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di Guido Zaccarelli Mirandola 22 giugno 2019 - Illusione e delusione hanno la stessa radice nel gioco, la dimensione ludica nella quale spesso l'uomo si ritrova nel corso della propria vita. Il prefisso "il" ci porta all'interno del gioco mentre il prefisso "del" invita ad uscire. Il gioco diventa il terreno fertile per aspettare qualcosa, che dipende dagli altri, ai quali le persone spesso fanno ricadere le proprie responsabilità, nel caso di mancata adesione alle loro aspettative. Una mancata vincita al gioco, una partita di calcio persa all'ultimo secondo, un esame che non ha prodotto gli esiti sperati.

Momenti nei quali ognuno di noi si è certamente imbattuto nel corso della propria vita, come nel caso di una persona che afferma di essersi messa in gioco partecipando ad una prova, e non superandola, è rimasta profondamente delusa dal risultato. A questo punto si chiede il perché e afferma che le persone avanzano a forza di conoscenze e spintoni.

Come si nota, non c'è nessun riferimento al motivo che ha portato al mancato successo. La delusione è un sentimento negativo che le persone provano e attribuiscono spesso ad altri, liberandosi dal peso della responsabilità sperando che questo consenta di vivere più serenamente la quotidianità, perché si liberano del senso di colpa. Non è facile attribuire a se stessi il peso della sconfitta. L'analisi del testo riferito al caso sopra riportato, pone in evidenza come la persona si sia messa in gioco, (illusione) partecipando ad una prova e non avendola superata (non era preparata, non specifica) è uscita sconfitta (delusione), attribuendo ad altri il mancato superamento dell'esame. Il gioco è regolato da principi e da regole ben precise e per praticarlo occorrono conoscenze, competenze e saperi i quali opportunamente combinati sono in grado di accompagnare l'uomo verso il risultato finale.

Mettersi in gioco significa" mettersi alla prova", e come tale, essere sottoposti ad un giudizio altrui che per natura è frutto di coincidenze che spesso sfuggono al controllo soggettivo e ad una analisi reale della situazione, perché il gioco, qualsiasi esso sia, è sempre immerso nell'alveo della competizione, sia che si affronti nella dimensione ludica che professionale: una gara tra amici al bar, una competizione agonistica o partecipare ad un esame dove il risultato finale prevede l'accesso al mondo del lavoro.

È l'uomo che sceglie, in base al contesto, il valore associato al risultato finale, mescolando tra loro stati situazionali soggettivi e oggettivi che sono frutto del momento e della circostanza e non osservati con occhio critico. In ogni caso l'illusione e la delusione, in misura diversa, intervengono sempre nella fase in cui viene espresso il verdetto finale condizionando gli stati emotigeni della persona e lo spettro dell'aspettativa.

La parola aspettativa, nella sua etimologia latina, è formata dal prefisso ex, che significa fuori, e spectare che porta l'uomo a guardare fuori dal tempo presente, nel quale sta vivendo la realtà che lo circonda, proiettando l'immagine di sé in un'altra dimensione temporale, un mondo possibile, la cui esistenza è vera solo in presenza della condizione se: «se è vero, allora»: è vero che se partecipo al concorso lo vinco e posso accedere al lavoro?. È vero nel caso in cui è presente un mondo di cui le persone immaginano l'esistenza, dove ipotizzano che le cose possono accadere e nel quale riversano tutte le proprie speranze e aspettative. Se ottengo il lavoro tanto ambito ecco che l'illusione abbandona la strada del mondo reale per entrare nel mondo possibile, che a sua volta diventa reale per la presenza di luoghi e di persone che vivono il tempo di una nuova esistenza. Anche nel mondo possibile è presente l'illusione e la delusione perché è vissuta da uomini che decidono le regole del gioco. La delusione delle persone affiora anche quando non vengono rispettate le regole del gioco, modificando le aspettative dei partecipanti che vivono l'attesa come un momento di grande illusione, per accorgersi al termine che il risultato finale non corrisponde ai precetti iniziali.

Contesti diversi che prendono strade diverse e che portano entrambe a vivere la delusione. La delusione si vince con il coraggio del fare quotidiano, allontanandosi dall'illusione che limita l'azione dell'uomo e con la saggezza del fare popolare che offrono entrambi strumenti di grande opportunità per cambiare la strada intrapresa e aprire le porte a nuove aspettative, consapevoli dell'opportunità offerta dal momento e del fatto che la strada non è sempre in discesa, (illusione) ma anche in salita (delusione) e occorre affrontarla, perché una volta raggiunta la sommità, il panorama che si osserva è unico in ogni suo aspetto.

L'attesa invita l'uomo a dare l'opportunità al tempo di respirare, di prendere fiato, e donare all'aspettativa il valore che si aspetta di ricevere e di evitare di addossare agli altri il mancato raggiungimento della vetta perché è tutto nella mani dell'uomo. Per scalare la montagna bisogna attrezzarsi, come raggiungere le profondità delle acque marine. Aspettare l'aspettativa è vivere l'attesa per prepararsi al meglio ad affrontare il viaggio, e sarà un successo.

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.

Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/ 

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Maria Luisa Gatti, etimologia e Filosofia, Strategie comunicative del filosofo nel «Cratilo di Platone, 2006
Aristotele, Metafisica, Volume 3 a cura di Giovanni Reale, Vita e pensiero, 1993
Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/ 
http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaP/platonejhkldfvcmxxsw.htm 
https://www.soluzionidimpresa.it/Active_Learning/mod/resource/view.php?id=17 
http://www.filosofico.net/cratilo.htm 
https://www.studentville.it/appunti/vita-e-filosofia-di-cratilo/ 

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GUIDO ZACCARELLI

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.

Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

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Il divenire è un flusso temporale senza quiete in perenne movimento verso l'infinito

di Guido Zaccarelli Mirandola 16 giugno 2019 - Eraclito di Efeso, vissuto in età presocratica, è il filosofo del divenire continuamente soggetto a continui cambiamenti in ragione del naturale avanzare degli accadimenti nel tempo: le cose accadono. Questo nasce dal cosmo da cui tra origine il tempo che accompagna ogni giorno l'esistenza dell'uomo verso il futuro.

Il divenire è un flusso temporale senza quiete in perenne movimento verso l'infinito. L'immagine del fluire del tempo ci viene proposta da Eraclito dove un uomo non può immergersi due volte nello stesso punto del fiume, perché altra acqua è passata: «non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. Fu invece il filosofo Cratilo, ad estremizzare il pensiero di Eraclito di Efeso, di cui fu discepolo, definendo il suo intendere il divenire panta rei, dove tutto scorre e dove diventa impossibile cogliere le essenze per la mancanza di quiete. L'uomo immerso nella sua realtà, fatica a vedere le sfumature perdendo il contatto con una parte del mondo che lo circonda. Occorre avere la capacità di alzare lo sguardo e osservare anche i contorni, alternando la vista in modo significativo, ora da una parte ora dall'altra, per cogliere tutte le sfumature del cambiamento avvenute negli intervalli di tempo che hanno segnato il passaggio da una situazione all'altra. L'ambiente è fatto di cose e di oggetti e per identificarli occorre chiamarli per nome.

