(Gmajo) – Di una serata al Teatro Regio, presentata da Enzo Tortora, nella quale il Cavalier Virginio Menozzi, editore di Radio Parma – di cui fu il fondatore 50 anni fa, assieme al direttore Carlo Drapkind e al tecnico Marco Toni – mi aveva già accennato, off the record, Vincenzo Bocchi, a margine della nostra video conversazione celebrativa del compleanno della prima radio libera italiana, realizzata qualche giorno fa.
1 Video Emanuela Merlo https://youtu.be/6fY-u67ih6E
Nella mia memoria di – ormai stra-stagionato – enfant prodige di allora, era nebbia fitta (forse, allora, ero così piccolo da non aver potuto partecipare personalmente all’happening), né ero riuscito a rinvenirne traccia negli archivi, malgrado le ricerche: la fortuna, però, ha voluto che la nuova pioniera rintracciata per la nostra rassegna, Emanuela Merlo, a quell’evento non solo fosse presente, ma pure l’aveva presentato, assieme alla quasi cognomina, Franca Merli, al punto che, come ricorda, spontanea fu la battuta del conduttore-autore televisivo: “Signore e signori buonasera, benvenuti alla serata d’onore di Radio Parma: assieme a me ci sono altre due persone, Franca Merli ed Emanuela Merlo, e con me, Enzo Tortora, sono tre gli uccelli che presenteranno la serata”.
“Ti giuro che io sono morta, quando ha detto così… Mi dicevo: non è possibile che Enzo Tortora dica una cosa del genere… E così era iniziata quella serata: dopo di che ci furono i cantanti, Ronnie Jones, Franco Simone, Giovanna e tutti gli altri. Lo scopo era quello di celebrare il primo anniversario di Radio Parma, con la consegna di un premio al Cavalier Menozzi per aver rotto, con la sua iniziativa, il monopolio. Enzo Tortora, appena gli era stato chiesto di venire a presentare affiancato da due presentatrici della radio, ha risposto che non c’era alcun problema ed è arrivato. E’ stata la prima grande festa di Radio Parma, finita a mezzanotte. Lo ricordo bene, perché io, poi, a mezzanotte e mezza presi il treno per San Severo di Foggia, perché il giorno dopo avevamo un’opera lirica da fare… A quei tempi cantavo nel coro del Teatro Regio…”.
Incontriamo Emanuela Merlo, nella splendida cornice della Casa del Suono, che ha sede nella ex chiesa di Santa Elisabetta (metà del XVII secolo): il museo che ci ospita fa riflettere sul modo di ascoltare e concepire la musica attraverso una preziosa collezione di apparecchi sonori che ripercorrono la storia della trasmissione del suono: dal fonografo al grammofono, dalla radio al magnetofono, dal compact disc fino all’iPod. Manù (con l’accento sulla u, anche se io lo sposto sulla a) si accomoda sul divano circolare bianco sotto il Lampadario sonoro, ossia una calotta sospesa a 4 metri di altezza che crea sorgenti sonore virtuali che si muovono nello spazio sopra il visitatore. Io sono seduto dinnanzi a lei: con il mio braccio bionico filmo in presa diretta, mentre dialoghiamo, ripescando nei ricordi, con alle spalle una delle nicchie con gli apparecchi d’epoca della Collezione Patanè con le prime radio a galena e poi a valvole.
Mentre conversiamo il Lampadario è spento, o meglio, muto, appunto per non interferire con le nostre parole: l’installazione, assieme alla Sala Bianca (uno spazio con un sistema surround avanzato, in cui è possibile fare ascolti immersivi, sono la prima applicazione in un luogo pubblico della tecnologia basata sulla Wave Field Synthesis. In cotanta location – per la quale ringraziamo il Settore Cultura e Turismo del Comune di Parma, nella persona del dirigente Alessandro Puglisi che ce l’ha concessa – Emanuela Merlo ci ricorda i suoi primi passi, quasi casuali, nella radiofonia: “Io ero stata presa come segretaria, una volta, però, mancava la persona deputata a leggere il giornale radio e così sono stata mandata io al microfono. E’ stato direttamente il Cav. Menozzi a dirmi: Manù, vai in radio e fai quello che puoi. Ed io sono andata e di lì non mi sono più mossa…”.
