Sabato 11 maggio, presso la Libreria Albatros di Cento (FE), la giovane autrice presenta la sua raccolta di liriche. Per parlare al cuore di amore, tempo che fugge, emozioni, speranze e, soprattutto, sulla necessità di rimanere se stessi. Abbiamo intervistato l’autrice.
Di Manuela Fiorini
È un libro da tenere sempre in tasca e da leggere ogni volta che abbiamo voglia di condividere un’emozione. “Niente di Personale”, debutto letterario di Anna Boccadamo, classe 1991, è un piccolo gioiello che raccoglie liriche a prima vista assai diverse sia per tema che per stile, ma che si configura, invece, come un'opera completa e armonica.
Attraverso l’uso sapiente del verso libero, la giovane autrice ci parla di amore, nelle forme della malinconia, della delusione, dell’infelicità, ma anche di un sentimento realizzato e completo. Altri filoni tematici, come la natura, il viaggio, i ricordi d’infanzia si trasformano a poco a poco da emozioni personali a universali, da condividere con il lettore. Ricorrono poi temi “moderni”, specchio della società attuale, come il tempo, che scorre sempre troppo in fretta, che vorremmo fermare o afferrare, e la disillusione, che crea incertezza su chi siamo e sui nostri sogni. C’è poi il tema della funzione della scrittura, che si evolve da necessità personale delle prime liriche, a emozioni da condividere.
La presentazione ufficiale è in programma sabato 11 maggio, dalle 16.30, presso la Libreria Albatros di via Guercino 55/A, a Cento (FE), intanto, abbiamo fatto quattro chiacchiere con l’autrice.
Quando hai iniziato a scrivere poesie e quando hai deciso di fare “il grande salto”, raccogliendole in un libro e, di fatto, facendole uscire dal cassetto?
Scrivo da diversi anni, per passione, per distrazione, per esigenza, specie quando quello che leggo non è abbastanza, o meglio, non è in sintonia con quello che vorrei leggere o non mi rispecchia sufficientemente. Negli ultimi due anni ho concentrato la mia attenzione proprio su questo bisogno, proponendomi di mettere nero su bianco me stessa, quello che volevo leggere, quello che avevo da dire. Dicono che ho un tono di voce basso, quando scrivo suppongo lo sia ancor di più, ma in entrambi i casi le emozioni che mi attraversano sono molto forti, talmente tanto da volerli condividere con tutti.
Quali sono, se ci sono, i modelli letterari a cui ti ispiri?
Le opere di Wisława Szymborska, Premio Nobel per la Letteratura, hanno senz’altro tracciato l’inizio del mio percorso. La gioia di scrivere è, tra le sue poesie, la mia preferita. Spero, un giorno, di conquistare anche solo l’1% del suo grande talento.
Nella tua raccolta “Niente di personale”, emergono diversi filoni poetici. Tra questi, la funzione della scrittura, che emerge in diverse liriche. Che cos’è la poesia per Anna Boccadamo?
Scrivere comporta definire quello che altrimenti non sapremmo distinguere, che si tratti di un concetto, di un pensiero o un sentimento. La poesia è un mezzo attraverso cui riflettere e riflettersi; nonostante possa apparire astratta, essa conferma quanto c’è di più vero, reale, in questo mondo, nel bene e nel male.
In alcune liriche, come “Merenda” o “Le conchiglie”, i ricordi d’infanzia vengono prima evocati come positivi, poi si ha come una spaccatura, in cui evocano nella vita adulta, qualcosa di diverso, doloroso. Un rimpianto poetico per la dimensione protetta dell’infanzia?
Si. Contrassegnano percorsi di vita felici sfioriti nel tempo (il solito complice/colpevole).
Un altro tema è quello del tempo che “scorre troppo in fretta” e il bisogno di afferrarlo, ritagliarsi un momento prezioso per se, per riflettere, amare, stare insieme…Stiamo davvero “correndo troppo”? Come la poesia può aiutarci a “fermare il tempo” e rubarne un po’ per noi stessi?
Il tempo corre, ci spintona pur di arrivare primo (in quale gara poi?) e noi ci siamo adeguati ad esso. Mentirei se dicessi che leggendo una poesia riusciremmo a fermare il tempo ma... a rallentare il suo ritmo si, oltre che a dargli una qualità in più. Il segreto sta nel saper scegliere bene un libro e stare lontani da qualsiasi distrazione.
"Niente di personale" è il titolo della raccolta. Davvero la poesia non è "niente di personale"? Quanto c’è di te nelle tue poesie e che cosa ti fa dire “questa emozione devo fissarla sulla carta”?
“Niente di personale” è un titolo piuttosto sarcastico, ma allo stesso tempo è il titolo di una poesia (non pubblicata) che parla d’amore, di quanto possa cambiare la propria vita quando si ama. Resta ben poco di personale, quando si è in due a guardare il mondo, volere lo stesso futuro... insieme.
SCHEDA DEL LIBRO
Anna Boccadamo
Niente di personale
Collana Poetae – Damster Edizioni
Pag 70 - € 10
Il Comune di Parma aderisce a “Il Maggio dei Libri 2019”. Dal 5 al 30 maggio un ricco calendario di appuntamenti per bambini e adulti tra letture, laboratori, presentazione di libri, mostre e atelier.
Parma -
Il Comune di Parma aderisce anche quest’anno a “Il Maggio del Libri 2019” con un ricco calendario di appuntamenti promossi dall’assessorato alla Cultura e dalle Biblioteche comunali, rivolti a bambini e famiglie, ma anche agli adulti.
Le iniziative in programma nelle Biblioteche Comunali della città spazieranno da laboratori creativi, dedicati al disegno e alla pittura, a presentazioni di libri, a cui si aggiungeranno letture, atelier e mostre.
Ad arricchire il calendario saranno anche gli incontri tematici, a cura della Biblioteca Pavese, organizzati nella Scuola primaria Palli di Fognano, a conclusione del progetto annuale “Crescere leggendo 2018/19” che ha visto coinvolti i bambini di questa scuola, insieme ai loro genitori, in incontri in cui si è promosso il valore della lettura ad alta voce e della narrazione in famiglia, a partire dall’esperienza del personale bibliotecario e dal ricco patrimonio librario della biblioteca stessa.
Inoltre, nella giornata di sabato 25 maggio, a conclusione del progetto di promozione della lettura “Viaggiare con gli occhi della poesia”, si terrà al Parco Ducale, attorno alla serra e alla Biblioteca Alice, una grande festa con letture poetiche in italiano, e in lingua, laboratori di manipolazione, scrittura poetica e disegno, oltre ad un workshop di illustrazione botanica a cura di un’ospite speciale: l’illustratrice Gioia Marchegiani.
