Hamilton doma Bottas e torna leader nel mondiale. Ferrari, al passo del gambero, è giù dal podio. Adesso la squadra di Maranello subisce il ritorno della Red Bull.
di Matteo Landi
Gli ultimi giri del Gran Premio di Spagna riflettono perfettamente i valori in campo dell'attuale Formula 1. Quando la safety car è entrata in pista alla 46esima tornata, per permettere ai commissari la rimozione delle vetture incidentate di Norris e Stroll, la gara sembrava poter riprendere vitalità, vista la solitaria cavalcata in testa di Hamilton, seguito a distanza dal compagno di squadra Bottas. Al termine della fase di neutralizzazione, con le vetture distanziate tra loro di pochi metri, Hamilton ha invece ripreso da dove era rimasto. Con un giro "monstre" ha spento le speranze di successo di Bottas, che si è dovuto accontentare della seconda posizione finale nonostante la qualifica da urlo del giorno prima. Sabato il pilota n°77 aveva ottenuto una perentoria pole position. Annichilendo il penta-iridato Hamilton, staccato di ben 6 decimi. Un'enormità. Un distacco che non ha affatto demoralizzato il campione del mondo in carica: al via della gara gli sono bastati pochi metri per prendersi la leadership di corsa e campionato. Così la quinta gara della stagione 2019 va in archivio con l'ennesima doppietta Mercedes che fa all-in, battendo il record di doppiette da inizio di campionato che già deteneva. E se per Ferrari è notte fonda, in Red Bull possono guardare al prossimo Gp di Monaco con la consapevolezza che stavolta hanno perso, battute solo dal duo Mercedes, ma che nel Principato potranno contare su una vettura ottima nelle curve lente, quasi quanto la monoposto teutonica. Al contrario di quanto mostrato da Ferrari.
Ferrari, la malata è terminale: adesso dietro anche a Red Bull
A Maranello già si stavano leccando le ferite di un inizio di mondiale che avrebbe potuto regalare soddisfazioni ed invece è stato amaro. Adesso possiamo dire che la malata è grave e quasi terminale. Come le speranze di vedere finalmente un pilota di Rosso vestito finalmente iridato. La malata è la SF90, a Barcellona performante nei test invernali e deludente pochi mesi dopo. Che fine ha fatto la vettura quasi vincente e dominante del Bahrain? La sensazione è che la Scuderia italiana abbia avuto le carte buone ad inizio campionato, le abbia giocate male ed ora si ritrovi faccia a faccia con i soliti fantasmi del recente passato: l'incapacità di sviluppare la vettura allo stesso ritmo degli avversari. Arrivati in Europa, il momento in cui tradizionalmente tutti i top team sfoderano gli aggiornamenti necessari per affrontare al meglio la parte centrale della stagione, l'equipe di Mattia Binotto ha addirittura anticipato sviluppi previsti nei prossimi Gran Premi. La squadra ha prodotto uno sforzo notevole per assecondare quanto deciso dal Team Principal ma i risultati non sono stati quelli desiderati. In Spagna la Ferrari ha subito non solo la velocità Mercedes ma anche i progressi di una Red Bull che, adesso possiamo dirlo, aveva ragione sui dichiarati miglioramenti di un motore Honda che nel passato ha fatto tanto penare la McLaren ma che ora si rivela assolutamente adeguato per la lotta al vertice. Inoltre la squadra austriaca può contare su un pilota divenuto indiscutibilmente affidabile: Max Verstappen. A Barcellona l'olandese è salito sul podio dopo aver avuto la meglio sul duo ferrarista giunto al traguardo con Vettel di poco davanti a Leclerc. La gara delle due Rosse si è, di fatto, decisa alla partenza. Vettel ha tentato una manovra, seppur coraggiosa, quasi impossibile, quando ha attaccato all'esterno le due Mercedes in quel momento affiancate. Per percorrere la prima curva il tedesco ha spiattellato la ruota anteriore destra, spingendo persino leggermente fuori pista Leclerc. Risultato? Verstappen ha subito artigliato quella terza posizione che, nonostante le diverse strategie, ha conservato al traguardo. In questo periodo in Ferrari tutto risulta difficile. A partire dalla gestione dei piloti: prima Vettel ha ceduto la posizione ad un ben più veloce Leclerc poi, nella seconda parte di gara, è stato il monegasco a restituirla consapevole delle diverse strategie adottate. Leclerc sapeva che il quattro volte campione del mondo, a differenza sua, si sarebbe dovuto rifermare ai box. Ma in entrambe le situazioni si sono evidentemente rallentati a vicenda. La safety car entrata a fine gara ha poi costretto il pilota n°16 alla seconda sosta e l'ordine dei due si è definitivamente invertito. Vettel ha così concluso quarto, davanti a Leclerc. Prima dell'inizio della stagione vedere due Ferrari in lotta era il sogno di tanti, se le Rosse si fossero trovate indisturbate al comando.
Magnussen, il migliore degli altri. Grosjean vivacizza la gara
Dietro alla top six, chiusa da Gasly, abbiamo assistito alle battaglie che hanno dato brio ad un Gran Premio altrimenti asettico e noioso. Il migliore degli altri è stato indiscutibilmente Magnussen. Al volante della sua Haas ha colto un positivo settimo posto, davanti ad un coriaceo Sainz, ad un concreto Kvyat ed al "confusionario" Grosjean. Si ringrazia il francese per averci svegliato dal sonno che altrimenti si sarebbe impossessato della nostra domenica pomeriggio ma possiamo immaginare che in Haas non siano totalmente entusiasti della sua condotta. Prima ha ingaggiato una lotta fratricida con il suo compagno di squadra, finita senza drammi per motivi ignoti, poi si è preso a ruotate con Sainz, perdendo la posizione. Alla fine il pilota della squadra americana ha chiuso la zona punti, in decima posizione. Considerando la velocità mostrata questo fine settimana dalle vetture nero-oro il bottino poteva essere più generoso.
Alfa Romeo: battuta d'arresto
Assolutamente nero è stato il weekend di Alfa Romeo. Stavolta le vetture guidate da Raikkonen e Giovinazzi non sono state competitive. In Spagna neanche l'esperienza del finlandese ha fatto la differenza, data la totale mancanza di prestazioni delle monoposto della squadra del Biscione. Tuttavia, a differenza di quanto avviene al vertice, le vetture di centro gruppo continuano ad avere prestazioni piuttosto analoghe e fra due settimane, a Monaco, Raikkonen potrebbe benissimo tornare in zona punti e Giovinazzi riscuotere le prime soddisfazioni in un mondiale, fino ad ora, per lui al di sotto delle aspettative.
Barcellona, addio?
Le squadre si fermeranno adesso sul tracciato spagnolo per due giorni di test. Quando il regolamento non limitava le prove private la Ferrari trovava spesso giovamento dalle prove su pista, anche nei momenti più difficili. Chissà che anche stavolta non possano rappresentare una svolta positiva per le Rosse. Su una pista che, pare, potrebbe non ospitare più Gran Premi di Formula 1. Il circuito catalano ha scritto pagine indelebili della storia di questo sport. Sarebbe un peccato doverne fare a meno. Ma si sa, le esigenze del business non sempre seguono quelle del cuore.
Vince il finlandese della Mercedes, che tiene vivo un mondiale altrimenti monopolizzato da Hamilton. Vettel arriva terzo. Leclerc è quinto dopo l'errore compiuto in qualifica. La velocità c'è, a sprazzi, ma concretizzano gli altri.
di Matteo Landi
Pronti, via. E la Ferrari domina le prove libere. Mette tutti dietro con distacchi abissali. Sarà la volta buona? Sarà finalmente l'occasione per vederla vincere una gara in questo mondiale partito all'insegna del grigio Mercedes? Manco per sogno. Perchè quando si tratta di concretizzare in qualifica e gara la squadra di Maranello subisce la forza degli avversari oppure, quando avrebbe la possibilità di fare la voce grossa, qualcosa le va storto. E quando la Ferrari sbaglia sono gli uomini di Toto Wolff a raccolgliere quanto lasciato per strada. Succede così che durante le prove di qualificazione Leclerc, il giovane monegasco che sta scaldando gli animi dei tifosi, ad un passo da una pole position ampiamente alla sua portata commette un comprensibile errore di gioventù. In fotocopia a quanto fatto pochi minuti prima dal veterano rientrante Kubica. Le Mercedes si ritrovano così senza il loro avversario più ostico, con Vettel qualificatosi solo terzo alle spalle di Hamilton e del poleman Bottas. Per fortuna l'inglese campione del mondo in carica sta trovando nel compagno di squadra un avversario in grado di sfidarlo, altrimenti questo mondiale 2019 si sarebbe trasformato in un suo monologo, non un bello spot per questa Formula 1. Il mondiale in corso sta prendendo le somiglianze di quello 2016, con i due alfieri Mercedes, al tempo Hamilton e Rosberg, in grado di sfidarsi sugli stessi livelli ed una Ferrari che procede al passo del gambero come allora, quando ad una stagione con 3 rassicuranti vittorie ne seguì una a secco di podii alti. Oggi a Baku la Mercedes ha conquistato la quarta doppietta consecutiva, segnando un altro record assoluto in F1: mai nessuno aveva iniziato così un campionato. Una categoria che è indiscutibilmente tornata ad avere una squadra dominante. Con una Ferrari che sembra sempre lì, abbastanza veloce da far sperare i tifosi nel bottino grosso ma altrettanto rapida nel deluderli.
