed oggettive, ovvero connesse ad incrementi temporanei) in base alle quali è stipulato. In caso di proroga dello stesso rapporto, tale indicazione si rende necessaria solo se si superano i 12 mesi COMPLESSIVI.
E' doveroso rammentare infine , che il rapporto a tempo determinato può essere prorogato per un massimo di 4 volte (anziché le attuali 5) nell'arco di 24 mesi. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta (anziché sesta) proroga.
Di Mario Vacca Parma 19 luglio 2018 - L'art. 1 della legge 742/69 richiama la sospensione feriale dei termini processuali anche per il processo tributario, per cui dal 1° al 31 Agosto sono sospesi tutti i termini di natura processuale; la sospensione ha valenza sia per la notifica dell'atto alla controparte, sia per il deposito presso le segreterie delle commissioni tributarie; al riguardo nell'eventualità un avviso di accertamento venisse notificato il 15 luglio, il termine per il ricorso scadrebbe il 13 ottobre mentre in caso di notifica effettuata durante il mese di agosto il termine sarebbe il 30 ottobre; tra tutti ricordiamo:
- il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente/appellante, di 30 giorni dalla notifica del ricorso ex art. 22 del DLgs. 546/92
- il termine per il ricorso giurisdizionale, di 60 giorni dalla ricezione dell'atto ex art. 21 del DLgs. 546/92;
- il termine dilatorio di 90 giorni entro cui, notificato il ricorso per le cause di valore sino a 50.000 euro;
- il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente/appellante, di 30 giorni dalla notifica del ricorso ex art. 22 del DLgs. 546/92;
Contrariamente non trova sospensione la fase di espropriazione, il ricorso contro gli atti cautelari, le iscrizioni di ipoteca, la notifica del ricorso ed il ricorso contro il ruolo (Cass. 11 novembre 2015 n. 23049).
Il periodo di sospensione si evidenzia anche per i termini a ritroso, o meglio nel caso di scadenze calcolate prima di un evento tra i quali casi ricordiamo il deposito delle memorie.
di Mario Vacca Parma 1 luglio 2018 - L'individuazione della residenza fiscale della persona fisica è disciplinata dal nostro ordinamento giuridico con specifiche disposizioni contenute nell'art. 2, comma 2, Tuir.
Al riguardo occorre presentare la dichiarazione dei redditi in Italia se per la maggior parte del periodo di imposta ci si trova nei seguenti casi:
• La persona è iscritta nell'anagrafe della popolazione residente;
• Pur residente all'estero ha il domicilio nel territorio dello Stato, definito come sede principale degli affari e degli interessi di cui all'art. 43, comma 1, c.c.;
• Mantiene la residenza nel territorio dello Stato, identificata come dimora abituale dell'individuo , di cui all'art. 43, comma 2, c.c.
Qualora la persona fisica si trasferisca in un paradiso fiscale, l'onere di dimostrare di essere realmente stabili all'estero viene posto in capo al contribuente grazie ad una presunzione legale relativa che il legislatore ha introdotto con l'art. 1 comma 83, lettera a) l. 244/2008 del Testo Unico sulle Imposte.
In ordine all'art. 2, comma 2-bis Tuir, si considerano residenti in Italia, a meno di prova contraria, i cittadini cancellati dall'anagrafe della popolazione residente e trasferiti in Stati a fiscalità privilegiata.
Il cittadino che vuole emigrare e stabilire la propria residenza fiscale all'estero deve cancellarsi dall'anagrafe della popolazione residente del suo comune ed iscriversi all'Aire (anagrafe italiani residente all'estero). Bisogna considerare però, che quest'ultima, non basta a dimostrare l'effettivo trasferimento in altro Paese giacché Vi sono altri elementi sostanziali che l'Agenzia delle Entrate considera grazie alla circolare 304/1997 del Min.Fin., ed una tra tutte è la dimora dei propri affetti (residenza e domicilio di moglie e figli).
Precise istruzione in tema di residenza fiscale sono riportate anche nel Manuale operativo in materia di contrasto all'evasione e alle frodi fiscali del C.do generale della Guardia di Finanza. Il documento chiarisce che la cancellazione dall'anagrafe della popolazione residente e l'iscrizione all'Aire non costituiscono elementi determinanti per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, giacché questi ultimo possono essere desunti con ogni mezzo di prova, anche in contrasto con quanto iscritto nei registri.
