Ryanair ha annunciato la cancellazione di 40-50 voli al giorno per le prossime sei settimane (fino alla fine di ottobre) per migliorare la sua puntualità a livello di sistema.
E' quanto si legge sul sito della nota compagnia low cost. Il motivo: migliorare la puntualità dei viaggi che nelle prime due settimane di settembre è scesa dal 90 per cento all'80 per cento a causa di scioperi dei controllori di volo, maltempo e ferie arretrate di piloti e personale di cabina. Si stima che i disagi riguarderanno circa 285 mila passeggeri.
Ryanair si scusa sinceramente per gli inconvenienti causati ai clienti da tali cancellazioni e comunica che saranno contattati con proposte di voli alternativi o rimborsi completi.
A questo link troverete tutti i voli cancellati.
18 settembre 2017
Amanda Maselli ha conosciuto suo marito Ulrik a Venezia, dove entrambi studiavano, lei architettura, lui all'Accademia di Belle Arti. Si sono ritrovati parecchi anni dopo ed è scattata la scintilla. Si sono trasferiti vicino a Copenaghen dove oggi Amanda insegna la nostra lingua ai danesi. Ma il lungo inverno della Danimarca gli ha portati anche in Sicilia, dove la coppia vive per sei mesi l'anno.
Di Manuela Fiorini
MODENA – Amanda Maselli è una persona solare, piena di vita. Ha un sorriso contagioso e colori mediterranei. Fisicamente è l'opposto di suo marito Ulrik, capello biondo e lineamenti nordici. Amanda è modenese e, nella vita, voleva fare l'architetto, Ulrik è danese e ha studiato all'Accademia di Belle Arti di Venezia. Proprio la città più romantica del mondo li ha fatti incontrare, come nella più bella delle favole. Per amore, Amanda si è trasferita in Danimarca, dove Ulrik ha un atelier in cui nascono le sue sculture, pezzi artistici unici, che ha esposto in prestigiose sedi europee ed eventi internazionali. Il cambiamento per Amanda è radicale: una nuova lingua, nuove abitudini, un clima assai diverso e più freddo, anche in estate. Lei, però, è ottimista. Impara il danese, anzi, lo impara talmente bene che il suo bilinguismo la porta a insegnare l'italiano agli stessi danesi.
Ci siamo fatti raccontare questa splendida storia dalla protagonista.
Sei originaria di Modena, ma oggi vivi in Danimarca, ci puoi raccontare il perché di questa scelta?
"Sono nata e cresciuta a Modena, ma dopo il Liceo Classico Muratori sperimentale, mi sono trasferita a Venezia per studiare Architettura. A Venezia, nell' estate del 1995, ho conosciuto Ulrik, un ragazzo danese, che studiava all'Accademia di Belle Arti. Ci siamo persi di vista per un po', ma poi, il destino ha voluto che ci ritrovassimo a condividere lo stesso appartamento proprio nei pochi mesi che mancavano alla mia laurea. In quei quattro anni di permanenza a Venezia, Ulrik aveva imparato l'italiano, così abbiamo avuto la possibilità di conoscerci meglio. Il destino, però, aveva deciso di tenerci separati ancora per un po'. Sebbene Ulrik avesse già avuto diverse soddisfazioni come scultore e alcune sue opere fossero già esposte nella Galleria Leone alla Giudecca di Venezia, alla fine degli studi sarebbe tornato in Danimarca. Io, invece, una volta laureata sono tornata a Modena, dove ho iniziato a lavorare. Durante una visita a Venezia, tuttavia, ho rivisto Ulrik e gli ho lasciato un mio biglietto da visita. Proprio quel pezzetto di carta ci ha fatto incontrare di nuovo, dopo dieci anni. Nel 2010, dopo aver chiuso una storia con una ragazza danese, lui ha trovato per caso il mio biglietto da visita. Si è ricordato delle nostre chiacchierate, di come ridevamo insieme e...mi ha telefonato. Lui si ricordava ancora bene l'italiano, a quella telefonata ne sono seguite altre. Poi Ulrik mi ha invitata in Danimarca. Quando ho incontrato il suo sguardo in aeroporto, ho sentito nascere quel sentimento indefinibile, che si chiama Amore. La cosa era reciproca, ma io aveva casa, lavoro, famiglia e amici in Italia. In più, non parlavo danese. Però, ero innamorata ed ero davvero curiosa di vivere un'esperienza all'estero. Così, mi sono buttata. Ci siamo sposati e ora viviamo in Danimarca, anche se part time".
Quali sono state le principali difficoltà che hai affrontato in un paese straniero con una lingua così diversa dalla nostra?