L'apprendimento passa dal significato che l'uomo attribuisce alle parole che devono attingere la loro essenza dalla verità. Tutto questo però non è sufficiente. Occorre qualcosa d'altro per rappresentare il mondo, o una parte di esso. Socrate suggerisce a Cratilo che dove non arriva la parola deve essere presente l'immagine, che associata alla parola, favorisce l'apprendimento e la memoria (processo mnestico). Le cose devono essere apprese partendo da se stesse. L'apprendimento diventa centrale in questa analisi che vede protagonista Platone dove per il filosofo è molto importante comunicare bene il sapere e afferma che «non è possibile imparare e insegnare in fretta nessuna questione, nemmeno la massima delle massime, fino alla ricerca di un metodo con cui devono essere apprese le cose di cui ci si sta occupando».

Se per Platone è importante la comunicazione del sapere, il modo con il quale viene esercitata, mette in atto un'azione importante sulle persone, incidendo fortemente sulla capacità di diffondere la conoscenza e i suoi valori, continuamente messi in movimento attraverso la dialettica. Insegnare è un arte. Come il docente lascia un segno nella cultura di chi è in ascolto, allo stesso modo il pittore lascia un segno sulla tela facendola diventare nel tempo l'immagine testuale del suo pensiero. La parola costituisce lo sfondo nel quale le persone riflettono il loro desiderio di apprendere. In questo modo la conoscenza è in continuo divenire grazie all'azione messa in campo dalla parola anch'essa in continuo movimento. Se la conoscenza rimanesse ferma, in uno stato di quiete, non sarebbe quella con la quale ogni giorno le persone si confrontono.

Il bello e il bene dell'apprendere sta tutto nella verità che muta e si trasforma per accrescere il valore associato alla sua identità.

Il vortice d'incontri che le parole mettono in atto quando sono espresse, sono in grado di generare cambiamenti assoluti, e relativi, di prospettiva e generare ogni tipo di apprendimento: attivo o passivo? A tal proposito Socrate afferma che: «se la conoscenza non venisse continuamente sottoposta all'azione energizzante del movimento, nessun entrerebbe in contatto con il nuovo e tutto resterebbe fermo e immutato, in uno stato di quiete. Perché l'uomo possa apprendere deve essere presente il movimento. La quiete è la dimensione interiore dell'uomo nella quale egli si cala per dialogare con se stesso e fissare la realtà che in base al tempo è in continua trasformazione.

Cratilo si pone nella prospettiva di osservare la parola, e sostiene che l'azione prodotta dalla parola mentre è nominata appartiene a qualcosa d'altro, ad un tempo trascorso, rispetto al momento in cui è stata pronunciata, perché altro tempo è passato. L'apprendimento quindi segue le regole del tempo e questo non può prescindere dall'essere considerato un momento importante nella formazione e nella educazione, in questo caso scolastica, da dedicare al movimento e alla quiete.

L'apprendimento attivo è un metodo che viene impiegato nella didattica innovativa per mantenere vivo il movimento della parola che una dopo l'altra, è in grado di ampliare gli orizzonti di chi partecipa al contesto enunciativo, continuamente sottoposto al vaglio delle regole dinamiche che stanno alla base di una conversazione tra molti e dove i ruoli si alternano passando da insegnante a studente e viceversa.

L'apprendimento passivo è un metodo superato che perde il valore della comunicazione intesa come: trasmissione ereditaria della conoscenza che si muove in modo quasi esclusivo dall'insegnante verso gli studenti. La conoscenza necessita di trasformarsi per trasformare e subire continue forme rigenerative per essere al pari con i tempi e muoversi con un metodo che porti ad apprendere in modo attivo, un termine reso popolare da Charles C. Bonwell e James A. Eison che sostengono l'importanza del fare rispetto ad ascoltare: «gli studenti devono ambire a tre condizioni fondamentali: leggere, discutere e risolvere problemi e finalizzare l'apprendimento in tre settori importanti come le conoscenze, le abilità e le attitudini». L'apprendimento attivo offre agli studenti la possibilità di prendere l'iniziativa affinché possano gradualmente apprendere un nuovo metodo didattico che si allontani dalla formazione passiva per avvicinarsi alla formazione attiva in grado di costruire nel futuro ambienti di lavoro creativi e innovativi.

Gli studenti si prendono carico della loro istruzione diventando professori e i migliori professori imparano dai propri studenti active learning.

Serve stimolare la capacità critica degli studenti di pensare in modo critico critical thinking per fornire loro utili e preziosi strumenti di ricerca capaci di sostenerli in futuro nell'evoluzione dei saperi, specifici e trasversali alla professione d'indirizzo, e nella capacità di condividere in forma paritetica la conoscenza. Lo studente, già in possesso della necessaria conoscenza, comprensione e capacità applicativa si pone nella posizione di assumere un pensiero critico nei confronti di un argomento esposto dal collega il quale è in grado di rispondere direttamente o di farsi supportare dal gruppo di appartenenza portandolo a generare una nuova conoscenza. L'apprendimento attivo è ciò che chiede la realtà economica, sociale, culturale che ci circonda: essere in grado di leggere la realtà da più punti di vista, fare sintesi, prendere l'iniziativa, elaborare soluzioni e fare: do something. A tal proposito esiste anche una organizzazione globale senza scopo di lucro do something.org che motiva i giovani al fare cambiamenti positivi sia online che offline.

L'apprendimento attivo produce movimento alternando la quiete alla riflessione per dare vita a nuove conoscenze che disposte in ordine sono in grado di mettersi in movimento per dare forma a nuove relazioni globali.

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Maria Luisa Gatti, etimologia e Filosofia, Strategie comunicative del filosofo nel «Cratilo di Platone, 2006
Aristotele, Metafisica, Volume 3 a cura di Giovanni Reale, Vita e pensiero, 1993
Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/ 
http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaP/platonejhkldfvcmxxsw.htm 
https://www.soluzionidimpresa.it/Active_Learning/mod/resource/view.php?id=17 
http://www.filosofico.net/cratilo.htm 
https://www.studentville.it/appunti/vita-e-filosofia-di-cratilo/ 

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GUIDO ZACCARELLI

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.

Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

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«È dalla cooperazione per ottenere un beneficio essenziale alla vita che nasce l'etica, la quale poi si evolve con regole sociali» Michael Tomasello

Di Guido Zaccarelli Mirandola 9 giugno 209 - Cos'è la tecnologia? L'arte di fare (impostare) un discorso.

Così l'etimologia riporta in noi il significato di tecnologia partendo dall'arte, intesa come invenzione, oratoria e scienza che ha condotto l'uomo al fare ordinato spingendolo a superare ogni giorno se stesso per dare un significato nuovo al proprio futuro e a quello di intere generazioni. Il tempo definisce la storia dell'uomo e il valore delle parole pronunciate in base al contesto capace di offrire sfumature, a volte, differenti dalle origini. Il contesto, in generale, svolge soprattutto la funzione di arricchire, completare il senso del discorso.

Determina la scelta di una data parola rispetto ad un'altra, precisandone il senso, cioè la direzione che l'interlocutore deve seguire per comprendere il significato. E tutto deve essere pertinente, inteso come l'insieme delle condizioni, delle opportunità e dei vincoli, spaziali, temporali e relazionali presenti in un qualsiasi scambio comunicativo. Il contesto si può ampliare, o restringere, secondo le esigenze presenti nell'interazione comunicativa.

L'arte ci porta ad impiegare la parola in modo ordinato sapendo che un uso improprio può modificare il contesto, la sensazione e la percezione del ricevente rispetto al significato attribuito dall'emittente nell'atto comunicativo. Ecco nascere un diverso modo d'intendere le cose che porta alla incomprensione e alla successiva diversità di vedute, il cambio di prospettiva, che anziché alimentare in senso positivo il dialogo si muove in una direzione opposta e spesso distorta.

La diversità nasce dall'incomprensione proveniente dalle origini delle singole esperienze che opportunamente ascoltate farebbero cadere le mura che la sostengono. La tecnologia è una scienza che nasce dall'arte e il suo fine è favorire il progresso scientifico del'uomo per il bene comune dell'intera umanità.

Lo sviluppo della tecnologia porta la società moderna a eliminare la diversità per unire ciò che prima era diviso. In questo caso mi riferisco alla nascita del DOS, (Disk Operating System ) che utilizzava l'interfaccia a caratteri per potere accedere alle periferiche presente nei primi computer. L'utilizzo era prevalentemente riservato ai programmatori, ricercatori, a persone in possesso di un elevate conoscenze e competenze in ambito informatico. Una tecnologia riservata a pochi eletti che agli occhi del mondo li rendeva diversi. La nascita di programmi con interfacce grafiche (icone) ha abbattuto le mura della diversità favorendo l'integrazione sociale e culturale e la relazione alla pari delle persone. Le moderne tecnologie dell'informazione e della comunicazione impiega dunque l'arte come mezzo per diffondere la conoscenza e abbattere le barriere della diversità.

Un altro esempio è relativo all'uso della tecnologia informatica applicata alla realtà aumentata per includere gli studenti in aula hanno un disagio certificato. Un uso proprio della tecnologia che viene impiegata in modo orizzontale per parificare tutti allo stesso livello, per unire le diversità delle persone che possono utilizzare uno strumento comune a valore aggiunto per identificarsi in un mondo dove la parola da sola (scritta o orale) non avrebbe mai raggiunto in modo capillare ogni singolo angolo remoto della terra. Scompare l'attenzione dell'individuo verso l'altro perché orientata verso l'insieme che fa propria la tecnologia come scienza per muoversi con fare ordinato nella direzione della solidarietà, dell'agire in solido, con quella concretezza che l'uomo fin dalle sue origini ha messo in pratica per il sostegno della propria comunità.

La tecnologia diventa il punto di contatto dell'agire in solido, dove la persona mette in pegno il valore aggiunto della relazione con l'altro diventando un nodo di rete digitale che si allarga fino a raggiungere la dimensione più sensibile del mondo finito di internet (la rete delle reti) che ha abbattuto le mura perimetrali della diversità, dando vita alla più grande manifestazione d'interesse sociale e culturale che anima lo spirito dalla condivisione dei saperi. Un modo per dirla come afferma lo psicologo evolutivo e comparativo americano Michael Tomasello per mano del Porf. Francesco Suman «si riconosce il passaggio dall'intenzionalità congiunta all'intenzionalità collettiva, dove i gruppi sociali si fanno sempre più ampi, e i comportamenti (cooperativi e comunicativi) delle generazioni precedenti vengono convenzionalizzati e trasmessi alle generazioni successive per un meccanismo di trasmissione culturale.

Queste strette interazioni con altri individui hanno un effetto rivoluzionario sulle nostre capacità cognitive: sviluppiamo una rappresentazione del mondo prospettica, ovvero iniziamo a immaginare come il nostro vicino vede le cose che anche noi vediamo, ci mettiamo nei panni del nostro vicino che condivide i nostri stessi fini di sopravvivenza. Questa comune finalità d'intenti ci porta a essere informativi nelle nostre interazioni comunicative e non più solo manipolativi: è più conveniente». La parola si aggrega ad altre parole formando una rete di parole che attraverso la tecnologia diventano esse stesse nodi di nuovi linguaggi di comunicazione in grado di superare la diversità attraverso la solidarietà per entrare di diritto nella storia dell'intera umanità.

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Paolo Rebecchi e Guido Zaccarelli, Finestre di casa nostra Immagini e racconti di un anno diverso. Uno sguardo oltre le cose
Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/ 
https://www.avvenire.it/agora/pagine/morale-tomasello 
https://ilbolive.unipd.it/it/mettersi-nei-panni-dellaltro-radici-evolutive-pensiero-umano 

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GUIDO ZACCARELLI

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.

Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

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 «Se non ti piace quello che vedi, cambia il tuo modo di guardare » Auggie Pullman (Jacob Tremblay)

Di Guido Zaccarelli Mirandola 2 giugno 2019 - La vita ogni giorno ci pone nelle mani delle grandi opportunità, a volte si presentano con largo anticipo, altre volte invece sono in estremo ritardo sul cammino che stiamo compiendo. Non sempre abbiamo la lucidità e quella necessaria saggezza per valutarle nella loro pienezza. Anche l’animo deve essere pronto e predisposto ad accoglierle. Il sogno e la perseveranza sono le ante che danno forma alla finestra dell’uomo sul mondo. In qualsiasi momento possiamo decidere di tenerle spalancate, per ricevere tutta la luminosità e il calore che proviene dall’ambiente esterno, oppure stabilire di chiuderle senza fornire la necessaria luce alle opportunità di realizzare i nostri sogni, togliendo alla perseveranza la possibilità di sostenere gli smarrimenti che inevitabilmente si incontrano quando decidiamo di concretizzarli.