Leclerc rabbioso, Vettel prova a tenere il loro passo: le Mercedes sono ancora imbattibili
Alla partenza della gara le posizioni dei primi tre sono rimaste invariate. Con il passare dei giri Vettel ha perso a poco a poco contatto con il vertice mentre Leclerc, scattato dall'ottava posizione in griglia, stupiva e riusciva in una rimonta che lo issava al terzo posto a pochi secondi dai primi due, partiti a differenza del monegasco con gomme morbide, come Vettel. Approfittando della sosta degli altri Leclerc ha così guadagnato la prima posizione tenendo un ritmo impressionante con le sue gomme medie. Poi per il box Ferrari è arrivato il momento di scegliere il da farsi, decidendo di lasciare in pista il più tempo possibile Leclerc. Il quale ha però visto erodersi il suo vantaggio di circa 14 secondi fino a subire i sorpassi del duo Mercedes e di Vettel. Al 35esimo giro, più di venti giri dopo i rivali, la Ferrari decide così di far rientrare il suo giovane pilota ai box. Il quale una volta in pista con le gomme più morbide ha poi incontrato le stesse difficoltà riscontrate dai colleghi ad inizio gara. Con Leclerc quinto e Vettel terzo l'attenzione si è spostata sulla lotta al vertice fra Bottas e Hamilton, conclusasi con la vittoria del finlandese, nuovo leader della classifica iridata.
Leclerc sbaglia e reagisce da campione. Vettel, serve di più
A fine gara John Elkann non ha potuto fare a meno di rimarcare la superiorità Mercedes. Appena rinfrancato dal podio di Vettel e dal giro più veloce realizzato da Leclerc a fine gara, dopo aver montato gomme nuove alla ricerca del tempone che con le regole 2019 gli vale un punto. Il Presidente ha mostrato un sorriso di facciata, tradito ampiamente dalle smorfie di disapprovazione che hanno segnato il suo volto durante un weekend che doveva dare molto di più alla squadra di Maranello. Lo schianto a bordo pista di Leclerc durante la qualifica è stato un brutto colpo per le ambizioni Ferrari. Fa strano pensare che queste siano affidate gran parte alle prestazioni di un giovane 21enne, quasi dimenticando che le speranze sarebbero dovute convogliare sul compagno di box quattro volte campione del mondo. Considerando anche quando accaduto in Bahrain, quando la mancanza di affidabilità Ferrari privò la sua giovane guida di un successo sacrosanto, la piccola debacle azera di Leclerc preoccupa comunque meno della brillantezza non ancora trovata da quello che doveva essere lo sfidante di Hamilton, Sebastian Vettel. A fine gara il tedesco sembrava piuttosto soddisfatto per un podio che rappresenta un misero bottino per chi, a Marzo, dichiarava ambizioni di titolo. Al contrario di Leclerc, serioso e scocciato per un weekend in cui avrebbe raccolto soddisfazione solo con una vittoria. Dopo l'errore della qualifica il pilota n°16 era arrabbiato con se stesso, non cercando giustificazioni mentre si scusava con la sua squadra ed i suoi tifosi. Un atteggiamento maturo per un ragazzo che, come mostrato dalla sua gara rabbiosa, è uscito fortificato dallo sbaglio di sabato pomeriggio.
La gara degli altri, da Perez a Raikkonen: punti meritati
Al di là delle vicende che animano i box Mercedes e Ferrari il Gran Premio azero ha portato alla luce il solito Verstappen, punta di diamante Red Bull quarto al traguardo, e gli altri piloti terminati in zona punti. Un mai domo Perez ha artigliato un'ottima sesta posizione finale con la Racing Point, squadra in top ten anche con Stroll, nono. Hanno mostrato una nuova giovinezza le due McLaren, con Sainz settimo davanti al rookie Norris. Ha chiuso la zona punti Raikkonen, sanzionato pesantemente dai commissari dopo una buona qualifica. Il weekend avrebbe potuto regalare soddisfazioni più grandi ai due piloti Alfa Romeo: Giovinazzi ha subito un arretramento di dieci posizioni in griglia di partenza per aver effettuato la terza sostituzione stagionale della centralina e Raikkonen è stato costretto a partire dalla pit lane dopo che i commissari gli hanno azzerato i tempi del sabato a causa di un'ala anteriore che in sede di verifiche ha manifestato troppa flessibilità. Peccato, ma resta il fatto che il pilota forse più amato del Circus ha trovato la forza di raccogliere ancora punti. Dopo quattro gare il 100% dello score Alfa Romeo porta la firma del veterano finlandese.
Renault: Ricciardo leader mancato, e prestazioni sotto le aspettative
Chi ha veramente deluso è invece il team Renault. A Nico Hulkenberg quest'anno hanno affiancato un pilota come Ricciardo, capace di mostrare meraviglie negli anni scorsi tali da porlo nell'immaginario collettivo allo stesso livello dei quotatissimi Hamilton e Vettel. Doveva essere l'anno della riscossa per la squadra diretta da Abiteboul ed invece dopo quattro gare si ritrova settima in classifica costruttori con soli 12 punti. La gara di Baku ha affossato in modo netto le ambizioni dei francesi: Hulkenberg solo 14esimo, Ricciardo ritirato. E preoccupa ancora di più l'atteggiamento del driver australiano, sempre incline all'errore, anche pacchiano. Come quando dopo un tentativo di sorpasso andato male, che lo ha visto finire nella via di fuga distruggendo la gara di Kvyat, Ricciardo è franato, in retromarcia, sopra la Toro Rosso del russo, nel goffo tentativo di riguadagnare velocemente la pista. Voto zero, quindi, per la squadra con sede ad Enstone.
Williams: la nobile decaduta. Troppo
Come e più di Renault continua a deludere la Williams. La sfortuna, se così possiamo chiamarla, continua ad accanirsi sul team inglese. Non bastassero le prestazioni obbrobriose messe in mostra dalle loro vetture, sul loro weekend hanno inciso tutte le mancanze organizzative del circuito di Baku. Venerdì un tombino si è sollevato al passaggio della vettura di Russell, distruggendola. In qualifica Kubica ha spinto oltre il limite compiendo lo stesso errore che poco dopo ha fatto il giovane Leclerc. In gara, il polacco, si è poi beccato un drive though per non aver rispettato la corretta procedura di partenza dalla pit lane. Durante il weekend il volto di Claire Williams ha più volte evidenziato il disastro in cui versa la squadra del padre fondatore. Urge un'inversione di tendenza per il team di Grove altrimenti le conseguenze potrebbero essere, per loro, catastrofiche.
Si torna in Europa
Fra due settimane la Formula 1 tornerà in Europa, con le vetture che calcheranno la pista di Barcellona protagonista dei pre-season test invernali. Sul tracciato spagnolo la Ferrari aveva evidenziato un passo impressionante, poi replicato solo in Bahrain. Al momento conviene che a Maranello accantonino le ambizioni di successo iridato, scrollandosi di dosso quella pressione nociva che sta probabilmente minando i risultati di Vettel e Leclerc. Dopo quattro vittorie Mercedes la squadra diretta da Mattia Binotto deve concentrarsi sulla massimizzazione dei risultati parziali: solo così, ponendo un mattone alla volta, potranno tornare a guardare in alto. Lassù dove, al momento, Bottas ed Hamilton sembrano irraggiungibili. Barcellona potrà e dovrà essere il nuovo punto di partenza della Ferrari.