Sul tema si sono espressi gli ermellini con la sentenza n. 13114 del 21 marzo 2018 e n. 16634 depositato il 25 giugno, con la quale è stato confermato che la mera iscrizione all'Aire non è condizione sufficiente ad escludere la residenza fiscale del soggetto sul territorio italiano. Si considerano in ogni caso residenti in Italia le persone iscritte alle anagrafi della popolazione residente, in applicazione del criterio formale di cui all'art.2 del TUIR, e il trasferimento all'estero non rileva finchè non risulti la cancellazione dall'Anagrafe di un Comune italiano.
I contribuenti che hanno carichi affidati all'agente della Riscossione potranno presentare l'istanza di adesione alla c.d. rottamazione bis delle cartelle entro, e non oltre, il prossimo 15 maggio 2018.
L'invito a salire sul treno della rottamazione costituisce, certamente, fanno sapere gli esperti tributaristi, Avv. Maurizio Villani e Avv. Federica Attanasi, l'ultima possibilità per chiudere il proprio debito con l'Agenzia della entrate-Riscossione, prima che essa stessa possa avviare misure cautelari e procedimenti esecutivi.
La c.d. "rottamazione bis" delle cartelle è, infatti, senza dubbio una delle principali misure fiscali contenute nel decreto legge n. 148/2017, convertito con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172 (G.U. n. 284 del 5 dicembre 2017).
La "nuova" definizione agevolata dei ruoli rispecchia in tutto e per tutto quanto previsto dalla precedente procedura disciplinata dall'art. 6 del D.L. n.193/2016, arricchita però da dettagli decisamente più appetibili .
Invero, con l'art. 1 del D.L. n. 148/2017 è stata nuovamente disciplinata la possibilità per i contribuenti di provvedere all'estinzione di un proprio debito con il Fisco, senza dover versare gli importi relativi alle sanzioni e agli interessi mora (per le multe stradali, invece, non si pagheranno gli interessi di mora e le maggiorazioni previste dalla legge), restando dovuti, invece, la sorte capitale, gli interessi affidati all'agente della riscossione e l'aggio sulle somme rivenienti dalla definizione agevolata (oltre che le spese per notifica della cartella e le eventuali procedure esecutive). È possibile rottamare anche le pretese esclusivamente sanzionatorie, a condizione che rientrino tra quelle tributarie o contributive; in tale eventualità, la definizione potrebbe anche perfezionarsi a costo zero,riporta Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti".
Più nel dettaglio, l'art. 1 del D.L. n. 148/2017 ha disciplinato la c.d. "Estensione della definizione agevolata dei carichi" ricomprendendo tra questi tutti i ruoli affidati all'Agente della riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 30 settembre 2017.
Non potranno beneficiare, invece, della definizione agevolata:
• i carichi "non rottamabili" in base alla legge (art. 6, comma 10, del D.L. n. 193/2016, convertito con modificazioni dalla Legge n. 225/2016). Rientrano tra questi per esempio, le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato oppure i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei Conti;
• i carichi interessati da una precedente "rottamazione" (presentata in base al D.L. n. 193/2016, convertito con modificazioni dalla Legge n. 225/2016), che l'Agente della riscossione ha accolto oppure rigettato perché "non rottamabili" in base alla legge (art. 6, comma 10, del D.L. n. 193/2016, convertito con modificazioni dalla Legge n. 225/2016). In buona sostanza, la definizione agevolata non potrà essere nuovamente presentata per quei debiti interessati dalla precedente richiesta di "rottamazione" delle cartelle ai sensi del D.L. n.193/2016, per i quali non si sia poi provveduto al pagamento delle somme dovute entro le scadenze previste.
Ebbene, il legislatore nel disciplinare la rottamazione bis ha previsto tre vie procedurali distinte:
a. la prima, relativa ai carichi affidati all'Agente della riscossione tra il 1˚ gennaio e il 30 settembre 2017
b. la seconda, relativa ai carichi affidati all'Agente della riscossione tra il 1˚ gennaio 2000 e il 31 dicembre 2016;
c. la terza, inerente i c.d. "ripescati", intendendo come tali tutti coloro a cui era stata negata la possibilità di aderire alla prima rottamazione, perché al 24 ottobre 2016 avevano piani di dilazione in corso con l'ex Equitalia e non risultavano in regola con i pagamenti (non avendo versato tutte le rate scadute al 31 dicembre 2016).