"All'inizio, pensavo che l'inglese potesse bastare, ma non era così. Siamo andati a vivere a Næstved, a 60 km da Copenaghen, in una cittadina circondata dai fiordi, dai boschi e dal mare. Ma la maggior parte delle persone parlavano solo danese e comunicare non era facile. Per fortuna, in Danimarca viene offerta la possibilità agli stranieri di andare a scuola gratuitamente per imparare la lingua per due anni. Così, ho cominciato a frequentare i corsi. Ero l'unica italiana e i miei compagni, di tutte le età, venivano da ogni angolo del pianeta. Mi sono anche iscritta in palestra e ho lavorato come cameriera per migliorare il mio danese, ma i rapporti sociali continuavano a essere distaccati, perché i danesi sono molto chiusi, timidi, riservati. Per fortuna Ulrik aveva degli amici che parlavano inglese. La svolta, tuttavia, è avvenuta quando, finita la scuola, il Comune mi ha proposto di insegnare italiano ai danesi. E questo, ancora oggi, è il mio lavoro. Per me le difficoltà sono state anche integrarsi, farsi degli amici e adattarsi alla diversa cultura e alle abitudini. Per esempio, per i danesi è normale andare a cena alle 18, se ti metti d'accordo per uscire a cena, ti danno appuntamento dopo tre mesi.
Parlaci dei tuoi studenti. Che cosa piace ai danesi dell'Italia?
"Non avrei mai pensato che i danesi amassero così tanto la nostra lingua e che, dopo essersi alzati all' alba e aver affrontato un giorno lavorativo, trovassero la forza di venire a lezione di italiano. La verità è che ai danesi piace l'Italia, ma soprattutto amano gli italiani. Questa per me è stata una sorpresa. Siamo così diversi da spaventarli un po', al primo impatto ma, sotto sotto amano la nostra capacità di arrangiarci, la nostra innata allegria e la voglia di vivere, il nostro calore, il nostro cibo. Non capiscono la nostra politica e i perenni problemi con la spazzatura, questo no, ma del resto non li capiamo nemmeno noi...".
Che cosa ti manca di più di Modena e dell'Italia in generale?
"Di Modena mi manca soprattutto la mia famiglia, mia sorella e i miei amici. Mi mancano gli aperitivi, i primi giorni di primavera, i luoghi conosciuti. Anche se di tanto in tanto torno a fare loro visita. Dell'Italia, ho trovato il modo di non farmi mancare nulla, perché per circa sei mesi all'anno io e Ulrik viviamo a Ortigia, in Sicilia, dove abbiamo comprato casa".
Raccontaci di questo tuo secondo "colpo di fulmine" per Ortigia.
"Avevo la sensazione che mi mancasse qualcosa. Dopo tre anni in Danimarca, dove gli inverni sono lunghi, a maggio ci sono 8°C, a fine agosto si riaccende il riscaldamento e la socialità è ridotta al minimo, sia a me che a Ulrik mancava il respiro internazionale di Venezia, confrontarsi con gli altri, conoscere gente. Così, non avendo figli ed essendo Ulrik un artista, abbiamo pensato che, in fondo, potevamo vivere dove ci pareva. Così, quando, mio marito mi ha chiesto: "Dove ti piacerebbe vivere in Italia?", il mio pensiero è corso subito alla Sicilia, dove ero stata in vacanza da studentessa. Ulrik ha cominciato a navigare su internet e, una sera, mi ha mostrato un luogo che non avevo mai visto: l'isola di Ortigia. Gli piaceva perché gli ricordava Venezia. Abbiamo iniziato a informarci e, tramite Facebook, abbiamo scoperto che una ragazza di Carpi aveva aperto lì un locale, il Moon. L'abbiamo chiamata e siamo andati là per una settimana. Era la fine di maggio, il sole batteva e illuminava i templi greci e il duomo con la sua facciata barocca, e poi lo splendido lungomare con la brezza serale e tanta, tanta gente da tutto il pianeta. È stato amore a prima vista. Un anno dopo, siamo tornati per un mese intero, insieme a una decina dei miei alunni danesi per continuare il corso di italiano proprio là, mentre Ulrik ha organizzato una mostra. Tornati in Danimarca, abbiamo messo in affitto l'appartamento e siamo tornati in Sicilia per altri quattro mesi con l'idea di comprare una casa a Ortigia. Abbiamo infine trovato una sistemazione a 50 metri dal mare, nello splendido e vivo quartiere ebraico. Ulrik si è messo d'impegno e ha costruito con le sue mani gli armadi, il letto e le decorazioni. Oggi abbiamo la residenza in Danimarca, dove viviamo per sei mesi e un giorno, per altri sei mesi, meno un giorno, invece, abitiamo in Italia. Ortigia, in realtà, è un po' un mondo a sé. Ogni giorno si viaggia per il mondo stando fermi: abbiamo conosciuto filosofi turchi, artisti inglesi e americani, pensionati svedesi e siberiani, architetti danesi, musicisti israeliani, studenti di architettura cinesi, capitani di nave di Tallinn, insegnanti di tennis russi, manager australiani, restauratori francesi, cantanti norvegesi, ambasciatori tedeschi, un melting pot incredibile! Per mio marito e per me la vita è anche questa: esperienza. In Sicilia ci ubriachiamo di stimoli e contatti, in Danimarca ci rilassiamo, progettiamo e pianifichiamo, a Modena torniamo per riabbracciare i nostri affetti."
