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Mercoledì, 03 Dicembre 2014 10:00

A Carpi è di scena l'emilianità

Con lo spettacolo "Musica e Parole", Andrea Barbi e Alberto Bertoli portano sul palco nozioni, e non solo, della cultura tradizionale emiliana. Si ride, si riflette, si imparano aneddoti interessanti, il tutto accompagnato dalla musica della "Bottega Bertoli" -

Di Federico Bonati - Modena, 3 dicembre 2014 -

Nella chiesa di S. Rocco, risalente al 1500 ed in seguito sconsacrata e da otto anni adibita ad auditorium, è andato in scena lo spettacolo "Musica e Parole", con Andrea Barbi e Alberto Bertoli. Si parla di Emilia, nella fattispecie di Modena e provincia, in questo show che ricalca il successo del format di TRC "Mo pensa te", ma che riesce ad andare oltre grazie, appunto, all'integrazione musicale.

La base di partenza è la cultura tradizionale, che nonostante la velocità e la modernità del mondo attuale, sono un fulcro importante nella vita di ognuno di noi. "La cultura tradizionale è importantissima –spiega Barbi- perché se non sappiamo da dove veniamo, non sapremo dove andare. La tradizione è ciò che siamo adesso, e questo specialmente nel nostro territorio. Abbiamo un dialetto che ha avuto contaminazioni storiche dai francesi, dagli antichi romani, dai celti, ed è un vero e proprio patrimonio. La tradizione è ciò che serve alle persone per ripartire, ricordandosi da dove si viene".

Durante lo spettacolo non mancano aneddoti davvero spassosi, come quello della città di Maranello, che ricorda, vagamente, la storia di una certa Giulietta e di un certo Romeo da Verona, o quello riguardante le maschere tradizionali modenesi, quali Sandrone e famiglia. La gente ride, ma allo stesso tempo scopre aneddoti che non sapeva, aneddoti presenti sotto gli occhi di tutti ma mai realmente osservati.
Si scopre quindi un volto nuovo della tradizione modenese, che non ha timori reverenziali, e che è parte attiva dell'influenza della società attuale. Esilaranti i racconti delle persone alle prese con la tecnologia, ma ancora più esilaranti sono gli aneddoti degli anziani da "panchina e/o da bar", degno dei migliori romanzi di Stefano Benni.

Non solo parole, ma anche musica. La musica è quella della "Bottega Bertoli" con canzoni sia di Pierangelo Bertoli che di Albertoportate sul palco, come in giro per l'Italia.
La musica è un elemento fondamentale nella cultura emiliana, ed è interessante pensare a quale genere musicale corrisponda la tradizione locale. Forse tutti, forse nessuno. La stessa domanda è stata fatta a Bertoli che ha risposto così: "È importante non generalizzare. Tra emiliani e romagnoli abbiamo avuto e abbiamo tuttora dei musicisti eccezionale. Ricordo, in particolare, un amico di mio padre, tale Henghel Gualdi, grande jazzista e bravissimo clarinettista che ebbe un immenso successo nel liscio. Allora, possiamo dire che la cultura e la tradizione emiliana appartengano ad un genere o ad un altro? Io, semplicemente, non credo che esse possano essere confinate ad un solo genere".

E il pubblico risponde alla grande alle canzoni, le canta, le ascolta, le fa sue e le vive. Le rende parte del proprio retaggio culturale, che con lo spettacolo "Musica e Parole" si è arricchito un po' di più, tra risate, strofe e occhi sgranati come a dire: "Mo pensa te...questa non la sapevo".

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Lenz Teatro, a Parma, apre le porte alla diciannovesima edizione di Natura Dèi Teatri, Festival di creazioni contemporanee di teatro, musica, danza, video e performance. Si inizia con la prima presentazione assoluta di uno stratificato progetto di Lenz Rifrazioni: Verdi Re Lear - L'Opera che non c'è_Premessa, dal Re Lear "mancato" di Giuseppe Verdi. In collaborazione con il compositore elettronico inglese Robin Rimbaud aka Scanner. E il Conservatorio Arrigo Boito.

