Lasciare da parte le grandi città europee per provare anche qualche meta meno nota: vi racconto Lubiana, la piccola Capitale della Slovenia che incanta con la sua bellezza e l'atmosfera magica ed allegra. Un tour tra cultura, architettura e gastronomia.
Di Chiara Marando -
Sabato 30 Aprile 2016 -
Le grandi capitali europee rimangono sempre un'ottima idea per un viaggio, anche breve, che faccia staccare la spina dalla solita routine e permetta di immergersi in ambienti diversi. Spesso però, ci si dimentica che anche mete meno conosciute e in voga posso rivelarsi delle vere e proprie sorprese.
Questo è quello che mi è capitato durante il mio ultimo viaggio: direzione Lubiana, la piccola capitale della Slovenia.
In molti, chiedendomi dove avessi deciso di andare, si sono stupiti della mia risposta. Perché mai scegliere una città di cui si parla poco e della quale si conosce ancora meno?
Bene, ve lo spiego dandovi qualche semplice spunto che potrà ispirare la vostra prossima visita in questa cittadina a misura d'uomo, che incanta per la sua atmosfera rilassante e quasi fiabesca.
Comincio con il dire che vi basteranno tre giorni per vederla nella sua interezza ed apprezzarne il patrimonio culturale frutto di contaminazioni e scambi che si sono susseguiti nel corso della sua travagliata storia, ma anche per assorbirne la vitalità e, ovviamente, gustarne la cucina. Tutto è a portata di mano, facilmente raggiungibile a piedi, passeggiando tra le stradine del centro che richiamano l'architettura asburgica, con i suoi palazzi colorati, dipinti ed adornati da piccole finestre che si affacciano sulla via.
A dominare la città dalla collina, il severo e maestoso castello magicamente illuminato di verde sul calare della sera. Ed è proprio quando il sole tramonta che il romanticismo di questo luogo si manifesta coinvolgendo il visitatore. Non servono parole o inutili descrizioni se si percorre in silenzio, guardandosi attorno, il lungofiume che segue il corso del Ljubljanica solcato da battelli e rallegrato da locali che si rincorrono a perdita d'occhio: bar, ristoranti, birrerie illuminate e vissute estate ed inverno da una miriade di giovani.
E quando dico che sono vissuti in tutte le stagioni, intendo che i tavolini esterni sono dotati di plaid e coperte per chi non vuole rinunciare all'aria aperta, ma nemmeno al calduccio.
Durante il giorno, invece, vi basterà visitare il centro storico per imbattervi in monumenti, musei e gallerie. Non potete perdervi il mercato cittadino, vi sembrerà di tornare indietro nel passato in un concentrato di tradizione e movimentata umanità che si alterna tra i banchi alla ricerca della frutta più buona o della carne più saporita.
Ogni quartiere conserva la sua impronta caratterizzante: medievale, barocca o liberty. L'architetto che ha dato il vero carattere al volto di questa città è Jože Plečnik a cui, dagli Anni Venti fino all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, venne affidato il compito di ridisegnare Lubiana.
E che dire dei ponti?
Sono loro un elemento tipico che contraddistingue il tessuto cittadino e regala scorci suggestivi, soprattutto con la fioritura della primavera che esplode lungo gli argini del fiume: il triplo ponte colpisce per la sua unicità, mentre il Ponte dei Draghi è considerato il simbolo della Capitale.
Se poi amate gli animali, allora una tappa allo Zoo è d'obbligo: più di 19 ettari che si estendono sulla montagna ed in mezzo al bosco ed ospita circa 119 specie di animali...non vorrete più uscire.
Poi c'è il Parco Tivoli, la massima espressione del verde che contraddistingue Lubiana. Si trova praticamente in centro quindi non ci sono scuse, merita di essere visto.
Ed ora passiamo al cibo.
Su questo punto si apre un mondo, un mix di piatti che seguono le influenze più disparate e si fondono in specialità quali il Gulash ungherese, la zuppe di pollo e verdure,quella di pesce ovvero il brodet, e quella con fagioli e crauti detta Jota, infine le mitiche salsicce.
I dolci più gettonati sono lo strudel di mele e la potica, un dolce preparato con noci, semi di papavero, uvetta, varie erbe, ricotta, miele o ciccioli.