INFO
Amanda e Ulrik in estate tornano in Danimarca e affittano la casa di Ortigia nei mesi estivi. Per visionare l'appartamento e per i contatti: abnb.me/EVmg/d1yziTh93C
Ravenna è cibo per lo spirito e per il corpo: ecco qualche consiglio per scegliere le tappe gastronomiche giuste tra un monumento e l’altro.
Di Chiara Marando -
Sabato 13 Maggio 2017 -
Il centro storico di Ravenna è un brulicante fermento di voci e profumi che si nutrono dei sentori trascinati dall’aria di mare, ma anche di quella storia maestosa raccolta in meravigliose opere d’arte testimoni di generazioni ecclesiastiche e signorili. Difficile non trovarle, sono loro a venire da te tenute per mano dalle file di turisti che a flussi alterni si accalcano agli ingressi o percorrono le vie lastricate erose dal tempo.
Insomma, Ravenna è cibo per lo spirito e per il corpo. Due giorni bastano per staccare la spina, per assorbirne l’energia del patrimonio artistico, ma anche per assaporare quello che la cucina ha da offrire.
Quindi, ecco qualche consiglio per scegliere le tappe gastronomiche giuste tra un monumento e l’altro. Lo so, tutti dicono che non si può andare a Ravenna e non mangiare la tradizionale piadina. Lungi da me convincervi del contrario, piuttosto preferisco segnalarvi una sosta obbligata per chi vuole gustare una piadina degna di questo nome.
Situato in un palazzo antico nel pieno cuore storico cittadino, “Cà de Vèn” è l’enoteca d’altri tempi, quella con gli scaffali e le mensole in legno – in questo caso ottocentesche – con le bottiglie prestigiose, con il brusio della clientela che sorride tra un bicchiere e l’altro, ma anche tra un moroso e l’altro. Qui non pensate di trovare la raffinatezza, qui trovate la tipicità. La piadina è un must, fatta in casa e farcita con ingredienti golosi. Poi ci sono i piatti romagnoli, che raccontano il territorio, che fanno sentire a casa e conoscere la parte più genuina della città.
Visita dopo visita arriva l'ora di uno spuntino e con lui quella di un aperitivo che non ti aspetti, in una stretta via laterale, una di quelle meno calcolate dal passaggio turistico: tavolini e sedie in legno e metallo ed un interno allegro che ricorda i locali spagnoli. Si chiama "Fresco", ed è una sorta di lounge bar dove la selezione dei prodotti guarda con attenzione al biologico, alla nicchia che fa la differenza. L'idea è quella di offrire qualcosa di diverso dal solito spezzafame, di accompagnare un buon bicchiere di vino o una birra artigianale con stuzzicanti tapas, piccole porzioni di piatti curati e particolari da mixare a piacimento per provare sapori nuovi uno dopo l'altro.
Infine, è arrivato il momento della cena. Qui possiamo concederci qualcosa di più, la piacevolezza di sedersi tranquilli a tavola, di sorseggiare un buon calice godendo di portate anche ricercate che non dimenticano la cultura gastronomica del territorio.
“L'Osteria del Tempo perso”, a pochi passi dalla splendida Basilica di San Vitale, è un angolo di tranquillità: libri, vini e dischi arredano ogni parete del piccolo spazio che ospita solo pochi tavoli, un ambiente intimo da sapore retrò a tratti casalingo. Si respira la passione per la cultura, si percepisce la volontà di ricreare un ambiente accogliente nel quale fermarsi a parlare e vivere la convivialità. Il menù trionfa di mare ma propone anche qualche piatto di terra. Le preparazioni sono presentate con eleganza: gamberoni in pasta kataifi su riso venere e crema di zucca; Penne saltate con moscardini e canocchie con pesto al basilico e pomini; i classici cappelletti della tradizione; il carrè di maialino croccante al mirto.
E per digerire? Due passi nella Ravenna notturna, avvolti dal rumore ovattato di una città che non vuole andare a dormire ma cullarsi per qualche ora ancora.