Il claim del Maggio dei Libri 2019 è “Se voglio divertirmi leggo”, illustrato da Mariachiara Di Giorgio attraverso un’allegra banda di personaggi immaginari, usciti dal mondo delle fiabe e della fantasia e pronti a ispirare gli organizzatori per le iniziative più originali. L’obiettivo? Liberare la creatività in nome della lettura e cimentarsi nell’organizzazione di iniziative che coinvolgano le persone più diverse, portando i libri nella quotidianità e il più possibile fuori dai loro contesti tradizionali.
Il “Maggio dei Libri” è un’iniziativa del Centro per il libro e la lettura (Ministero per i Beni e le Attività Culturali), in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, con il patrocinio della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e dell’ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani, e la media partnership di Rai Cultura e Rai Scuola.
Gli appuntamenti sono gratuiti e ad ingresso libero, salvo dove diversamente specificato.
Segue programma completo.
Programma iniziative “Maggio Dei Libri 2019”
Incontri per bambini e famiglie
Domenica 5 maggio
Biblioteca Pavese, ore 16
"Gli occhi sul giardino" laboratorio grafico-pittorico per bambini a cura di Monica Monachesi. Dai 6 ai 10 anni. Max 15 partecipanti. Info e prenotazioni 0521-493345
Biblioteca Alice, ore 10
“Acrobazie a cavallo della poesia” incontro per bambini e bambine dai 4 ai 7 anni e loro famiglie. A cura di Cantastorie a progetto. Dai 4 ai 7 anni. Max 20 bambini.
Info e prenotazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 0521-031751
Lunedì 6 maggio
Giovedì 9 maggio
Biblioteca Pavese, ore 10.30
"E' da tanto che ti aspetto", laboratorio creativo-espressivo rivolto alle mamme al 7° mese di gravidanza per la realizzazione di un libro tattile. Gli altri 4 incontri saranno concordati con le partecipanti.
Max 7 partecipanti. Info e prenotazioni: 0521-493345
Sabato 11 maggio
Biblioteca Alice, ore 16.30
“Gli occhi sulla città” a cura di Monica Monachesi. Laboratorio di disegno ideato per conoscere il patrimonio di bellezza che ci circonda e per condividerlo. Dai 7 anni. Max 20 partecipanti.
Info e prenotazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 0521-031751
Lunedì 13 maggio
Scuola primaria di Fognano, dalle 16.30
Sabato 18 maggio
Biblioteca Pavese, ore 16 "Pizza Story" filastrocca scritta da Giorgio Montanari e illustrata da Marianna Salerno. Segue laboratorio di disegno condotto dall'illustratrice.
Dai 6 anni. Info e prenotazioni: 0521-493345
Lunedì 20 maggio
Scuola primaria di Fognano, dalle 16.30
"Crescere leggendo 2018/19"dalla Biblioteca Pavese alla Scuola primaria N. Palli di Fognano, una ricca selezione di racconti fantasy per bambini e famiglie. Evento aperto alla cittadinanza del quartiere
Sabato 25 maggio
Dalle 10.30 alle 20 Giornata conclusiva del progetto Viaggiare con gli occhi della Poesia
Laboratori, letture, atelier, una mostra e tanti LIBRI.
Info Biblioteca di Alice: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 0521-031751
Domenica 26 maggio
Biblioteca Pavese, ore 16.30
“Alla scoperta della tavola periodica” laboratorio scientifico per bambini a cura dell'Associazione Googol. Dagli 8 ai 12 anni. Max 20 bambini. Info e prenotazioni: 0521-493345
Lunedì 27 maggio
Scuola primaria di Fognano, dalle 16.30
Incontri per adulti
Mercoledì 8 maggio
Biblioteche del San Paolo- Guanda e Internazionale Ilaria Alpi, ore 18
"Gli uomini renna della Mongolia; Tsaatan, i Signori della Taiga" di David Bellatalla (Töpffer Edizioni, 2019). Conversano con l’autore Beppe Mecconi e Mariangela Guandalini
Giovedì 16 maggio
Biblioteca Pavese, ore 18.30
Pagine di Scienza 2019
“Molecole del gusto, ovvero la chimica dei sapori” (Mup collana Percorsi, 2018). L’autore Gianni Galaverna dialoga con Francesca Messina e Daniela Gaggiero
Biblioteca Palatina, ore 17
Presentazione del volume di Mauro Guerrini, "De bibliothecariis. Persone, idee, linguaggi", Firenze University Press, 2017.
Introduce Grazia Maria De Rubeis. Intervengono Giorgio Montecchi e Alberto Salarelli
Conclusioni di Mauro Guerrini
Venerdì 17 maggio
Biblioteche del San Paolo - Guanda e Internazionale Ilaria Alpi, ore 18
Millennial Writers- Nuove generazioni letterarie
“Clarisse” di Sara Cocconi (Gedi Editoriale, 2018)
Dialoga con le giovani scrittrici Chiara Manchi docente di Lingua e Letteratura Italiana-Liceo Scientifico “G. Ulivi” di Parma
Venerdì 24 maggio
Biblioteca Pavese, ore 18.30
Pagine di scienza 2019
“Il formicaio intelligente” (Zanichelli collana Chiavi di Lettura, 2018)
L'autore Donato Grasso dialoga con Emanuela Colombi
Sabato 25 maggio
Biblioteche del San Paolo - Guanda e Internazionale Ilaria Alpi, ore 16
"La Rivoluzione delle Api, come salvare l'alimentazione e l'agricoltura nel mondo" di Monica Pelliccia e Adelina Zarlenga (Nutrimenti, 2018)
Conversa con le autrici Antonella Ferrari, referente Slow Food Parma nell’ambito del Festival Sviluppo Sostenibile ASVIS
Mercoledì 29 maggio
Biblioteche del San Paolo - Guanda e Internazionale Ilaria Alpi, ore 18
“Per una Botanica della Poesia” da una idea di Sebastiano Adernò presentazioni e letture poetiche di autori provenienti da diverse città italiane, a cura di Luca Ariano
Giovedì 30 maggio
Biblioteca Pavese, ore 18.30
Pagine di scienza 2019
“L’eredità di Mendel” (Hoepli collana i Microscopi, 2018)
L'autore Alfonso Lucifredi dialoga con Emanuela Colombi
Tutti gli incontri sono a ingresso libero fino ad esaurimento posti salvo dove diversamente indicato.
Giovedì 28 marzo (ore 18) Vittorio Emanuele Parsi presenta il suo ultimo libro alla Feltrinelli di via Farini.