Parma, 2 dicembre 2014 -

«Un desiderio è costruire. Tutti passiamo il nostro tempo a costruire. Per me quando qualcuno dice "desidero la tal cosa" significa che sta costruendo un concatenamento. Il desiderio non è nient'altro»: una pars construens analoga a quella espressa da Gilles Deleuze muove, per il diciannovesimo anno, Maria Federica Maestri e Francesco Pititto nella complessa direzione (artistica) di Natura Dèi Teatri.

Dal 5 al 14 dicembre, lo storico Performing Arts Festival proporrà a Parma «dieci declinazioni scenico-performative dell'identità duplice, stratificata, multipla del linguaggio»: creazioni internazionali ispirate a I due piani, tema concettuale che, dopo Ovulo nel 2012 e Glorioso l'anno seguente, conclude il progetto triennale alimentato dalle suggestioni del celebre filosofo francese.

L'edizione 2014 di Natura Dèi Teatri si aprirà con la prima assoluta di Verdi Re Lear - L'Opera che non c'è_Premessa, dal Re Lear "mancato" di Giuseppe Verdi: di esso esiste solo il libretto, scritto da Antonio Somma con le correzioni del compositore stesso. La nuova proposta di Lenz Rifrazioni è «un simulacro d'opera d'arte performativa e musicale che trae dal Lear di Shakespeare e dal Lear di Verdi gli elementi fondamentali alla sua manifestazione», combinando due presenze all'apparenza decisamente dissimili: il compositore elettronico inglese Robin Rimbaud aka Scanner e il Conservatorio Arrigo Boito di Parma: un audace accostamento nato dalla volontà di sperimentare nuove forme di intreccio creativo tra melodramma, nuova composizione, scenografia reale e virtuale, stile di recitazione e di canto, musica unplugged ed elettronica.

Maria Federica Maestri, che in questa Premessa cura installazione e costumi, racconta: «Il Re Lear di Verdi incarna perfettamente l'idea deleuziana di desiderio: il libretto c'è, ma la musica è assente e sul Lear verdiano incombe il fantasma di Shakespeare e della sua opera grandiosa. La dimensione straordinaria di questo lavoro, che presentiamo al Festival in forma di studio, risiede nel tentativo di ricostruire l'opera a partire da fondamenta immateriali, invisibili, di un desiderio di cui rimangono però frammenti concreti in diverse composizioni di Giuseppe Verdi. Restituire, con la nuova scrittura musicale di Robin Rimbaud/Scanner, un'identità scenica a qualcosa di impalpabile: "aria sonora", come definì la musica Ferruccio Busoni. Due attrici in scena in funzione di Fool/Mica e Cordelia/Delia, un attore Lear in video, due baritoni in funzione di doppio Lear in scena, una soprano e una mezzosoprano Nerilla, Rosane/Delia. Il Fool, per tradizione l'unico a poter dire la verità al Re, è interpretato dalla nostra attrice sensibile Barbara Voghera, che avendo incorporato altre figure di Matto, ad esempio Clarín per Vita è Sogno o il Fool per Hamlet arriva, in questo Lear, a una sua compiutezza. Cordelia è interpretata da Valentina Barbarini, già eroina abbandonata nei nostri ultimi lavori che, come in Dido o in Aeneis, attraversa il martirio di un padre che non la comprende e la rifiuta».

Conclude Francesco Pititto, responsabile della drammaturgia visiva e performativa di questo progetto siderale: «Dare forma a un desiderio, dopo averne scandagliato gli impulsi primari e le manifestazioni più nascoste, è percorso affascinante di ogni ricerca linguistica; vestire un fantasma e vederlo muoversi solo attraverso il movimento delle stoffe è già averlo consegnato al mondo reale che, shakespearianamente, è fatto di sogni e di niente».