Da annunciatrice per caso a Radio Parma, a voce ufficiale del Gazzettino dell’Emilia Romagna di Mamma Rai, il passo è stato breve: “Ho fatto un concorso in RAI, come annunciatrice, e l’ho vinto, salutando i miei amici di Radio Parma, per passare al monopolio di Stato. Mi sono trasferita a Bologna: con il passare del tempo sono arrivati i programmi regionali anche nella sede RAI per l’Emilia Romagna, per cui mi sono dedicata, come regista, anche ad altri programmi sia locali che nazionali, radiofonici, ma anche televisivi, dopo l’avvio della Terza Rete tv”.
E’ maggio 1976 quando Manù passa in Rai: “La mia ultima cosa importante fatta a Radio Parma fu l’andare al Festival di Sanremo con il figlio di Menozzi (Luigi) e Mauro Coruzzi: a metà del percorso, in autostrada, si fermò la macchina, dovendo aspettare, poi, fino al mattino che ce la mettessero a posto. Arrivammo alle 11, con due borse piene di gettoni… Perché? Semplice: non c’erano ancora i telefonini, per cui noi siamo riusciti a fare le interviste a tutti i cantanti che partecipavano a Sanremo da una cabina telefonica del Centro Stampa, con duecentocinquantamila gettoni che facevamo cadere: ma intanto eravamo in diretta… Nella sede dell’ufficio stampa, dove c’erano varie firme del giornalismo, da Mario Luzzatto Fegiz ad altre, noi poveri ragazzini, dentro ad una cabina telefonica, facevamo entrare Peppino Di Capri, i Profeti, eccetera eccetera…”
Con Mauro Coruzzi (foto sopra di Giovanni Ferraguti), Emanuela Merlo visse non solo l’indimenticabile esperienza di Sanremo ’76, ma fece coppia fissa in Free Music 102, ossia l’estensione nel dopo-cena delle trasmissioni che inizialmente si arrestavano alle 20, fortemente voluta dai programmatori di allora: fu in quel contesto che la radio si aprì al pubblico, con l’esplosione del fenomeno delle dediche: “Corrado Abbati con l’operetta e Bruno Cagozzi col liscio trasmettevano da soli, noi ci eravamo divisi in coppie: ad esempio io e Mauro Coruzzi, facevamo musica un po’ di tutti i tempi, anche musica antica, Roby Bonardi assieme a Franca Merli facevano musica contemporanea, o “disco” e così via… Era un programma in cui si poteva parlare di qualsiasi cosa, compresa la poesia e in cui far ascoltare brani particolari riferiti alla poesia: ricordo che facemmo una serata dedicata agli strumenti musicali, in cui Mauro, che era un esperto e per me era l’unico conoscitore in Italia di tutti questi strumenti, raccontò di come fossero nati e come siano stati suonati all’inizio e di che cosa avrebbero fatto in seguito, ossia come si è evoluto il loro utilizzo. Mauro è proprio l’unico personaggio che vale la pena di ascoltare perché ne sa tantissimo. In Free Music 102, poi, c’era la possibilità di fare delle dediche, ma oltre a quello c’era la possibilità, per coloro che ci ascoltavano, di portarci dei pasticcini, da bere, per conoscere chi c’era dall’altra parte della radio e per stare insieme in compagnia”.
Era il 23 giugno 1975, quando inizio quello che venne ribattezzato il Notturno da Parma, anche se era più un serale: l’annuncio sulla Gazzetta di Parma, riferiva che dalle 20 alle 21 era “previsto alternativamente un programma di musica classica, operistica, folkloristica e di ballo liscio”. Alle 21, invece, iniziava Free Music 1o2, cui davano via ogni sera i programmatori musicali dell’emittente radiofonica locale. Non solo: “alle 22 e alle 23 ci sarà un Notiziario riservato alle ultime notizie della notte ed agli avvenimenti dell’indomani”. Da quel giorno i programmi, dunque, erano in onda in diretta no stop dalle 10 alle 24, ed era preannunciato che con l’autunno “l’inizio delle proprie trasmissioni” sarebbe stato fin “dalle 8 del mattino”.