Vi voglio consigliare anche due posticini dove poter mangiare bene spendendo il giusto. Il primo è “Julia” un vero e proprio ristorante dal sapore un po' liberty e deliziosamente provenzale; il secondo invece è stata una scoperta inaspettata ma più che piacevole, “Cafè Antico” un pub/bar gestito da una signora che propone 3-4 piatti preparati da lei e serviti in questo ambiente che ricorda le sale da tè inglesi di una volta, con i soffitti affrescati e le poltrone nelle quali sprofondare...potreste anche mettervi in pigiama e pantofole che per la padrona di casa non ci sarebbero problemi.
Per concludere, se doveste capitare durante un venerdì sera, allora ricordatevi di fare un apericena street food nella zona del mercato che, solo in quel giorno, si trasforma in un ristorante a cielo aperto.
Il nuovo dolce che fa impazzire i newyorkesi è la Raindrop Cake: la torta più delicata al mondo che si presenta come una grossa goccia di acqua caduta accidentalmente nel piatto. L'inventore è lo chef di origini giapponesi Darren Wong.
Di Chiara Marando -
Sabato 23 Aprile 2016 -
Stanchi dei soliti dolci? Vorreste una fetta di torta ma la classica crostata vi ha stancato?
Bene, allora provate la nuova Raindrop Cake, non un semplice dessert ma qualcosa di originale...molto originale. A guardarla non viene proprio in mente di mangiarla, sembra una grossa goccia d'acqua caduta accidentalmente nel piatto che, per chissà quale strana legge della chimica o magia, rimane in forma. In realtà si tratta dell'ultima invenzione che sta facendo impazzire New York, ad opera dello chef di origini giapponesi Darren Wong.
Ed effettivamente, l'ispirazione alla cucina giapponese c'è e arriva dai Mochi, ovvero i famosi involtini di farina di riso, ma a differenziarla è l'aggiunta di agar, un'alga gelatinosa. La vera difficoltà, come ha spiegato Wong, sta nel bilanciare gli ingredienti per raggiungere la giusta consistenza, un segreto che solo lui conosce veramente.
Il risultato è il dolce più delicato al mondo che deve essere consumato entro 30 minuti, prima che evapori. Certamente, il suo aspetto risulta estremamente affascinate ed è molto difficile credere che possa essere appetitoso, ma il suo creatore giura che il sapore sia dolce e delicato – forse un po' troppo delicato ndr. - nonché piacevolmente zuccherino.
E se si osserva il successo ottenuto dalla Raindrop Cake, pare che Darren Wong abbia proprio ragione: davanti al suo banchetto di Smorgasburg, il noto mercato metropolitano di Brooklyn, ogni giorno c'è sempre una fila di avventori desiderosi di aggiudicarsene una porzione.
Insomma, tutti vogliono la Raindrop Cake e non si fanno frenare neppure dal prezzo, perché viene venduta a otto dollari al pezzo. Non male per un dolce quasi inesistente.
Ma se siete dei temerari, ecco la ricetta per preparala a casa direttamente dal “Cucchiaio d'Argento”:
1. In un pentolino, unite 15g di agar e 12gr di zucchero semolato
2. Aggiungete 1/2 litro di acqua, poco alla volta
3. Portate a ebollizione sul fuoco
4. Versate il liquido in uno stampo rotondo
5. Fate raffreddare in frigorifero
6. Rimuovete dallo stampo e aggiungete noci tostate e sciroppo di zucchero
Appena fuori Reggio Emilia, immerso nella campagna, sorge il ristorante “Amici del Rifugio Crucolo” un angolo dal sapore altoatesino che si caratterizza per il suo gemellaggio con una struttura omonima valdostana e la particolarità del menù a base di piatti trentini.
Di Chiara Marando -
Sabato 16 Aprile 2016 -
Inutile negarlo, una delle più grandi soddisfazioni quando si trascorre un po' di tempo sulle splendide montagne del Trentino è quella di concludere la giornata, o una bella escursione, con un gustoso piatto tipico. Chi non può farne a meno lo sa bene, impossibile resistere a canederli, crauti e stinco.
E se vi dicessi che non bisogna necessariamente aspettare una vacanza tra i monti per godersi i sapori altoatesini?
Già, perché in provincia di Reggio Emilia esiste un locale che ripropone non solo un menù di specialità montanare, ma anche un ambiente squisitamente rustico stile rifugio: Amici del Rifugio Crucolo. La sua storia inizia da una sinergia vincente, quella tra due famiglie unite da un'amicizia lunga 25 anni e dalla passione per le cose buone. Loro sono i Purin della Valsugana, che gestiscono il Rifugio Crucolo, ed i Guglielmi di Reggio Emilia, che 15 anni fa hanno aperto il loro ristorante in terra emiliana.