Verdi Re Lear - L'Opera che non c'è_Premessa sarà a Natura Dèi Teatri venerdì 5 dicembre alle ore 21.00, sabato 6 alle ore 21.00 e domenica 7 alle ore 18.30. In scena insieme a Valentina Barbarini (Cordelia) e Barbara Voghera (Fool), attrici storiche di Lenz Rifrazioni, i cantanti Ekaterina Chekmareva (mezzo soprano), Haruka Takahashi (soprano), Gaetano Vinciguerra (baritono), Lorenzo Bonomi (baritono) guidati dalla docente Donatella Saccardi. Il progetto si è definito con la consulenza musicale del M° Carla Delfrate.

Negli stessi giorni lo studioso Enrico Pitozzi, docente di Forme della scena multimediale presso il Dipartimento delle Arti dell'Università di Bologna, condurrà due stimolanti atti di pensiero: il seminario Magnitudini (venerdì 5 dicembre dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18), preziosa occasione per «indagare i processi in atto sulla scena audiovisiva contemporanea», e Dialogo intorno a Re Lear (domenica 7 dicembre alle ore 16.30), costruito allo scopo di evidenziare questioni e processi creativi dell'utopico progetto di Lenz Rifrazioni. L'ingresso agli incontri con Enrico Pitozzi è libero.

Per informazioni e prenotazioni: 0521.270141, 335.6096220, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Natura Dèi Teatri è un progetto di Lenz Rifrazioni che si realizza grazie al sostegno di: MiBACT_Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Regione Emilia-Romagna, Provincia di Parma, Comune di Parma, Dipartimento Assistenziale Integrato di Salute Mentale - Dipendenze Patologiche AUSL di Parma, Fondazione Monte di Parma, Banca Monte Parma, Camera di Commercio di Parma, Buongiorno SpA, Chiesi Farmaceutici ed in collaborazione con Conservatorio di Musica A. Boito di Parma.

Info Festival Natura Dèi Teatri
Lenz Teatro – Via Pasubio 3/e Parma
+ 39. 0521. 270141
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

(Fonte: Ufficio stampa Festival Natura Dèi Teatri)

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Lunedì, 01 Dicembre 2014 11:43

Il campionato italiano per il miglior narratore

Damster presenta Talescup, il campionato italiano per il miglior narratore... e altre novità -

Parma, 1 dicembre 2014 -

TaleScup, il campionato italiano per il miglior racconto inizia il 20 dicembre. Una competizione che coinvolge tutti gli scrittori italiani e aspiranti tali. Una sfida continua per arrivare alla finale dove chi avrà la meglio potrà fregiarsi del titolo di campione italiano del racconto! Sul sito sarà possibile seguire e partecipare alla competizione in diretta, minuto per minuto. Regolamento e sito pronto ma campionato ancora inattivo, intanto potete fare pratica... www.damster.it/index.php/iniziative/talescup

Libriamodena, in Piazza Grande a Modena il 6/7/8 dicembre. Non perdete l'occasione di scoprire le novità Damster. Tutte scontate al 20%.

E le altre novità? Su www.damster.it/index.php/newsletter

 

 

Gli amanti della pittura potranno ammirare i dipinti di Angiolino Paglia nella dimora che ospitò Giuseppe Verdi in gioventù.

Busseto, 29 novembre 2014 -

Nella dimora in cui Giuseppe Verdi visse la sua gioventù, fino al prossimo 7 dicembre, gli amanti della pittura di qualità potranno ammirare i dipinti di Angiolino Paglia, importante artista Parmense deceduto 11 anni fa che è noto anche come "Il Pittore della Neve": è questa la nuova iniziativa voluta dalla filantropa Anna Sichel, che nella casa che fu del giovane Verdi, in Via Piroli a Busseto, ha inaugurato la Casa della Cultura, mettendola a disposizione per iniziative culturali senza alcun fine di di lucro.