2. TERMINI E MODALITA' DI ADESIONE
In tutti e tre i casi disciplinati dal legislatore, i carichi potranno essere definiti presentando la domanda di adesione (modello DA 2000/17 ) entro il 15 maggio 2018.
Sul punto occorre precisare che sono state previste diverse modalità di adesione; il contribuente potrà, infatti, decidere discrezionalmente di:
- inoltrare il modello di adesione (DA 2000/17) alla casella pec della Direzione Regionale di Agenzia delle entrate-Riscossione di riferimento, allegando la copia del documento di identità;
- presentare il modello di adesione (DA 2000/17) presso gli Sportelli di Agenzia delle entrate-Riscossione presenti su tutto il territorio nazionale (esclusa la regione Sicilia);
- inoltrare la domanda di adesione attraverso un apposito form online disponibile sul sito dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione. Il servizio è attivo già dal 6 novembre 2017, si chiama "Fai D.A. te" e rappresenta una corsia preferenziale per risparmiare tempo e avere a disposizione gli strumenti per aderire alla cosiddetta rottamazione-bis delle cartelle. In particolare, in questo caso, collegandosi al portale www.agenziaentrariscossione.gov.it sarà possibile da un lato, richiedere l'elenco delle cartelle "rottamabili" e dall'altro, presentare la domanda dall'area libera del portale senza necessità di pin e password.
Ciò posto, è importante precisare che in presenza di una pluralità di debiti, nell'inoltrare la richiesta, il contribuente potrà scegliere il singolo carico da rottamare. A tale riguardo, va però ricordato che secondo la circolare n. 2 del 2017 dell'Agenzia delle Entrate, la singola partita (e non il codice tributo) affidata all'agente della riscossione costituisce una unità indivisibile. Tale è di regola quella scaturente da ciascun procedimento di accertamento, liquidazione e riscossione. Ne consegue che, secondo l'interpretazione ufficiale, non è possibile decidere di definire, ad esempio, i rilievi Irpef e non quelli Iva del medesimo avviso di accertamento. Lo stesso dicasi con riferimento ad una cartella di pagamento emessa per la liquidazione o il controllo formale della dichiarazione .
Allo stesso modo, il contribuente potrà, invece, scegliere di utilizzare un unico modulo per rottamare carichi ante e post primo gennaio 2017. In questa ipotesi, se si sceglierà la massima dilazione possibile, l'agente della riscossione procederà d'ufficio a ripartire in tre ovvero cinque rate i pagamenti, a seconda dei carichi cui essi di riferiscono.
Si ricorda, inoltre, che il debitore ben potrà anche decidere di compilare più modelli, con riferimento ad affidamenti distinti. Tanto, qualora si avesse il dubbio sulla complessiva sostenibilità della pretesa. In tale eventualità, infatti, si potrà far decadere la procedura riferita ad una o più istanze, lasciando in vita le altre. L'eventuale omesso o insufficiente pagamento di una rata, infatti, potrebbe determinare la caducazione dell'intera definizione agevolata. Se invece si parcellizzano gli affidamenti in una pluralità di domande, si potrà decidere per quale comunicazione dell'Ader effettuare tempestivamente i pagamenti dovuti.
3. MODALITA' DI PAGAMENTO
Mentre le modalità di adesione sono le medesime per le varie tipologie di rottamazione, a essere differenti sono, invece, le modalità di pagamento.
Invero, a coloro che hanno presentato la domanda di adesione per carichi relativi al periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 settembre 2017, l'Agenzia delle entrate-Riscossione dovrà inviare una comunicazione di rigetto o accoglimento dell'istanza entro il 30 giugno 2018.
In caso di accoglimento, il pagamento potrà essere effettuato:
- o in un'unica soluzione con rata in scadenza nel mese di luglio 2018;
- o nel numero massimo di cinque rate di pari importo in scadenza nei mesi di luglio, settembre, ottobre, novembre 2018 e di febbraio 2019.