L'idea da cui tutto parte è la volontà di far sentire il cliente come a casa, avvolto da un'atmosfera rilassante che richiama in tutto e per tutto quella trentina-altoatesina, con deliziosi arredi in legno, la classica Stube in maiolica, ma anche i costumi tradizionali indossati da chi serve al tavolo. La cucina è il regno di Deanna che si destreggia ai fornelli insieme al figlio Tiziano, mentre in sala ci sono papà Maurizio e l'altro figlio Marcello.
La verità è che si rimane subito colpiti non solo dalla location, che profuma di bosco, camino e spensieratezza, ma anche e soprattutto dalle deliziose portate che vengono proposte.
Spazierete da antipasti stuzzicanti che apriranno la strada a primi corposi come i Canederli su un letto di formaggio delicato, le pappardelle con ragù di selvaggina e gli impronunciabili Sclutzkrafen, per poi continuare con il trionfo della carne: Stinco di maiale con patate, Costolette di agnello oppure Medaglioni di Cervo.
Ovviamente, per concludere il pasto, non possono mancare lo Strudel – il consiglio è di assaggiarlo perché preparato con una morbida pasta frolla ed un ripieno generoso e profumato – e la Sacher Torte.
La vera chicca è il cestino del pane, rigorosamente di produzione propria, con interessanti varianti quali il pane ai fichi, quello di segale, il più semplice bianco, e il bretzel servito caldo. Notevole anche la carta dei vini, con etichette del territorio trentino e qualche birra artigianale – due per la precisione – che ben si sposano con la sapidità dei piatti. Non a caso, uno dei particolari che accomuna gli “Amici del Rifugio Crucolo” con il ristorante in Valsugana è il rito della "visita in Cantina".
In cosa consiste? Semplice, a fine serata il padrone di casa Maurizio vi accompagnerà in cantina per un'immersione nei prodotti tipici trentini, ma soprattutto per offrirvi un digestivo a base di grappe bianche e aromatizzate, nonché di liquori trentini.
Un ultimo particolare: non dimenticatevi di prenotare, in tanti avranno la vostra stessa idea!
Amici del Rifugio Crucolo
Via Gattalupa sud, 88
42122 Gavasseto (Reggio Emilia)
Tel: 0522-552103 Cell: 3465880623
La mostra di murales monumentali celebra Parma città della Gastronomia creativa Unesco. Le opere saranno battute all'asta per il diritto all'acqua. Ecco tutti gli appuntamenti del Fuori salone che prevede serate gourmet, appuntamenti con il bio e degustazioni di vino.
Di Alexa Kuhne, ph. Francesca Bocchia
Parma, 8 aprile 2016
Food, ma anche street art, monumentale e dirompente. Perché "Cibus in Fabula" è soprattutto creatività.
Il cibo può essere raccontato con la forza dell'arte visiva, quella di strada, imponente e piena di fascino, come quella rappresentata nei 13 monumentali murales di altrettanti nomi del panorama internazionale.
L'energia dei colori e della immaginazione dei 13 artisti racconta di ciò che ci nutre, il punto di forza della cultura "Made in Italy" che vede in Parma un territorio di eccellenze.
Parma è stata, recentemente, definita Città Creativa della Gastronomia Unesco e si celebra, in occasione di Cibus questo suo riconoscimento con una mostra di opere dall'effetto straniante curata da Felice Limosani nello spazio della crociera dell'Ospedale Vecchio di via d'Azeglio.
L'esposizione, che chiuderà il 22 maggio, rappresenta il fiore all'occhiello del cartellone di eventi di "Cibus in Fabula", il fuorisalone di Cibus, dal 6 - 15 maggio, regala alla vista queste tele di 70 mq che nei mesi di Expo hanno raccontato il food sulla facciata esterna del padiglione di Federalimentare-Fiere di Parma.
"Tangibile e intangibile si mixano" -, come ha detto il curatore, Limosani: "da un lato il tangibile, ovvero la produzione eno-gastronomica e il saper fare di tutto un territorio unico al mondo, quello parmense, dall'altro l'intangibile, ovvero 13 tappe artistiche, oniriche e creative di un viaggio chiamato Food, che interrogano ora su una equilibrata distribuzione delle risorse economiche nel mondo ( come 'Communicating vessels' dell'artista pugliese Agostino Iacurci) ora su un rapporto più responsabile con la natura ( come 'Life and Hope' del collettivo spagnolo Boamistura o 'Genesi 2.0' dell'italiano Vesod) oppure sul benessere alimentare (come 'Fast, Gourmet & Light' del tedesco Tasso o 'Picture of Health' dell'irlandese Maser )".