Angiolino Paglia nacque nel 1925 a Torrile ed era noto anche come il "Mancino di Salsomaggiore", era un impressionista autodidatta che ha incantato con i suoi paesaggi innevati. Nel 1975 una delle sue opere fu acquisita, durante una visita a Salsomaggiore, dal famoso scienziato Albert Bruce Sabin, l'inventore del vaccino contro la poliomelite. Le opere ospitate a Busseto appartengono alla collezione della famiglia Paglia – Bocchi, ha scritto di lui il noto critico Mario Domenico Storari: "Gli arditi racconti cromatici spesso violentemente tratti dallo stridore del contrasto, il colpo secco di spatola netto, deciso, incisivo, ma all'occorrenza morbido, armonioso,vivificante, testimoniano nella pittura di Angiolino Paglia, la gioia e le sensazione che lo hanno stimolato con un uguale intensità e con identica attonita partecipazione ad un risultato di notevole efficacia e di indubbia validità artistica".

La mostra è aperta il sabato e domenica dalle 11 alle 18 e i giorni feriali dalle 16 alle 18.

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Ferruccio De Bortoli, direttore del "Corriere della Sera e Bernardo Valli, inviato simbolo di "la Repubblica" incontrano gli Studenti dell'Ateneo di Parma. A moderare gli incontri il giornalista e docente Maurizio Chierici. Entrambi gli incontri sono aperti a tutta la città -

Parma, 29 novembre 2014 -

Mercoledì 3 dicembre 2014, alle ore 17, presso l'Aula Magna dell'Ateneo, gli studenti del corso di Laurea Magistrale in Giornalismo e Cultura Editoriale intervisteranno Ferruccio De Bortoli direttore del "Corriere della Sera". A moderare l'incontro il giornalista e docente Maurizio Chierici.

incontro con De Bortoli rid

Il giorno successivo, giovedì 4 dicembre, stessa sede e stessa ora, saranno invece gli studenti di Giornalismo a dialogare con Bernardo Valli, inviato simbolo di "la Repubblica".
I suoi reportage sono raccolti nel libro "La verità del momento", appena uscito da Mondadori. Sessant' anni di cronache dalla battaglia d'Algeri alla guerra in Vietnam, decolonizzazione del continente africano, disfacimento dell'impero sovietico fino alle tragedie del Medio Oriente che Valli continua a raccontare, testimone della storia "in diretta".
Moderatore sempre Maurizio Chierici.

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In entrambe le giornate sarà presente il Magnifico Rettore Loris Borghi che porterà i saluti dell'Ateneo. Entrambi gli incontri sono aperti a tutta la città.

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Ascoltare una canzone dei Rio vuol dire ricevere una scarica di energia positiva, gioia, felicità e buonumore. Ma, oltre queste sensazioni, da quelle canzoni arriva un messaggio di speranza, di libertà, di amore. Sentimenti scontati nel mondo della musica? Forse, o forse no. Almeno non per i Rio, che fanno del sole, il loro simbolo, un autentico way of life. Parola di Fabio Mora, cantante dei Rio.

Parma, 29 novembre 2014 - di Federico Bonati -

Fabio, facciamo un tuffo nel passato. È il 2001, tu incontri Marco Ligabue e lì nascono quelli che poi sarebbero divenuti i Rio. Che sogni c'erano in quell'incontro?
Marco ed io ci conoscemmo ad un concerto dei Los Lobos, e lì scoprimmo di avere in comune la passione per la musica messicana. È stata quindi la cultura tex-mex ad avvicinarci, e da lì sono nati i primi Rio. Il sogno, vero e proprio, era fare musica che ci appassionasse, che potesse far star bene chi la ascoltava e portarla in giro.

Nel 2004 poi la svolta con "Sei quella per me".
Prima però ci sono stati due anni di gavetta, dove abbiamo suonato davvero nei "peggiori bar di Caracas" (ride, ndr). Però da quei due anni siamo passati da un mix di rock 'n roll, blues, tex-mex, ad avere l'esigenza di scrivere pezzi nostri. Sentivamo effettivamente l'urgenza di dire qualcosa, ed ecco che Claudio Maioli ci diede l'opportunità di mettere nero su bianco i nostri brani, col nostro primo cd, "Mariachi Hotel". Poi ci fu anche l'esperienza del tour di "Elettrico Vivo", un tour acustico con le percussioni prodotte da un pc, in cui registravamo live alcuni brani sfornando dei cd a caldo della serata. Tutto questo ci ha permesso di trasmettere gioia alle persone, rubando metaforicamente il sole e portarlo tra la gente.