Le ante sono una grande occasione di crescita personale e professionale che viaggiano insieme per illuminare la nostra identità e rappresentano il valore aggiunto da destinare alla crescita personale e sociale. Tenere un’anta aperta e l’altra chiusa (o socchiusa) non consente di realizzare i propri sogni. È l’immagine del fallimento annunciato. Serve la necessaria determinazione e soprattutto il coraggio di tenerle saldamente aperte anche in presenza di correnti e forti perturbazioni che possono arrivare e colpire in modo brusco, e inaspettato, l’avanzare del sogno. La finestra è il modo che abbiamo di esprimere la nostra identità, le nostre emozioni e le nostre capacità che altrimenti rimarrebbero chiuse all’interno dell’uomo limitando la sua vera natura di intercettare il progresso al tempo presente. È il modo con il quale dimostriamo a noi stessi chi siamo e il contributo che possiamo dare alla crescita e allo sviluppo economico e sociale.

È l’impronta che lasciamo del nostro passaggio alla storia. Conoscerla, significa attribuire maggiore importanza alle azioni del presente per stare in equilibrio sulla strada verso il sogno. Osservare le finestre significa entrare in sintonia con un qualcosa di più intimo rispetto all’immagine esterna che l’uomo mostra al mondo. Per fare questo è necessario addentrarsi in prima istanza nella etimologia della parola compiendo lo stesso viaggio che viene effettuato per raggiungere la profondità della propria anima e scoprire che la strada che l’uomo deve percorrere per raggiungere la sorgente è lunga e spesso tortuosa, influenzata dal continuo vivere a stretto contatto con i luoghi che cambiano e l’intraprendenza dell’uomo che modifica i percorsi per adattarli al proprio vivere quotidiano. La finestra è una parola che conduce alla fiaccola, alla luce, allo splendere.

Quando l’uomo sogna, spalanca le ante della propria anima alla luce del sole per raccogliere tutta l’energia necessaria per renderli materici e visibili agli occhi del mondo. Anche Platone, per bocca di Socrate, nella V libro della Repubblica fornisce una guida per realizzare il sogno di una città ideale. In questo caso lo scopo del sogno è di raggiungere la verità e di elevarlo a nuovi sistemi di valori. L’uomo sogna e desidera di realizzare qualcosa per se stesso e nel medesimo tempo ricevere la luce dell’ambiente esterno che lo gratifichi per lo sforzo compiuto grazie alle sue virtù. Il sogno nasce da un desiderio, ma anche da un bi-sogno, da qualcosa che ponga l’uomo a vedere la realtà da una prospettiva differente e che in un preciso momento della vita gli consenta di cogliere l’attimo per proiettarlo in una dimensione completamente differente dalla precedente, lontano dal qui e ora, dalle cose più semplici alle situazioni più difficili.

Il tutto espresso in una chiave puramente soggettiva che può coinvolgere altri in un qualcosa di più grande e come affermava Platone, per bocca di Socrate, a mantenere le persone in uno stato di perenne allerta affinché per il sogno non si trasformi in sonno e scompaia all’aurora. I sogni tendono a disperdersi se non li appuntiamo al risveglio e perché non si disperdano nell’aria necessitano di perseveranza, la cui etimologia porta a l’uomo a intravedere un percorso rigoroso che solo l’azione quotidiana, e ripetuta nel tempo, è in grado di apportare. Ogni giorno è necessario compiere un’azione, il giorno successivo un’altra azione fino a raggiungere lo scopo e vedere trasformato il proprio sogno in realtà.

Il tempo è una variabile che spesso sembra ostacolare il cammino riducendo e allentando la presa con il sogno per le difficoltà intrinseche dell’uomo a tenere ben salda la presa sulla perseveranza spesso ostaggio della debolezza e della percezione che le cose vadano nella direzione opposta alla linea immaginata. È in quel preciso istante che l’uomo fa la differenza, compiendo un balzo in avanti nel dare una ulteriore spinta a ciò che fino a qualche istante prima sembrava perduto.

È il momento nel quale il sogno trova la luce e diventa realtà. Ogni persona ha dalla sua i propri sogni, piccoli o grandi che siano. Non possiamo bloccare i nostri ideali, perché i sogni fanno parte della nostra stessa esistenza, ci infondono la speranza del dopo. Sigmund Freud definiva il sogno come «la realizzazione di un desiderio. Il sogno, mentre ci rappresenta un desiderio come realizzato, ci porta verso il futuro». Si allarga per darci l’opportunità di vedere un mondo in cui c’è posto anche per qualcosa di nuovo, di inesplorato, lontano dalle pareti rigide di un ambiente che tende spesso a dissuadere anziché spronare. Randolph Frederick Pausch, professore di informatica e di interazione uomo-computer statunitense scomparso in giovane età, nella sua ultima lezione disse: «non impegnare la tua vita per inseguire i tuoi sogni, vivi la tua vita adeguatamente e i sogni verranno da te… saranno i risultati che verranno da te». 

Riferimenti bibliografici:

Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell’azienda, Franco Angeli Editore. 

Paolo Rebecchi e Guido Zaccarelli, Finestre di casa nostra Immagini e racconti di un anno diverso. Uno sguardo oltre le cose

Riferimenti sitografici: 

https://www.wikipedia.org/

https://mondodomani.org/dialegesthai/ldep01.htm

https://unaparolaalgiorno.it/significato/P/perseveranza

foto di Paolo Rebecchi, tratta da Finestre di casa nostra Immagini e racconti di un anno diverso. Uno sguardo oltre le cose

 

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GUIDO ZACCARELLI

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.

Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

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Domenica, 26 Maggio 2019 09:15

La vita riflessa nelle onde del mare

Poche volte sono stato in barca a veleggiare. Il beccheggio in mare aperto mi ha sempre procurato un forte senso di nausea che limitava la piacevole sensazione di essere cullato dal lento ondeggiare del mare e accarezzato da una dolce brezza marina.

Di Guido Zaccarelli Mirandola, 25 maggio 2019 - Una sola volta, da adulto, mi sono tuffato in mare aperto per assaporare la piacevole sensazione di galleggiare, senza impiegare una cintura salvagente per rimanere a galla.

Un azzardo avvolto nella speranza di trovare conforto nei corsi di nuoto praticati in giovane età. Vedevo in lontananza barche che sfrecciavano veloci senza batter ciglio e alcuni amici intorno a me che si divertivano, e nuotavano senza dimostrare alcun timore. Momenti vissuti in controluce dove il senso di libertà si confrontava con la preoccupazione di andare a fondo. Un timore reverenziale vissuto anche in una lontana occasione, quando dalla battigia ho nuotato facilmente fino alla prima linea di boa e il ritorno è stato reso difficile dal vento contrario che rendeva faticoso l'approdo. Rimanere là in mezzo al mare, senza avere un facile appiglio sul quale fare presa, mi ha portato rapidamente allo sconforto riducendo la possibilità di trovare una facile soluzione al problema. Poi, preso fiato e raccolto ogni energia preziosa sono riuscito a raggiungere la spiaggia affollata di persone intente nel loro relax.