Sul punto, è necessario rilevare che adeguata attenzione dovrà essere posta dal contribuente sulla scelta del numero delle rate della rottamazione da indicare nel Modello DA 2000/17. Invero, in caso di omessa indicazione delle stesse, l'intero importo rottamato sarà dovuto in un'unica soluzione.
A coloro che hanno presentato la domanda di adesione per carichi relativi al periodo tra 1˚ gennaio 2000 e il 31 dicembre 2016, l'Agenzia delle entrate-Riscossione dovrà inviare una comunicazione di rigetto o accoglimento dell'istanza entro il 30 settembre 2018.
In caso di accoglimento, il pagamento dovrà essere effettuato:
- o in un'unica soluzione;
- o in un massimo di 3 rate, di cui le prime due in scadenza nei mesi di ottobre 2018 (pari al 40%) e novembre 2018 (pari al 40%) e la terza in scadenza nel mese di febbraio 2019 (del valore pari al restante 20% delle somme complessivamente dovute).
Per i c.d. "ripescati", esclusi dalla prima rottamazione perché (con rateizzazione in essere al 24 ottobre 2016) non erano in regola con il pagamento delle rate scadute al 31 dicembre 2016, l'Agenzia delle entrate-Riscossione dovrà inviare una prima comunicazione entro il 30 giugno 2018 con l'ammontare delle rate scadute che dovranno essere saldate in un'unica soluzione entro il 31 luglio 2018. In caso di mancato, insufficiente o tardivo pagamento di tale importo, l'istanza di adesione alla rottamazione bis non potrà essere accolta.
In seguito, Agenzia delle entrate-Riscossione dovrà inviare una seconda comunicazione, entro il 30 settembre 2018 in cui verrà indicato il rigetto o l'accoglimento della richiesta di adesione alla rottamazione bis.
In caso di accoglimento, anche in questo caso, il pagamento dovrà essere effettuato:
- o in un'unica soluzione;
- o in un massimo di 3 rate da saldare nei mesi di ottobre (pari al 40%) e novembre 2018 (pari al 40%) e febbraio 2019 (pari al 20%).
4. I VANTAGGI
Come già previsto per la prima rottamazione, anche in questa caso con la presentazione della domanda di adesione alla definizione agevolata, si bloccano le nuove azioni esecutive come i pignoramenti e le iscrizioni di nuovi fermi amministrativi e ipoteche, ma restano quelli già avviati.
Inoltre, l'agente della riscossione non potrà proseguire le azioni di recupero coattivo del credito già avviate a condizione che:
- non si sia ancora tenuto il primo incanto con esito positivo;
- non sia stata presentata istanza di assegnazione;
- non sia stato già emesso il provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati.
Sul punto, durante Telefisco 2018 è stato precisato che tanto è previsto anche in caso di pignoramenti presso terzi. Invero, l'articolo 6, comma 5 del Dl 193/2016 (applicabile anche alla definizioni agevolate di cui all'articolo 1 del Dl 148/2017 in virtù di quanto disposto dal comma 10, lettera b), dello stesso articolo 1) stabilisce che, a seguito della presentazione della dichiarazione di adesione, non possono essere avviate nuove azioni esecutive e cautelari sui carichi definibili che ne sono oggetto, né proseguite le procedure di recupero coattivo iniziate in precedenza, a condizione che non si sia tenuto l'incanto con esito positivo, ovvero non sia stata presentata istanza di assegnazione ovvero non sia già stato emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati. Ebbene, tale disposizione si applica anche ai pignoramenti presso terzi.
Ciò premesso, in tutti i casi in cui, ai sensi della norma citata, la presentazione della dichiarazione non possa determinare la sospensione della procedura esecutiva a causa dello stato avanzato in cui si trova la procedura stessa, le somme successivamente versate dal terzo saranno prioritariamente imputate a quanto dovuto a titolo di definizione, e, pertanto, utilizzate ai fini del pagamento delle somme da versare a tale titolo.
Ne deriva che il contribuente otterrà la restituzione dell'eccedenza. Ciò, sempre che, naturalmente, lo stesso non sia debitore anche di carichi, diversi da quelli oggetto di definizione agevolata, ricompresi tra i crediti per i quali era stato eseguito il pignoramento. In quest'ultimo caso, infatti, l'eccedenza sarà acquisita a copertura dei debiti non saldati relativi ai carichi non definiti.