Il campionato mondiale di Formula E torna a fare tappa sulle strade della Capitale. Un evento, ancora una volta, di successo. Spettacolo, tecnologia e sostenibilità. La vittoria va a Mitch Evans su Jaguar dopo una memorabile battaglia con Lotterer.
di Matteo Landi - Fotografie Benedetta De Marchi
Migliaia di persone sotto al podio, un palco da concerti che ospita i primi tre classificati Mitch Evans (Jaguar), Andre Lotterer (DS) e Stoffel Vandoorne (Venturi). Il primo è un giovane neozelandese di belle speranze, già campione GP3 2012 ed al primo successo nella categoria full electric. Il secondo è tedesco, classe 1981, plurivincitore a Le Mans e campione del mondo endurance nel 2012. Vandoorne, belga, viene da una breve esperienza in F1, sfortunato conduttore di una McLaren raccapricciante, vincitore del campionato GP2 (poi rinominato F2) nel 2015. Ha solo 27 anni ed una carriera davanti. Mentre festeggiano sul podio, immersi in una nube di coriandoli tricolori, il pubblico è lì, a due passi. Parte integrante di una celebrazione che va oltre l'ambito sportivo-competitivo. Fra Colosseo Quadrato ed Obelisco, nel quartiere EUR di Roma. Questa è la Formula E. Al di là della tecnica, non trascurabile visto che parliamo di bolidi completamente elettrici che raggiungono e passano i 200 km/h su strade normalmente aperte al traffico, al di là delle rivalità fra piloti di diverso background, la forza della Formula che si sta facendo spazio nel panorama automobilistico sportivo è il contatto con il pubblico. Un circo che va fra la gente, in città e che lo scorso sabato ha avuto Roma come palcoscenico per il secondo anno consecutivo. Tanti puristi storceranno la bocca ed altri si tapperanno il naso, ma la categoria invenzione di Alejandro Agag è un toccasana per tutto il motorsport. In un periodo (ormai lungo) in cui la Formula 1 risulta inaccessibile e lontana dai tifosi, castello dorato da osservare e contemplare da lontano, la categoria che fa correre vetture completamente elettriche grazie al suo particolare format colma un vuoto, più di quanto fanno categorie endurance come la ELMS. Prove libere, qualifiche, gara e premiazione in un solo giorno. Stand marchiati Jaguar, Porsche, DS, BMW, e chi più ne ha più ne metta, intrattengono il pubblico nei momenti in cui le monoposto di Formula E non sfrecciano sull'asfalto cittadino. E chi non è interessato agli ultimi modelli stradali delle più importanti case automobilistiche può godere di un pò di live music o rimanere seduto comodamente sugli spalti o sul prato mentre le vetture del monomarca elettrico Jaguar si scannano in pista. Tuttavia sarebbe inopportuno considerare un appuntamento di Formula E come un mero evento di intrattenimento. Come dimostrato anche a Roma, è anche e soprattutto una competizione automobilistica fra grandi piloti ed illustri costruttori.
Una gara...elettrizzante: la vince Evans che batte un coriaceo Lotterer
La generazione di monoposto che ha debuttato quest'anno porta con se un buon aumento di potenza, a fronte di un considerevole incremento di autonomia delle batterie delle vetture. Si è passati dai 200 kw (180 kw in gara) agli attuali 250 kw (in gara 200 kw). Il che consente alle attuali vetture di accelerare da 0 a 100 in meno di 3 secondi. Tutto questo senza la necessità di cambiare auto in corsa, come accadeva fino allo scorso anno, quando la durata delle batterie non consentiva ai piloti di completare una gara. Su una pista con una doppia faccia come quella dell'EUR, in parte veloce in parte terribilmente tortuosa, i piloti hanno regalato spettacolo. Compreso un imbottigliamento stile tangenziale che ha costretto la direzione corsa ad interrompere la gara pochi km dopo il via. Poco male, si è solo "allungato" lo show, reso indimenticabile dal sorpasso decisivo che ha consegnato la leadership a Evans dopo una battaglia intensa con Lotterer. Una sfida di nervi, sul filo dei decimi di secondo. Giro dopo giro fino all'assalto finale di Evans. Le due vetture si sono persino toccate ma la robustezza delle Dallara-Spark, il telaio è uguale per tutti, ha permesso ad entrambi i piloti di continuare la corsa. Il podio è stato completato da Vandoorne, al primo nella categoria. Peccato per Felipe Massa, beniamino della folla: l'ex pilota di Formula 1, 11 volte race winner con la Ferrari, si è dovuto arrendere a problemi di affidabilità che hanno afflitto anche il compagno di team Edoardo Mortara, uno dei sette vincitori di tappa di questa stagione di Formula E che non riesce a trovare un leader.
Adesso tocca ad altri importanti palcoscenici, da Parigi a New York. Il prossimo anno Roma ci sarà ancora
Sette gare disputate e, come detto, altrettanti vincitori. Dopo Roma toccherà alle città di Parigi, Monaco, Berlino, Berna e New York ospitare le rimanenti gare del calendario e chissà quale pilota riuscirà ad imporsi al termine della stagione. Se nella massima Formula, che resta comunque l'apice dell'automobilismo, si vive spesso di dualismi o domini asfissianti, la categoria per monoposto elettriche garantisce quell'incertezza che mantiene accesi gli entusiasmi. A Roma 35.000 spettatori hanno assistito dal vivo ad un evento che si ripeterà il prossimo anno. Sostenibilità, spettacolo e tecnologia. Un consiglio: merita di essere vissuto.
La Ferrari tradisce Leclerc. Il monegasco domina tutto il weekend ma si deve arrendere alla débâcle tecnica della Rossa. Vince Hamilton davanti a Bottas. I riflettori, però, sono tutti per il giovane ferrarista. Vettel, battuto ed abbattuto, vede i fantasmi del recente passato ed è solo quinto.
di Matteo Landi
Pole position, giro più veloce e quasi vittoria. Se la gara appena disputata in medio oriente fosse durata qualche giro in meno adesso staremo festeggiando il primo trionfo in F1 di Charles Leclerc. Al termine di un gran premio ricco di sorpassi e colpi di scena siamo invece a celebrare l'ennesimo primo posto di Hamilton, sul podio davanti a Bottas, con una doppietta che da Rossa si è fatta, in pochi attimi, Grigia. Fortuna e sfortuna non esistono e Leclerc si trova a cogliere un primo podio nella massima formula che più amaro non sarebbe potuto essere: un problema alla power unit lo priva della sua prima vittoria, costringendolo a fine gara a stringere i denti dopo aver dominato tutto il weekend. Battendo sul campo sia il plurititolato compagno di team, che il pentacampione Hamilton ed il vincitore del Gp d'Australia Bottas. Prima dell'inizio del mondiale tanti erano convinti delle potenzialità del giovane monegasco nuovo acquisto Ferrari. Altrettanti si chiedevano se avrebbe retto la pressione che grava sulle spalle di chi corre per la Casa di Maranello. Pochi, forse nessuno, avrebbe potuto pensare che già alla seconda gara si sarebbe messo nelle condizioni di vincere, nel giorno dell'ennesima giornata storta di Vettel. Quest'ultimo ancora alle prese con i fantasmi del recente passato ed i preoccupanti testacoda che puntualmente si verificano quando subisce gli attacchi di Hamilton.
Ferrari: prestazioni al top, affidabilità drammatica
Se a Melbourne la Ferrari aveva remato con difficoltà, passando sotto la bandiera a scacchi un minuto dopo il vincente Bottas, in Bahrain l'equipe guidata da Mattia Binotto ha ribaltato la situazione. Da animale ferito a lepre in fuga. Imprendibile per tutti. Le risposte che tutti i tifosi del Cavallino attendevano sono arrivate sabato, con una prima fila annichilente per gli avversari. Uno status confermato lungamente in gara. Nonostante gli errori e la velocità sconstante di Vettel, Leclerc, nell'incredibile ruolo di prima guida Ferrari, aveva messo un margine di tutta sicurezza fra sé e l'inseguitore Hamilton. Con circa dieci secondi di margine solo un problema tecnico avrebbe potuto fermarlo. Problema che purtroppo si è concretizzato quando il recupero di energia della sua SF90 ha iniziato a fare le bizze. Gli ultimi dieci giri sono stati un calvario per il pilota Ferrari, superato prima da Hamilton e poi da Bottas. La safety car finale, provocata da un incredibile contemporaneo ritiro delle due Renault, afflitte da problemi tecnici, gli ha salvato il podio. Se a Melbourne sembrava svanita la competitività mostrata dalle Rosse nei test di Barcellona, in Bahrain questa si è nuovamente manifestata. E come accaduto durante le prove invernali, le vetture di Maranello hanno evidenziato preoccupanti problemi di affidabilità. Da quello occorso alla vettura di Leclerc, allo strano cedimento dell'ala anteriore subito dalla SF90 di Vettel, subito dopo il testacoda del tedesco. Il medio oriente conferma quindi i responsi dei test invernali: se a Maranello possono gioire per la velocità ritrovata, dovranno invece riflettere sui mancati progressi in termini di affidabilità del mezzo.
Leclerc: una nuova Stella si è accesa
Ci spiace per Hamilton ma oggi i riflettori devono essere puntati su Charles Leclerc. Dopo la pole position con cui ha regolato "nientepopodimeno" che il compagno quattro volte campione del mondo, divenendo il poleman più giovane della storia Ferrari, il giovane talento ha continuato a brillare in gara. In partenza ha commesso l'unica, piccola, sbavatura del weekend, facendo slittare le ruote. Sopravanzato da Vettel e Bottas il pilota n°16 si è difeso da campione su Hamilton, andando già al secondo giro ad attaccare con successo il finlandese della Mercedes. Con il solo Vettel davanti avrebbe potuto deporre momentaneamente le armi, in attesa che le strategie decidessero le gerarchie. Leclerc ha invece annullato il distacco dal suo team mate ed al sesto giro lo ha infilato con una manovra da campione consumato. Il monegasco ha poi scavato un profondo solco fra sè ed il suo compagno, impegnato in una infruttifera lotta con Hamilton. Nel weekend che segna l'ennesima doppietta Mercedes, la Formula 1 vede nascere una Stella. Che ha brillato più del Rosso Ferrari, opaco come in Australia, seppur per motivi diversi.
Vettel, che succede?