"Là in mezzo al mare" è anche il titolo di un libro scritto dall'autore spagnolo Miquel Reina che racconta la vita di due coniugi, Harold Grapes e Mary Rose, che vivono la loro vita in una abitazione costruita sulla roccia, anche dopo la scomparsa prematura del figlio Dylan, avvenuta in seguito a un incidente. L'abitazione era il luogo della memoria tenuta felicemente in vita dai ricordi del figlio che, per loro, non aveva mai abbandonato la casa. Il senso dell'abbandono non è rimasto solo. Ha trovato facile compagnia quando Harold e Mary Rose sono stati costretti a lasciare l'abitazione in seguito all'erosione della roccia. L'ultima notte, prima del distacco, un fulmine si è abbattuto su di loro e la casa è scivolata lentamente in un mare in tempesta, iniziando a galleggiare come fosse avvolta da una cintura salvagente. L'abbandono ci porta al suo significato vero, dare (essere) in balìa dell'ignoto. Mai come in questo caso, l'immagine evocata dalla condizione "essere in mare aperto in balìa delle onde" porta l'uomo alla riflessione messa in relazione con la impossibilità di aggrapparsi all'ancora di salvataggio quando la vita toglie, e dà, senza un preciso (apparente) ordine delle cose, comportandosi come le onde del mare, che raggiungono la costa frizzanti e pieni di energia per poi abbandonarla e tornare rapidamente su se stesse: «mi basta pensare che lì finisce il movimento di un'onda e da lì riprende energia, che prende nuovamente la spinta perché se ne formi un'altra e poi un'altra ancora.»

Per molto tempo sono stato in balia delle onde e ho fatto fatica a tenere il timone in pugno, soprattutto quando sono andato per mare e mi è mancato l'appoggio. A volte ho incontrato mondi troppo lontani, imbarcazioni troppo lente o veloci dalle quali è stato meglio tenersi alla larga, in altri casi il vero sostegno per continuare. Momenti dove le onde davano energia e onde che, quando si ritiravano, toglievano energia. Un moto ondoso dove è stato difficile rimanere in superficie a stretto contatto con la linea sottile che divideva l'azzurro del cielo e il verde dell'acqua del mare.

Tra un'onda è l'altra, ho trovato l'energia per prendere una pausa necessaria per voltarmi indietro e guardare la scia che mentre nuotavo stavo lasciando dietro di me, per scoprire che non è mai stata dritta. Come la barca che segue una rotta precisa, ho notato che a volte mi attardavo in lunghe curve per riprendere fiato e continuare a nuotare. Il riflesso dell'acqua mi riportava l'immagine di un volto scavato che scompariva in profondità per tornare in superficie ad ogni sbuffo di acqua salata, che le onde alzavano la cresta per prendere il respiro e trarre dalla luce del sole l'energia per dare un senso alla loro presenza in quel preciso istante della vita, evitando di farmi scendere a picco fino a raggiungere le profondità marine. Istanti nei quali il pensiero ha retto fino a condurlo alla riflessione dove incontrare l'immagine dell'attesa: «solo fermandoti comprendi dove stai andando e quale direzione sta prendendo il corso della tua vita.» Il tempo avanza anche in balìa delle onde, e tutto muta e tutto si trasforma, in attesa che le nuvole si alzino e lo sguardo corra verso la luce che in quel momento unisce il cielo azzurro e il mare cristallino. Mi è bastato considerare che oltre le nuvole c'era la luce del sole: il desiderio di vivere.

L'onda della vita riprende il movimento di sempre, continui a nuotare senza cintura di salvagente perché ormai la tempesta è passata e hai imparato che nuotando puoi incontrare gli scogli più insidiosi, che ti arriveranno ancora degli spruzzi in faccia, degli schiaffi del mare e le sferzate di sale negli occhi, ma incontrerai anche una comunità nomade come è capitato ai coniugi Grapes che ti aiuteranno a dare il senso profondo della vita: «Aga guardò Harold seria e abbozzò un debole sorriso. «Siamo tutti nomadi, signor Grapes.» Quella frase lo sconcertò. «Non sono le pareti e nemmeno un posto a fare una casa. Sono le nostre esperienze, le persone che incontriamo nel percorso e, soprattutto, il modo in cui decidiamo di vivere la nostra vita. La vita è movimento. Un equilibrio instabile che può mutare da un momento all'altro.»

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Miquel R., 2018, La casa in mezzo al mare, Nord Editore, Milano
Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/ 
https://www.miquelreina.com/ 
https://letturedikatja.com/la-casa-mezzo-al-mare-miquel-reina-nord/ 

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GUIDO ZACCARELLI

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.

Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

Pubblicato in Cultura Emilia

"Sarà perché l'aria che qui si respira è la stessa che respirò Pico della Mirandola, illustre umanista rinascimentale, più noto per la sua proverbiale memoria che per il suo pensiero filosofico che poneva "l'uomo" al centro del mondo e con esso la sua dignità e la sua libertà di stabilire il proprio destino.

di Guido Zaccarelli Mirandola (MO) 19 maggio 2019 - La memoria è il filo conduttore che tiene annodato le esperienze del passato al trascorrere del tempo, vissuti dall'uomo in ogni momento della sua esistenza alla continua ricerca della propria identità.

La memoria ricorda quando l'esperienza soggettiva trascorsa è immersa nell'alone della sensorialità e s'appropria dell'emozione impiegando l'intelligenza per associare le informazioni passate con quelle nuove.

Il primo studioso che ha osservato le tecniche da impiegare per memorizzare è stato Aristotele il quale ha posto al primo livello la vista, per la capacità di vedere e selezionare gli oggetti della realtà. Al secondo livello ha collocato le sensazioni, che rappresentano l'insieme degli stimoli che con la memoria contribuiscono a sviluppare l'intelligenza. Il ricordo transita dalla possibilità di recuperare le sensazioni che le emozioni hanno indotto nell'uomo nella fase di registrazione dell'esperienza.

L'identità porta la persona a rivedersi allo specchio nel vedere corrisposta l'immagine esteriore al suo essere uomo dentro. L'osservazione diventa il crocevia per attribuire valore alla memoria che trasuda la sua presenza anche davanti allo specchio, che non inganna se stessa essendo il frutto della verità. Guardarsi allo specchio è vitale per affinare ciò che si era in relazione a ciò che si è, da destinare ad una dimensione futura per edificare la nascita di una uguaglianza costruita sulle orme dell'esperienza pregressa. Perché identità significa, uguale a se stessi. Ecco che allora la memoria e l'identità s'involano per abbracciare altri ricordi da disporre a fattore comune per il bene dell'organizzazione.

