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Nomadismo digitale, smart working, lavoro Agile, welfare aziendale e flessibilità, per chi è nato prima del 1981 questi termini potrebbero sembrare distanti dal mondo del lavoro sinora conosciuto. Per le nuove generazioni sono invece le colonne portanti della vita lavorativa, o forse della vita in generale.
Continuamente citati dai media, chi sono i millennial o Generazione Y?
Si indicano così le persone nate tra il 1981 e il 1996: si tratta di una generazione nativa digitale, ossia che ha imparato durante gli anni dell’infanzia a utilizzare le nuove tecnologie, assistendo al suo veloce sviluppo.
La loro caratteristica principale è quella di essere nati in un momento di prosperità economica, in cui è stato insegnato loro chesarebbero riusciti a ottenere qualsiasi cosa, se lo avessero voluto abbastanza, ma di essere diventati adulti in un momento di profonda crisi, che ha in parte demolito le loro certezze.
È proprio per questo motivo che i Millennial hanno dovuto ingegnarsi per costruire il proprio futuro e vedono l’unica possibilità di successo nella flessibilità: concetto chiave nel mondo del lavoro e nella vita di tutti i giorni.
I Millennial cercano dal lavoro prima di tutto gratificazione ed equilibrio con la vita privata: la maggior parte di loro infatti preferisce avere benefit e smart working piuttosto che uno stipendio più alto.
Secondo uno studio della Bentley University, il 77% delle persone di questa generazione crede che con orari di lavoro più flessibili la produttività aumenterebbe.
La situazione di precariato nel lavoro ha aguzzato l’ingegno della Generazione Y, che presenta spiccate abilità di problem solving, oltre alla capacità di multitasking, ossia di occuparsi di più cose nello stesso momento.
Appartiene a tutta un’altra categoria invece la generazione successiva, la Generazione Z.
A differenza dei Millennial, i GenZ sono nati con l’uso degli smartphone, non hanno assistito alla crescita della tecnologia e di internet, ma vi sono stati immersi da subito.
Parte delle caratteristiche che differenziano la Generazione Z dai Millennial è l’aver assistito ad alcuni dei cambiamenti epocali della nostra storia contemporanea, come l’attacco alle Torri Gemelle, il primo presidente USA nero, il primo iPhone.
Se i Millennial hanno conosciuto il mondo prima e dopo questi eventi, i GenZ conoscono il mondo per come è attualmente: quei cambiamenti sono già dati di fatto.
Questa generazione è caratterizzata da una sfiducia generalizzata: se i Millennial sono stati piccoli in un’epoca di prosperità, con grandi speranze per il futuro, i GenZ sono nati con la crisi, senza l’illusione di un futuro roseo.
È un segno distintivo la propensione a considerare la diversità come un valore aggiunto, invece che come una caratteristica da cui essere spaventati e diffidenti.
La grande sfida della GenZ è migliorare il mondo: non si tratta di una generazione di idealisti, ma invece di un gruppo molto realista che vuole lavorare duro per costruire un mondo migliore di quello in cui è nato.
Sono inoltre molto più pragmatici dei Millennial, e già da giovanissimi iniziano a programmare il loro futuro finanziario.
Da un ambiente di lavoro cercano prima di tutto stimoli e valorizzazione, svolgendo una occupazione che li appassioni e permetta loro di crescere e fare carriera.
Cercano più dell’equilibrio: una vera e propria integrazione tra lavoro e passioni, portando così a casa le soddisfazioni lavorative e sul lavoro il proprio valore aggiunto.
È la routine il nemico giurato di una generazione che vive nell’assoluta mancanza di noia, sottoposta a continue stimolazioni da moltissime fonti diverse.
“Il mondo sta cambiando” non è un semplice modo di dire ma la presa di coscienza che tutto è in divenire, soprattutto nel mondo del lavoro. Le nuove generazioni cercano il proprio posto nel mondo, abbattendo confini e investendo nelle proprie competenze alla ricerca di una posizione che unisca passioni e interessi.