2009: l'incontro con Fiorella Mannoia, e quel brano "Il Gigante", incentrato sul tema dell'ambiente, un vero e proprio inno al pianeta. Che cosa pensi di quel brano?
Abbiamo capito, col tempo, che come band potevamo comunicare qualcosa di importante, non solo gioia e divertimento, ma anche un messaggio. La cosa bella è stata comunicare un messaggio sociale, come quello del rispetto dell'ambiente e del nostro pianeta, attraverso un brano leggero e coinvolgente, ma capace comunque di far riflettere. E il messaggio è quello dell'attaccamento a questo mondo, che troppo spesso maltrattiamo. Basterebbero piccoli gesti da parte di ognuno per cambiare le cose.

Poi un'esperienza di quelle che restano impresse nella pelle: il viaggio ad Auschwitz assieme a 700 studenti degli istituti superiori di Modena e provincia, con partenza dal campo di concentramento di Fossoli (MO). Che cosa ha significato per te quel viaggio?
È stato un viaggio che mi ha toccato nel profondo, e a parlarne ho ancora la pelle d'oca. Io sono partito per questo viaggio con nella mente ancora impressi i racconti di mio padre, prigioniero in Germania, e della sua fuga dopo l'attacco dei russi. Lo ammetto, c'era una tensione particolare, ma credo che lì i Rio siano cresciuti anche sotto il profilo umano. Auschwitz è un luogo terrificante, e dentro il campo si percepisce il male che è stato fatto in quel luogo. Tutte le coscienze dei presenti ne hanno risentito. Io mi sono chiesto: "Ma perché hanno invitato proprio noi?", e alla fine l'ho capito. Dopo tanto dolore, dopo tanta negatività legati al posto, c'era bisogno di una botta di energia positiva. A Cracovia suonammo per questi 700 studenti e fu un concerto spettacolare, pieno di gioia, felicità e libertà. Era questo che serviva dopo l'esperienza della visita ad Auschwitz.

"150" è una canzone che avete scritto in onore dei 150 anni dell'Unità d'Italia. L'Italia di oggi, per Fabio Mora, è l'Italia di "150" oppure no?
Pur essendo nazionalista, fatico a credere ad un unità d'intenti come poteva esserci al fondamento della nostra piccola/grande Italia.
L'attacco all'istruzione, alla cultura, il continuo togliere fondi all'arte, far sfumare il nostro "classico", modo di vivere, di vedere e respirare le cose, insomma il nostro "essere" italiani, sta scomparendo.
Credo ci siano comunque tanti giovani in gamba, anche se molti continuano ad uscire dai nostri confini anche solo per rincorrere un sogno o per realizzare un idea.
Sono sempre meno i mezzi per poter costruire qualcosa di nuovo in un paese dove la creatività è sempre stata parte integrante dell'essere italiano.
Ma continuo ad avere fiducia nel domani e credo nelle nuove generazioni.
So che arriverà un vento caldo che porterà nuova linfa ed energia alla nostra cara e vecchia Italia!

Dopo l'album "Mediterraneo" termina la collaborazione tra te e Marco. Due destini che prendono strade differenti. Che cosa ti ha lasciato quel momento?
Oltre alla fine di un sodalizio lavorativo che è durato dieci anni, quel momento lo ricordo come la fine di un rapporto amichevole. Era caduta tutta la struttura, tutto il concetto di gruppo, che è unione e condivisione. Quello che ci dovevamo dire, comunque, ce lo siamo detti e resta tra noi.