I ricordi condivisi contribuiscono alla crescita collettiva essendo l'espressione nobile del fare comune e l'energia vitale dell'efficienza e dell'efficacia del'azione organizzativa che migliora grazie alla partecipazione di tutte le persone, nessuna esclusa. La memoria diventa a questo punto il punto di partenza per realizzare la nuova mappa mentale delle persone che supera, per dirla come il filosofo e matematico polacco Alfred Korzybski: «le convinzioni, le credenze, le deduzioni e i valori che le esperienze di vita hanno portato ad assumere gli uomini creando una soggettiva idea del mondo». Godere della memoria altrui è un passo avanti importante per le persone e per le aziende che possono beneficiare di informazioni fondamentali per lo sviluppo e per la sopravvivenza, riflettendosi sulla efficienza, sulla efficacia e sulla economicità che compongono i pilastri del tempio della redditività dell'impresa.

La memoria scorre sul filo del tempo e la storia in ogni istante definisce se stessa alla luce dei fatti e degli accadimenti che ogni giorno si schiudono agli occhi del mondo. Dal fare manuale delle prime comunità si è passati al fare automatico delle macchine che in poco tempo devono realizzare una elevata quantità di prodotti per rispondere rapidamente ai bisogni della popolazione. In questo passaggio epocale del nostro tempo, la tecnologia ha sostituito l'uomo nelle attività produttive incapace di trasferire la memoria umana nella memoria digitale dei computer che è diventata la protagonista assoluta dell'industria 4.0.

L'azienda ha lasciato per strada un elevato numero di lavoratori che rappresentavano l'unità d'intenti e la memoria storica dell'impresa. Il ricordo del singolo diventava patrimonio comune in grado di orientare, e agevolare, il comportamento dei colleghi in una direzione o nell'altra favorendo la contrazione dei costi e l'incremento della redditività. Oggi, sembra che le persone abbiano perso la memoria e la capacità di ricordare... e demandano... «chiedi ad a ...» riversando nell'altro, nel "non so" e nelle esternalizzazioni i vuoti creati nell'azienda.

I nuovi modelli organizzativi hanno smarrito i ricordi dei lavoratori e sciupato il valore aggiunto della loro memoria. I ricordi che venivano condivisi tra le persone godevano di una energia elitaria frutto dello stare insieme che animava lo spirito della relazione all'interno della comunità imprenditoriale. Frammentare i ricordi del passato significa, sfumare il valore intrinseco della relazione sociale delle persone riducendo progressivamente il valore dello stare insieme. L'identità 4.0 nasce per suggerire al mondo imprenditoriale che le persone devono essere messe nelle condizioni di condividere la memoria e trovare nei ricordi i punti di contatto per tratteggiare una nuova linea che recuperi dal passato il valore della relazione da piantare nel presente, per godere dei sui frutti nel futuro.

Le aziende devono ripensare all'intera filiera organizzativa per riportarla ai principi cardini della conversazione tra persone che si scambiano informazioni utili alla continua ricerca di relazioni di condivisione. Agendo in questa direzione di marcia, la memoria torna ad assumere il ruolo chiave che ha avuto nel tempo contribuendo ad elevare l'asticella dell'apprendimento collettivo e l'innesto di una nuova credenza condivisa che trova nella "memoria circolare collettiva" la genesi dell'identità 4.0, dove le persone diventando risorse preziose per il futuro di intere generazioni.

Riferimenti bibliografici e sitografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Riferimenti sitografici: https://www.wikipedia.org/ 

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GUIDO ZACCARELLI

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.

Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

Pubblicato in Cultura Emilia
Domenica, 12 Maggio 2019 07:45

In viaggio nelle aziende del futuro

In viaggio nelle aziende del futuro, tra eccellenza e perfezione, dove l'apprendimento diventa l'abitudine del fare ordinato.

Eccellenza e perfezione sono due delle principali parole che vengono impiegate per declinare una azienda in rapporto ad un'altra, nell'esaltarne l'identità imprenditoriale, connessa alla produzione dei beni e dei servizi o allo stile che adotta in relazione ai propri collaboratori, per raggiungere gli obiettivi definiti in sede di pianificazione strategica.

Di Guido Zaccarelli Mirandola 11 maggio 2019 - Eccellenza è un termine che osservato nella sua radice latina (ex – cèllere) porta il lettore a proiettare il proprio sguardo, e la propria immaginazione, verso qualcosa che sta fuori rispetto a ciò che sta dentro alla realtà osservata. L'eccellenza, significa, fare emergere ciò che le persone hanno dentro di sé per portarlo alla conoscenza altrui, come nel caso della Pietà vaticana realizzata da Michelangelo nel 1498 che innanzi alla bellezza dell'opera affermò: «ho solo tolto il marmo in eccesso».
Il marmo che Michelangelo ordinò alle cave di Carrara nel 1497, conteneva già dentro di sé quella che sarebbe poi diventata "la più bella opera di marmo che sia hoge in Roma".

L'eccellenza significa rendere visibile al mondo l'invisibile. Aristotele parla dell'eccellenza, come un'azione ripetuta nel tempo che si raggiunge solo avendo conoscenza e competenza dell'agire e del fare ordinato. Tutto questo inizia in un momento importante della vita delle persone che si concretizza con l'apprendimento inteso "come coscienza delle realtà, secondo la totalità dei suoi fattori, e la totalità dei fattori dell'uomo,continuamente messi al vaglio altrui, per una crescita declinata verso l'eccellenza". Apprendere è un processo di costante affinamento che porta a fissare la conoscenza appresa nel tempo per fissarla in modo permanente al muro del sapere.

L'apprendimento è un fare circolare e ricorrente senza fine che porta, per istanti successivi, all'eccellenza, quale espressione autentica della raffinatezza, che si ottiene nel tempo attraverso l'imitazione del fare condiviso. Tutto questo diventa arte, essenziale per nutrire l'anima dell'uomo e spingerlo ogni giorno a migliorare la propria eccellenza, grazie alla forza dell'attività umana capace di unificare tutti i fili che intrecciano il reticolo dell'essere umano, che si dispone all'unità, per favorire la compenetrazione tra immagine poetica e vita ordinaria, tra la quotidiana esperienza di vita, e la stessa, impiegata per trasformare le azioni ripetute in un linguaggio creativo periodico e infinito. L'eccellenza assume in questo caso una dimensione aurea che si stacca dalla realtà per aspirare al mondo delle idee, e dei sentimenti, con i quali l'uomo dialoga in silenzio alla ricerca di una nuova identità da impiegare per affinare la relazione con se stesso e gli altri.