La politica internazionale sta vivendo una fase di transizione, dovuta principalmente alla deriva neoliberale che il mondo ha vissuto a partire dagli Ottanta del secolo scorso. Questa è la tesi sostenuta da Vittorio Emanuele Parsi nel suo ultimo libro Titanic. Il naufragio dell'ordine liberale (Il Mulino), che verrà presentato giovedì prossimo 28 marzo alle ore 18 presso la libreria laFeltrinelli di via Farini a Parma. Analogamente al Titanic, secondo Parsi, il mondo è stato portato su una rotta diversa e più pericolosa da quella intrapresa nel secondo dopoguerra, che era segnata dall'incontro e reciproco bilanciamento di democrazia e mercato. Davanti ai nostri occhi, oggi, si erge minaccioso un iceberg, le cui quattro facce si chiamano: declino della leadership americana ed emergere delle potenze autoritarie di Russia e Cina (sul cui sfondo si stagliano la crisi nordcoreana e quella mediorientale); polverizzazione della minaccia legata al terrorismo; deriva revisionista della presidenza Trump; affaticamento delle democrazie strette tra populismo e tecnocrazia. Nonostante le sue difficoltà, solo l'Europa può ancora contribuire a ristabilire la rotta originaria, ma a condizione di vincere la battaglia più difficile, quella interna: per riequilibrare la dimensione della crescita e quella della solidarietà.
Discuteranno con l'autore Pino Agnetti (Giornalista e scrittore) e Alessandro Duce (Professore di Storia delle Relazioni Internazionali all'Università di Parma). Introdurrà l'incontro Emanuele Castelli (Professore di Politica internazionale all'Università di Parma).
Vittorio Emanuele Parsi è Professore Ordinario di Relazioni internazionali all'Università Cattolica di Milano e, dal 2002, professore nella Facoltà di Economia dell'Università della Svizzera Italiana. È direttore dell'Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI), editorialista de «Il Sole 24 Ore» «Avvenire» e «Panorama» e opinionista per La7 sui temi di Politica internazionale. Capitano di fregata della riserva della Marina Militare, gioca come trequartista centro negli Old del Rugby Monza.
(Vittorio Emanuele Parsi)
Lo scrittore pugliese Martino Sgobba porta a Modena la sua “Stanza dei racconti”. Sabato 16 marzo, alle ore 17.30, presso la libreria Ubik di via dei Tintori 22 la presentazione dell’ultima fatica dello scrittore. L’evento a ingresso libero, è organizzato dall’Associazione “I Semi Neri”. Conduce la giornalista Manuela Fiorini. Abbiamo incontrato l’autore.
MODENA -
Luca, sul limitare della sua età più matura, sceglie di chiudersi in una stanza d'albergo a Belluno. Quella stessa città, fredda e tagliente, lo aveva accolto molto tempo prima, quando, insegnante alle prime armi, vi si era trasferito dal Sud. Nella solitudine della stanza 125, l'uomo intraprende una coraggiosa indagine retrospettiva sul proprio vissuto. Agli appuntamenti con la sua memoria si presentano tanti personaggi: i colleghi, gli incontri casuali, gli amici, gli amori, catturati in episodi quotidiani o straordinari, adesso lontani e perduti, ma narrati con una squillante vividezza capace di renderli presenza ancora attuale.
È questa la trama del “La stanza dei racconti”, l’ultimo romanzo dello scrittore pugliese Martino Sgobba, che sabato 16 marzo, alla 17.30, sarà alla libreria Ubik di via dei Tintori 22, per presentare la sua ultima fatica letteraria. Abbiamo incontrato l’autore.
“La stanza dei racconti” è un romanzo che si legge a più livelli. Le esperienze di Luca, i suoi ricordi, potrebbero essere quelli di qualcuno di noi. Quanto c’è invece dell’autore in Luca, e quanto invece non c’è?
“Il libro è diviso in tre parti. La prima è la parte costruita sulla memoria e in questa l’autore è molto presente. Per dichiarazione esplicita, Luca è l’autore da giovane; è evidente pertanto che l’autore racconti se stesso. Ricordare però è un rivelare nel senso di svelare, ma anche nel senso etimologico di velare nuovamente. Inoltre, nella memoria ci si espone, ma è facile anche che si finga un’esistenza che non si è avuta”.
“La stanza dei racconti” è la numero 125 dell’hotel dove Luca si ritira per scrivere. Ma la stanza è anche un luogo della memoria. C’è un capitolo, tuttavia, in cui essa assume una personalità propria e sembra sentirsi sollevata dal fatto che il suo ospite se ne vada. I ricordi fanno male?
“I ricordi possono far male, donare gioia e riconciliazione; possono cogliere il passato ormai come indifferente. Nella stanza 125 si realizzano tutte le possibilità del ricordo. La stanza assume personalità propria perché è tipico della mia tecnica letteraria dare voce agli oggetti, ai luoghi: in tal modo i personaggi vengono narrati da una prospettiva che può situarli in una luce diversa e più chiara”
Attraverso il “ricordare”, Luca accetta di invecchiare e si riappropria del proprio presente. Nella seconda parte, il protagonista va a coabitare con persone “fragili”. Accettare di invecchiare significa anche accettare la decadenza del corpo e della mente?
“Luca dichiara che, mediante il ricordo del passato, vuole diventare vecchio, cioè vuole finalmente prenderne distanza e in tal modo si ritrova in un presente non più zavorrato dalla memoria: può raccogliere le forze, accettarne i limiti, e iniziare una nuova vita. Vale per tutti: il tempo non può essere negato, ma può offrire nuove opportunità”.
La narrazione passa dalla terza alla prima persona nella prima parte, per poi passare alla prima persona nella seconda parte, e alla terza nell’ultima parte. Come mai questa scelta?
“Il libro ha anche una struttura metaletteraria. L’autore gioca con la scrittura e in questo gioco coinvolge anche il lettore. Il cambio di persona è il tentativo di gestire al meglio la problematica identificazione dell’autore con il personaggio”.
La figura di Valeria, che potenzialmente potrebbe essere la figlia di Luca, ma non lo è, fa da contraltare al protagonista. Luca e Valeria sono due personaggi speculari, ma assai differenti, come mai questa scelta narrativa?
“Valeria è un personaggio che si è imposto nella scrittura del romanzo; ha conquistato sempre più rilevanza e infine si è impadronito della narrazione. Naturalmente, anche Valeria ha dovuto accettare la condizione fondamentale posta dall’autore: il nuovo presente può nascere solo dalle ferite del passato”.
Nella terza parte: Luca ha fatto il suo percorso e ha accettato di invecchiare, ma questo per lui non vuol dire rassegnarsi, sentirsi inutile…il suo nuovo compito è prendersi cura di Valeria. Qual è il messaggio che hai voluto lasciare ai lettori?
“La scrittura del romanzo non ha mai voluto lanciare o proporre messaggi. In realtà, il finale sostanzialmente positivo è stato una sorpresa anche per me, perché ero partito immaginando un esito alquanto drammatico. Il lettore darà la sua interpretazione in piena libertà e coglierà significati eventualmente ignoti anche a me”.
L’evento a ingresso libero è organizzato dall’Associazione “I Semi Neri”. Conduce la giornalista Manuela Fiorini.