Se a Maranello possono gioire per le prestazioni del nuovo arrivato Leclerc, oltre a preoccuparsi dei problemi di affidabilità che hanno afflitto la sua quasi vincente SF90, dovranno riflettere su quanto accaduto a Vettel. Che fine ha fatto il pilota dominante degli anni d'oro Red Bull? Ennesimo testacoda a parte il baffuto Vettel ha subito per tutto il weekend la velocità del nuovo compagno di squadra. In qualifica si è preso tre decimi ed in gara, dopo un'ottima partenza che lo aveva issato in testa, il tedesco ha patito la grinta del compagno subendo prima il sorpasso e poi un ritmo per Vettel ineguagliabile. La classe del campione di Heppenheim non può essersi dissolta negli ultimi mesi ma le domande adesso superano di gran lunga quelle certezze che la Ferrari cerca e pretende da lui.
Norris, Raikkonen ed Albon illuminano il centro gruppo
Al di là di quanto avvenuto al vertice, ci sono da rimarcare le ottime prestazioni ottenute dai piloti delle squadre che ambiscono alla quarta piazza nel mondiale costruttori. Il debuttante Lando Norris ha fatto splendere la McLaren ed è giunto sesto, dietro al dispersivo Vettel e davanti all'ultimo campione del mondo Ferrari Kimi Raikkonen, come noto ora punta di lancia di Alfa Romeo Racing. Mentre attendono la maturazione di Giovinazzi, 11esimo al traguardo, alla ex-Sauber possono godersi l'arcigno e concreto finlandese. Bella gara anche per Alexander Albon, il debuttante di Toro Rosso: per la prima volta a punti e nono al traguardo. Nuovi volti si affacciano nelle posizioni che contano della massima Formula. Leclerc, con poco più di un anno di F1 alle spalle, batte Vettel e vince moralmente la sua prima gara. Mai classifica finale di gara fu più bugiarda. La Formula 1 sta cambiando e fra due settimane in Cina ci saranno conti da regolare.
Ferrari tradisce le aspettative. Il risveglio dal letargo invernale consegna a Maranello solo un quarto ed un quinto posto. Mercedes domina. Non con Hamilton, insidiato da Verstappen, ma grazie a Bottas. Fra due settimane, in Bahrain, tutto potrebbe cambiare. "Piedi per terra e testa bassa" diceva Arrivabene...
di Matteo Landi
Bentornata Formula 1! Dove eravamo rimasti? Abu Dhabi, una sera di fine novembre 2018, Hamilton campione del mondo ed una Ferrari sconfitta a cui non rimaneva che leccarsi le ferite, con davanti un lungo inverno per riflettere su quel che poteva essere e non è stato, su errori commessi da non ripetere. Dopo le sole due sessioni di test svolte a Barcellona nel paddock era opinione diffusa che il ruolo di lepre sarebbe finalmente toccato ai piloti della Scuderia di Maranello. Un Vettel dominante nella sua vecchia "versione Red Bull", un Leclerc scudiero da lasciar crescere, con aspirazioni da futura prima guida. Questa mattina per i fan del Cavallino il risveglio, invece, è stato tutt'altro che dolce.
Ferrari: "campione d'inverno" stecca a Melbourne. Mercedes scopre le sue carte
Che per la Ferrari si potesse trattare di una domenica poco allegra lo si era capito già dagli esiti delle qualifiche: Vettel terzo a ben 7 decimi dal poleman Hamilton, Leclerc quinto. Il risultato avrebbe potuto non rispecchiare i reali valori in campo ed un piccolo colpo di fortuna avrebbe potuto rivoluzionare le carte, come successo lo scorso anno quando Vettel, in prova con distacco analogo a quello subito quest'anno, riuscì grazie all'intervento della virtual safety car a far sua una gara che sembrava persa. Evidentemente la Ferrari ha giocato il suo jolly proprio lo scorso anno. Stavolta niente avrebbe potuto aiutare la Rossa. Neanche una debacle tecnica del duo Mercedes avrebbe consegnato la gara a Vettel, battuto anche da Verstappen, al volante della sua Red Bull. La squadra austriaca ha debuttato con la power unit Honda, e quel motore, che in passato tanto ha fatto penare Alonso, ha permesso al giovane olandese di sverniciare la Ferrari n. 5 di Vettel. Così, dai toni trionfalistici del dolce inverno all'amara Melbourne passa un'eternità, come il distacco di quasi un minuto (!!!) subito da Vettel, quarto, dal vincitore Bottas. Già, Valtteri, il finlandese che lo scorso anno ha regalato svariati punti al team leader Hamilton, sbeffeggiato sui social, definito lo "zerbino Mercedes". Pochi avevano pensato a lui come contender di Hamilton.
La rivincita di Bottas
Doveva essere l'ennesima sfida Hamilton-Vettel, con Verstappen pronto a sgambettare gli aspiranti iridati. In Australia invece Bottas non ha solo vinto, addirittura ha dominato, assicurandosi anche il punto addizionale quest'anno riservato a chi registra il giro più veloce. Dalla seconda posizione in griglia è partito a fionda, ha scavalcato Hamilton ed ha impostato un ritmo di gara inavvicinabile per tutti. Compreso per il cinque volte campione del mondo compagno di squadra. Una lezione del genere il pentairidato non l'aveva forse subita neanche da Rosberg. Questa domenica si è vista una copia sbiadita di "The Hammer", attaccato nel finale anche da Verstappen e passato sul traguardo 20 secondi abbondanti dopo il suo compagno di team. Senza Bottas oggi avremmo parlato di lotta mondiale Mercedes-Red Bull, con Ferrari bisognosa di cure intense. Ma rimaniamo in attesa dei responsi più probanti che presumibilmente arriveranno fra due settimane in Bahrain, su una pista più "tradizionale" e meno atipica di quella australiana. Oggi è stata la gara del finlandese della Mercedes a dare un'idea diversa dello status quo dell'attuale F1: il team anglo-teutonico rimane là davanti. Ed a Maranello, battuti anche da Red Bull, non è tempo di proclami ma di duro lavoro. Torna in mente quel "testa bassa e piedi per terra" in passato scandito e ripetuto come un mantra dall'ex Team Principal Maurizio Arrivabene (chissà oggi cosa avrà pensato...).
Leclerc: bene ma non benissimo
Prestazioni di Vettel ed Hamilton a parte, questa domenica gli occhi di tanti erano puntati anche sul debutto in Rosso di Leclerc. Il giovane monegasco ha condotto una buona gara, non mancando in agressività fin da via. Allo start, dalla quinta posizione, è arrivato persino a contendere la terza piazza di Vettel ma ha diligentemente evitato il contatto con la vettura del compagno. Un'azione che ha salvato la Ferrari da un terribile patatrack ma ha retrocesso Leclerc alle spalle di Verstappen. Se nel primo stint il ritmo del nuovo titolare Ferrari è stato al di sotto delle aspettative, non si può dire altrettanto della sua seconda parte di gara. In cui è arrivato a mettere pepe sulla coda della monoposto del compagno Vettel. A quel punto la squadra ha ordinato il congelamento delle posizioni e sul traguardo Vettel e Leclerc sono transitati rispettivamente quarto e quinto. Lontani dal podio. Una Ferrari più opaca della vernice che porta. A proposito, sulle vetture di Maranello in Bahrain tornerà lo sponsor "Mission Winnow". Speriamo che lo slogan si traduca in prestazioni...
Alfa Romeo Racing: in attesa del vero Giovinazzi ci pensa Raikkonen
Detto di Ferrari, meritano di essere citate le prestazione tra luci ed ombre di Alfa Romeo Racing. Tutto sommato chi dopo i test pre-stagionali attribuiva alla squadra italo-svizzera il ruolo di "prima degli altri" non è andato troppo lontano dal vero. Dopo le qualifiche Raikkonen non era felice. Il nono posto non era male ma, a suo dire, avrebbero potuto ottenere di più. E qualcosa di meglio ha infatti realizzato in gara: l'ottava posizione finale rappresenta un discreto bottino di punti per la rientrante Alfa, ben 4. E sul traguardo il finlandese è giunto poco distante dalla sesta piazza. Ha invece deluso Giovinazzi: non bene in qualifica, solo 14esimo, da insufficienza piena in gara, addirittura 15esimo. Il suo team avrebbe forse potuto optare per una strategia migliore ed un'ala rotta hanno condizionato il suo ritmo ma il pilota di Martina Franca è parso ancora a corto di esperienza. La sua stagione è appena iniziata. Avrà tutto il tempo di rifarsi e più avanti arriveranno piste a lui più congeniali. Tempo al tempo.