A qualche giorno di distanza dal suo rientro in Italia, Lorenzo Basile mette nero su bianco le impressioni della tappa che, durante il viaggio in Bosnia con la Caritas diocesana, nell'ambito del progetto Kamlalaf, lo ha portato alla scoperta di Sarajevo.
Piacenza, 6 settembre 2016
Un cielo plumbeo copre Sarajevo al nostro arrivo. Del medesimo colore, primi ad accoglierci, sono i giganti di cemento di Novi Grad, casermoni popolari in perfetto stile sovietico, il cui maestoso grigiore resta immutato attraverso i decenni. Entriamo in città risalendo la Miljacka, fiume lungo il quale Sarajevo si è storicamente sviluppata in periodo ottomano come importante snodo commerciale. Tutto attorno, su entrambe le sponde, la circondano colline, oggi verdi e piene di abitazioni. Le lenti colorate della memoria, tuttavia, le fanno assumere tinte ben più cupe. Fu loro il mortifero abbraccio che soffocò la città durante l'assedio protrattosi quattro lunghissimi anni, dal 1992 al 1996.
Per giungere a destinazione percorriamo il tristemente noto Viale dei Cecchini, la lingua d'asfalto, che insieme al fiume, taglia a metà il centro urbano: oltre 600 persone caddero sotto il fuoco dei tiratori scelti serbi nel tentativo di attraversarlo. È strano, ma mi sento come osservato. Poche città trasudano storia come Sarajevo. Tanti regni, e regimi, si sono susseguiti ed ognuno ha contribuito ad accrescerne il carattere multiculturale e multietnico, una storia di convivenza che ha portato qualcuno a definirla una sorta di Gerusalemme d'Occidente. Nel centro cittadino, infatti, nel raggio di cento metri è possibile osservare una chiesa ortodossa, una cattedrale cattolica, una sinagoga ed una moschea. Tutte, nessuna esclusa, hanno subito danni durante il conflitto. Simbolica è la cosiddetta "Sarajevo meeting of cultures".
Una linea retta tracciata sulla strada che idealmente separa l'Oriente dall'Occidente, identificati questi con l'Impero Ottomano e l'impero Asburgico che succedendosi hanno segnato cinque secoli di storia della città. Stando su questa linea, a seconda di come ci si orienta, si possono osservare due stili completamente diversi: in un attimo si passa, infatti, da una strada in stile Istanbul nel quartiere Bascarsija ad una tipica cornice viennese fatta di viali e cafè. I profumi delle panetterie e i rumori delle piccole botteghe artigiane, invece, si diffondono liberi in ogni vicolo, senza discriminare tra est e ovest. Tristemente esemplare della follia distruttrice della guerra furono i bombardamenti che per trenta ore si accanirono contro la Vijećnica, il magnifico edificio in stile moresco che ospita la Biblioteca Nazionale e nel cui rogo andarono in fumo centinaia di migliaia di volumi. Non si trattò di cieca violenza, bensì della deliberata volontà di colpire al cuore le radici altrui, cancellando la memoria di secoli di convivenza, inconcepibile per coloro che erano spinti da un becero nazionalismo esclusivista.
Camminando per la città ovunque sono ancora ben visibili i fori di proiettile sulle pareti delle case, cicatrici fisiche qua e là coperte con cerotti di stucco. Più difficili da rimarginare sono, invece, quelle che hanno lacerato i cuori delle persone e, di conseguenza, il tessuto sociale della città. Presso il Centro della Pastorale Giovanile di Sarajevo, di cui siamo stati ospiti, abbiamo avuto la grande opportunità di ascoltare la testimonianza di tre ex-detenuti nei campi di prigionia creati in tempo di guerra. Si tratta di un progetto di Caritas Bosnia e del Catholic Relief Services (Caritas USA) chiamato "Fiducia, riconciliazione e responsabilità" che mira a narrare in modo condiviso quei tragici avvenimenti. Poco importa l'etnia, i racconti sono praticamente tutti uguali: vicini che da un giorno all'altro bussano armati alla tua porta, deportazioni forzate e prigionie disumanizzanti. Contro i pregiudizi e contro le narrazioni dei media embedded ai partiti nazionalisti, loro portano nelle scuole e nei villaggi il loro messaggio di pace, da ricordare e ricostruire, perché sia ponte tra i fossati creati da un odio etnico che non apparteneva alla storia di queste terre, ma che venne piuttosto seminato con scientifica lucidità da classi dirigenti criminali per i loro biechi interessi. Tanto ci sarebbe ancora da raccontare, ma il tempo e le parole, soprattutto le parole, non sono sufficienti per descrivere le contrastanti emozioni che una città come Sarajevo sa trasmettere. Un luogo dove anche un semplice vecchio tram ha una storia da gridare ad un mondo troppo spesso sordo, che invece, proprio di questi tempi, tanto avrebbe da imparare da questi tragici fatti.