"Il senso di questa esposizione – ha affermato Antonio Cellie, Amministratore Delegato di Fiere di Parma – vuole essere un tributo ad un tessuto imprenditoriale unico al mondo per capacità di saper fare, per dedizione e amore al territorio,per rispetto delle tradizioni e per capacità creativa. Come i nostri imprenditori illuminati questi murales intendono rappresentare un impegno che è una scommessa per il futuro,interpretando le sfide che tutti noi dovremo affrontare".
Temi diversi raccontati con sensibilità diverse che arrivano da tutto il mondo ( Giappone, Irlanda, Spagna, Francia, UK, Russia solo per citarne alcuni) per un unico "affresco globale del Food". E non è un caso che Felice Limosani abbia scelto i graffiti per rappresentare artisticamente il food. " Il futuro del cibo è nelle mani dei Millenials che numericamente rappresentano il sesto continente - afferma Limosani - con questa generazione è indispensabile attualizzare il linguaggio per far passare concetti come responsabilità, sostenibilità, distribuzione delle risorse, rispetto delle Natura, ecc. Sono soddisfatto che questo dialogo riparta da Parma, città icona del cibo e del mondo che gravita intorno.".
Dal 15 aprile al 10 maggio, le opere in mostra all'Ospedale Vecchio di Parma saranno messe all'asta sul sito www.charitystars.com. Il ricavato sarà devoluto a Oxfam Italia, ONG presente in 90 Paesi nel mondo che si occupa di progetti di sviluppo in ambito rurale per garantire mezzi di vita sostenibile ed il diritto all'acqua.
Il fuorisalone "Cibus in Fabula", che punta a rafforzare la leadership di Parma quale città di riferimento della gastronomia, valorizzando la qualità delle materie prime e la capacità di trasformarle in piatti universalmente apprezzati, sarà caratterizzato da una serie di iniziative.
Dal 7 all'11 maggio "Sorsi di natura" animerà Piazza Garibaldi. Un appuntamento per gli amanti del bio che potranno gustare una ricca varietà di succhi "salutistici" mentre gli amanti del vino potranno, negli stessi giorni sempre in Piazza Garibaldi, andare alla scoperta dei migliori vini locali proposti dal Consorzio dei vini dei Colli di Parma, Malvasia, Sauvignon fino al popolare Lambrusco. Birre artigianali e pizza cotta su pietra sono invece al centro dell'evento organizzato in Piazza della Pilotta dal 7 al 12 maggio. Spazio poi a bimbi e famiglie con il progetto "Vivere in Armonia" curato dai servizi educativi del Comune di Parma che proporrà sabato 14 maggio in Piazza della Steccata attività divulgative, laboratori scientifici e giochi.
Ad arricchire il calendario degli eventi le iniziative organizzate in Stradello San Nicolò: un vero e proprio spazio "food&mood" dove serate gourmet saranno abbinate a performance interattive tra food e design, al foodwalking e assaggi creativi. Al pubblico dei presenti sarà omaggiata la nuova pic-nic bag: una lunch box di design per sfiziosi picnic all'aria aperta.
Non solo wine&food comunque. Le serate del 6 e 11 maggio infatti vedranno protagonisti nell'Oltretorrente in due cene-spettacolo rispettivamente Gene Gnocchi e il fotografo-gastronauta-attore Lucio Rossi che intratterranno i loro ospiti all'insegna della parola e della buona cucina.
Il fuori salone toccherà altri luoghi simbolo del centro storico di Parma: Parco Ducale e Piazza Ghiaia, Orto Botanico e Galleria Sant'Andrea, Chiostro del Conservatorio Arrigo Boito e Auditorium del Carmine. Un quadrilatero ampio in cui tutte le location animate da iniziative del fuorisalone saranno contraddistinte a terra da un eco-graffito realizzato con un materiale a base di derivati dallo yogurt e raffigurante appunto il Logo Cibus in Fabula.
La presentazione della manifestazione ha visto la partecipazione, tra gli altri, del Sindaco di Parma Federico Pizzarotti, dell'Assessore al Turismo e Commercio Cristiano Casa, dell'Amministratore Delegato di Fiere di Parma Antonio Cellie e dello stesso Limosani.