Se l'eccellenza eleva l'uomo verso nuovi mondi, cos'è quindi la perfezione?: significa portare a termine qualcosa che una volta completato non abbisogna di nulla. Infatti i greci si riferivano ad un flauto, ad una commedia, quindi a qualcosa di concreto, ad un oggetto ad una cosa visibile che l'uomo poteva toccare con mano per vedere in ogni istante se doveva togliere o aggiungere qualche cosa, perché non fosse privo di nulla. Aristotele riporta a noi le tre dimensioni della perfezione, ciò che è completo, che contiene tutte le parti necessarie, ciò che è buono, e che niente potrebbe essere migliore, e ciò che ha raggiunto lo scopo.

Eccellenza e perfezione agiscono in forma dinamica sul piano dell'espressione e sul piano del contenuto per concludere la loro azione nella qualità, la dimensione immateriale che vede intrise le due dimensioni forgiate dall'abilità dell'uomo che tende ogni giorno a colmare la distanza che lo separa dall'infinito. La qualità diventa l'elemento di sintesi che identifica l'eccellenza e la perfezione in grado di riportare l'abitudine del fare ordinato, declinato sul valore etico dell'impresa. L'abitudine ci porta ad assumere le consuetudini dei luoghi di vita dell'eccellenza e della perfezione che definisce l'identità, il modo di essere e il fare di una azienda.

Riferimenti bibliografici e sitografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Riferimenti sitografici: https://www.wikipedia.org/ 
https://www.etimo.it/?term=eccellente 

 

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GUIDO ZACCARELLI

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.

Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

Pubblicato in Cultura Emilia

Platone nella Repubblica scritta tra il 386 e il 370 a. C. riporta a tutti noi il suo modello ideale di società fondata sul principio della giustizia e della equità sociale, che si attua attraverso il dialogo e il confronto dialettico tra le persone.

Di Guido Zaccarelli Mirandola 4 maggio 2019 - Per Platone la società ideale vede la presenza di più persone che insieme ricercano il piacere e operano per la sopravvivenza della comunità, fondata sul lavoro e la cooperazione di tutti coloro che in base alle loro conoscenze, competenze e i propri talenti, si muovono nella direzione del benessere della collettività.

Al pari di Platone, potremmo immaginare l'azienda come un grande villaggio, dove nel tempo nascono le prime comunità (cum-munus) che vivono all'interno di mura comuni (cum-moenia) e s'impegnano per un dovere comune (cum-munia), per raggiungere il bene comune (cum-munis). La società nasce dall'aggregazione di nuclei familiari, fino a comprendere al proprio interno tutti gli elementi necessari a garantirne l'autosufficienza.

Se per Aristotele la famiglia è la prima fase di comunità che possiamo osservare, per Platone la società utopica è divisa in tre classi, quella dei governati che devono amministrare secondo la giustizia e la razionalità e dei filosofi, quella dei difensori dell'ordine pubblico e infine quella degli artigiani e agricoltori. Tema cardine, è l'educazione dei propri cittadini che vengono formati in base alle loro caratteristiche e predisposizioni naturali evitando "le forzature" che nel tempo sarebbero controproducenti per la vita e la fiducia della intera società.

Il talento è il punto di partenza per lo sviluppo della società strettamente slegata dalle condizioni sociali (classi) della famiglia la cui dipendenza agirebbe nel vincolare il sistema delle relazioni della collettività e della economia al principio dell'equità sociale. Una economia quindi fondata sulla relazione e non sul rapporto gerarchico che hanno segnato nel tempo le strutture organizzative aziendali e della intera società: le donne e gli uomini sono uguali tra di loro e l'accesso alla carriera si basa sulle conoscenze e competenze.

Il futuro attende una nuova dimensione di società proprio partendo dal modello platonico che vede nascere una nuova concezione di economia basata strettamente sulla relazione. Come mai è stato necessario partire dalla filosofia greca e in questo caso da Platone, per dare riscontro a questo nuovo paradigma che trova le sue radici nell'economia della relazione?

La filosofia porta l'uomo a riflettere agendo sulla ricerca di qualsiasi campo questa si svolga e dal fatto che quello che si ricerca non la contiene. Questo porta al vero significato e all'importanza che i greci attribuivano alla parola e alla sua etimologia. La parola economia è molto importante per l'uomo e viene spesso associata al valore della moneta, e come tale, quando l'economia sale, scende o rimane stabile, subito la mente è proiettata a pensare alla moneta e agli interessi derivati dal suo possesso. Se osservata attentamente, l'economia è un termine formato dalla parola greca oikos e nòmos che viste nel loro insieme portano alla gestione razionale ed equilibrata della casa secondo le regole ferree della massaia.

La casa è costruita sulla base della relazione tra i membri e non da un rapporto gerarchico di subalternità, e si ispira al principio della solidarietà sostenuto dall'agire cooperativo. Quindi una economia più conservativa dei valori e della condivisione dei profitti. Relazione è un termine che ci porta al latino religàre, di legare insieme alla pari, che si esprime all'interno di un contesto circolare necessario per osservare il cuore pulsante dell'economia fondata sui valori e sul senso etico di appartenenza. È necessario pertanto incentivare la nascita di un modello aziendale centrato sulla nascita di un nuovo paradigma basato sull'economia della relazione, dove oltre alla condivisione, i lavoratori "offrono" le loro conoscenze, competenze e saperi alla comunità aziendale.

È il nuovo che avanza.

Le virtù vanno servite come l'oste serve il vino migliore ai propri clienti per accrescere la fiducia nel segno della continuità, come la massaia dispone se stesso per la famiglia. Ecco che l'etica, la passione e la motivazione diventano autopoietici, per se stessi e in relazione agli altri, diventando gli assi portanti per concepire l'economia non solo fondata sulla moneta ma anche sulla forza attribuita alla capacità della relazione di accrescere l'economia dell'etica e del senso di appartenenza. Il tutto rivolto alla ricerca, come affermava Aristotele, di una dimensione "eudaimonica", dove la felicità e il primo il fine ultimo delle azioni umane e la ricchezza il mezzo di cui servirsi in attesa di altro.

La relazione accresce l'intero spettro dell'economia di cui oggi farsi carico per proiettare lo sguardo oltre la siepe di Leopardi quando sul monte Tabor a Recanati ha scritto l'Infinito e s'immagina lo spazio immenso dell'universo che l'uomo può percepire, ma non comprendere, nella sua maestosità. L'economia della relazione deve spingere le persone oltre la siepe per approdare in uno spazio cosmico che Platone chiama iperuranio, oltre la volta celeste, dove realizzare un mondo nel quale l'economia della relazione è in grado di esprimere la nascita di un nuovo cosmo e assolvere appieno ai bisogni delle aziende e ai desideri dei lavoratori per costruire imprese che mettano la persona al centro.

