Esso stabilisce che, i cittadini italiani, che faranno ricorso alla “surrogazione di maternità”, anche all’estero, nei Paesi dove essa è consentita, saranno puniti con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.
La maternità surrogata diventa così “reato universale?!
Lo chiediamo al prof. Daniele Trabucco, professore strutturato di Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Comparato presso la SSML/Istituto ad Ordinamento Universitario “San Domenico” di Roma e Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico.
L’integrazione realizzata dal ddl definisce il divieto alla maternità surrogata come un “reato universale”. Ma è davvero così?
“L’espressione reato universale”, spiega il professor Trabucco,” è un’espressione che trovo molto poco giuridica e più ideologica”, nel senso che, per reato universale, si dovrebbe intendere una fattispecie criminosa, che è percepita tale a livello globale, cioè dalla comunità internazionale e di conseguenza, da tutti gli ordinamenti giuridici statali oltre che dagli ordinamenti giuridici sovranazionali. In questo caso non è così, perché è sufficiente la presenza di un singolo caso, per affermare che non c’è un riconoscimento a livello globale. Sappiamo, che esistono ordinamenti giuridici, diversi da quello italiano, come il Canada, la Gran Bretagna, gli USA, in cui, purtroppo, la maternità surrogata o meglio, l’utero in affitto, è consentito. Questo basta, per destituire di ogni fondamento giuridico il riferimento dell’aggettivo qualificativo universale.
Se non è comune a tutti gli ordinamenti nazionali e sovranazionali, una stessa sensibilità della tutela della maternità, non si può parlare di universalità, almeno in questo frangente storico. Temo, continua il professore, ma spero di essere smentito dai fatti, che nella nostra epoca, che è l’epoca della “religione dei diritti civili”, del traffico insaziabile dei diritti, della post modernità, che vede al centro, non più la sovranità dello Stato, ma la sovranità o meglio, la “piena e assoluta autodeterminazione della persona umana”, non si arriverà mai al raggiungimento dell’universalità.
Questo non toglie che un ordinamento giuridico, non possa adottare tutti quegli strumenti atti a rendere, come fattispecie criminosa, una vera e propria mercificazione del corpo, in questo caso della donna che si presta, ad affittare l’utero. Aldilà, di quelle che possono essere le buone intenzioni di una persona, una buona intenzione soggettiva, non rende lecito ciò che oggettivamente è in sé disordinato, ciò che è in sé intrinsecamente male.
Chi stabilisce ciò che è intrinsecamente malvagio o disordinato?
Dipende dalla prospettiva che assumiamo. In una “prospettiva giuspositivistica”, che riduce il diritto alla norma scritta, questo problema non si pone, perché per gli ordinamenti giuspositivistici non esiste ciò che è giusto, ciò che è naturale, ma ciò che è valido; pertanto, se un ordinamento decide di introdurre un certo fatto come reato, quella norma sarà valida per quell’ordinamento.
Se, al contrario, assumiamo una “prospettiva giusnaturalistica classica”, in questo caso, esiste un giusto per natura. Insegna Aristotele, nel libro quinto della “Etica Nicomachea”, che il “giusto per natura”, è un giusto oggettivo, ontologicamente tale. Secondo il giusnaturalismo classico, è giusto ciò che è conforme a natura, intesa non in senso fisico, dove per naturale e quindi giusto, si intende ciò che è conforme alle inclinazioni che riguardano l’essenza della persona umana. Da questo punto di vista, la “maternità surrogata”, diviene un atto contro natura, contrario a giustizia.
L’integrazione alla Legge 240/2004 è in linea con i principi della nostra Costituzione?
La risposta è affermativa. Il divieto di “maternità surrogata”, previsto dall’art.12 della legge ordinaria dello stato n. 40 del 2004, quindi la “legge sulla procreazione medicalmente assistita”, ha ovviamente un fondamento di natura costituzionale, e primo fra tutti la “doverosità della protezione della tutela della maternità”, dove per maternità si intende primariamente la maternità biologica, cioè quella naturale. Questa era l’intenzione dei Costituenti, che all’art. 31 della Costituzione hanno stabilito che: “la Repubblica protegge la maternità”.
Poniamo l’attenzione su una situazione concreta, che potrebbe verificarsi. Supponiamo che un cittadino italiano vada a vivere all’estero e ricorra alla maternità surrogata. Nel frattempo, suo figlio viene al mondo, torna in Italia, e dato che la norma a cui abbiamo fatto riferimento è un reato, che prevede anche la carcerazione, di entrambi i genitori, le chiedo, professore, in questo caso, la tutela del minore a chi viene affidata?
Sul punto in questione, manca un’espressa norma di legge, e quindi dobbiamo ricorrere ad un criterio analogico, pertanto, in questo caso, molto probabilmente il minore, sarebbe affidato ai servizi sociali e quindi sarebbe affidato a quelle strutture atte ad accudirlo, mantenerlo e istruirlo fino al compimento della maggiore età o comunque fino al momento in cui i genitori si trovassero in una situazione di privazione della libertà personale.
(Maternità di Claudia Belli - Sant Ilario d'Enza (RE))