Arriva una novità in cucina, un pane che promette notevoli effetti benefici grazie all'alto contenuto di antiossidanti: il Purple Bread, ovvero il pane viola, nato da un'idea del dottor Zhou Weibiao, scienziato della National University di Singapore.
Di Chiara Marando -
Sabato 02 Aprile 2016 -
Per la serie “ novità in cucina” ecco un pane che promette notevoli effetti benefici per la salute: si chiama Purple Bread, ovvero pane viola, ed è nato da un'idea del dottor Zhou Weibiao, scienziato della National University di Singapore. Pare essere l'ultimo ritrovato food, il primo supercibo lievitato al mondo. Già un supercibo, e non si tratta di un nome che deriva dai fumetti, ma di quella categoria di alimenti che presentano una densità fuori dal comune di proprietà nutritive utili al benessere fisico e mentale.
Nel caso del Purple Bread, il plus è rappresentato dalle antocianine, un gruppo di flavonoidi che danno anche il caratteristico colore viola e sono noti per il loro potere antiossidante e antinfiammatorio.
La particolarità delle antocianine è quella di prevenire le malattie cardiovascolari e neurologiche, ma anche di agire positivamente su patologie quali l'obesità. Ovviamente, perché siano efficaci, è necessario che siano estratte dagli alimenti ed aggiunte durante la preparazione del pane, così da conservare intatte le loro proprietà, anche se in misura ridotta: è bene ricordare che sono termolabili, questo vuol dire che la cottura ne diminuisce del 20 % le peculiarità nutrizionali.
E proprio su quest'ultimo aspetto il dottor Zhou Weibiao ha subito chiarito la sua posizione, specificando che questo pane è preparato utilizzando una tecnica che riesce a conservare integre l'80% delle anticianine e che, per sfruttarle al massimo, la ricetta da lui ideata prevede una cottura estremamente breve: precisamente 8 minuti, a 200 gradi Celsius.
Ma dopo tutto questo parlare, la domanda sorge spontanea: quali sono le differenze tra il pane viola e quello bianco?
Cominciamo con il dire che si tratta sicuramente di una novità interessante ma non è comprovato che il Purple Bread possieda concretamente tutte le proprietà benefiche che gli vengono attribuite.
Ad esempio, non è da prendere come certa la teoria che riesca ad abbassare l'indice glicemico grazie ad una particolare reazione chimica tra antocianine e amidi, e nemmeno che renda la digestione più lenta del 20% rispetto al pane bianco. Ciò che invece può essere considerato sicuro è il suo alto contenuto di antiossidanti, quindi non sarà miracoloso ma sicuramente diviene un alimento da considerare nella propria dieta di tutti i giorni.
Purtroppo, pensare di farlo in casa sfruttando ortaggi come il cavolo rosso o frutti come i mirtilli, non è così semplice come spiega la dott.ssa Katia Petroni, Ricercatrice di Genetica presso l'Università degli Studi di Milano e sostenuta dalla Fondazione Umberto Veronesi: “L'ideale sarebbe avere un estratto o aggiungere farine di mais rosso, perché il limite resta la cottura. Con la bollitura, necessaria per usare l'ortaggio durante la preparazione del pane, un'altissima percentuale di antocianine viene persa, perciò lo sforzo ha molto meno senso».
«In ogni caso è fondamentale ricordare – aggiunge la dottoressa - che un pane del genere non potrà mai essere un alimento sostitutivo, e che il nostro organismo ha comunque bisogno di fare il pieno di antocianine con la frutta e la verdura rossa»
Torna l'appuntamento per i più golosi e curiosi: dall'8 al 10 Aprile a Reggio Emilia si svolgerà “In Food We Truck”, il festival itinerante dedicato allo street food che coniuga cultura del buon cibo con la voglia di scoprire le tipicità regionali.
Reggio Emilia, 02 Aprile 2016 -
Torna un appuntamento imperdibile per golosi e curiosi food lovers: dall'8 al 10 aprile Reggio Emilia sarà “In Food We Truck”, l'evento interamente dedicato allo street food.