L’AUTORE
Martino Sgobba, nato a Monopoli (Bari), classe 1957, ha insegnato Filosofia e Storia nei licei, ora è dirigente scolastico del Polo Liceale di Putignano (BA). Oltre alla Stanza dei Racconti ha al suo attivo un altro romanzo Un liceo da suicidio (Robin Edizioni, Roma 2013) e due raccolte di racconti: Le Parole Restano (Lucca, Giovane Holden Ed. 2010), Il mare è soltanto acqua (Lucca, Giovane Holden Edizioni 2011). Nel 2013 ha vinto Primo premio al concorso Letterario San Domenichino per narrativa edita e nel 2011 il Concorso Letterario Nazionale Premio Vigonza per racconti brevi inediti.
SCHEDA DEL LIBRO
Martino Sgobba
La stanza dei racconti
Giovane Holden Edizioni
280 pag. 15 euro
Il cane "gioca in squadra", il gatto è un solista e vede il mondo in verticale. In ogni caso, la convivenza con un animale cambia la vita. Ecco perché conoscerli meglio vuol dire rispettare la loro natura, ma anche arricchire la propria esistenza con uno scambio reciproco.
Di Manuela Fiorini
"Sono come cane e gatto", si dice di due persone che proprio non riescono ad andare d'accordo. E, in parte è vero, perché il cane e il gatto hanno "stili" di vita completamente diversi, spesso speculari, sotto certi aspetti, agli antipodi. Oltre alle differenze insite nella specie, poi, a influenzare il carattere del singolo soggetto c'è anche l'esperienza, il vissuto, il carattere. E anche noi, da esseri umani, spesso commettiamo degli errori nei loro confronti, riversando su di loro i nostri bisogni affettivi, oppure aspettative che vengono prontamente disattese. Ecco perché conoscere la natura dei nostri amici a quattro zampe e rispettarla significa arricchire l'esperienza di vita in comune con uno scambio reciproco.
Nel suo ultimo libro Cane & Gatto. Due stili a confronto, Roberto Marchesini, etologo, antropologo e filosofo bolognese, analizza la natura del cane e del gatto e offre preziosi consigli per una convivenza arricchente. Lo abbiamo incontrato.
Alcune persone amano i gatti per la loro "discrezione", altri i cani per la loro vivacità, empatia, invadenza e forza di relazione. Davvero ci rispecchiamo nell'animale che scegliamo come compagno di vita?
"Non sempre. Talvolta la scelta è riconducibile alle nostre esperienze d'infanzia, sia nel caso abbiamo convissuto con un gatto piuttosto che con un cane sia perché lo abbiamo tanto desiderato. Detto questo, è evidente che il tipo di relazione che ispira un gatto, molto più basata sul piacere estetico e talvolta comico, più conviviale e incentrata sulla dimensione domestica, è assai differente dal coinvolgimento affettivo e collaborativo nonché dall'apertura al mondo esterno, alla dimensione pubblica che, viceversa, caratterizza il cane".
Il cane spinge alla relazione, il gatto alla riflessione. Quali sono le cose fondamentali che dobbiamo conoscere di loro, prima di decidere se siamo più adatti a un cane o a un gatto?
"Personalmente amo la compagnia sia del gatto che del cane, ma riconosco che vi è una profonda diversità tra loro e di conseguenza le relazioni non sono minimamente sovrapponibili. Non dico che bisogna scegliere necessariamente tra le due, in fondo nella vita di tutti i giorni abbiamo relazioni molto diverse. Si pensi solo all'amicizia rispetto all'amore. Del resto è fondamentale saper sempre quello che ci si può aspettare da una relazione, ma anche cosa essa richieda. Il gatto è un ottimo compagno che condivide in modo conviviale la nostra intimità arricchendola di aspetti che le conferiscono calore e fantasia, ma chiede a noi discrezione e sicurezza. Il cane è un grande compagno di attività, capace di seguirci in ogni avventura e di plasmarsi sul nostro stile, ma chiede complicità e autorevolezza".
La nostra casa diventerà anche la loro casa. Il cane o il gatto che accoglieremo non sarà solo un accessorio, ma un ospite, anzi, un coinquilino. Come preparare la nostra casa al meglio per accogliere un cane o un gatto?
"La casa è la dimensione di vita del gatto e in questo senso spesso più che un coinquilino sembra diventare lui il padrone e noi degli ospiti tollerati. Ma, a parte gli scherzi, per il gatto la casa è una sorta di utero, un'espansione del sé. La casa pertanto deve rappresentarlo e per questo il gatto ne marca i limiti e i passaggi sfregandovisi contro. Il gatto è molto geloso della sua dimora, che gli assicura la sicurezza, per cui non ama gli intrusi. D'altro canto il gatto vive la casa in verticale a differenza del cane e dell'uomo, per cui talvolta potrebbe essere utile un arredamento che prevede passerelle e punti per arrampicarsi e spesso queste soluzioni danno un tocco in più alla nostra casa. Per il cane la casa siamo noi. Non voglio dire che non ci tenga, ma lui ha un carattere più nomade e la sua dimensione di vita è il gruppo".
Quante volte ci sentiamo dire da chi da tempo convive con un animale domestico: "Ti cambierà la vita!". Come cambierà con un cane o con un gatto?
"Non saprei dire perché stiamo parlando di relazione, vale a dire di esperienze che si declinano in modo singolare a seconda del vissuto della persona. Di certo una relazione con un cane ci sollecita a uscire dal nostro mondo e aprirci alle occasioni esterne. Non si può vivere con il cane è rimanere chiusi in se stessi perché il cane ti sfoglia come se tu fossi un giornale e ti rende visibile agli altri. Il cane è un vero e proprio collante sociale per cui di colpo la tua vita diventerà in un certo modo più pubblica e più partecipativa. La vita con il gatto è una sorpresa continua, la scusa ma direi più la sollecitazione a prendersi degli spazi e dei momenti per se'. Il gatto è il grande compagno degli scrittori e degli artisti in genere ed è facile capire perché".
Nel libro mette in guardia contro il rischio di eccessiva antropomorfizzazione del cane o del gatto. È vero che oggi vediamo sempre più spesso cani e gatti trattati come peluches, o come figli, con accessori costosi e montagne di giocattoli. Qual è il confine da rispettare affinché l'amore nei loro confronti non sfoci nel "troppo" e rischi di snaturarli?
"Non si tratta di troppo amore verso di loro perché, quando non si rispetta la natura di qualcuno, più che amare l'altro stiamo amando noi stessi attraverso l'altro. Le persone che umanizzano non si accorgono di perdere una grande opportunità, vale a dire di costruire una relazione che ci può insegnare qualcosa proprio perché diamo facoltà di espressione all'altro e perché noi stessi ci poniamo in ascolto. Detto questo è però utile capire che esistono immedesimazioni sbagliate come quando pensiamo di avere la stessa comunicazione, percezione e interessi verso il mondo, e poi ci sono somiglianze che non si possono negare perché siamo tutti e tre mammiferi, e come tali proviamo emozioni, abbiamo legami affettivi, siamo curiosi e impariamo dalle esperienze, ci piace giocare".
