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Controlli dei Carabinieri Compagnia di Parma e del Nucleo Ispettorato del Lavoro finalizzati a prevenire e reprimere i fenomeni dello sfruttamento del lavoro e di quello sommerso, oltre che a sondare il rispetto della normativa sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Pubblicato in Cronaca Parma

Decine di lavoratori sfruttati, sottopagati e costretti a lavorare in condizioni degradanti, questi i motivi che hanno portato, in data 15 ottobre u.s., all'esecuzione del provvedimento di "Controllo giudiziario delle aziende" emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Modena - dott. Andrea Romito - su richiesta della locale Procura della Repubblica diretta dal Procuratore dott.ssa Lucia Musti - nei confronti di 5 società con sede nel modenese, operanti nel settore della lavorazione delle carni. 4 le persone indagate, tra l'altro, per l'ipotesi di reato di "intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro" ex art. 603bis c.p..

Il provvedimento in argomento giunge all'esito di un'accurata attività investigativa svolta dai Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Modena, coordinati dal Procuratore Aggiunto, dott. Giuseppe Di Giorgio, che ha portato all'individuazione di una vera e propria "filiera di somministrazione ed utilizzo di manodopera", composta da aziende tra loro direttamente collegate. In particolare, l'indagine svolta dai finanzieri del Gruppo Modena vede indagati 4 soggetti - ai quali sono contestati anche reati di evasione fiscale per oltre 3 milioni di euro complessivi – che hanno impiegato nelle rispettive attività produttive, tra il 2012 ed il 2017, sfruttandoli, numerosi lavoratori sottoposti a condizioni di lavoro degradanti, approfittando del loro stato di necessità e di bisogno.

Trattasi di un provvedimento, quello del "controllo giudiziario", che allo stato rappresenta un unicum nel panorama italiano, previsto dalla Legge nr. 199 del 2016, meglio nota come Legge sul Caporalato, che oltre ad apportare rilevanti modifiche al menzionato art. 603bis c.p., ha previsto anche la possibilità – al fine di garantire la continuità aziendale e, quindi, gli stessi lavoratori – di prevedere la nomina di un amministratore giudiziale con il compito di affiancare/controllare gli imprenditori nella gestione delle aziende coinvolte nello sfruttamento dei lavoratori.

Scopo del provvedimento emesso nei giorni scorsi è, quindi, quello, da un lato, di impedire la reiterazione di situazioni di grave sfruttamento lavorativo che sarebbero state poste in essere dagli indagati, dall'altro di porre le condizioni per regolarizzare le posizioni dei lavoratori sfruttati e garantire i livelli occupazionali. Il GIP, ritenendo solido il quadro indiziario emergente dagli elementi raccolti dalla GDF, ha accolto la richiesta della locale Procura della Repubblica ed ha nominato un noto commercialista bolognese quale unico custode di tutte le società coinvolte nella vicenda.
La complessiva attività svolta ed i provvedimenti finora assunti sottolineano la particolare attenzione della Guardia di Finanza e dell'Autorità Giudiziaria interessata a garantire, contemporaneamente, gli interessi erariali dello Stato, le regole di mercato e, non da ultimo, il cittadino.

(Modena 23 ottobre 2018)

Pubblicato in Cronaca Modena

Durante alcuni controlli in laboratori tessili gestiti da cinesi, i funzionari della Direzione provinciale del Lavoro hanno trovato due persone assunte in nero, benché in regola con i permessi di soggiorno. Il titolare ha subito regolarizzato i due lavoratori e pagato la sanzione, per poi riaprire i battenti.

Reggio Emilia, 1 ottobre 2014 – di Ivan Rocchi

Continuano i controlli della Polizia di Stato nella nostra città. Tra i fenomeni finiti sotto la lente d'ingrandimento degli ispettori di Reggio ci sono i laboratori tessili cinesi, che spesso assumono personale in nero o non in regola con il permesso di soggiorno. Lunedì scorso, durante un'operazione svolta da Polizia, Direzione provinciale del Lavoro, Vigili del Fuoco e servizio ispettivo dell'Asl, sono state riscontrate irregolarità in un laboratorio, subito fatto chiudere, mentre su un altro la pratica rimane aperta.