Ricciardo, anno nuovo vita vecchia. McLaren, che rabbia: Honda va sul podio ed il loro Renault in fumo
Parlando degli altri ha ben figurato Stroll, nono al volante della sua (in tutti i sensi...) Racing Point ed il rientrante Kvyat, il quale si è preso la soddisfazione di battere Gasly, alla sua prima gara in Red Bull, togliendoli il punto della decima posizione. Non meritano la sufficienza Renault, Haas e McLaren. La prima ha colto con Hulkenberg una settima posizione che non sarebbe malvagia se fossimo nel 2018, ma quest'anno in Francia aspirano a qualcosa di più e farsi battere da Haas, sesta con Magnussen, per loro non può essere soddisfaciente. In più il nuovo acquisto Ricciardo è al suo primo (e speriamo ultimo, vista la sfortunatissima stagione scorsa) zero in casella: al via l'australiano ha osato troppo ed una piccola digressione sull'erba (comunque apparentemente ben meno innoqua di quanto fatto in gara da altri come Verstappen e Leclerc...) gli ha tarpato le ali. In tutti i sensi visto che un dosso gli ha estirpato l'alettone anteriore. "Gives you wings" recita lo slogan Red Bull, sua ex squadra: speriamo che dopo il divorzio con la forte scuderia austriaca il simpatico e veloce australiano non le abbia perse definitivamente. La Haas, come detto, ha colto un buonissimo sesto posto ma ha perso punti con il ritiro di Grosjean, giunto nella via di fuga con una ruota anteriore ballerina. Ancora un problema con le pistole pneumatiche dei box? Così fosse sarebbe inaccettabile per un team di F1. In McLaren invece possono essere ben felici per le prestazioni espresse dal rookie Lando Norris, addirittura ottavo in qualifica, ma ancora una volta la loro gara è stata inconcludente: il debuttante fuori dai punti, Sainz con vettura in fumo. Chissà che rabbia per il team principal Brown: mentre il loro Renault palesava evidenti problemi di affidabilità, "la ex" Honda correva al vertice grazie a Red Bull e Verstappen.
Williams, nobile decaduta
Se a Maranello sono tempi difficili che dire allora di quanto accade in Williams? Stiamo parlando della storica squadra che vanta ben 9 titoli costruttori in palmares ed ora fanalino di coda del Circus. Peggior ritorno in F1 Kubica non poteva immaginarlo. Il compagno di squadra Russell, invece, chissà se avrebbe optato per il debutto in F1 se avesse saputo che avrebbe "combattuto" solamente per le ultime due posizioni. Per la squadra condotta in modo non impeccabile da Claire Williams, figlia del grande Frank, la strada è terribilmente in salita. Una vettura a corto di preparazione, una situazione economica tutt'altro che florida minano il futuro di un team da cui la F1 non deve prescindere.
Melbourne, primi bilanci ed un vuoto incolmabile
Melbourne, tempo di primi bilanci. Per qualcuno decisamente in utile, vedi Mercedes e Red Bull, per altri in rosso, da Ferrari a Williams. La stagione è lunga e terminerà addirittura il primo dicembre. E come insegna il campionato 2018, un inizio scoppiettante come fu quello Ferrari non assicura il titolo mondiale. Fra due settimane in Bahrain tutto potrebbe cambiare. Quel che è certo è che l'intera F1 sentirà per sempre la mancanza di un figura importante che ci ha lasciato giovedì scorso, poco prima dell'inizio del primo weekend di gara 2019: Charlie Whiting, portato via a 66 anni da un'embolia polmonare mentre si trovava a Melbourne. Lo storico direttore di gara e responsabile della sicurezza della Federazione aveva lavorato nella massima formula per Hesketh e Brabham, divenendo nel 1988 delegato tecnico FIA. "Figura inconfondibile e inimitabile", sono le parole di Jean Todt, lascia un vuoto incolmabile in una F1 che sta cambiando radicalmente volto. Addio Charlie.
La Ferrari presenta la vettura che disputerà il campionato di F1 quest'anno. Novità tecniche in continuità con quanto mostrato dalla monoposto che l'ha preceduta e nuovi colori. Speranze? Sempre la stessa: il trionfo mondiale. Intanto lasciamoci affascinare dalla nuova nata.
di Matteo Landi
La paura fa 90, recita il detto. Se la nuova nata di Maranello spaventerà gli avversari è presto per dirlo. La SF90, sigla con cui la Ferrari ha coniato la nuova creatura, celebra i 90 anni dalla nascita della Scuderia Ferrari, il reparto corse fondato nel 1929 dal grande Enzo per far correre vetture Alfa Romeo. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, le vetture del Cavallino hanno calcato le piste di tutto il mondo, la piccola squadra è divenuta fabbrica di automobili, le più prestigiose del mondo, e dalla nascita del Mondiale di Formula 1 nel 1950, campionato di cui la Ferrari è sempre stata "testimonial", la squadra di Maranello si è aggiudicata 16 titoli costruttori e 15 piloti. Vittorie combattute, ere dominanti - come quella di Schumacher, Byrne, Brawn e Todt - o decadi da protagonisti, vedi i '70 di Lauda e Forghieri. Successi talvolta intervallati anche da lunghi digiuni. Tutti ricordano quando Schumi nel 2000 riportò "i colori dell'arcobaleno", come disse il telecronista Gianfranco Mazzoni, ed il titolo alla Ferrari dopo una secca che perdurava dal lontano 1979, anno del successo di Scheckter. Sembra passato un secolo ma per i tifosi del Cavallino quella voglia di rivincita è una sensazione molto contemporanea. La vettura svelata ieri a Maranello avrà l'arduo compito di riportare l'iride alla squadra italiana, trionfante per l'ultima volta nel 2007 con Raikkonen fra i piloti e nel 2008 fra i costruttori. Dall'inizio dell'era turbo-ibrida il mondiale è stato un affare privato per gli alfieri Mercedes, con il solo Rosberg a placare l'ondata di successi di Hamilton. Sarà un 2019 particolare per gli uomini di Maranello, chiamati alla perfezione, dopo un 2018 tutt'altro che impeccabile. Quella perfezione, necessaria per battere l'implacabile armata anglo-teutonica, che non vi è stata lo scorso campionato, quando la velocità e la solidità della SF71H permettevano di far sognare ad occhi aperti i tifosi della Scuderia.
Evoluzione e non rivoluzione. La nuova nata estremizza i concetti della vettura 2018
Consapevole che sono stati soprattutto errori umani, vedi le varie divagazioni di Vettel nella seconda parte dell'anno, a sancire la recente sconfitta, a Maranello ripartono da quanto di buono mostrato dalla monoposto 2018. La nuova SF90 ne è infatti una logica evoluzione. Le pance laterali della vettura riprendono i concetti espressi dalla SF71H e "copiati" quest'anno da quasi tutta la concorrenza. Un lavoro di affinamento delle componenti motore e la ridistribuzione di alcuni accessori ha permesso una riduzione degli ingombri evidenziata anche da un cofano motore decisamente stretto. Colpisce la forma triangolare dell'air-scoop posizionato sopra la testa del pilota e le dimensioni, dettate dal nuovo regolamento, dell'ala anteriore e di quella posteriore. La prima più larga ma semplificata nei suoi elementi, la seconda più grande e più in alto rispetto a quella montanta sulle vetture 2018. Su queste modifiche regolamentari gli ingegneri cercheranno di fare la differenza. Ferrari ha studiato dei flap particolarmente spioventi alle estremità dell'alettone anteriore. Questo per indirizzare il flusso d'aria verso l'esterno degli pneumatici così da abbattere nocive turbolenze. Non visibile all'esterno è il cuore della monoposto, quella power unit che quest'anno si dica possa esprimere più di 1.000 cv e che grazie ad un regolamento leggermente più permissivo (serbatoio da 110 kg in luogo dei 105 kg concessi nel 2018) potrà bruciare più carburante. La novità più visibile è però senza dubbio la livrea della nuova nata: un rosso più chiaro ed con un pò di nero a scandire quel "Mission Winnow" caro a Philip Morris presente anche nella denominazione del team.
Ferrari: l'unione fa la forza
Presto la nuova nata inizierà a percorre i primi km e siamo certi che già durante le prime prove libere di Melbourne, il 15 marzo, porterà con sé modifiche sostanziali. Se dal punto di vista tecnico il termine "stabilità" è sinonimo di mancanza di evoluzione e stagnazione della performance, su quello umano la Ferrari è alla ricerca di certezze e punti fermi. "Essere Ferrari significa essere un team, una squadra. Mattia lo sa molto bene, avendo passato ormai 25 anni a Maranello e sa bene quanto sia importante collaborare con le persone in pista e fuori dalla pista", dice il Presidente John Elkann riferendosi a Mattia Binotto, il nuovo team principal della Rossa. Parole non dette a caso, se si pensa alle tensioni interne scaturite dalla rivalità Binotto-Arrivabene, placata da Marchionne fino a quando era in vita e sfociata in una mancanza di coesione che ha minato il cammino della squadra nella seconda parte della scorsa stagione. Con l'addio di Maurizio Arrivabene adesso Binotto ha strada libera ma dovrà coadiuvare la doppia carica di team principal e direttore tecnico. Compito arduo ma non impossibile per un ingegnere dalle capacità indiscusse. Dovrà tenere a bada l'eventuale rivalità Vettel-Leclerc ed ha già fatto presente che per adesso la punta di diamante rimane il pilota tedesco. In attesa che il giovane monegasco arrivi a raggiungere le prestazioni del quattro volte campione del mondo. Un cammino implacabile quello del monegasco: campione Gp3 e F2, nel 2018 ha mostrato grandi cose al debutto nella massima Formula al volante della ex Alfa Romeo Sauber adesso rinominata Alfa Romeo Racing. Con Vettel formerà la coppia più interessante del mondiale che verrà. La loro vicinanza, la loro possibile rivalità, potrebbe essere un problema in più da gestire per Binotto, ma anche un pungolo reciproco che li spingerà a dare il massimo. Il rinnovamento Ferrari, la rivalità con Mercedes, la nuova Alfa Romeo Racing con al volante il mai domo Kimi Raikkonen ed Antonio Giovinazzi (finalmente un pilota italiano nella massima Formula!): il campionato che inizierà in Australia a metà Marzo non mancherà di spunti interessanti. Intanto lasciatevi stordire dalla bellezza della nuova creatura di Maranello nell'attesa che il sogno di una Rossa iridata si trasformi in realtà.