Nell'album "Fiori" del 2013, c'è una canzone, "Terre Mosse", con un chiaro riferimento al sisma dell'Emilia del 2012. Ricordi quei giorni di maggio? Una canzone per esorcizzare la paura o per mantenere vivo il ricordo?
Ricordo molto bene quei giorni, e la paura che scaturì da quelle scosse. Credo che quando accadono certi eventi, si scrive un po' per esorcizzare il tutto, un po' per mettere a nudo i propri sentimenti e un po' per regalare un'opportunità di rivalsa nei confronti dell'evento. Ammetto che non è stato facile scrivere il pezzo, ci ho messo sei mesi. Non volevo comporre una canzone triste e cupa, ma una canzone che desse speranza, e la svolta è stata quando ho trovato la metafora sole/girasole. In quel momento, la canzone ha preso davvero vita.

Fabio, se dovessi fare un bilancio della tua vita artistica, e per farlo dovessi usare una tua canzone, quale utilizzeresti?
Direi "Il sole splende sempre", una canzone che racchiude un po' tutta la filosofia dei Rio, ossia dare speranza, anche quando è difficile trovarla. Ma un modo, per vedere il bicchiere mezzo pieno, c'è sempre.

Il 2015, per Fabio Mora, sarà un anno di...
Intanto, il 2014 è stato il decimo compleanno dei Rio. Ora io e Bronski (Fabio Ferraboschi, ndr) stiamo portando avanti il nostro progetto blues, che ci vedrà il 5 dicembre sul palco del Vox di Nonantola (MO). Abbiamo in cantiere un progetto che si sta sviluppando e che prenderà vita nel 2015, e quello sarà il ritorno dei Rio. Un progetto ricco di sorprese, dove si chiuderà un cerchio e si aprirà una finestra su qualcosa di nuovo.

Si aprirà quindi un nuovo capitolo nella storia dei Rio pronti a vivere, e a far vivere, citando una loro canzone, un "Nuovo sole".

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Giovedì 27 novembre, alla Libreria Fiaccadori la presentazione del libro "Mucche allo stato ebraico" del Prof. Riccardo Canesi -

Parma, 26 novembre 2014 -

L'Associazione Italiana Insegnanti di Geografia e Fiab Bicinsieme informano che domani, giovedì 27 novembre, alle 17,30 presso la libreria Fiaccadori, Strada al Duomo 8/a, si terrà la presentazione del libro "Mucche allo stato ebraico. Svarioni da un paese a scarsa cultura geografica".
Sarà presente l'autore, Riccardo Canesi, docente di Geografia nelle scuole superiori e con un passato da ambientalista militante con importanti ruoli nelle Istituzioni (Deputato e Capo Segreteria del Ministro dell'Ambiente).

Il volume sarà presentato da Andrea Mozzarelli (Presidente di Fiab-Bicinsieme), da Umberto Rovaldi, vice-presidente nazionale di Co.Mo.Do. (Confederazione Mobilità Dolce) e dalla giornalista Manuela Ribolla.
Il libro è edito da Orme editori/Tarka ed ha la prefazione di Carlo Petrini (Presidente di Slow Food International) e la postfazione del Prof. Gino De Vecchis (Docente di Geografia all'Università La Sapienza di Roma nonché Presidente dell'Associazione Italiana Insegnanti di Geografia).

A scorrere l'indice, sembrerebbe di aprire un testo di geografia generale, regionale, economica, quasi un sunto, una sorta di "Bignami che va dall'astronomia alla tettonica delle zolle, dalla climatologia ai dati demografici ed economici, dalla geografia fisica alle notizie su singole parti del mondo, ma basta andare avanti di qualche pagina per accorgersi che si tratta di tutt'altro.
Il volume di Canesi non è certo il primo della serie riguardante l'ignoranza degli allievi (ma anche, in generale, della popolazione adulta).
In questo caso, però, si tratta di conoscenze geografiche e ciò serve all'autore per deprecare lo scarso peso che l'insegnamento della geografia ha nel nostro ordinamento scolastico.