Radio Parma, in quei giorni, trasmetteva da Via Farnese 8, nella sede che vedete alle mie spalle nella immagine sopra, che dunque si apriva al pubblico, a differenza di quella iniziale di Via Cavallotti, in cui i programmatori ancora avevano qualche timore perché si stava agendo ancora… in clandestinità: “Sì, all’inizio non si era ancora rotto il monopolio della RAI – ricorda Emanuele Merlo – e quindi si aveva un po’ paura, al di là del fatto che la sede fosse piccola”. Il fenomeno delle dediche sovente viene indicato come precursore degli odierni social: “Io trovo che oggi, da una parte fortunatamente, da un’altra sfortunatamente, tutti abbiano voglia di parlare, ma non tutti abbiano la possibilità di poter dire delle cose: si parla sempre, si parla di tutto, siamo tutti tuttologi, ma chi utilizza i vari Facebook, Instagram, Tik Tok può dire qualsiasi cosa, ma non tutti, secondo me, hanno la facoltà di poter parlare… Mi dispiace dirlo, ma è così… Allora, invece, c’era la voglia di stare insieme, anche di parlare con la gente, perché era anche quello che si faceva, non era soltanto il fatto di poter presentare un cantante, una situazione, una serata: era proprio il fatto del contatto…”
I conduttori delle radio libere mediavano i messaggi in arrivo dai radioascoltatori: “Avevamo la possibilità di parlare con chi ci telefonava, ma il clima era differente rispetto ad oggi, in cui c’è da stare attenti a tutto quello che viene detto e soprattutto a come viene detto…”. Nel 1986, ma siamo già fuori dalla preistoria, oggetto della nostra serie ricordo dedicata ai pionieri di Radio Parma, ci fu il fenomeno di Radio Parolaccia: ossia, quando Radio Radicale, cui era scaduta la convenzione per le dirette parlamentari e rischiava di chiudere i battenti, aveva sospeso temporaneamente le proprie trasmissioni, per lasciare il telefono aperto a tutti, irradiando, senza alcuna censura, tutto quello che passava per la testa a chi chiamava. Ne uscì il ritratto di un’Italia particolarmente aggressiva, molto simile agli odierni haters…
La prima radio libera, invece, era perfettamente calata nel territorio: era naturale che il primo compleanno venisse celebrato in un tempio come il Teatro Regio, ma i vari conduttori erano chiamati a presentare eventi e serate in tutta la provincia, come testimoniano la foto sopra di Manù Mamma Natale per l’Unicef (scatto di Giovanni Ferraguti) e il ritaglio di giornale d’epoca, in cui si riconoscono, alla veglia della Casa del Donatore Avis a Sala Baganza, tra gli altri Franca Merli, Corrado Abbati, Emanuela Merlo, Anna Maria Bianchi, Bruno Cagozzi, Giuseppe Colombi e mi pare di intravvedere anche una delle segretarie dell’epoca, Gabriella Patti, uno dei tanti nomi di chi c’era allora, riemerso durante qualche minuto di chiacchiera informale davanti alla Casa della Musica, quando Manù era stata raggiunta, oltre che dalla figlia Mah Oury Seye, di cui parleremo dopo, anche da Patrizia Ferrari.