La location è quella classica delle passate edizioni,Viale IV Novembre, proprio di fronte alla Stazione. Inizia da qui, proprio da Reggio Emilia, il tour di questo festival dello street food che girerà l'Italia nel corso dell'anno. Un appuntamento unico nel suo genere che vedrà presenti i migliori food truck italiani, pronti a servire specialità enograstronomiche tipiche e deliziare i palati degli avventori. Ma questi tre giorni non saranno solo cibo, sarannocultura del cibo, alla scoperta di tradizioni, storie curiose e bontà regionali. A completare l'evento, un ricco programma di eventi collaterali che animeranno questo secondo weekend di aprile: intrattenimento per bambini, musica e creatività.
Insomma, tutto quello che rappresenta aggregazione e relax: una cultura itinerante capace di regalare esperienze nuove anche con un occhio attento al portafogli.
Per maggiori info www.infoodwetruck.net
Tutti lo cercano, lo amano e tentano di imitarlo: si parla dell'Italian Food. Per far fronte al danno economico e di immagine che i falsi in commercio portano al mercato italiano, istituzioni e chef si sono uniti stilando un protocollo d'intesa per la valorizzazione del nostro patrimonio enogastronomico.
Di Chiara Marando -
Sabato 19 Marzo 2016 -
L'Italian Food, simbolo per eccellenza del buon mangiare, che tutti cercano e desiderano anche a costo di accettare pessime imitazioni che rischiano di danneggiare seriamente il mercato del “vero” tipico italiano.
Ormai è comune trovare la mortadella preparata con carne di tacchino made in USA, oppure il pecorino che non sa nemmeno cosa sia il latte di pecora, ed ancora il “Parmesan”, uno dei più noti falsi di Parmigiano Reggiano in commercio. Per non parlare dei ristoranti all'estero dichiarati “Italiani”che non riescono neppure a servire un piatto di pasta degno di quel nome.
Insomma, imitare l'Italia non è possibile, si tratta di un unicum enogastronomico, il primo paese in Europa per numero di prodotti di qualità certificata, ben 280 nel settore food e 523 nel wine.
Ecco perché le truffe alimentari, oltre a causare un danno di immagine molto importante, rappresentano un danno concreto dal punto di vista economico, con un giro di affari pari a circa 50 miliardi di euro.
Un problema a cui il Governo sta cercando di porre rimedio attraverso un Protocollo di intesa per la Valorizzazione all’Estero della Cucina Italiana di Alta Qualità, sottoscritto dal Ministero degli Affari Esteri Paolo Gentiloni, dal Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, e dal Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini.
Insieme a loro anche numerosi chef noti al grande pubblico, in quello che rappresenta l'evoluzione di un vero e proprio Food Act, ovvero un patto tra istituzioni e mondo della cucina italiana di qualità. Maestri del gusto come Gianfranco Vissani, Carlo Cracco, Davide Oldani e Cristina Bowerman uniti per la causa, testimoni e portavoce dell'eccellenza nazionale.
Il Protocollo d'intesa sancisce una ferma volontà, quella di chiarire al mondo intero che la tradizione culinaria , le tipicità e le produzioni italiane sono un patrimonio raro da preservare. A concretizzare questo importante passaggio saranno una serie di iniziative che, tra quest'anno ed il prossimo, si concentreranno tra Stati Uniti, Giappone, Repubblica Popolare Cinese, Federazione Russa, Emirati Arabi Uniti e Brasile, i paesipotenzialmente più redditizi per il nostro comparto alimentare.
L'obiettivo?
Portare l'export agroalimentare italiano a quota 50 miliardi di euro entro il 2020 come ha affermato il ministro Maurizio Martina. Un risultato certamente straordinario ma oggi possibile proprio grazie alla filosofia che muove il Food Act: chef e istituzioni uniti, una quadra che cammina nella stessa direzione e lavora sinergicamente per lo sviluppo italiano.
A Rodano, in provincia di Milano, c’è un ristorante molto particolare: un treno inglese del ‘900 parcheggiato sui binari in mezzo a un parco, che promette un viaggio gastronomico alla scoperta di tradizioni nazionali e internazionali. Salite a bordo ed immergetevi in un’atmosfera da Orient Express.
Di Chiara Marando -
Sabato 12 Marzo 2016 -
Pronti per immergervi in un’atmosfera da giallo di Agatha Christie a bordo dell’ormai mitico Orient Express?
No, non sto parlando di un nuovo film ma di un ristorante. Esatto, proprio di un ristorante! Lo trovate parcheggiato sui binari a Rodano, in provincia di Milano (zona Segrate), al centro di un accogliente parco cittadino.