Ciò che rende simpatico il testo e lo fa leggere con curiosità è che parte da una serie di errori (a volte veniali, a volte gravi) di due generazioni di alunni delle superiori (padri e figli) per approfondire determinati argomenti, con dati molto aggiornati e non facilissimi da reperire.
Insomma, si ha l'impressione che l'autore - con la scusa di sorridere con noi lettori degli errori dei propri allievi - cerchi in realtà di farci imparare un po' di geografia, tanto nel caso in cui certi aspetti della materia non siano mai stati appresi a scuola quanto nell'ipotesi che il ricordo si sia fatto labile a causa del tempo trascorso.

Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare all'incontro.

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Martedì, 25 Novembre 2014 17:27

Novellara - A teatro un documentario su Andy Warhol

Venerdì 28 novembre alle ore 21.00 il Centro teatrale europeo Etòile sarà sul palcoscenico del Teatro della Rocca "Franco Tagliavini" con "Andy" documentario teatrale sulla vita, la sensibilità umana ed artistica di Andy Warhol, uno dei personaggi mito dell' arte americana -

Novellara, 25 novembre 2014 –

La performance ci introdurrà nel sottobosco culturale newyorkese dagli anni '60 agli anni '80 quando Andy era il protagonista assoluto ed indiscusso della Pop Art. Artista, pittore, scultore e regista, Warhol legò indissolubilmente il suo nome anche alla produzione cinematografica e musicale dell'epoca. Ad accompagnare musicalmente la narrazione saranno proprio alcune delle sue scoperte e degli eclettici personaggi che passavano per la sua Factory e per la sua fervida mente: Velvet Underground, Brian Eno, The Doors, David Bowie.

Uno spettacolo che vuol essere un omaggio all'immaginifica ed estrosa visione del mondo di un creativo sopra le righe, capace di fare della banalizzazione un capolavoro e di Mao Tse Tung una icona americana.

Biglietti: intero 15.00 euro – ridotto 13.00 euro

Prenotazioni solo via email a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Servizio Vendita:
Dalla settimana prima dello spettacolo è possibile acquistare i biglietti presso la Biblioteca comunale nei seguenti orari di apertura al pubblico: dal martedì – giovedì - sabato ore 9.00 – 13.00 e dal martedì al sabato ore 15.00 – 19.00. Per maggiori informazioni URP 0522-655454 o Biblioteca 0522-655419.

Teatro comunale: un'ora prima dello spettacolo.

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(Fonte: ufficio stampa Comune di Novellara)

Sabato, 22 Novembre 2014 10:20

No al sisma, sì al teatro

È possibile esorcizzare la paura del terremoto attraverso il teatro? Sembra proprio di sì. Accade a Concordia sulla Secchia (MO), paese violentemente colpito dal sisma del 2012, e in altri paesi del cratere, dove è nato il progetto "Beni Comuni" -

Modena, 22 novembre 2014 - di Federico Bonati -

Il progetto, realizzato grazie al finanziamento del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e alla promozione del Comune di Carpi in collaborazione con ERT Fondazione e ATER, raduna ben undici comuni, i cosiddetti "comuni del cratere" colpiti dal terremoto dell'Emilia di due anni fa. Oltre a Concordia sulla Secchia, i paesi interessati sono Campogalliano, Carpi, Cavezzo, Finale Emilia, Mirandola, Novi di Modena, San Felice sul Panaro, San Possidonio, Soliera ed anche Cento, provincia di Ferrara. Lo scopo di "Beni Comuni" è quello di rinsaldare e ricostruire le identità delle comunità colpite sisma. Ma come viene realizzato tutto ciò? Il tutto prende vita con la partecipazione attiva dei cittadini alla realizzazione di eventi artistici che hanno come cardine il senso della condivisione e dello stare in comune. Dalle parole, il passaggio ai fatti è breve, ne sono una dimostrazione i progetti realizzati a Concordia da "Beni Comuni" www.progettobenicomuni.it.