Manù mi dice: anche lei è una ex di Radio Parma. Lì per lì mi pare impossibile, ma poi guardandola meglio e sentendola parlare e ricordare determinati episodi, come per incanto i ricordi ritornano. Peccato che non si voglia far immortalare e men che meno esser protagonista a propria volta di una video conversazione, ma sono basti pochi istanti di chiacchiera per far riemergere alcuni nomi che meritano di essere citati: comincio da Tullio Morganti, che in una delle foto in alto è negli studi di Radio Parma (a sinistra) con Emanuela Merlo in mezzo e a destra Daniele Ferro, che già abbiamo re-incontrato. E poi Luigi Spadoni: entrambi facevano gli annunciatori del giornale radio; il primo aveva anche interessi politici, militava nel PLI (e ricordo i cori scherzosi che, in quei tempi di accesa passione ideologica, gli facevano alcuni colleghi, ossia (ben scandito): “Morganti, Zanone e tutti i liberali, vi fa-re-mo i fu-ne-ra-li”…) mentre Luigi, aveva un simpatico accento toscano ed era uno dei pochi che non mi considerava un piccolo rompiballe. Sarebbe bello riannodare i fili anche con loro… Ci stiamo lavorando… Chissà…
Non della primissima ora, ma pur sempre della preistoria di Radio Parma, (ossia prima del passaggio all’attuale gestione), faceva parte anche Giuliano Molossi, il futuro direttore della Gazzetta di Parma, figlio di quel Baldassare che lo aveva preceduto al timone del giornale una volta di famiglia: spero che Patrizia Ferrari non mi diffidi chiedendomi 50.000 euro di danni, se svelo un particolare della nostra chiacchiera privata, ossia quando Menozzi, vecchio cuore DC, che pure apprezzava quando nascevano amori più o meno impossibili all’ombra del traliccio di Radio Parma, l’aveva diffidata – lei che in onda faceva coppia con Giuliano (solo in onda, specifico) in un programma sui cantautori, all’epoca di gran moda – dicendole: “me lo fai diventare comunista!”, visto che metteva su Guccini… Del resto Menozzi l’aveva ribattezzata “la sindacalista”, visto che si era fatta carico delle legittime richieste dei colleghi che reclamavano un giusto compenso per le proprie prestazioni…
Dicevo che Patrizia Ferrari (che ha citato anche la centralinista di allora Marzia Argentieri), era arrivata assieme a Mah Oury Seye, la figlia di Manù che, accompagnata dal nostro beneagurante in bocca al lupo, il giorno dopo (domenica 19 gennaio 2025), al Palalottici di Parma, si sarebbe aggiudicata il titolo regionale juniores nel salto in lungo, per il suo incoraggiante debutto in stagione con la promettente misura di 5,75 metri. Complimenti Campionessa!
2 Video https://youtu.be/evJfvvumh9k
Di Mah Oury Seye, Manù ci ha parlato a proposito del proprio presente, al momento senza attività lavorative in atto, da quando è andata in pensione dalla RAI: “Nel 2009 sono riuscita, prima della Legge Fornero, ad andare in pensione, anche perché, nel frattempo, ci ho pensato tanto, però, così è successo, mi è nata una bimba, e quindi, siccome l’età era già avanzata, ho pensato che per gli altri sarò la nonna, ma a questo punto preferisco stare a casa con mia figlia. E così, siccome ho avuto la possibilità di avere questo scivolo, l’ho preso. Subito dopo la Fornero ha deciso che non si poteva più, quindi sono stata fortunata.”
Ora che la fanciulla, regalandole soddisfazioni sportive, è ormai adulta, Emanuela Merlo non esclude la possibilità di potersi di nuovo impegnare sul piano professionale: “La cosa che mi piacerebbe fare, in questo momento, potrebbe essere il tornare alla radio, perché credo di avere ancora una voce abbastanza radiofonica. Ma ancor di più mi piacerebbe fare in radio dei corsi di dizione, perché è vero che ogni giornalista, ogni annunciatore, proviene da una certa regione, ed è anche giusto che si senta la provenienza, però è tanto brutto sentire delle pronunce con accenti sbagliati. Una corretta dizione farebbe bene anche ai capi d’azienda, che tengono discorsi…”
Pronuncia corretta, però, non vuol dire esser contrari al dialetto: “Il dialetto, purtroppo, non si parla più: peccato. Peccato, perché è una nostra cultura: bisogna tenere le tradizioni e secondo me anche le radio locali sono una tradizione e vanno mantenute, al di là del tempo, dei soldi e della gente che abbia ancora voglia di fare radio con passione, un po’ come facevamo noi nella prima Radio Parma, perché il guadagno non c’era e lo facevi perché ti piaceva…”