Già, sui binari, perché il ristorante in questione è qualcosa di più di un semplice luogo dove fermarsi a mangiare, è un vero e proprio bistrot nascosto in un treno inglese del ‘900. Al suo interno ancora gli arredi originali di un tempo: dai tavoli al bancone del bar, tutto richiama il fascino di quell’epoca
Si chiama “FuoriBinario” e a gestirlo è Monica Sartoni Cesari, chef, giornalista e insegnante dei corsi di cucina Sale&Pepe. Animo emiliano contagioso, in materia di cucina nazionale e internazionale Monica ha veramente tanto da dire, un curriculum da fare invidia ma soprattutto una grande capacità di proporre piatti che rivisitano e reiventano la tradizione, regalando viaggi gastronomici ed esperienze gustative estremamente particolari.
Al “FuoriBinario” poi si può mangiare in qualsiasi momento, pranzi e cene ma anche aperitivi e finger food stuzzicanti, il tutto rigorosamente gourmet e ricercato, ma senza esagerare. Il giovedì e il venerdì sono le due serate a tema dedicate ai grandi piatti tipici italiani ed alla cucina etnica.
Insomma, un “treno dei desideri gastronomici”, come ama definirlo Monica, un ristorante dove poter deliziare il palato e provare nuovi sapori riscoprendo ingredienti e preparazioni originali, ricette di altri paesi e culture differenti.
E non pensate che per una sosta golosa sia necessario dare fondo al portafoglio, perché, da buona emiliana, la padrona della casa ci tiene a precisare “Non è vero che per mangiare al top si debbano spendere cifre astronomiche ed entrare timidamente in punta di forchetta, come nei grandi templi della gastronomia. Da noi si può trovare un ambiente informale e con un eccellente rapporto qualità/prezzo, ma soprattutto una cucina con ingredienti di altissima qualità, farcita di conoscenza, amore e fantasia”.
Il menù spazia da antipasti come il Carpaccio di Prosciutto di Parma con salsa tiepida al balsamico di Modena IGP e pinoli, Quartetto di samosas e dim sum croccanti con le loro salse e chutney oppure Rolls di salmome ripieni con salsa teriyaki. Ed ancora primi piatti tra cui i Tagliolini in nero con ragù di calamari, seppie e pomodorini confit fatti in casa, Pappardelle con sugo di salsiccia a coltello piccantino e Orecchiette integrali con sugo di polpettine. Per i secondi, Tempura di gamberi in panko con salsa teriyaki e sesamo ed ancora Costine laccate cotte a bassa temperatura.
Ma questi, ovviamente, sono solo alcuni golosi esempi di ciò che potrete scegliere tra le tante varianti che seguono la fantasia dello chef.
Sapori per tutti i palati significa anche che tra le proposte del menù sono presenti piatti vegetariani, vegani oppure a basso contenuto calorico per chi deve stare attento alla linea ma senza sacrificare il gusto e mortificare lo spirito.
Ristorante FuoriBinario
Via Filippo Turati, Rodano (Milano)
Tel. 380 7521812 -335 7768211
Dopo 50 anni riapre nel centro storico di Parma la Cioccolateria Gelateria Banchini: l’appuntamento è per sabato 5 marzo in Piazzale Cesare Battisti, un momento per gustare tutte le bontà proposte da Alberto e Giacomo Banchini
Di Chiara Marando –
Parma, 02 Marzo 2016 -
Il cioccolato parmigiano ha come protagonisti due volti giovani ma con alle spalle una storia di famiglia che si lega strettamente a questa delizia irresistibile: Alberto e Giacomo Banchini.
Tutto è partito dal desiderio di recuperare l’antica attività iniziata nella Parma di una volta, quella del 1879, dal loro trisavolo Gian Battista. Il sogno è diventato realtà ed è cresciuto con l’apertura di un’attività che ha fatto innamorare ancora una volta i parmigiani del gusto intenso del cioccolato.
Oggi i due fratelli festeggiano un altro importante traguardo: sabato 5 marzo, in Piazzale Cesare Battisti 9/B, nel cuore di Parma, inaugurerà la nuova Cioccolateria Gelateria Banchini.
Dopo l’apertura del Laboratorio di Via La Spezia, vera e propria fucina dove avviene la produzione dell’intera gamma Banchini, e del primo spazio di vendita e somministrazione al pubblico, ovvero la Cioccolateria Gelateria Banchini, Alberto e Giacomo hanno deciso che il passaggio successivo doveva essere quello di tornare alle loro radici, dove tutto ha avuto inizio, nel centro storico di Parma.