Lorenzo Basile
(Fonte: ufficio stampa Comune di Piacenza)
E' rientrata nel fine settimana in Italia, dopo il viaggio in Perù con ProgettoMondo Mlal nell'ambito dell'edizione 2016 di Kamlalaf: nelle righe che seguono, Federica Nembi racconta gli ultimi giorni trascorsi nel Paese andino, riflettendo sul valore dell'esperienza vissuta.
Piacenza, 9 agosto 2016
di Federica Nembi
Il primo Paese con cui entriamo in contatto, arrivati sull'altopiano andino, è Sicuani. Qui, nei due giorni di permanenza, i componenti del Gies Canchis ci accompagnano a visitare alcune realtà che fanno parte della loro associazione. Così come per le cooperative di cafetaleros, anche in questo caso ci viene spiegato come la cooperativa sia una struttura solidale che si pone l'obiettivo di fortificare le capacità dei produttori, per far sì che il loro lavoro sia fonte di un'economia sostenibile.
Abbiamo l'onore di partecipare anche a una "Huatya", evento della comunità in cui le donne ci permettono di condividere con loro un momento importante della tradizione rurale, qual è il pranzo che si fa nei campi durante la stagione della raccolta.
Il giorno seguente partecipiamo alla "feria" che, in accordo con il Comune, l'organizzazione propone mensilmente per promuovere le produzioni delle associazioni aderenti al Gies. Questi momenti rappresentano un'occasione importante, non solo da un punto di vista economico di vendita, ma anche e soprattutto un momento di condivisione col tessuto sociale di appartenenza.
Dopo Sicuani, ci spostiamo ad Ayaviri dove conosciamo l'associazione Cepas Puno. E' un'associazione locale, sempre di matrice solidale, che ha l'obiettivo di accompagnare i gruppi di donne e le comunità con attività di sostegno quali il microcredito e la commercializzazione dei prodotti, curandone anche la qualità e la provenienza biologica.
Ultimamente, alcuni giovani del Cepas hanno dato vita a una nuova cooperativa, Tarpuy, con l'obiettivo di promuovere una cultura diversa rispetto a quella che propone la Tv peruviana. A questo proposito organizzano, con l'ausilio di dispositivi audiovideo, cineforum e attività culturali nelle scuole.
Gies Canchis e Cepas Puno sono tra le associazioni locali con cui collabora l'ong ProgettoMondo Mlal nel progetto biennale "Economia solidale", iniziativa di cooperazione per il potenziamento della rete di economia solidale e dell'equità di genere delle popolazioni rurali, cofinanziato dal Fondo Italo-Peruviano (Fip).
Come ultima tappa del nostro viaggio visitiamo l'isola di Amantani, sul lago Titicaca. Sotto un cielo con così tante stelle come non ne ho mai viste, arriva per me il momento di ringraziare chi ha reso possibile tutto questo: ProgettoMondo Mlal che mi ha permesso di visitare e vivere il Perù "dalla parte giusta"; i compañeros con cui ho condiviso questa esperienza, quelli partiti con me dall'Italia e quelli che ho conosciuto qui, sia italiani che peruviani, che hanno saputo giorno per giorno mostrarci luoghi incantevoli, quanto a volte ostici, come la Selva e l'altopiano andino; il Comune di Piacenza, lo Svep e il progetto "Kamlalaf in viaggio con Erodoto", con la speranza che possano continuare ad offrire ai giovani l'opportunità di vedere il mondo da un altro punto di vista.
Il Perù è un luogo meraviglioso, che in certe zone, lontano dalle grandi città, soprattutto là dove si è svolto il nostro viaggio, chiede alla sua gente un prezzo alto in termini di fatica e di adattabilità. Abbiamo conosciuto persone, soprattutto donne, che rispondono però quotidianamente a questa richiesta con grande umiltà, dignità e rispetto profondo per la Pachamama (Madre Terra). Solpayki Peru (grazie Perù)!
(Fonte: ufficio stampa Comune di Piacenza)
Dal Perù, dove si trova in viaggio con ProgettoMondo Mlal nell'ambito del progetto Kamlalaf, arriva la seconda puntata del diario di Federica Nembi, che il 6 agosto rientrerà in Italia. Seguono le sue parole. Kalalaf è un progetto del Comune di Piacenza in collaborazione con il Centro di servizio per il volontariato Svep e diverse associazioni del territorio. E' un'iniziativa di turismo responsabile e consapevole, rivolta ai giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni per promuovere l'incontro e la solidarietà tra Nord e Sud del mondo, per crescere come persone e come cittadini.