"Sono come cane e gatto", si dice di due persone che non vanno per nulla d'accordo. Sfatiamo questo mito? Cane e gatto possono convivere?
"Se cresciuti fin da piccoli insieme, cani e gatti vanno perfettamente d'accordo perché imparano l'uno dall'altro, altrimenti fanno un po' di fatica e talvolta proprio non ce la fanno perché sono molto differenti. Hanno gesti che vogliono dire cose opposte nei due linguaggi per cui il fraintendimento, se non c'è stata la frequentazione precoce che porta a una sorta di bilinguismo, è sempre in agguato. Ma non si tratta solo di linguaggio, hanno proprio caratteri differenti. Il gatto è silenzioso, discreto, ama i suoi spazi, al contrario del cane che è rumoroso, eccessivo, sempre pronto a saltarti addosso con irruenza. Detto questo esistono tantissime situazioni di convivenza e molto spesso cane e gatto diventano gemellini siamesi, sempre attaccati l'uno all'altro".
Cani e gatti sempre più spesso sono costretti a condividere con l'uomo spazi urbani, che cosa possiamo fare per soddisfare la loro natura? (Giochi, passeggiate, mettere loro a disposizione spazi dedicati ecc...)
"Credo sia indispensabile conoscere bene la loro etologia, farsi aiutare da un esperto e soprattutto chiedersi prima di adottarli se saremo in grado di dar loro ciò che si aspettano. Non possiamo adottare un gatto e lasciare fuori dalla porta la felinità e così è per il cane. Non si tratta di giocattoli ma di modi di relazionarsi con loro, qui il più delle volte si sbaglia confondendoli con dei bambini cui si debbano acquistare oggetti per renderli felici. Ma la loro felicità non sta negli oggetti bensì nel modo in cui ci rapportiamo con loro".
L'autore
Roberto Marchesini (Bologna 1959) è filosofo, etologo e zooantropologo. È Direttore del Centro Studi Filosofia Postumanista e di Siua, Istituto di Formazione Zooantropologica. Insegna in diversi atenei italiani e ha all'attivo oltre un centinaio di pubblicazioni del campo della bioetica, della filosofia postumanista e dell'etologia filosofica.Tra queste: Intelligenze plurime (2008), Modelli cognitivi e comportamento animale (2011), Etologia filosofica. Alla ricerca della soggettività animale (2016). Scrive per diverse testate nazionali e tiene conferenze in tutto il mondo sul rapporto uomo-animale.
SCHEDA DEL LIBRO
Roberto Marchesini
Cane & Gatto. Due stili a confronto
Edizioni Apeiron
Pag 184 - € 15
La scrittrice, traduttrice e filosofa sarà alla libreria Mondadori di Piazza Ghiaia giovedì 19 aprile, alle 18.30 per parlare della sua opera, in cui tratta del sentimento della nostalgia per il paese che considera "casa", ma in cui sceglie di non tornare.
Di Manuela Fiorini
PARMA – Lisa Ginzburg è nata a Firenze, ma da tanti anni vive e lavora a Parigi. Proprio questa lontananza dal suo paese natale, l'Italia, non capitata, ma scelta e l'altrettanto volontà di non tornare è alla base dei sentimenti di nostalgia, lontananza, struggimento, spaesamento che la scrittrice, traduttrice e filosofa porta tra le pagine del suo ultimo libro Buongiorno mezzanotte, torno a casa (Edizioni Italo Svevo), che presenterà giovedì 19 aprile, alle 18.30, presso la libreria Mondadori di piazza della Ghiaia, a Parma.
L'abbiamo incontrata
Due luoghi, quello considerato "casa" e quello scelto per vivere. E, a fare da ponte tra i due, la scrittura. Qual è il suo ruolo e perché Lisa Ginzburg "preferisce" scrivere che "tornare"?
"Scrivere non è alternativo o opposto a tornare (scriverò ovunque sarò tornata o ovunque viaggerò e mi sposterò ancora). Il punto è un altro, è che scrivere è casa e fare casa, per me. La scrittura non direi che faccia da ponte, quanto piuttosto è la lente che mi permette di osservare e capire dove sono posizionata, io, la mia nostalgia, o il mio bisogno intimo di sentirmi ancora per un po' straniera"
Voler ritornare, ma senza riuscirci è il dilemma di "Buongiorno Mezzanotte, torno a casa", dove nell'ossimoro del titolo è già insita questa difficoltà. Ma che cos'è e dov'è "casa" per Lisa Ginzburg? L'Italia di oggi o un luogo del cuore e dell'anima, del ricordo, che si teme di non trovare più?
"Il titolo non è mio, bensì tratto da un verso di Emily Dickinson. Dice l'amore e la necessità interiore di tornare, ma anche tutta la conflittualità di quando ci si sente distante da ogni luogo, quello lasciato e quello dove si anelerebbe a stare di nuovo. Dice un transito lungo e per certi versi insolubile, ma anche la feconda ricchezza che può annidarsi in una condizione del genere. Casa per me ora è dove questa contraddizione si fa non tormentosa, ma feconda. Dove mi sento nel presente. e l'Italia quando la nostalgia mi lascia in pace, ancora mi ci fa sentire, nonostante mi renda conto di avere «saltato» dei passaggi del suo cambiare in questi anni ultimi".
Anna Maria Ortese, Nikolaj Gogol', James Joyce o Jean Rhys, lontani dalla propria terra, si sono confrontati con la scrittura. Quali sono i sentimenti comuni o affini ai propri che Lisa Ginzburg ha ritrovato nelle opere di questi autori?
"Un elemento di litigiosità interiore nel caso di Joyce e Ortese (il primo a Roma per un anno, visitando e ammirando le rovine archeologiche ma maledicendo quello stesso culto del passato e i suoi effetti paralizzanti, la seconda abitando in successione in molte diverse città italiane, da nessuna sentendosi accolta davvero). Di Gogol invece mi appassiona lo scrivere dei propri paesaggi «visualizzandoli» mentre vive lontano. La straordinaria capacità di sovvertire la nostalgia in creatività letteraria".
"Il mio paese mi piace di più; molto di più. La luce è calda, familiare – e galvanizzante, che regala maggiore intensità a tutto. La vita culturale mi sembra più movimentata, interessante, mentre in nessun modo riesco ad appassionarmi a quella del paese straniero in cui abito". Non è questa "idealizzazione" del paese considerato "casa" a renderlo tanto affascinante, al confronto del quale quello "straniero" in cui si vive attualmente esce perdente? Senza la lontananza e i sentimenti che essa suscita, nel confronto con la realtà quotidiana, non si rischia di perdere questa "poesia"? È per questo che non si riesce a tornare?
"Non direi, o almeno non per me. Trovavo il paesaggio italiano meraviglioso anche quando ci abitavo tutti i giorni, ma certo adesso che lo rivedo di tanto in tanto la sua bellezza, in contrasto con altri scenari della natura, colpisce i miei occhi di più".
