Venerdì, 30 Giugno 2023 06:16

“Indiani di Riserva”, lo sterminio dimenticato: il concerto a Marino per i nativi americani In evidenza

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Sabato 1 luglio, il Museo Civico Umberto Mastroianni di Marino, ospiterà il concerto ‘Indiani di Riserva’, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Marino a cura dell’Associazione culturale La Terzina.

Di Giulia Bertotto Roma, 29 giugno 2023 (Quotidianoweb.it) - L’appuntamento, al quale interverranno il Sindaco di Marino, Stefano Cecchi, l’Assessore alla Cultura, Pamela Muccini, e il Prof. Aldo Onorati, cittadino onorario di Marino e profondo conoscitore della letteratura italiana, è unico nel suo genere. Tra i presenti ci saranno anche il Consigliere delegato alla Cultura e Istruzione del Comune di Castel Sant’Elia Cecilia Maria Paolucci e il Presidente del Sol Invictus Maria Luisa Graziani.

Abbiamo intervistato il maestro Mario Alberti, flautista e compositore, concertista di musica classica, amante ed esperto di musica antica: di epoca rinascimentale, barocca e ideatore di questa originale iniziativa artistica e culturale. Un’altra passione è la musica d’autore e in questo caso ha usato questo genere per comporre le sue canzoni sugli indiani d’America.

Maestro Alberti, perché oggi un’opera sui nativi americani?

Tutto nasce durante il lockdown, chiuso in casa, ho iniziato a pensare alla mia infanzia, forse rifugiandomi in essa, e mi sono accorto di quanto ero cattivo da bamnbino: avevo assorbito tutti quei film spazzatura con quella propaganda che descriveva gli indiani d’America come dei barbari perfidi. Io devo riscattare la mia infanzia! Così è nata la canzone “innocente cattiveria”.  I media hanno una potenza immane nel condizionarci e farci credere nemico chi non lo è. Siamo passati da una visione del nativo americano come di un selvaggio a quella romantica idealizzata, credo che invece occorra recuperare una visione meno mitica e più realistica. Un esempio: il Geronimo che conosciamo noi è una sorta di montatura, era un contadino che coltivava il mais, una persona semplice e mite a cui è stata sottratta la terra! Non voglio mitizzare questo popolo ma vorrei far conoscere la sua saggezza ancestrale, senza passare dalla demonizzazione alla celebrazione folkloristica.

Cosa suonerà per il pubblico sabato 1 luglio a Marino?

Suonerò e canterò alcune ballate che ho scritto iniziando proprio da “Indiani di riserva”, pezzo che dà anche il titolo allo spettacolo. Attraverso questa canzone racconterò la vicenda della persecuzione militare. La chiamo canzone-teatro, anche perché sarà in dialogo con il pubblico, che inviterò a partecipare. Voglio anche specificare che il mio lavoro si concentra sugli indiani delle grandi praterie del Nord America.

Nel brano “Cinquemila peschi” racconterò questo episodio straziante: un gruppo di nativi riuscì a piantare e far fiorire cinquemila peschi, di cui erano fieri. Ma quel terreno, già concesso ad un popolo ghettizzato, venne loro espropriato e gli alberi rasi al suolo perché circolava la voce che vi fosse dell’oro nascosto. Da questo evento è scaturita una preghiera che dice “siamo passati sopra al fatto che ci avete uccisi, avete violentato le nostre mogli e figlie, ma non vi perdoniamo l’abbattimento dei cinquemila peschi”. Un’onta che non sarà mai perdonabile.

Lei ha svolto un rigoroso lavoro di studio per comporre queste musiche. Quali sono le sue fonti di documentazione?

Ho letti diversi libri di antropologia ma innanzitutto il Codice Etico dei nativi: insegna la preghiera, la gratitudine, la tolleranza, il comportamento da tenere verso gli ospiti e molti altri valori che dovremmo recuperare.

La musica e l'arte dei nativi americani costituisce una categoria importante nel panorama dell'arte mondiale. Percussioni, flauti e sonorità che ancora oggi influenzano diversi stili musicali.