Il sogno Ferrari, la forza della Mercedes, la "nuova" Alfa Romeo Racing. E molto altro per un campionato che ancora non è cominciato ma si preannuncia ricco di spunti interessanti. Le squadre, i piloti e le loro aspirazioni.
di Matteo Landi
Sembra un nuovo episodio di "Ritorno al Futuro". La Formula 1 del 2019 ritroverà in pista una combinazione di nomi che ci proietta con la mente agli albori della massima competizione automobilistica. Quando nel 1950 e 1951 si sfidarono Ferrari ed Alfa Romeo, e pochi anni più tardi, nel biennio '54-'55 Ferrari e Mercedes. Guardare al passato è da inguaribili nostalgici, ma la nuova stagione ci proietta in un futuro per certi aspetti migliore, con, per la prima volta, tutti e tre i gloriosi marchi in pista.
L'industria dell'automobile è ormai un mondo senza confini e barriere. Alfa Romeo Racing è il nuovo nome della ex Sauber, basata ad Hinwil, in Svizzera. E lì, nonostante l'italianità della casa del biscione, la squadra rimarrà. Situazione che fa inorridire qualche appassionato di corse. Eppure, è sbagliato catalogare la trasformazione come una semplice operazione di marketing. La squadra che porterà in pista Kimi Raikkonen, tornato laddove iniziò la sua carriera in F1, ed il quasi debuttante italiano Antonio Giovinazzi, potrà godere di un budget raddoppiato proprio grazie alla sponsorizzazione della casa italiana, la vettura del team italo-svizzero sarà il frutto del lavoro dell'ex Ferrari Simone Resta e monterà ancora la power unit di Maranello.
Della vecchia Sauber rimangono le strutture ma le sinergie con Ferrari stanno crescendo, com'era negli intenti di Sergio Marchionne, a testimonianza che non vi è solo un marchio appiccicato su un cofano motore. Ed in fondo la situazione non è tanto diversa rispetto a quella della dominatrice dell'era turbo ibrida Mercedes, nata dalla vincente Brawn Gp, a sua volta sorta dalle ceneri della Honda, erede della BAR, squadra che prese il posto della leggendaria Tyrrell. Senza dimenticare che se il marchio della Stella è tedeschissimo, la squadra di F1 ha sede a Brackley, nel Regno Unito. Ma non c'è solo la nuova situazione della ex Sauber a tenere banco.
Ecco, squadra per squadra, una piccola introduzione alla stagione che verrà, senza la pretesa di essere esaustivi.
MERCEDES AMG PETRONAS MOTORSPORT
I tedeschi sono i campioni in carica. Toto Wolff ha fatto presente che la fame di successi non si è placata. Hamilton, fresco del quinto titolo iridato, sembra inarrestabile e con accanto il fido Bottas, presenza ben meno ingombrante dell'ex compagno Rosberg, la strada dell'inglese sembra tutt'altro che in salita. Il 13 febbraio verrà svelata la nuova freccia d'argento e non ci sono motivi per cui debba deludere. Spetta agli avversari fare di meglio.
SCUDERIA FERRARI MISSION WINNOW
Lo dice il title sponsor, sarebbe ora di vincere. La missione non sarà semplice per Vettel e Leclerc, subentrato a Raikkonen. Al di là delle qualità della vettura che verrà mostrata il 15 febbraio, la Scuderia dovrà ritrovare una serenità smarrita. Ammesso che negli ultimi anni l'abbia mai veramente avuta. Il fresco addio di Arrivabene, avvicendato da Binotto, porterà delle conseguenze nel clima della squadra, nell'organizzazione della stessa e nelle metodologie di lavoro. Vettel non potrà ripetere gli imperdonabili errori che nel 2018 hanno affossato i sogni iridati di una squadra che non vince un titolo costruttori dal 2008 ed un piloti dal 2007. A livello tecnico Ferrari e Mercedes potrebbero non essere così distanti, ma a livello organizzativo, nel 2018, le differenze si sono fatte sostanziali con l'avanzare della stagione. Vedremo. All'inizio dell'era turbo-ibrida la Ferrari era in affano. I podii erano un miraggio. Quei tempi sono lontani ma manca ancora un gradino per raggiungere il livello dell'implacabile Mercedes.
ASTON MARTIN RED BULL RACING
Verstappen ed il nuovo arrivato Gasly, lo scorso anno in Toro Rosso, avranno a che fare con una combinazione vettura-power unit che rappresenta una vera e propria incognita. La squadra austriaca non ne poteva più della collaborazione con Renault ed ha scommesso su Honda. Nel 2018 i nipponici hanno mostrato progressi con Toro Rosso, ma i livelli di affidabilità e prestazioni richiesti da chi vorrebbe lottare per il mondiale forse, per loro, sono ancora troppo elevati. Un anno di rodaggio potrebbe essere necessario per la squadra che la scorsa stagione ha, in alcuni frangenti, impensierito Mercedes e Ferrari. La nuova coppia Verstappen-Gasly potrebbe rivelarsi "calda", se il francese si avvicinerà alle prestazioni dell'olandese.
RENAULT F1 TEAM
Alla costanza di Nico Hulkenberg, ancora a secco di podii ma dal talento indiscusso, si affiancherà la brillantezza di Ricciardo. L'australiano si è finalmente liberato della vicinanza di box di Verstappen, pilota protetto da Red Bull e designato da quest'ultimi come team leader indiscusso. La squadra francese ancora non sembra pronta a lottare per il titolo ma l'ex direttore tecnico FIA Marcin Budkowski, uomo che conosce tutti i segreti delle recenti F1, potrebbe riservarci qualche sorpresa. Renault sarà fra le osservate speciali durante i test che si svolgeranno in Spagna dal 18 febbraio.
RICH ENERGY HAAS F1 TEAM
Avrà una diversa livrea ma non sarà questo a determinare le prestazioni della nuova vettura. Anche se l'arrivo di nuove risorse economiche certamente aiuteranno lo sviluppo. Gli americani hanno compiuto passi da giganti da quando sono entrati in F1 nel 2015. Potranno contare ancora sulle power unit Ferrari e sulla rodata coppia Grosjean-Magnussen. Il primo, lo scorso anno, ha avuto un avvio dalle prestazioni poco convincenti, poi è migliorato ma nel complesso si è fatto sovrastare dal compagno danese. Haas ha raggiunto un livello difficilmente migliorabile, considerando che ci si aspetta un deciso passo in avanti di Renault. Il quinto posto nel costruttori colto nel 2018 è l'obiettivo da replicare.
MCLAREN F1 TEAM
Carlos Sainz Jr. ed il debuttante Lando Norris sono i nuovi piloti della squadra orfana di Alonso. Sainz è un pilota solido ma ancora si attende la sua "esplosione", Norris ha fatto faville nelle categorie propedeutiche ed è vicecampione in carica di F2. Se la squadra dal nome leggendario non è riuscita con Alonso a risorgere dagli ultimi anni bui è un mistero come possa farlo adesso con la nuova coppia di piloti. McLaren ha deluso anche lo scorso anno, quando non aveva più la possibilità di scaricare le colpe su Honda. Il 14 febbraio vedremo la nuova vettura ma solo la prima gara di Melbourne ci schiarirà le idee.
RACING POINT F1 TEAM
Sergio Perez e Lance Stroll guideranno quella che fino a poco tempo fa si chiamava Force India. Il cambio di proprietà non può che aver dato un pò di sicurezza agli uomini del team di Silverstone, che, a dire il vero, non hanno mai perso la concentrazione nonostante le brutte vicende legali del fondatore Vijay Mallya. La squadra è un esempio di efficienza. Il motore Mercedes è una garanzia. Si troveranno ancora a centro gruppo ma sono attesi interessanti exploit.
ALFA ROMEO RACING
Della nuova/vecchia squadra abbiamo già, in parte, parlato. Lo scorso anno ha iniziato la stagione in fondo al gruppo ma da Baku in avanti le sorprese non sono mancate, fino a diventare certezze. Leclerc non c'è più ma è arrivato il solidissimo Raikkonen, ultimo campione del mondo Ferrari, ed il pilota già Ferrari Driver Academy Antonio Giovinazzi. L'Italia potrà tifare, oltre che per la solita Ferrari, anche per la squadra svizzera dai capitali italiani e finalmente per un pilota tricolore titolare. In pianta stabile, si spera.