Senza questa "dicotomia" tra "casa" e "paese straniero in cui abito" ci sarebbe stato questo libro?
"Certamente no. Non ci sarebbe stato. È un libro piccolo ma denso che affronta un dilemma interiore sottile che nella stanzialità non si sarebbe proposto. Ma una riflessione sullo sradicamento e le sue possibilità positive direi che mi sollecita da sempre, da quando ero ragazza e viaggiavo molto e fantasticavo di abitare in tutti i luoghi nei quali viaggiavo.
Come si colloca "Buongiorno mezzanotte, torno a casa" nel percorso letterario di Lisa Ginzburg?
"Tornerò a scrivere storie di immaginazione, racconti e romanzi, perché quello amo e sento di voler fare. Ma questo libro è Stato un intermezzo "teorico" importante per me, e anche, nel genere di prosa scelto, un omaggio ai miei passati anni di studi della filosofia. Sviscerare la letteratura e la propria scrittura attraverso la lente della logica (o non logica) dei pensieri. Si è trattato di un piccolo segmento, ma che ricorderò come illuminante per il mio lavoro".
Dialogherà con l'autrice la giornalista Chiara Cacciani, mentre la lettura di alcuni passi del libro è affidata alle voci di Paola Ferrari e Giuseppe Boles. Una curiosità: il volume è stampato su carta di Fabriano, con le pagine ancora intonse, da scoprire una ad una.
Lisa Ginzburg, scrittrice, traduttrice e filosofa è figlia dello storico, saggista e accademico Carlo Ginzburg e della storica e accademica Anna Rossi-Doria. Nipote di Natalia Ginzburg, respira fin da piccola l'humus ideale per trasporre su carta anche i sentimenti più reconditi e profondi, tormentati e mai semplici e univoci. Tra i suoi libri: Colpi d'ala (Feltrinelli, 2006), Malìa Bahia (Laterza, 2007), Per amore (Marsilio, 2016), Spietati i mansueti (Gaffi, 2016).
INFO
Lisa Ginzburg
Buongiorno mezzanotte, torno a casa
Italo Svevo Editore, Roma 2018
Collana Piccola Biblioteca di Letteratura Inutile
Pag 71- € 12
Nel 17° libro che vede protagonista il commissario uscito nel 1999 dalla penna di Luigi Guicciardi un serial killer miete vittime illustri nel mondo del pallone. E, ancora una volta, a fare da sfondo è Modena, ma il volto "bene" della città della Ghirlandina ha anche un lato oscuro.
Di Manuela Fiorini
MODENA – Il corpo di Lorenzo Mistero, medico sociale della Modenese Calcio, squadra che milita in serie B, viene trovato nel Parco Ferrari di Modena. Sul cadavere ci sono evidenti segni di tortura. Chi poteva odiarlo tanto da ucciderlo in maniera così brutale? Per scoprirlo viene chiamato il commissario Giovanni Cataldo, che si troverà a indagare nel mondo del calcio modenese, tra luci e ombre. Le cose si complicano, tuttavia, quando viene ucciso anche il bomber brasiliano della squadra, idolo dei tifosi, ma, soprattutto, delle tifose e fidanzato con la figlia del ricco sponsor. È questa la trama di Nessun posto per nascondersi, 17° romanzo che vede protagonista l'investigatore nato dalla penna di Luigi Guicciardi, modenese, insegnante di liceo, critico letterario e con una passione per il giallo. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare come nasce questa nuova avventura, qualche curiosità sulla trama e anche qualche anticipazione per il futuro.
In questo nuovo romanzo il commissario Cataldo si trova a indagare su una serie di omicidi che coinvolgono il mondo del calcio modenese. Come mai hai scelto questo contesto? C'entra qualcosa il tuo essere tifoso o le recenti "disavventure" del Modena Calcio?
"Le recenti disavventure del Modena Calcio non hanno influito, dal momento che questo romanzo l'ho ideato e scritto molto prima che il Modena F.C. dichiarasse fallimento e di conseguenza venisse radiato dal calcio professionistico. E ciò risulta evidente anche dalla peculiarità della trama: nel mio giallo si parla della Modenese Calcio, che milita nel campionato nazionale di serie B, ha appena sfiorato i play off per la promozione in A, ha un ricco sponsor, fior di calciatori anche stranieri, e così via. Una società ben strutturata, insomma, con un organico importante, che una serie di delitti viene a insanguinare in modo tragico e inaspettato. C'entra molto, invece, il mio essere tifoso di calcio, che seguo da sempre con passione e che finora mi mancava come location per i miei gialli con Cataldo. Credo inoltre che avesse ragione Desmond Morris, che in un suo saggio di molti anni fa, La tribù del calcio, definì questo sport una vera e propria "visione del mondo", in quanto richiede ai suoi praticanti quelle stesse qualità o caratteristiche umane che sono fondamentali per la vita – quotidiana e sociale – di ognuno di noi".
Ancora una volta a fare da sfondo alle indagini è una Modena riconoscibilissima per chi ci è nato, ma anche per chi è stato solo "di passaggio" in città. Nelle intenzioni dell'autore, che Modena è quella di "Nessun posto per nascondersi"?
"È una Modena reale, contemporanea, ma al tempo stesso diversa da quella dei romanzi precedenti, quando il lettore era chiamato a viaggiare tra le comunità di recupero dei tossicodipendenti, i profughi di guerra, i rancori universitari, il vizio del gioco, l'usura, il mondo dorato dei gioielli e del collezionismo, e via via delle gallerie d'arte, dei licei e delle parrocchie. Qui c'è una Modena abbiente: per interrogare i calciatori o il presidente della squadra Cataldo va in viale Reiter, in viale Vittorio Veneto, in largo Aldo Moro, nei palazzi più belli. Però c'è anche la periferia, la Madonnina, la Crocetta, quartieri meno eleganti. Una pittura di Modena, del resto, che di romanzo in romanzo cambia, si evolve o si involve, così come cambia lo stesso commissario, che invecchia di anno in anno. Non va dimenticato che questo è il 17° giallo della serie che ho cominciato nel '99, e le varie "puntate" rappresentano anche lo sviluppo di questa città".
In questo tuo ultimo romanzo troviamo ancora Lea Ghedini, la giovane ispettrice che ha fatto da coprotagonista a Cataldo nel libro precedente "Una tranquilla disperazione". Se le avventure di Cataldo fossero una serie TV, potremmo dire che il personaggio di Lea diventerà un "regular"?
"Potrebbe, ma direi di no, che non è conveniente. Cataldo è più convincente come uomo solo, sempre più malinconico e riflessivo, che tiene a bada i ricordi familiari e i rimpianti sentimentali col lavoro, in cui ha raggiunto il culmine della maturità professionale, soprattutto per l'esperienza sviluppata e la conoscenza ormai completa che ha di Modena e dei modenesi. La sua infatuazione per Lea Ghedini, difficile e tardiva, è di quelle che difficilmente hanno un futuro".