Piacenza, 2 agosto 2016
Dopo un'intensa giornata con i bambini lavoratori, nel centro educativo del "Movimiento de Adolescentes y Niños Trabajadores Hijos de Obreros Cristianos – Manthoc", abbiamo potuto comprendere bene le parole di Alejandro Cussianovich quando, nell'incontro che abbiamo avuto prima con lui, ci diceva: "La solidaridad es la ternura de los pueblos – La solidarietà è la tenerezza dei popoli".
Infatti i ragazzi ci hanno preso per mano, facendoci osservare con orgoglio, attraverso le vie di Yerbateros, il lavoro dei loro genitori al mercato, cui quotidianamente partecipano, e districandosi nei vicoli ci hanno aperto la porta di casa. Qui il Centro educativo svolge un ruolo importante per lo sviluppo e la formazione di questi ragazzi, offrendo il servizio di una mensa, organizzando attivitá di dopo scuola e accompagnando la promozione di iniziative per incentivare le politiche pubbliche.
Li abbiamo salutati uno a uno e, per ultima, abbiamo salutato Lima. All'indomani, infatti, ci saremmo risvegliati nella Selva.
Qui a Pichanaki abbiamo potuto conoscere le cooperative locali dei "cafetalores" che ci hanno mostrato l'intera filiera produttiva e introdotto alle differenti situazioni di precarietà e povertà, legate alla scarsa copertura di servizi pubblici in zone rurali e al bassissimo livello di copertura previdenziale. É in questo ambito che si inserisce il progetto Caffè Corretto, iniziativa promossa da ProgettoMondo Mlal in collaborazione con le principali Federazioni nazionali di produttori di caffè di Perù e Bolivia.
Il progetto ha come obiettivo quello di contrastare appunto, in cinque zone di produzione di Perù e Bolivia (nelle regioni di Cajamarca, Junin, Puno, La Paz), gli attuali livelli di precarietà che caratterizzano i lavoratori e le lavoratrici delle filiere di caffè, contribuendo al riconoscimento della dignità del lavoro, a partire da un migliore accesso ai servizi pubblici e a forme di previdenza sociale adeguata, nel quadro del rafforzamento del modello associativo rurale.
Dopo questa esperienza abbiamo proseguito alla volta di Cuzco dove, mentre visitavamo luoghi dal forte richiamo turistico, abbiamo avuto la fortuna di alloggiare presso l'accogliente centro Yanapakusun, che svolge un importante lavoro con le giovani adolescenti in stato di vulnerabilità sociale (per informazioni sul centro ed eventuali prenotazioni in caso di viaggio a Cuzco, www.yanapanakusun.it ).
E' arrivata l'ora di salutare anche questi luoghi ed entrare nell'altipiano andino peruano!
Tupananchiskama!
Federica Nembi
(Fonte: ufficio stampa Comune di Piacenza)
GIULIA SANTORO ha creato una possibile mappa per unire alla visita nelle maggiori capitali europee la possibilità di soggiornare nei loro Design Hotel più caratteristici. Sicuramente un suggerimento in più per rendere le vostre vacanze culturalmente più appaganti e ricche di straordinarie esperienze!
Di Giulia Santoro
Ormai le ferie d'agosto sono in arrivo e se non avete ancora pianificato le vostre vacanze, un'idea interessante potrebbe essere quella di unire la visita in alcune delle più affascinanti capitali europee soggiornando nei loro famosi hotel di design!
Sono una vera e propria emozione per occhi e mente.
Costruzioni eccentriche, creative, giovani, progettate da "archistar" o anche da creativi emergenti. Quella che potrebbe sembrare una vacanza "normale", potrebbe invece rivelarsi un esperienza entusiasmante e coinvolgente.
Ecco per voi una classifica esclusiva sulle destinazione da non perdere sulla via dei Design Hotel in Europa.
VIENNA. Al primo posto troviamo l'Hotel Roomz. Una struttura ultra moderna, un gioiello di particolarità e modernità. Nato nel 2007 e di recente restaurazione. Ospita 152 camere corrispondenti a 4 colori: rosa, verde, marrone e blu. Tutto ruota intorno a questi colori e a seconda della zona scelta le nuance prevaricanti saranno proprio quelle legate al colore. Forse un po' freddo e minimalista negli arredamenti ma assolutamente stravagante e capace di offrire un servizio che farebbe invidia a qualsiasi maggiordomo inglese.