In buona sostanza, l'Agenzia ha voluto chiarire che anche con il pignoramento presso terzi in stato avanzato, la rottamazione continuerà a produrre i suoi effetti. Pertanto, quanto pignorato sarà confrontato con gli importi dovuti per la definizione agevolata, producendo l'eventuale rimborso delle somme eccedenti per effetto della rottamazione.
CHI PUÒ ADERIRE ALLA ROTTAMAZIONE BIS
a) i contribuenti che sono stati esclusi dalla prima rottamazione, perché al 31 dicembre 2016 non erano in regola con i pagamenti dei piani di dilazione;
b) i contribuenti con carichi affidati all'agente della riscossione dal 2000 al 2016 che non hanno aderito alla prima rottamazione. Invero, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera a) del Dl 148/2017, possono essere estinti i debiti relativi ai «carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016 che non siano stati oggetto di dichiarazioni rese ai sensi del comma 2 dell'articolo 6» del Dl 193/2016. Pertanto, la facoltà di definizione prevista da tale disposizione non può essere esercitata per i carichi affidati nel periodo 2000-2016 ricompresi in una precedente dichiarazione di adesione.
c) i contribuenti con carichi affidati all'agente della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017.
Si ricorda che NON RIENTRANO nell'ambito applicativo della definizione agevolata i carichi:
- affidati all'Agente della riscossione prima del 1° gennaio 2000 e dopo il 30 settembre 2017;
- riferiti a debiti non definibili ai sensi dell'art. 6, comma 10, del D.L. n. 193/2016, convertito con modificazioni dalla Legge n. 225/2016 (per esempio le risorse proprie tradizionali dell'Unione Europea, l'imposta sul valore aggiunto riscossa all'importazione, le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato, i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti, le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna, le altre sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali);
- interessati da una precedente dichiarazione di adesione alla definizione agevolata di cui all'art. 6 del D.L. n. 193/2016, convertito con modificazioni dalla Legge n. 225/2016 che l'Agente della riscossione ha accolto oppure rigettato in quanto tali carichi erano relativi a debiti non definibili ai sensi dell'art. 6, comma 10 della citata norma.
MODULO DI ADESIONE
Il modello di adesione alla rottamazione bis, da inoltrare entro il 15 maggio 2018, potrà essere:
- inviato (unitamente alla copia del documento di identità) alla casella pec della Direzione Regionale di Agenzia delle entrate-Riscossione di riferimento;
- depositato, alternativamente, presso gli Sportelli di Agenzia delle entrate-Riscossione presenti su tutto il territorio nazionale (esclusa la regione Sicilia);
- inviato attraverso un apposito form online disponibile sul sito dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione. Il servizio è attivo dal 6 novembre 2017, si chiama "Fai D.A. te" e rappresenta una corsia preferenziale per risparmiare tempo e avere a disposizione gli strumenti per aderire alla cosiddetta rottamazione-bis delle cartelle. In particolare, collegandosi al portale https://www.agenziaentrateriscossione.gov.it/it/ sarà possibile richiedere la comunicazione delle somme dovute al fine di verificare con facilità quali siano le cartelle "rottamabili" e inoltrare il modulo di adesione.
PAGAMENTO DELLE RATE
Carichi relativi al periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 settembre 2017. Il pagamento potrà essere effettuato:
- o in un'unica soluzione con rata in scadenza nel mese di luglio 2018;
- o nel numero massimo di cinque rate di pari importo in scadenza nei mesi di luglio, settembre, ottobre, novembre 2018 e di febbraio 2019.
Carichi relativi al periodo tra 1˚ gennaio 2000 e il 31 dicembre 2016. Il pagamento dovrà essere effettuato:
- o in un'unica soluzione;
- o in un massimo di 3 rate, di cui le prime due in scadenza nei mesi di ottobre 2018 (40%) e novembre 2018 (40%) e la terza in scadenza nel mese di febbraio 2019 (del valore pari al restante 20% delle somme complessivamente dovute).
Carichi dei contribuenti che sono stati esclusi dalla prima rottamazione, perché al 31 dicembre 2016 non erano in regola con i pagamenti dei piani di dilazione.