Calciatori, procuratori, allenatori, sponsor, ricchi industriali...si potrebbe dire che "il riferimento a fatti, personaggi realmente accaduti non è puramente casuale?
"Infatti. Di là da quella foglia di fico che è la dichiarazione preliminare – cautelativa e di prammatica – che si tratta di un "romanzo di finzione", si sa che si parte spesso da persone reali e conosciute, che poi s'incarica di modificare (poco o tanto) quel fenomeno psicologico particolare che è la fantasia di ogni scrittore".
Una curiosità sui cognomi dei tuoi personaggi. Alcuni sono prettamente modenesi, come Pellacani, Aggazzotti, Tarabini, Parmigiani, altri sembrano riflettere le caratteristiche del personaggio, come Mistero, Pivello...un caso oppure no?
"Il battesimo onomastico di un personaggio è sempre un'operazione calcolata. E nel caso di questo romanzo, molti cognomi – come Mistero, Pivello, Riso, Parmigiani e altri ancora – per associazione d'idee, sinonimia, assonanza o altro alludono a quelli reali dell'organigramma del Modena F.C. negli anni tra il 2012 e il 2014. Ovviamente lascio al lettore modenese, che abbia memoria e sia anche tifoso, la possibilità di identificarli, se avrà voglia di farlo".
Come nei precedenti romanzi che vedono protagonista il commissario Cataldo, anche in "Nessun posto per nascondersi" la trama è molto complessa, i personaggi sono delineati nella loro personalità e psicologia, ci sono elementi di indagine, di anatomopatologia forense, di medicina...Come nasce un'avventura del Commissario Cataldo? Come ti documenti per descrivere le parti più complesse?
"Tutto nasce da uno spunto imprevedibile, offerto di volta in volta da una notizia di cronaca, dalla sequenza di un vecchio film, dal ricordo di una pagina letta, da una vecchia memoria di famiglia... Poi, una volta presa forma la trama, giro per Modena per trovare le location più plausibili alla storia: per esempio, per la Modena-bene, viale Moreali o Montale; per la Modena popolare o imbarbarita, certe periferie come la Madonnina o la Sacca... Per i dati tecnici di medicina legale, di balistica o altro, ricorro invece alla consultazione di manuali specialistici o alla benevolenza di qualche conoscente, che di mestiere fa l'armiere o il medico di base (e che regolarmente ringrazio in nota)".
Recentemente, hai partecipato con tuoi racconti ad alcune antologie, tra le ultime "L'anno di fuoco – Modena nel Sessantotto" e "Giallomodena". Che cosa "bolle in pentola" per il futuro? Avremo altre avventure di Cataldo oppure hai intenzione di esplorare altri contesti?
"Il prossimo romanzo vedrà ancora Cataldo indagare nella Modena-bene. In particolare, si parlerà di chirurgia estetica e ci sarà anche uno spazio concesso per la prima volta a Sestola, la "perla dell'Appennino". E le vittime, ahimè, saranno tutte donne: sarà un giallo sul tema tristemente attuale del femminicidio".
SCHEDA DEL LIBRO
Luigi Guicciardi
Nessun posto per nascondersi
Fratelli Frilli Editori – collana I Tascabili
Pag 300 - € 12,90
In "Tre volte più grandi" Samantha Gamberini e Renata Borgato suggeriscono come migliorare le proprie tecniche e aumentare le possibilità di ottenere quello che ci si merita o si desidera. Nel lavoro e nella vita.
Di Manuela Fiorini - Un aumento di stipendio, una promozione, una modifica al contratto di lavoro, ma anche una causa legale, un aiuto in casa, un po' più di collaborazione da parte del partner o dei figli. Quante volte le donne si trovano nelle condizioni di dover negoziare? Sicuramente più spesso degli uomini. Peccato, però, che molte volte rinunciano in partenza a intavolare le proprie ragioni, a suggerire i propri bisogni, a esplicitare i propri meriti. Rinunciando, in definitiva, a raggiungere i propri obiettivi o intraprendendo strade più lunghe e tortuose. In una parola, la negoziazione non è donna.
Se vi siete riconosciute in questa descrizione, Tre volte più grandi (Franco Angeli Editore, € 19) è il libro che fa per voi. Scritto da Samantha Gamberini, che da 15 anni si occupa di formazione manageriale per aziende nazionali e internazionali ed esperta di negoziazione e di strategie relazionali, e da Renata Borgato, esperta in formazione e consulenza manageriale, si presenta come un manuale ad uso delle donne, ma non solo, con esempi pratici, analisi delle situazioni e suggerimenti per aumentare le possibilità di raggiungere i propri obiettivi e ottenere "quello che si ritiene di meritare".
Abbiamo incontrato una delle autrici, Samantha Gamberini, bolognese, per parlare del libro e per farci anche dare qualche suggerimento per negoziare in maniera efficace.
Partiamo dal titolo: perché "Tre volte più grandi"?
"Il titolo nasce da una citazione di Virginia Woolf. Lei fa dire a un suo personaggio di sesso maschile che le donne, anche quelle più intelligenti ed istruite, vedono gli uomini, come si dice che i cavalli vedono le persone: tre volte più grandi. Per questa ragione, continua il personaggio, non otterranno mai nulla anche quando avranno il voto. Tre volte più grandi è contemporaneamente la presa di coscienza di un problema e allo stesso tempo un augurio...quello di potersi sentire a ragione tre volte più grandi, rispetto a come ci sentiamo oggi".
Il libro si propone come un "manuale di negoziazione": perché negoziare è diverso per uomini e donne?
"Si è molto diverso per uomini e donne e per ragioni che non sono sullo stesso piano. Partiamo da un dato di fatto: se uomini e donne fanno la stessa identica cosa, il giudizio sul loro operato è diverso. La ragione è molto semplice: da donne e uomini ci aspettiamo comportamenti differenti. Quindi se una donna comunica in modo assertivo, viene spesso giudicata aggressiva. Il film il Diavolo veste Prada identifica bene questo meccanismo. Attenzione, questo giudizio non viene espresso solo da uomini, ma è perfettamente interiorizzato anche dalle donne, anche quando penalizza le stesse donne. Ovviamente questo vale anche per gli uomini...che se si dimostrano sensibili "rischiano" di essere identificati come "femminucce". Nella nostra cultura lo stereotipo del perfetto negoziatore prevede attitudini che noi consideriamo maschili...anche se è una visione miope e riguarda solo una tipologia di negoziazione. Un altro elemento riguarda la competenza. Nella nostra cultura agli uomini viene erogato una sorta di bonus. Io spesso per spiegare questo elemento cito il fatto che ho impiegato moltissimi anni della mia vita per capire che quando mi relazionavo con un uomo doveva dimostrarmi di non essere all'altezza, mentre se mi relazionavo con una donna doveva dimostrarmi di essere all'altezza. Sembra la stessa cosa, ma nei fatti cambia moltissimo".