Protagonista nel nuovo locale sarà il gelato, la cui centralità è stata raggiunta grazie all’enorme successo di pubblico avuto in questi mesi. I gusti più richiesti sono ovviamente quelli a base di cioccolato, i variegati come quello all’arancia, alla cannella, il Biscotto della Duchessa, ma anche il Pistacchio Verde di Bronte IGP, la Nocciola del Piemonte IGP e il croccantino.
Tra le numerose novità anche i biscotti menta e cioccolato, arancia e cannella, e il nuovissimo Biscotto della Duchessa al cioccolato al latte. E per i più golosi ecco Il Salame di Banchini, un salame di cioccolato con Pistacchio Verde di Bronte DOP e Nocciole del Piemonte IGP, ma anche il marchio I Crisopoli, che raccoglie la linea di dragees, nocciole, amarene, pistacchi, fave di cacao, chicchi di caffè ricoperti di cioccolato. E ancora le immancabili tavolette aromatizzate tra le quali è da ricordare quella al Cioccolato Bianco e Violetta, appena riconosciuta tra le finaliste del premio Tavoletta D’Oro della Compagnia del Cioccolato.
Per finire questa carrellata golosa ecco l’ultimo nato in casa Banchini: L’Ovale, l’uovo di cioccolato fondente 55% a forma di pallone da rugby, un omaggio alle grandi passioni e tradizioni da sempre in famiglia.
Una serata per dire “no” alla liberalizzazione della produzione del Lambrusco paventata dall’Unione Europea: Stralvè Food&Wine, in collaborazione con La Cantina Carra di Casatico, hanno promosso un appuntamento per celebrare questa tipicità territoriale e sottolineare con forza la negatività di questa proposta.
Di Chiara Marando -
Sabato 27 Febbraio 2016 - (Guarda il video in fondo alla pagina)
Non più solo una tipicità locale ma una tipicità globale, o almeno questo è quello che vorrebbe la Commissione Europea. Stiamo parlando del Lambrusco, un vino che si lega strettamente con la tradizione del territorio emiliano, un vero e proprio marchio di fabbrica che accompagna i cibi della cultura culinaria che rappresentano questa regione.
La notizia era arrivata da Bruxelles, in quello che è stato un attacco all’identità del Lambrusco: la commissione Agricoltura dell’Unione Europea, o almeno parte di essa, ha lanciato l'idea di liberalizzare la sua produzione. Perché? Il motivo è assolutamente senza senso ma si legherebbe al concetto che, diversamente da altri vini italiani, il Lambrusco non ha un riferimento geografico, come invece nel caso del Prosecco in Veneto.
In altre parole, una lenta ed inesorabile morte delle radici enogastronomiche italiane, anche se gli ultimi aggiornamenti mettono in luce il ritiro dell’atto da parte dell’Ue.
Più che ragionevole, quindi, la preoccupazione dell’Emilia Romagna, una preoccupazione che ha portato a proteste e movimenti su larga e piccola scala.
Ed è proprio per celebrare il Lambrusco, e per ribadire la volontà di proteggerne la “paternità” territoriale, che a Parma, città appena nominata “City of Gastronomy UNESCO, si è svolta una serata in onore del rosso frizzante e beverino che non può mai mancare sulle tavole degli emiliani.
I ragazzi di Stralvè Food&Wine, in collaborazione con La Cantina Carra di Casatico, uno tra i maggiori produttori del territorio, sono riusciti ad organizzare un appuntamento all’insegna della convivialità tutto, nemmeno a dirlo, a base di Lambrusco.
Uno sforzo importante per offrire a tutti, gratuitamente, un assaggio di quello che questo territorio ha da offrire, dell’unicità dei suoi prodotti, legati a doppio filo con la tradizione emiliana più profonda.
Dall’aperitivo fino al dolce passando per qualche bicchiere di troppo, che in questi casi non fa mai male: una originale Spuma di Lambaroni firmata Stralvè per cominciare, accompagnata da Parmigiano Reggiano 24 mesi, una crema al Lambrusco da gustare con pane e focaccia, ed ancora un cremoso risotto al Lambrusco con pancetta e radicchio, per finire con un dolce da gustare al cucchiaio.
Insomma, un momento per ricordare la bontà di quanto crea l’Emilia, ma anche e soprattutto di quanto sia importante difendere ciò che ci appartiene e rappresenta, allontanando quanto più possibile l’omologazione delle identità di ogni Paese, territorio e Nazione.