Direttore di Radio Parma era Carlo Drapchind, diventato oggi una strada della nostra periferia (vicino a Malandriano), ed allora attenta guida di quel promettente manipolo di ragazzi, negli anni premiati da carriere importanti: “Con Drapkind io non ho mai avuto un rapporto buono: ognuno di noi, nel leggere le notizie, ci mette del suo, per cui, io, magari, gli chiedevo se potevo spostare un verbo, ma lui mi rispondeva che non si poteva, e allora io, ogni tanto, mi prendevo la libertà di cambiarlo da sola, ma poi venivo richiamata, perché lui ascoltava tutto. Mi diceva:perché l’hai cambiato? Ti avevo detto di non farlo… Oppure: l’hai cambiato, ma non mi dispiace… Insomma, era uno giusto. Con me c’era questo rapporto diciamo di amore-odio, anche se in realtà non ci siamo mai odiati, anche se alcune cose, magari nella metrica, non mi piacevano, cercavo di cambiarlo: però venivo sempre pizzicata… Una persona molto attenta a quello che veniva detto e fatto in radio… Nei programmi non ci hai mai messo il becco, lui si interessava più che altro dei giornali radio: voleva che avessero una certa continuità e fatti in un certo modo”. Ringraziando di nuovo la Casa del Suono per l’ospitalità ed Emanuela Merlo per la video chiacchierata (qui sotto il video integrale), speriamo di ritrovarci presto per ascoltare altri pionieri della prima emittente libera italiana. Gabriele Majo
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Gabriele Majo
Gabriele Majo, 60 anni (giornalista pubblicista dal 1988 e giornalista professionista dal 2002), nel 1975, bambino prodigio di soli 11 anni, inizia a collaborare con Radio Parma, la prima emittente libera italiana, occupandosi dei notiziari e della parte tecnica dei collegamenti esterni. Poi passa a Radio Emilia e quindi a Onda Emilia. Fonda Radio Pilotta Eco Radio. Nel 1990, dopo la promozione del Parma in serie A, è il responsabile dei servizi sportivi di Radio Elle-Lattemiele, seguendo l'epopea della squadra gialloblù in Italia e in Europa, raccontandone in diretta agli ascoltatori i successi. Contemporaneamente è corrispondente da Parma per Tuttosport, Repubblica, Il Messaggero, L'Indipendente, Paese Sera ed altri quotidiani. Dal 1999, per Radio Capital è inviato sui principali campi della serie A, per la trasmissione "Capital Gol" condotta da Mario Giobbe. Quindi diviene corrispondente e radiocronista per Radio Bruno. Nelle estati dal 2000 al 2002 è redattore, in sostituzione estiva, di Sport Mediaset, confezionando servizi per TG 5, TG 4 e Studio Sport. Nel 2004 viene chiamato al Parma F.C. quale "coordinatore della comunicazione" e direttore responsabile del sito ufficiale www.fcparma.com. Nel 2009, in disaccordo con la proprietà Ghirardi, lascia il club ducale. Nel 2010 fonda il blog StadioTardini.com di cui nel 2011 registra in Tribunale la testata giornalistica (StadioTardini.it) divenendone il direttore responsabile. Il rifondato Parma Calcio 1913, nel 2015, gli restituisce l'incarico di responsabile dell'ufficio stampa e comunicazione. Da Luglio 2017 a Dicembre 2023 si occupa dello sviluppo della comunicazione e di progetti di visibilità a favore di Settore Giovanile e Femminile della società. Dal 2010, a conferma di una indiscussa poliedricità, ha iniziato un percorso come attore/figurazione speciale di film e cortometraggi: l'apice l'ha raggiunto con il cammeo (parte parlata) all'interno del pluripremiato film di Giorgio Diritti "Volevo Nascondermi" (con presenza nel trailer ufficiale) e partecipazioni in "Baciato dalla Fortuna", "La Certosa di Parma", "Fai bei sogni" (del regista Marco Bellocchio), "Il Treno dei bambini" di Cristina Comencini, "Postcard from Earth" del regista Darren Aronofsky, "Ferrari" del regista Michael Mann. Apparizioni anche nei cortometraggi nazionali "Tracce", "Variazioni", "L'Assassinio di Davide Menguzzi", "Pausa pranzo di lavoro"; tra i protagonisti (Ispettore Majo) della produzione locale della Mezzani Film "La Spétnèda", e poi nei successivi lavori "ColPo di Genio" e "Franciao".