RED BULL TORO ROSSO HONDA
L'academy Red Bull ultimamente non dispone più di così tanti talenti. Quantomeno dotati della necessaria Superlicenza. Ecco che a Faenza rispolverano Kvyat: sedotto, abbandonato, ripreso e nuovamente lasciato. Senza dubbio la forza caratteriale del russo non è da sottovalutare. Accanto a lui correrà Alexander Albon, pilota che corre con licenza Thailandese, veloce nelle formule propedeutiche. In Romagna le vetture le sanno fare, vediamo a che livello sarà quest'anno Honda.
WILLIAMS RACING
La situazione della gloriosa squadra inglese è drammatica. Lo scorso anno è stato il fanalino di coda. La luce in fondo al tunnel porta il nome di Robert Kubica. Una storia che scalda il cuore quella del polacco, al rientro in F1 dopo il terribile incidente che lo vide protagonista durante il Rally di Andora nel febbraio 2011. Il percorso del polacco è stato commovente, la sua tempra inossidabile. Il vincitore del Gp del Canada del 2008 meritava ancora gloria. L'avrà, comunque. Il suo compagno di squadra è George Russell. L'inglese è l'ultimo campione di F2. Il suo talento è indiscusso. Ma la forza dei piloti potrà poco se in Williams non torneranno a sfornare buone vetture. Certamente non potranno fare peggio del 2018. E non devono farlo. Se lo augura l'intera Formula Uno.
Ferrari comunica il cambio al vertice: addio Arrivabene, Binotto è promosso. Adesso un pò di stabilità sembra fondamentale.
di Matteo Landi
Il comunicato della Scuderia Ferrari è arrivato ieri sera, sciogliendo anche gli ultimi, flebili, dubbi. Maurizio Arrivabene non è più Team Principal della squadra di Maranello, incarico che ricopriva dal 24 novembre 2014 quando prese il posto occupato, per pochi mesi, da Marco Mattiacci. Quattro campionati gestiti da colui che ha dedicato gran parte della sua vita al marketing di Philip Morris. Dopo le ultime due stagioni in cui la Ferrari si è riaffacciata ai piani nobili della classifica, assaporando il gusto delle vittorie di tappa ma rimanendo a bocca asciutta alla voce "titoli mondiali", risulta semplice attribuire la colpa delle sconfitte ad Arrivabene. Il Team Principal è il responsabile della squadra ed in quanto tale è giusto che si faccia carico degli insuccessi. Ed il bresciano, infatti, non si è mai tirato indietro, mettendoci la faccia dopo ogni gara andata storta. Talvolta prendendosi anche responsabilità non sue. Parliamoci chiaro, se Vettel non avesse compiuto quei tre-quattro svarioni imperdonabili adesso saremmo qui a commentare l'addio dell'ormai ex Team Principal? Se oggi è facile ricordare quanto non ha funzionato negli ultimi anni in Ferrari, sarebbe tuttavia duopo rammentare che durante la gestione del bresciano la Scuderia ha ottenuto ben 14 vittorie, un bottino di tutto rispetto che avrebbe potuto condurre ad altri traguardi se durante il suo percorso di crescita la Ferrari non avesse incontrato la schiacciasassi Mercedes, dominatrice dell'era turbo ibrida. Al di là delle apparenze e delle facili sentenze è probabile che la separazione sia la naturale conseguenza di vociferati attriti interni, specialmente con l'attuale successore Mattia Binotto, e dell'inconciliabile divergenza che ormai sembrava esserci fra le prospettive dei vertici Ferrari e quelle dello stesso Arrivabene. Quel che è certo è che dalla morte di Marchionne a Maranello le idee sembrano poco chiare. Conseguenza normale dell'addio di un uomo di spessore come l'ex Presidente Ferrari. Le redini della Scuderia passano così, come detto, a Mattia Binotto. In Ferrari dal 1995 è stato ingegnere motorista nell'epoca d'oro di Schumacher. La scalata dell'ingegnere meccanico, laureato a Losanna, è poi divenuta verticale con la fiducia accordatagli da Marchionne, che nel 2016 lo fece subentrare a James Allison nel ruolo di direttore tecnico. Senza più Arrivabene e con al timone Binotto la Ferrari si troverà, nella stagione che inizierà a marzo, nella difficile situazione di dover puntare al titolo per forza di cose. Se nonostante il cambio al vertice a Maranello dovessero risultare secondi quale altra testa salterà? Nel 1999, al termine del Gran Premio di Malesia, dopo la squalifica delle Ferrari l'allora Team Principal Jean Todt rassegnò le dimissioni. Arrivato in Ferrari nel 1993, il francese fu determinante nel processo di crescita di una squadra allo sbando. Quando tutto sembrava converge verso un tanto sospirato titolo mondiale arrivò prima l'infortunio di Michael Schumacher, poi quella brutta vicenda post gara che sembrò tarpare definitivamente le ali agli uomini di Maranello. Per l'allora Presidente Montezemolo non ci furono dubbi: le dimissioni erano da respingere, la Ferrari aveva gli uomini giusti per tornare alla vittoria che prima o poi sarebbe arrivata. Con ancora al comando Todt, in appello, la Scuderia riuscì ad annullare la squalifica, facendo addirittura passare per incompetenti i commissari che avevano escluso le Rosse, ed al termine del campionato arrivò il primo titolo mondiale costruttori di sei consecutivi. Continuità, serenità ed armonia furono i collanti di un team formidabile. Oggi non sappiamo se Mattia Binotto sarà l'uomo della provvidenza ma un pò di stabilità è ormai necessaria se a Maranello vorranno definitivamente uscire dal ruolo di outsider. In bocca al lupo Mattia!
Oggi il sette volte campione del mondo compie 50 anni. A cinque anni dal brutto incidente di Meribel le condizioni del tedesco restano riservate. Per festeggiarlo, in fondo, basterà guardare dentro ognuno di noi. Auguri Michael!
di Matteo Landi
Ci sono persone che, seppur mai incontrate, hanno fatto parte della nostra vita. La loro esistenza si è incrociata per lunghi tratti con la nostra, scandendone momenti irripetibili, accompagnando le nostre giornate, le nostre domeniche pomeriggio per anni. Il nome Schumacher è sinonimo di sussulto interiore per gli appassionati di corse automobilistiche. Per i ferraristi è un mito nato nel 1996, filtrato, in un pomeriggio di giugno, da nubi d'acqua mentre superava in modo magistrale gli avversari, entrando forse per la prima volta nel cuore dei tifosi del Cavallino Rampante. Quel giorno, a Barcellona, il tedesco della Ferrari colse la sua prima vittoria con la Scuderia. Nei bar della penisola un nuovo personaggio entrava a far parte di discussioni domenicali solitamente incentrate sul calcio. Quel tedesco di Kerpen, due volte campione del mondo con la Benetton, si era preso un impegno: riportare in alto, ai livelli che le spettano di diritto, la casa di Maranello. "Ce l'ha fatta con una marca di maglioni" diceva qualcuno "perchè dovrebbe fallire?". Intanto, al volante di una recalcitrante Ferrari, Michael pose i primi tasselli di una storia divenuta poi leggendaria ed irripetibile. Quella pre-Ferrari ebbe origini rocambolesche, per gentile "concessione" di Bertrand Gachot: il pilota belga che nel 1991, arrestato in seguito ad una violenta lite con un tassista londinese, cedette il sedile in Jordan al quasi sconosciuto Michael Schumacher. L'esordio era di quelli tosti, sulla pista di Spa-Francorchamps, il tracciato più ostico della stagione. Pronti-via ed il giovane tedesco si piazza settimo in qualifica, fra lo stupore generale. La prima gara del futuro stritolatore di record si rivelò sfortunatissima, con la sua Jordan in panne poche centinaia di metri dopo il via, causa rottura della frizione. Poco importa, le fondamenta della leggenda era state poste. In questo 3 gennaio Michael Schumacher compie 50 anni. A più di 5 anni dal noto incidente sugli sci che lo ha gravemente infortunato la famiglia continua a stringersi nel più stretto riserbo. La moglie Corinna rasserena chi ha a cuore la vicenda del marito: "potete stare certi che si trova nelle migliori mani. Vi preghiamo di comprendere se stiamo seguendo i desideri di Michael e teniamo un argomento così sensibile come la salute nella privacy". Vederlo, sentirlo, in fondo non ce n'è bisogno perchè Michael è, e resterà per sempre, dentro tanti di noi. Dalle celebrazioni con il suo classico saltello sul podio dopo un trionfo, alle sue lacrime quando eguagliò il numero di vittorie di Senna, prima di ergersi al top nella classifica di tutti i tempi con 91 vittorie. Dai successi che lo rialzavano dopo inevitabili tonfi nei suoi primi anni in Ferrari, al giorno che divenne, dal podio, direttore d'orchestra di un gruppo quasi infallibile di uomini. Dall'addio alla Rossa nel 2006, al ritorno in Mercedes che ci consegnò un Michael più che 40enne veloce ma umanamente fallibile e per questo ancor più leggendario. Oggi, 3 gennaio 2019, per celebrare i 50 anni di una vita sfociata nel mito basterà guardarci dentro: aprendo i cassetti della memoria lo festeggeremo come quel giorno del 1996 a Monza, quando il v10 cantava e la folla applaudiva. Auguri Campionissimo, auguri Michael!