In primis, l'importo residuo riferito alle rate scadute al 31 dicembre 2016 dovrà essere pagato in un'unica soluzione entro il 31 luglio 2018.
Successivamente, il pagamento relativo alla rottamazione bis dovrà essere effettuato o in un'unica soluzione o in un massimo di 3 rate da saldare nei mesi di ottobre (pari al 40%) e novembre 2018 (pari al 40%) e febbraio 2019 (pari al 20%).
(13 maggio 2018)
di Mario Vacca Parma 30 aprile 2018 - L'ente esattore può agire nei confronti dei soci di società di persone cancellate dal registro delle imprese per ottenere il pagamento dei debiti fiscali della società solo se emette una nuova cartella di pagamento specificamente intestata a loro.
A deciderlo i giudici con una recente sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce (n.672/03/17 passata in giudicato), riconosciuta dal concessionario alla riscossione che non è ricorso in appello e pertanto sono annullabili le richieste notificate ai soci ma intestate alla società estinte.
Ben più importante il cambio di rotta della Suprema corte circa la riscossione delle imposte di società di capitali estinte.
E' con la sentenza n. 9672 del 19 aprile 2018 che gli ermellini affermano il "nuovo" principio secondo il quale gli ex soci di una srl sono responsabili della cartella di pagamento emessa prima della cancellazione dal registro delle imprese anche se non hanno percepito nulla in fase di liquidazione.
Nel ricorso, l'agenzia delle entrate ha posto l'evidenza la decisione delle Sezioni unite civili (n. 6070 del 2013) che precisa l'articolo 2495 del codice civile secondo il quale "nell'intento di impedire che la società debitrice possa, con un proprio comportamento unilaterale, che sfugge al controllo del creditore, espropriare quest'ultimo dal suo diritto. Questo risultato si realizza appieno solo se si riconosce che i debiti non liquidati della società estinta si trasferiscono in capo ai soci, salvo i limiti di responsabilità nella medesima norma indicati" al quale si aggiunge che "il debito del quale, in situazioni di tal genere, possono essere chiamati a risponderne i soci della società cancellata dal registro delle imprese non si configura come un debito nuovo, quasi traesse la propria origine dalla liquidazione sociale, ma si identifica col medesimo debito che faceva capo alla società, conservando intatta la propria causa e la propria originaria natura giuridica". Quindi "il successore che risponde solo dei debiti trasmessigli non cessa, per questo, di essere un successore; e se il limite di responsabilità dovesse rendere evidente l'inutilità per il creditore di far valere le proprie ragioni nei confronti del socio, ciò si rifletterebbe sui requisito dell'interesse ad agire ma non sulla legittimazione passiva del socio medesimo".
In pratica, il cambio di rotta riguarda particolarmente il fatto che non è rilevante che i soci abbiano beneficiato di redditi provenienti dalla liquidazione.
A parere del sottoscritto l'attuale interpretazione, anche se a tutela del creditore ed anzi a tutela unicamente del fisco, urta la libera impresa nella scelta della limitata responsabilità delle società di capitali e crea una tutela a due vie distinguendo il credito del fisco dagli altri creditori.
La Corte di Cassazione, con l'importante e condivisibile ordinanza n. 1997 depositata in cancelleria il 26 gennaio 2018, ha confermato il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. "conversione" del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 c.c..
Questo importante principio si applica con riguardo a tutti gli atti, in ogni modo denominati, di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extra tributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via.
Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione non consente di fare applicazione dell'art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (Sez. Unite, sentenza n. 23397 del 17/11/2016).
Nel caso in esame, non vi è stato alcun accertamento giudiziale definitivo tra la notifica della cartella di pagamento e la relativa iscrizione a ruolo, avvenuta in data 23 novembre 1999, per crediti del 1996, e l'avviso di mora notificato il 18 marzo 2009 e oggetto del ricorso, con la conseguenza che è stato giustamente e correttamente ritenuto totalmente prescritto il diritto, azionato ben oltre i termini di prescrizione quinquennale per esso previsto.
L'importante ordinanza è diffusa dallo "Sportello dei Diritti" "Sportello dei diritti", presieduto da Giovanni D'Agata e dall'Avvocato tributarista Maurizio Villani.