A questo link è disponibile il video in cui i millennials di Coopservice si raccontano e raccontano la loro esperienza nel mondo del lavoro. Quali sono i loro valori? Quali le loro aspettative? Qual è la loro idea di futuro?
Lo sguardo è rivolto verso la formazione alla quale le aziende dovrebbero offrire il giusto spazio, essendo un fattore imprescindibile per la meritocrazia, valore al quale le nuove generazioni rivolgono speranze, tempo e denaro.
Di Coopservice 16 Ottobre 2019
Di Coopservice 16 Dicembre 2019 - Il 16 dicembre 2019 si è tenuta a Reggio Emilia la conferenza “CSR LAB Le imprese del territorio verso l’Agenda 2030” per presentare il progetto “CSR Lab Emilia Ovest – Laboratorio Diversity Management”.
Il progetto “CSR LAB Le imprese del territorio verso l’Agenda 2030” ha coinvolto piccole e medie imprese, che si sono confrontate in laboratori di co-progettazione di azioni di CSR declinate in quattro aree:
- lo sviluppo d’impresa;
- la sostenibilità ambientale;
- l’internazionalizzazione d’impresa;
- il Diversity Management.
Proprio con riferimento all’ambito del Diversity Management, nel 2016, il Comune di Reggio Emilia ha invitato il centro interculturale MondInsieme a intervenire, in qualità di partner tecnico, nell’ambito del progetto CSR Lab Emilia Ovest.
L’obiettivo: “Sensibilizzare le imprese e gli attori locali sulle potenzialità del Diversity Management come forma di Corporate Social Responsibility, affinché, con azioni responsabili fondate su una gestione lungimirante della diversità presente all’interno dell’organizzazione, contribuiscano allo sviluppo del contesto sociale in cui operano”- recita la pagina web dedicata al progetto.
Spesso questo tipo di azione coinvolge solo le associazioni. La novità assoluta di questo progetto sta nella sua capacità di agire direttamente anche sulle aziende, prevedendo un loro coinvolgimento attivo nel processo di misurazione e descrizione della diversità interna.
Diversity Rating: un valido strumento di misurazione
Lo strumento di misurazione utilizzato per valutare il grado di diversità interna di ciascuna organizzazione è il Diversity Rating 2.0.
Co-costruito insieme alle associazioni di categoria del territorio, a partire da un prototipo ideato da un team di consulenti danesi, lo strumento di Diversity Rating consente di classificare il livello di diversità delle aziende in base a:
- genere;
- origine culturale;
- età;
- anzianità di servizio nell’azienda in oggetto.
Diversity Rating: la funzione principale
Il Diversity Rating ha due importanti funzioni:
- applicato da una singola azienda, sull’intera struttura o su parti di essa, consente a questa di fotografare la sua diversità in un dato momento e di monitorare, dunque, il suo evolversi nel corso del tempo (sulla base di aggiornamenti periodici) al fine di individuare le criticità e le azioni necessarie per valorizzare le diversità emergenti.
- Se estesa a diverse aziende di un territorio, permette lo studio di tendenze di sviluppo della comunità, che potranno orientare interventi pubblici e privati per gestire gli aspetti di cambiamento emersi.
La costruzione e l’applicazione di questo strumento ha permesso di introdurre all’interno delle realtà che hanno partecipato al progetto (associazioni di categoria e alcune aziende) il tema del Diversity Management e di creare consapevolezza circa le potenzialità di tale approccio strategico.
Coopservice e le politiche di Diversity Management
Coopservice, da sempre attenta alle politiche di integrazione all’interno dell’impresa, ha partecipato con entusiasmo al progetto in merito alle attività di Diversity Management proprio per la sua attenzione all’inclusione.
La Cooperativa vanta una forza lavoro composta in maggioranza da donne (60%) e lavoratori stranieri (11%) provenienti da 86 paesi del mondo.
L’inclusione, il rispetto e la cultura della responsabilità sono principi importanti per Coopservice, che crede fermamente nella diversità come valore guida e si impegna a tenere vivo l’impegno sulla Diversity, con azioni continuative nel tempo, per non perdere quanto ottenuto fino a ora.