BRUXELLES. La stanza è d'obbligato riservarla al Bloom Hotel. Vicinissimo alla stazione metropolitana Botanique. Si tratta di un elegante edificio con 305 camere, tutte decorate da dipinti e quadri di artisti del design. Da non perdere anche il ristorante all'interno SmoodS dal momento che eccentricità, stravaganza e follia sembrano essere parte degli ingredienti fondamentali. Lo stile è quello tra Safari e Sixtees e anche se di primo impatto può sembrare improbabile, è d sicuro grande effetto.
PARIGI. Hotel Pavillon Nation, dallo stile è sobrio e moderno. Collocato in pieno centro. Tanti e giganteschi i tappeti, finestre panoramiche, linee chiare e strutture in acciaio. Nella sua semplicità risulta estremamente accogliente con le sue camere eleganti, raffinate, spaziose , di gusto francese e dotate di confort di prima classe.
MADRID. All'Hotel Room Mate troverete una vera e propria perla di contemporaneità. Brillante e cosmopolita. Luci, Bassorilievi, immensi spazi sono gli elementi essenziali delle 74 camere. Il soggiorno è volto a garantire esclusività, originalità e piacevolezza nel contesto più confortevole, di lusso e di design che la capitale spagnola può offrire.
Ma se vogliamo rimanere nella nostra amata e incomparabile per bellezza, Italia, vi consiglio a PESARO l'Alexander Museum Hotel.
Questo è un imponente edificio che porta il nome dei grandi artisti del nostro tempo. Più che Hotel di lusso sembra una vera e propria galleria d'arte. I corridoi, le sale, la piscina sono il frutto di 25 artisti tra cui Giò Pomodoro, Mimmo Paladino, Floriano Ippoliti, Gino Marotta, Simon Benetton.
Dopo soggiorni di questo genere, tornare alla vostra città, alle vostre case, al vostro lavoro dopo le ferie non sarà mai stato così difficile, ma l'appagamento per chi è autenticamente appassionato di Design sarà indimenticabile! Enjoy your Design Holidays
CREDITS: - designmag.com – calsonschool.emn.edu – enforex.com – parisinsidersguide.com – hotelbruxellescentro.it – holidaypesaro.com – adriamar.it – evetsactivities.com – thedesignsoc.com
weather-forecast.com – miestai.net – booking.com – prontohotel.it – room-mate-mario.madrid-hotels.com – alexandermuseum.it
Cosa unisce Londra e una delle più rinomate località di villeggiatura come la Costa Azzurra? Semplice, essere distintivi e raffinati. Per essere ricordati in modo unico.
A tutti coloro che amano l'esclusività, è rivolto l'invito ad entrare nei nuovissimi ambienti del design e della moda nel pieno centro di Marylebone, una delle zone più celebri di Londra. Proprio qui ha messo la firma la Maison Christian Lacroix, portando a nuovi sfarzi il quinto piano dell'Hotel Mandeville con le sue splendide collezioni di tessuti e tappezzerie. Ogni collezione della Maison Christian Lacroix racconta una storia. La storia che vi accompagnerà all'interno dell'hotel Mandeville è quella dei meravigliosi colori e delle emozioni dell'indimenticabile Côte d'Azur, attraverso le collezioni Belles Rives.
Famosa in tutto il mondo, dal 2011, La Maison Christian Lacroix lavora e progetta in esclusiva per Designers Guild. Sotto la direzione creativa di Sacha Walckhoff, vengono realizzate preziosissime collezioni di tessuti, tappezzerie e accessori per la casa, aggiungendo sempre quel je ne sais quoi che rende inimitabile ogni creazione siglata Christian Lacroix. La collezione d'interni è variopinta e pensata guardando all'alta moda del passato e all'architettura, offrendo così il massimo intermini di lusso e chic.
Molto apprezzato da Stephen Ryan per il suo lavoro di rinnovamento, il Mandeville Hotel è stato fulcro di tendenza in Marylebone, e ora ancor di più. Il nuovo quinto piano ha fatto un grande passo avanti: l'ispirazione di Lacroix si è rivolta alle signore alla moda della Croisette e alla meravigliosa Villa "Santo Sospir" di Jean Cocteau, nel sud della Francia, oltre che al grande classico film di Grace Kelly "Caccia al ladro". Tutto questo si unisce in colori allegri, freschi e vivaci, da cui si è inondati sin dal primo momento in cui si varca la soglia. Impossibile non notare i corridoi vestiti da una carta da parati a righe sgargianti e caramelle, o il velluto leopardato.