Si tratta di laboratori teatrali partecipati che si tengono tutti i mercoledì dalle 18 alle 21 nella saletta attigua alla biblioteca, letture per la scuola primaria ed infine lo spettacolo "Beni Quadrati".
Lo spettacolo, che andrà in scena sabato 29 novembre 2014, ore 21, presso la Sala Conferenze del Municipio in Piazza 29 Maggio, 2 a Concordia sulla Secchia ha come tema centrale tre parole: abitare, vivere, esistere.
Tre parole dal significato distinto eppure indissolubilmente legate nella percezione comune. In una casa si abita, in una casa viviamo assieme, in una casa si esiste in rapporto a una comunità. Molte case formano una città e un indirizzo rappresenta prima di tutto la possibilità di trovare una persona. Ma la "casa" intesa nello spettacolo è molto più di questo.

Lo spettacolo intende aprire una finestra sul mondo, interrogandosi su cosa sia oggi abitare, su cosa la casa rappresenti per ognuno e sulla preziosità della casa come bene comune. In particolar modo in una zona che, nel 2012, ha imparato a vedere la propria abitazione in alcuni casi come un nemico, con la paura di entrare nelle mura domestiche a causa del terremoto, in altri casi come un bene prezioso che non c'è più, per chi la casa, a causa delle scosse, l'ha persa.

Lo spettacolo, realizzato da Giulia Cailotto, Giulia Diomede, Marzia Gallo, Gabriele Genovese, Roberto Marinelli, Michele Mariniello, Irma Ridolfini, Michele Segreto, Isacco Tognon, Matteo Vignati e con Olimpia Greco alla fisarmonica, è ad ingresso gratuito, ed aperto a tutta la cittadinanza.
Se da un lato il ricordo del sisma resta indelebile in chiunque abbia vissuto quella tragica esperienza, dall'altro è possibile esorcizzarne la paura, attraverso svariati modi come, appunto, il teatro. E "Beni Comuni" ne è la dimostrazione.

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Di Chiara Marando – Domenica 23 Novembre 2014

La storia non è fatta solo di grandi uomini e delle loro imprese, esiste da sempre un mondo silenzioso e brulicante di energia senza il quale nulla sarebbe potuto accadere, pilastri  fatti di semplice quotidianità vissuta da gente  altrettanto semplice. Guareschi lo definiva “Il mondo piccolo”, una realtà apparentemente insignificante della quale è facile ignorare l’esistenza.

Ma è proprio questo il filo conduttore che lega i personaggi indaffarati con le loro vite tra le pagine scritte da Guido Fontechiari, pittore e restauratore, nel suo primo romanzo  “il Tesoro del Taro” (Ed. Fermento), presentato davanti ad un folto pubblico nella cornice della Libreria Feltrinelli di Parma.

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Un volo della memoria al suo passato di bambino, tra ricordi ed aneddoti della piccola comunità contadina di Guado, grazioso borgo a metà strada tra San Secondo e Fontanellato, nella Bassa Parmense.  Un angolo di mondo dove si intrecciano, tra passato e presente, le vite dell’autore e di persone comuni: dal sagrestano, al molinaro, alla maestra, fino  ad un cantante lirico a dir poco originale. Poi c’è il “Tesoro”, forse perduto o forse no.

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Una narrazione che si adagia sulle note musicali e si inoltra tra le nebbie della Bassa, tra le sue abitudini e tradizioni, in una vena malinconica di quel passato che fu e si è perso per sempre. Quello che traspare è l’acuta osservazione delle passioni intense, delle stranezze e delle brutture a cui viene sottoposta l’Arte, ovvero la limpida rappresentazione della dignità umana costruita sul lavoro, sulla cultura e sulle emozioni. Per farlo il linguaggio cambia, a tratti diventa ironico, quasi scurrile, con vicende a volte piccanti altre più bizzarre. Quello che si intraprende è un viaggio alla scoperta di questo “Tesoro”, un percorso che passa attraverso storia e fantasia, tra personaggi che sembrano solo frutto della mente ed altri più concreti, una strada che avvicina ad un tempo lontano, in un luogo reale fatto da persone reali. Certo, il nome “Guado” non lo troverete sulla cartina, ma se guarderete attentamente  ne riconoscerete il suggestivo paesaggio

Pubblicato in Cultura Parma
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