Hamilton chiude in bellezza. Vettel, secondo, va sul podio nella sfortunata gara di addio alla Rossa di Raikkonen. Alonso lascia la F1. Negli Emirati Arabi si chiude un'epoca.
di Matteo Landi
Terminata la gara Hamilton, Vettel ed Alonso intrattengono il pubblico di Abu Dhabi con burnout e "donuts". Il fumo sprigionato dai loro pneumatici ed il rombo delle power unit chiudono questa stagione. Oggi Alonso non ha colto neanche un punto, ma gli sfidanti 2018 decidono di omaggiarlo facendolo partecipare alla festa. L'ultima gara del campionato ha segnato lo spartiacque fra la Formula 1 moderna e quella contemporanea. Il non ritorno di quella F1 che tutti ricordano come ruggente. Il pilota spagnolo, due volte campione nel mondo (2005 e 2006 con Renault) lascia la categoria, deluso da una McLaren che, da quando nel 2015 lo ha nuovamente accolto nelle sue fila, non ha saputo graffiare. "Domineremo" disse Ron Dennis, allora team principal della squadra inglese che nella stagione del ritorno di Alonso iniziò una collaborazione, ai posteri infruttifera, con Honda. Invece, per la squadra di Woking, arrivarono solo delusioni. Nonostante queste, nonostante le sconfitte, il Circus della F1 saluta un Alonso mai domo, sempre combattivo, in pista e nelle dichiarazioni. A dimostrazione che il sacro fuoco delle corse arde ancora in lui, pronto a sprigionarlo altrove, alla ricerca della vittoria nella 500 miglia di Indianapolis che metterebbe la ciliegina sulla torta di una carriera, per tanti suoi colleghi, invidiabile. Il non ritorno di una F1 ruggente, dicevamo, non solo per l'addio (o sarà solo un arrivederci? Schumacher insegna...) di Alonso ma anche per il saluto di Kimi Raikkonen alla Ferrari. Il finlandese non lascerà la F1, ma dalla prossima stagione sarà la chioccia di Giovinazzi in Alfa Romeo-Sauber. Gli svizzeri, ampiamente finanziati dal marchio fondato a Milano, sono stati la squadra che ha mostrato maggiori progressi rispetto al 2017, tanto da classificarsi ottava fra i costruttori, davanti a Toro Rosso-Honda e Williams-Mercedes. Riesce comunque difficile pensare che Raikkonen possa ancora affacciarsi nei piani nobili della classifica. Eppure, come da lui dichiarato, il finlandese si troverà in una situazione assolutamente confortevole: continuerà a correre nella massima formula, con meno attenzione mediatica, meno pressioni e meno...conferenze stampa. Comunque andrà Kimi sarà per sempre ricordato dai fans della Rossa per il titolo da lui vinto nel 2007, ad oggi l'ultimo conquistato da un pilota Ferrari, per il suo "attaccamento alla maglia", come dimostrato più volte – a parte le varie occasioni in cui ha sacrificato gli interessi personali a quelli della squadra basta affacciarsi sulla sua pagina Instagram per capirlo – per il suo essere unico, pur cercando di non esserlo.
Baci e abbracci per Alonso, Vandoorne, Ericsson e Sirotkin.
Sì, Abu Dhabi 2018 rappresenta un momento di passaggio per tanti: saluti anche per Ericsson, cercherà fortuna in Indycar, e per Vandoorne, talento privato della possibilità di esprimersi al meglio a causa di una McLaren che riesce nell'impresa di far disinnamorare della F1 sia il grande Alonso che il giovane belga, prossimo Formula E driver. La massima Formula si priverà solo momentaneamente di Ocon, rimasto senza sedile, ma visto che il cartellino è in mano a Toto Wolff c'è da credere che lo ritroveremo presto a competere con Hamilton e compagni. In quanto a Sirotkin, il russo rischia di rimanere negli annali della F1 con le misere statistiche di questo campionato – un solo punto conquistato – in quanto il suo sedile sarà occupato da qualcuno che ha già scritto la storia.
Kubica: il ritorno che scalda i cuori
Al posto di nomi che non vedremo più, il prossimo campionato ne ritroveremo infatti uno grosso, uno che conta davvero: quello di Robert Kubica. Correrà con la Williams e calcherà di nuovo i circuiti di quel grande Circus che abbandonò dopo il terribile incidente di cui si rese protagonista durante il Rally di Andora nel febbraio del 2011 e che rischiò di compromettere definitivamente la sua carriera. Quella del polacco è una storia che scalda i cuori e poco importa se guiderà una, si presume, modesta Williams: è un incitamento a non mollare mai, un esempio. E attenzione, Kubica non ha intenzione di tornare per fare la comparsa ma per continuare una carriera che si prevedeva sfolgorante. E sa essere ancora veloce, rinforzato nella tempra da difficilissimi anni di riabilitazione.
Hamilton chiude in bellezza. Vettel è secondo davanti a Verstappen
Abu Dhabi 2018, ultimo giorno di scuola per tutti, anche per il fresco campione del mondo Lewis Hamilton, che chiude da primo della classe. Per l'ultima di campionato, a titoli già assegnati, Mercedes decide di tornare a dotare le sue frecce d'argento dei famigerati cerchi forati dopo averne fatto a meno nelle ultime gare. Ed Hamilton vince dominando. Merito suo, impeccabile per tutta la stagione, ma merito anche della tanto discussa soluzione Mercedes? I fatti dicono che senza di essa i piloti della squadra anglo-teutonica hanno sempre faticato. Anche oggi, se Bottas non avesse accusato problemi ai freni, avrebbero potuto portare a casa una sonante doppietta. Invece sul podio sono finiti Vettel e Verstappen. Per il tedesco è un altro importante step, necessario per mettersi alle spalle una seconda parte di stagione difficile, per l'olandese si tratta di un'altra conferma. Nel 2019, se Honda compierà ulteriori progressi, c'è da scommettere che a lottare per il titolo ci sarà anche il, fino ad ora, compagno di Ricciardo. Quest'ultimo ha lasciato la casa austriaca con un buon quarto posto: adesso potrà dimenticarsi gli screzi con Marko e soci per dedicarsi alla nuova avventura targata Renault.
Raikkonen: addio alla Rossa con un ritiro ma terzo nel mondiale!
Avrebbe meritato ben altra conclusione il campionato di Raikkonen: la sua gara è durata solamente sei giri, poi noie elettriche lo hanno costretto a lasciare, per sempre, il sedile della Rossa. Nonostante tutto Kimi potrà ricevere il premio che spetta al terzo classificato nel campionato piloti, a dimostrazione di quanto soddisfacente sia stata la sua stagione: 12 podii, come Vettel, ed il ritorno alla vittoria con la Rossa. Adesso spetterà al giovane Leclerc, oggi ottimo settimo al traguardo, non far rimpiangere ai fans della Rossa il glorioso finlandese.
Il campionato 2018 va in archivio, fra gioie, dolori, polemiche, addii e speranze
Con la gara disputata negli Emirati Arabi si chiude un campionato combattuto ed avvincente, che ha visto la Ferrari passare dal ruolo di prima attrice a quello di inseguitrice. Con un Hamilton mai così forte: veloce ed affidabile. Non si può dire la stessa cosa di Vettel, protagonista di grandi cavalcate – vengono in mente, su tutte, le belle vittorie conquistate in Bahrain e Belgio, in momenti importanti della stagione – e brutti errori, vedi i vari testacoda compiuti da Monza in avanti e soprattutto la vittoria gettata al vento in Germania. Per sempre rimarranno dubbi sulla totale legalità delle monoposto Mercedes, senza dimenticare l'aiutino Pirelli delle gomme con battistrada ridotto, arrivato durante la fase calda della stagione per risolvere problemi riscontrati da Hamilton e Bottas. Non ci dimenticheremo delle penalità inflitte, giustamente, al pilota di punta Vettel, da commissari talvolta troppo docili con i piloti Mercedes. Tuttavia chiudere con le polemiche non sarebbe giusto nell'anno in cui si è celebrato il quinto titolo conquistato da un Hamilton, al pari di Fangio, dietro al solo Schumacher fermo a sette. Chissà che in un prossimo futuro non vedremo a bordo di una F1 il figlio di Michael, Mick Schumacher, fresco campione europeo di F3. Nell'attesa di scoprire nuovi talenti, chissà che Giovinazzi non ci faccia tornare a gioire di nuovo per un pilota italiano in un campionato 2019 che si preannuncia interessante, con Ferrari che vorrà sfidare ancora Mercedes e Red Bull pronta ad entrare in gioco se Honda non tradirà la loro aspettative. Buonanotte al Mondiale 2018 e buon riposo ai 20 piloti che hanno animato il campionato appena concluso. Marzo 2019 arriverà presto.