La relazione nasce per questi motivi, per "nutrire" e "offrire" reciprocamente la propria conoscenza altrui. Saranno l'intelligenza e il talento a disposizione dei singoli a generare nuovi spazi di creatività da dedicare all'innovazione e alla genesi di nuove opportunità sociali e imprenditoriali aiutati da un sistema premiante che valorizza i talenti dei singoli per accrescerne il valore e l'identità sociale.

Riferimenti bibliografici e sitografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Riferimenti sitografici: https://www.wikipedia.org/ 
https://www.lintellettualedissidente.it/filosofia/platone-e-la-societa-ideale/ 
http://creativefreedom.over-blog.it/article-economia-etimologia-per-cervelli-non-fus-87515550.html 
https://www.skuola.net/appunti-italiano/leopardi-giacomo/leopardi-infinito.html 
https://www.skuola.net/filosofia-antica/aristotele-eudaimonia.html 

 

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GUIDO ZACCARELLI

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.

Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

Forse mai come questa volta siamo arrivati qui con la consapevolezza che non siamo in grado di fare durare NOI le cose belle che ci capitano nella vita. E forse mai come oggi siamo stati consapevoli di quanto siamo bisognosi di qualcuno che regga l'urto del tempo rispondendo al nostro sterminato bisogno di durata. Julián Carrón

Di Guido Zaccarelli Mirandola 25 aprile 2019 - Dalla piramide al cerchio è un saggio che è stato scritto pensando all'attività svolta dai lavoratori a catena di montaggio, confrontato con il duro lavoro degli schiavi a bordo delle galee. Le galee erano imbarcazioni lunghe una cinquantina di metri che fecero la loro prima apparizione intorno al XIV secolo e impiegate per scopi bellici e mercantili spostandosi da un porto all'altro del Mediterraneo.

La particolare sagoma le rendeva instabili per navigazioni oltre oceano e nei periodi invernali, limitandone l'uso nei soli periodi estivi. Le ridotte dimensioni della stiva le obbligavano a viaggiare a bordo costa per facilitare il rifornimento delle cisterne d'acqua riservate a dissetare i rematori. Potevano incontrare mari tranquilli e alati che accompagnavano la navigazione oppure incontrare onde vigorose che s'infrangevano contro l'imbarcazione, increspandosi ad ogni sobbalzo dello scafo. Sbuffi di acqua marina pronti ad inondare la nave nel caso l'equipaggio non fosse stato pronto a resistere ai lamenti e ai fragori della natura.

Per farlo dovevano dare il meglio di sé per il bene soggettivo. La vita a bordo era molto dura e spesso portava alla morte a causa delle sofferenze inflitte dall'aguzzino che, armato di frusta, obbligava a remare fino allo sfinimento. Chi non riusciva a reggere il compito veniva sostituito e il più delle volte, considerato lo stato fisico, abbandonato in mare. L'alimentazione era di scarsa qualità e veniva somministrata ogni quattro ore durante una pausa di dieci minuti, preferibilmente all'imbrunire, per non mostrare ai rematori il contenuto di questo miscuglio fatto con farina, acqua e aceto. Era una vera e propria prigione: del resto la parola galera deriva proprio da galea, per indicare un luogo dove veniva limitata, se non abolita, la libertà personale.

Il corpo dei vogatori era formato dagli schiavi, dai galeotti e dai buonavoglia. Ora, nel XXI le persone che quotidianamente lavorano in una catena di montaggio, a cui viene chiesto di produrre incessantemente per raggiungere elevati livelli di produzione e di redditività aziendale, vivono le stesse condizioni provate dai rematori ai tempi delle Galee, oppure qualcosa è cambiato? La catena di montaggio di molte aziende è infernale. La velocità di scorrimento è elevata e i tempi macchina sono frustranti. Si pensi che in talune situazioni il tempo macchina per svolgere una attività ( più fasi ) è di soli cinque secondi. I turni sono incalzanti e la pausa è di breve durata a metà di ogni mezzo turno. Il lavoratore è immerso nella propria attività e rare sono le occasioni nelle quali viene permesso il dialogo per un confronto. La relazione è verticistica seppur inquadrata all'interno di uno schema a matrice.

Dal taylorismo, al fordismo in avanti, lo schema produttivo è rimasto invariato nella filosofia: le persone svolgono un lavoro parcellizzato il cui requisito fondamentale è l'attenzione da porre alla sequenza delle attività da svolgere per garantire gli standard di qualità. Il turnover è molto elevato per la stanchezza fisica e psichica che il lavoro comporta connesso al clima ambientale e al numero di operazioni routinarie che devono essere eseguite nell'unità di tempo. La catena di montaggio meccanica si trasforma in una catena di montaggio umana dove ogni lavoratore diventa una parte intercambiabile di un altro lavoratore con il quale forma la linea di produzione.

Il sistema familiare e sociale si sfascia per l'incapacità della società di autoregolarsi in una dimensione umana della relazione portando l'individuo all'esasperazione complice la manca di regole che consentano di vivere il tempo nella pienezza. L'economia del benessere è la dimensione che consente di avvicinare la dimensione reale di una società che produce beni e servizi per migliorare gli stili di vita delle persone e dall'altro godere della disponibilità di tempo per vivere nel benessere, ovvero stare bene con se stessi per stare bene con gli altri. In questo millennio, assai lontano dal secolo delle galee sono ancora oggi presenti situazioni lavorative che necessitano di essere trasformate per donare loro quel valore etico che il lavoro possiede e alle persone restituire la loro dignità personale e professionale. Possiamo pensare di trasformare le galee aziendali in imbarcazioni dove lavorare a misura d'uomo?

Julián Carrón a Rimini il 12 Aprile 2019: «E questo stupisce ancora di più, dal momento che viviamo in una società liquida e quindi dovremmo esserci abituati al fatto che niente dura. Siamo tante volte in preda a un vortice di affetti, di sentimenti, in cui tutto si costruisce e si smonta sempre molto in fretta; di conseguenza, facilmente siamo vittime della delusione. Niente sembra tenere, il tempo consuma, svuota tutto; quello che è accaduto ieri perde la sua presa su di noi, il suo fascino». Lo scopo è «... il desiderio cioè di una felicità che duri, che non si dissolva nello spazio di una giornata o di una stagione».

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Che cosa regge l'urto del tempo? Esercizi della Fraternità di Comunione e Liberazione Rimini, 12 aprile 2019 Appunti dall'Introduzione di Julián Carrón
Riferimenti sitografici: https://www.wikipedia.org/ 

 

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CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.

Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

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