Nel primo opificio, in zona stazione centrale, vi erano 11 cittadini cinesi, tutti in regola con le norme sul soggiorno. Solo 8 erano intenti al lavoro, ma due di questi risultavano assunti in nero. I funzionari della Direzione provinciale del Lavoro hanno così decretato la sospensione immediata dell'attività di produzione. Che però è durata meno di un giorno. Infatti, ieri il titolare della ditta ha regolarizzato la posizione dei suoi dipendenti e ha pagato la multa, potendo così tornare in attività.

Nel secondo caso è stato invece ispezionato un opificio in zona Pieve, dove si trovavano quattro cittadini cinesi, regolari sul territorio, le cui posizioni lavorative hanno destato qualche dubbio nei funzionari, che vogliono proseguire l'indagine prima di chiudere gli atti.

Ma non sono solo i contratti di lavoro a essere sospetti. Anche alcune ditte lo sono. Infatti, dalla fine dell'anno scorso sono stati scoperti 31 laboratori tessili falsi, ovvero completamente inesistenti od ormai di fatto inattivi. Al loro posto c'erano invece dei capannoni abbandonati o ditte intestate ad altre persone. In via Zatti 15, per esempio, era stata dichiarata l'esistenza di una ditta cinese, ma una volta giunti sul posto gli ispettori hanno trovato al suo posto una ditta di italiani, completamente all'oscuro della truffa. In via Giordano Bruno 71, invece, un laboratorio tessile che risultava aver assunto 23 dipendenti, era in realtà un basso scantinato di un condominio, dove a malapena c'era spazio per cinque persone.

Pubblicato in Cronaca Reggio Emilia

Lunedì scorso la Polizia ha smantellato un vero e proprio network della prostituzione. Due donne cinesi, un loro connazionale e un italiano avevano preso in affitto diversi appartamenti tra Modena e Bologna, intestandoli a italiani compiacenti, e avevano stabilito la loro base operativa a Reggio.

Reggio Emilia, 31 luglio 2014 – di Ivan Rocchi

Avevano scelto Reggio come base per il loro traffico di prostituzione. Da qui, come in un moderno call center, le due cinesi Qing Ye e Liangmei Chen rispondevano alle chiamate dei clienti, ma per indirizzarli verso le case chiuse – intestate a prestanome italiani - gestite in varie città della regione: Modena, Castel San Pietro Terme, Imola e Bologna. L'organizzazione è stata smantellata lunedì dalla Polizia con un blitz degli uomini del commissariato di Imola e della Questura di Bologna, in collaborazione con la Squadra mobile di Reggio Emilia. In seguito allo sviluppo delle indagini, il gip di Bologna aveva emesso un provvedimento di custodia cautelare in carcere per le due donne e i loro rispettivi compagni, Jian Jin e Giorgio Bonato.

Infatti, se le due cinesi fungevano da centralino per i clienti delle prostitute e tenevano la contabilità, Jin e Bonato erano i fattorini tuttofare dell'organizzazione. A turno, si recavano negli appartamenti per ritirare gli incassi e rifornire le prostitute con generi alimentari, preservativi e qualsiasi cosa potesse servire per la loro attività. Dalle indagini è emerso che le ragazze vivevano recluse in casa, in modo che non si notasse la loro presenza negli stabili. La loro attività, invece, veniva ben pubblicizzata dai quattro sfruttatori, tramite annunci sui quotidiani locali, giornali specializzati e siti internet.

E proprio gli annunci hanno permesso di localizzare a Reggio Emilia il centralino dell'organizzazione. Grazie alle intercettazioni, si è scoperto che le due donne tenevano i contatti con i clienti e avvisavano del loro arrivo le ragazze, che per la maggior parte non parlavano neanche una parola di italiano. A fine giornata, poi, si facevano riferire le prestazioni eseguite e l'entità degli incassi. Durante le indagini, è emerso anche che le due donne raccomandavano alle prostitute di assecondare sempre i clienti, anche quando chiedevano rapporti non protetti.

Le prostitute guadagnavano in percentuale sull'incasso complessivo, e il loro compenso veniva spedito direttamente in Cina. Nel corso delle perquisizioni sono state recuperate numerose ricevute Money Transfer, che solo per l'ultimo periodo ammontavano a 13.000 euro. Inoltre, sono stati sequestrati 9.000 euro in contanti, ritenuti provento dello sfruttamento.

Pubblicato in Cronaca Emilia
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