Di Coopservice 31 Ottobre 2019 - I soggetti che partecipano a bandi di gara pubblici che riguardano l’ambiente sono soggetti a rispondere ai requisiti definiti dai CAM – Criteri ambientali minimi, indicati dal Ministero dell’Ambiente. Tra gli ambiti anche quello dei trasporti e mobilità.
CAM, i criteri ambientali minimi
“I Criteri Ambientali Minimi (CAM) sono i requisiti ambientali definiti per le varie fasi del processo di acquisto, volti a individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita, tenuto conto della disponibilità di mercato” recita il sito del Ministero dell’Ambiente.
I CAM in vigore riguardano diversi ambiti: arredo interno, arredo urbano, carta, cartucce per stampanti, ecc. L’elenco completo è disponibile online sul sito del Ministero.
Trasporti e veicoli elettrici
I CAM riguardano anche i trasporti. La scelta di proporre in un bando veicoli elettrici sposa perfettamente il Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione, ma a volte in base alle circostanze non è possibile inserirli nel progetto.
Come spiega Carlo Bassanini, direttore operativo di Coopservice, non sempre è possibile proporre l’alternativa elettrica poiché una proposta di questo genere richiede un lavoro di progettazione e analisi di costi benefici. “Ha costi importanti di investimento e si devono fare i conti con la riduzione della base d’asta e con un continuo efficientamento delle richieste. Proponiamo i veicoli elettrici dove è possibile farlo”, afferma Bassanini in una intervista.
Coopservice: un percorso green
Coopservice pone da sempre una forte attenzione ai piani di crescita e di sviluppo alla riduzione dell’impatto ambientale. “È stata la prima azienda, anticipando la normativa ed i CAM, a produrre al proprio interno studi LCA (Life Cycle Assestment) ed EPD (Environment Product De-claration) – afferma il direttore operativo – sono stati creati degli strumenti specifici che oggettivizzano il ruolo degli indicatori di danno ambientale. La ISO 14040 è oggi l’unico strumento che consente la valutazione di questi indicatori quali il GW (Global Warming), l’eutrofizzazione, lo smog fotochimico ecc…”.
Le esperienze di Coopservice
L’utilizzo di mezzi di trasporto a basso impatto ambientale non è solo una scelta ecologica, ma anche economica. Come è noto, le politiche ambientali dei Comuni agevolano i veicoli a impatto zero, come succede ad esempio a Milano dove il Comune ha autorizzato l’ingresso gratuito nell’area C, permettendo alle aziende di diminuire i propri costi di esercizio.
Ecco alcune esperienze di Coopservice:
trasformazione dei mezzi per il trasporto di merci a combustibili naturali per i farmaci;
utilizzo di auto elettriche: ad esempio per i servizi di fattorinaggio all’interno dell’hinterland milanese per un grande gruppo della GDO;
utilizzo di veicoli a 2/3 ruote per il pattugliamento delle strutture fieristiche e aeroportuali ottenendo una maggiore visibilità da parte degli operatori;
utilizzo di mezzi elettrici per la distribuzione dei pasti a domicilio nel Comune di Reggio Emilia per conto di un’azienda di ristorazione e a favore di persone anziane non completamente autosufficienti.
“Il mezzo elettrico consente di circolare in zone particolari e altrimenti inaccessibili del centro città, sia per gli spazi limitati che per i divieti di circolazione – sottolinea Bassanini – Il porter elettrico è fondamentale per garantire il servizio.”
Coopservice continua sulla strada del miglioramento. “Delle 3.697 attrezzature utilizzate nei servizi erogati 2.185 sono esclusivamente elettrici quindi un parco attrezzature che arriva al 59,1% del totale. – afferma Bassanini – Riteniamo che questo non sia ancora abbastanza e nel piano strategico 2018-2022 ci siamo dati ulteriori obiettivi di miglioramento”.
(da Think Magazine del 9 ottobre 2019)