Ciò che più mi colpisce di questo popolo perduto è la sua sintonia con la natura, direi una simbiosi. Non hanno mai cacciato i loro invasori, erano per la convivenza, per il reciproco rispetto. Ma tutti i trattati sono stati ignorati dagli invasori bianchi, e questa è storia. Questo popolo, nonostante sia stato quasi spazzato via e consegnato alla memoria storica come un’etnia violenta, è riuscito a tramandarci tante cose anche inaspettate che ancora fanno parte della nostra vita quotidiana: i mocassini e il tanga che indossiamo, la ceretta con cui ci depiliamo. Eppure sono un popolo residuale, ormai in stato “di riserva” appunto. Dubito che qualcuno -anche se vive a Roma o in grandi città- abbia mai visto un nativo americano.

Oggi la religione più diffusa tra i nativi è conosciuta con il nome di Chiesa nativa americana. È una chiesa sincretistica che unisce elementi dello spiritualismo nativo e sciamanico con tratti simbolici e teorici del cristianesimo.

E’ forte nella spiritualità dei nativi anche il legame con i primi miti greci e romani come la figura di Tellure, la dea della terra e protettrice contro i terremoti che si collega al culto atavico della Grande Madre viva nella tradizione umana fin dal paleolitico. Oppure la devozione per Urano, personificazione divina del Cielo. Il sincretismo con la dottrina cristiana è stato anche l’effetto di pressioni violente e conversioni forzate.

Il genocidio dei nativi americani è una strage trascurata dai media, poco commemorata. Eppure si ritiene siano state uccise tra le cinquantacinque e le cento milioni di persone.

Si tratta di un olocausto dimenticato. Il dato dei cento milioni è corretto se si parte da quella che chiamiamo scoperta dell’America. Sono stati sterminati in maniera diretta, vittime di apartheid, privati delle loro terre, gli è stato impedito di cacciare cinghiali o di provvedere ai propri bisogni, altri sono morti a causa delle malattie per le quali il loro sistema immunitario non era pronto a reagire e fiaccati psicologicamente dalle violenze subìte.

E’ un’opera attualissima se si considerano le guerre imperialiste e le persecuzioni che ancora si consumano nel mondo. La situazione più incandescente è quella della guerra tra Russia e NATO nell’est europeo...

Mi sconcerta davvero il fatto che in Europa ci sia nuovamente la guerra, forse non ci siamo resi conto di quanto questo sia grave e pericoloso. L’Ucraina è stata invasa, su questo non c’è dubbio, e qualcosa va fatto, ma non è accettabile che non si lavori a nessuna iniziativa diplomatica, che non si parli di negoziati; ci stiamo spendendo pochissimo per la pace. Non si risolve un conflitto solo mandando armi. Se è così la politica ha fattito perché la politica è arte della mediazione, impegno del compromesso. Altrimenti siamo nello stato di natura in cui domina chi è più forte, la spunta chi ha maggiore potenza militare, ma questo è il fallimento dell’etica e la fine dell’umanità.

Voglio aggiungere che anche oggi ci sono popolazioni a rischio estinzione perché le loro foreste e le loro fonti di approvvigionamento vengono distrutte. Gli aborigeni australiani sono stati decimati dagli europei. Anche in Amazzonia vi sono spaurite tribù di nativi che non riescono più a sopravvivere nelle nicchie che sono state lasciate loro, e intanto si parla solo dell’Amazzonia “polmone verde”.

Sono d’accordo sull’urgenza di tutelare la biodiversità e salvaguardare gli ecosistemi, ma queste comunità umane chi le protegge?  Intere testimonianze umane stanno sparendo dalla faccia della terra, eliminiate dai propri simili nel silenzio mediatico, mentre ci riempiamo la bocca di parole di democrazia e di pace.

La natura vivrà anche senza di noi, è una concezione arrogante pensare il contrario. Noi stiamo distruggendo l’uomo, è una guerra dell’uomo contro l’uomo mentre la natura continuerà a prosperare.

Vorrei che il pubblico andasse via con dei dubbi, con degli interrogativi di coscienza su ciò che diamo per scontato e su tutti i pregiudizi che abbiamo verso chi abita il nostro stesso pianeta.

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Un evento musicale dedicato ad un popolo ancestrale e ad una questione attualissima: lo sterminio di tribù e minoranze umane

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