Perché le donne negoziano meno degli uomini?
"Le donne usano la negoziazione quando è esplicitato il fatto di doverlo fare. Questo ha delle ricadute dirette. In fase di assunzione ad esempio le donne che negoziano il salario di ingresso sono molte meno rispetto agli uomini. Questo comportamento permane anche durante il lavoro. Molte donne lavorano a testa bassa nell'attesa che vengano riconosciuti i loro meriti e molto raramente questo accade. Come risposta cosa fanno? Lavorano ancora di più! Conseguenza...niente promozione, ma una bella gastrite!"
Perché le donne spesso rinunciano in partenza a negoziare?
"Personalmente mi sono fatta un'idea: in primis la trappola dell'ovvio o del "dovresti saperlo". Pochi giorni fa in un post su Facebook una donna australiana madre di quattro bambini, si lamentava dello scarso interesse del marito nella cura della casa. Lei era esausta e lui stava davanti alla tv. Alcuni amici le hanno suggerito di richiedere esplicitamente al marito un aiuto e di fare deleghe precise. Lei lo ha fatto e lui ha eseguito tutti i compiti. Poi finita la lista, è tornato di nuovo davanti alla tv. Lei ovviamente si è fortemente alterata... "ma come fa a non vedere quello che si deve fare e a non accorgersi della mia fatica! Non ha 5 anni!". In realtà tutti abbiamo 5 anni quando dobbiamo accorgerci dei bisogni degli altri e se stiamo bene non andiamo a crearci situazioni scomode. Sul lavoro di cura siamo ancora nel Medioevo e siamo noi le prime a sentirci in colpa quando non riusciamo a fare tutto".
Quali sono, in sintesi, i cardini della negoziazione?
"Nel libro si fornisce una metodologia precisa che mette al centro la preparazione. È una metodologia che può consentire ottimi risultati anche con poco tempo a disposizione. Parte da un'idea di fondo che è quella che l'altra parte potrebbe dirci di no. Di fronte a questo no noi iniziamo a negoziare sapendo: quello che vogliamo e perché, chi può darcelo, quanto siamo forti e quali alternative possiamo avere. Inoltre vengono messi in evidenza aspetti legati alla percezione della propria forza e alle trappole nelle quali possiamo incappare durante una negoziazione".
A chi consigli questo libro?
"In primis, ovviamente, alle donne. Senza distinzione. Il libro parla della vita privata e di quella professionale e quindi non è rivolto ad uno specifico target. In realtà la metodologia presentata può ovviamente essere utilizzata anche da uomini e ho scoperto con grande piacere che molti lo stanno leggendo e che ne hanno tratto spunti sia per le loro negoziazioni, sia nel comprendere meccanismi relazionali tra i generi. È comunque un manuale e ognuno può scegliere di prendere quello di cui ha bisogno"
Un libro che racconta il viaggio di Ilaria Bertinelli tra fornelli, cucine di chef rinomati e incontri con persone particolari: “Food Blogger in viaggio” raccoglie 40 ricette particolari da provare a casa, ma soprattutto per tutti perché senza glutine e con la conta dei carboidrati
Di Chiara Marando -
Lunedì 11 Dicembre 2017 -
Ci sono persone che riescono a trasmetterti energia, voglia di metterti in gioco, ma soprattutto il piacere di intraprendere esperienze nuove. Ecco, Ilaria per me - e non solo – è così. Mi è già capitato di scrivere del mio rapporto con lei, di come ci siamo conosciute e dell’avventura che abbiamo intrapreso insieme: un corso di cucina ci ha fatte incontrare, il suo libro “Uno Chef per Gaia” (oggi sono due) ha permesso che ci conoscessimo meglio e l’omonimo blog ha consolidato la nostra amicizia.
Lei è Ilaria Bertinelli, interprete di professione e titolare della società di traduzioni e interpretariato Interconsul di Parma, ma soprattutto mamma di Gaia. Da questa bimba, ora piccola donna, è nato tutto e a lei continua ad ispirarsi il lavoro e l’impegno portato avanti da una madre che desidera parlare della sua esperienza, di chi affronta ogni giorno il problema di celiachia e Diabete di tipo 1 che, all’età di 6 anni, sono stati diagnosticati a Gaia.
Ilaria si è fatta portavoce di una quotidianità vissuta nella loro normalità, del piacere della tavola attraverso ricette studiate e misurate nei carboidrati, poi riportate nei suoi libri/diario.
Ed oggi è arrivato il momento di un nuovo libro, il racconto di un viaggio durante il quale Ilaria ripercorre le persone che ha incontrato e che le hanno lasciato un segno importante. Esperienze in cucina e non solo, momenti da gustare e vivere: “Food Blogger in viaggio”.
La possibilità di pubblicare un libro era uno dei premi messi in palio dal Rice Food Blogger Contest “Chef Giuseppina Carboni” Indetto da Luca Puzzuoli di Risatte&Risotti. Quest’anno Ilaria ha vinto.
Quindi eccoci qui, pronti a leggere e provare le delizie descritte e illustrate tra le pagine di questo cammino, attraverso un viaggio pensato per dimostrare che seguire una dieta speciale – come può essere quella per celiaci e diabetici – non vuol dire punirsi, essere diversi o rinunciare al gusto. E non è un caso che le 40 ricette siano tutte senza glutine, la maggior parte delle quali naturalmente e senza modifiche particolari. Un progetto a cui hanno partecipato anche alcuni degli chef incontrati durante questo percorso, lasciando il loro contributo culinario con piatti da assaporare e riprovare a casa.
Perché la tavola è condivisione, esattamente come lo sono tutti gli incontri raccontati nel libro. Ciò che si desidera sottolineare è quanto spesso siamo noi ad imporci schemi mentali, barriere non reali: non ci accorgiamo che molti prodotti, piatti della tradizione o tipicità sono naturalmente senza glutine. Per abitudine ci dimentichiamo di apprezzare alimenti antichi che possono andare bene per tutti, come il riso divenuto protagonista della ricetta vincitrice del Contest e di molte proposte presenti nel volume. Per Ilaria è stato un modo di “combattere ad armi pari”, la possibilità di cucinare qualcosa che andasse bene anche per Gaia.
“Food Blogger in viaggio” è la realizzazione di un altro sogno, un pezzetto in più di consapevolezza, di quella spinta alla sensibilizzazione verso tematiche come celiachia e diabete attraverso un’ottica scevra da pregiudizi e distante dal mondo di tali patologie. A rendere possibile questo risultato non è stato solo il team di Risate e Risotti ma, ci tiene a sottolineare Ilaria “anche tutti quei piccoli produttori che hanno affiancato i più grandi sponsor mettendosi in gioco e credendo in questo progetto”.
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