Jardin Exotique
Questa camera spettacolare prende spunto dal giardino botanico di Monaco, il Jardin Exotique. Tropicale, esotico, lussureggiante e fresco, viene proposto con palme sulle tende e carta da parati definita Jardin Exo'Chic. Inoltre nei tessuti troviamo vivissimi colori artigianali come i blu, i rossi, i rosa e i gialli, il tutto accentuato da lampade a forma di ananas di Julian Chichester. È quasi un affronto al classico bianco e nero tipico della tappezzeria a righe di Lacroix. È un inno al colore che riporta alla mente le sedie a sdraio e tende da sole degli splendidi luoghi di mare della Costa Azzurra, le maglie a strisce bretoni e gli abiti dei toreri della città natale di Lacroix: Arles. Una zona della Francia ispirata dalla Spagna.
Midnight Blue
Può essere definita la stanza dei contrasti, che porta una sensuale e romantica atmosfera al quinto piano. La tappezzeria in stile marmoreo si ispira al clandestino "Bain de Minuit", una Sea-Bathing Society che si incontra di notte nel mare di Monaco. Sulla parete opposta, c'è un cenno verso la "Perla" della collana della Principessa Grace che richiama alla mente i gioielli rubati a La Main au Collet. Le foglie di palma Jardin Exo'Chic sono mostrati in un contesto notturno, con un tocco di rosa e un pizzico di esotismo.
Jewel Box
Per una vera personalità fashion, questa camera mostra i gioielli Cartier rubati da Grace Kelly; usa colori stravaganti e decorazioni ingioiellate. Il pizzo e la mantiglia indossato dalle donne della Camargue ispira la carta da parati "Macarena lace" intorno alla stanza, equilibrata dalla classica tappezzeria a righe argento e nera. Un vero paradiso per gli amanti dei tessuti e della moda.
Classic Lacroix
Leggera, ariosa e romantica, in questa stanza rivive la città di Lacroix, Arles. Si trovano le tipiche piastrelle spagnole, gli "Azulejos" con una leggera finitura perlata che rappresenta le influenze di confine con la Spagna. Questi tratti contrastano con inserti in seta, per richiamare i ricami e le stoffe dorate delle "Taleguillas" dei toreri. Tutto intorno, ritroviamo un classico elemento ricorrente in Lacroix: il Paso Doble, dal nome dell'appassionato ballo.
Secondo Sacha Walckhoff, Creative Director della Maison Christian Lacroix, "Il Mandeville Hotel è riuscito a portare con successo il gusto della Costa Azzurra nel cuore di Marylebone e nelle le nuove splendide stanze, attraverso le collezioni "Belles Rives"".
Il risultato non è difficile da immaginare. Gli ospiti dell'Hotel Mandeville difficilmente si scorderanno di un'esperienza di stile tanto unica.


Lussuosi "palazzi galleggianti" che, manco a dirlo, sono spesso realizzati dai migliori Top Brand dell'eccellenza italiana. Design, tecnologia, stile ed eleganza inevitabilmente "made in Italy"!
Di Giulia Santoro
Da quando è iniziata la stagione estiva i porti italiani delle più lussuose località di vacanza sono la passerella prediletta per l'attracco di moltissimi yacht da sogno.
Sicuramente chi già in vacanza avrà avuto modo di vederne alcuni mentre per chi fosse ancora in attesa delle ferie vi svelo quelli che sono i segreti, più o meno noti, di questi giganti del mare.
In primis riempie di orgoglio scoprire che, ca va sans dire, questi e veri e propri "palazzi galleggianti" sono tutti o quasi Made in Italy.
Nomi noti quali Ansaldo, Gruppo Fincantieri, Italcantieri, Odero-Terni-Orlando, Ernesto Breda, Riva, sono solo alcuni dei brand più all'avanguardia e gettonati per la creazione di yacht di lusso.
Considerata l'esigente clientela tra sceicchi, principi, star internazionali, sultani, magnati russi, sono loro gli esclusivi proprietari di quello che possiamo definire come opere d'arte, sincretismo perfetto tra tecnologia, design e raffinatezza.
Questi "preziosissimi" yacht sono grandi, enormi, esagerati in tutto. Costano dai 200 ai 600 milioni di euro e oltre al prezzo di estremo hanno più di tutto il lusso.
Le dimensioni si aggirano intorno ai 50 mila mq.
La quantità di ponti li fa assomigliare quasi a grattacieli, possono infatti arrivare ad averne anche 7.
Viceversa il numero di cabine è sorprendentemente basso, questo perché il confort e la privacy che si vuole garantire ai passeggieri deve essere, logicamente, estrema. Sono tuttavia più simili a delle suite piuttosto che comuni cabine e spesso più ampie e lussuose di quelle di molti Hotel e Relais extra lusso.
Dotate di vista paradisiaca, saloni open space, grandi piscine, SPA, centri wellness completi di ogni confort.
Hanno linee estreme ed originali, frutto dell'estro dei designer chiamati a definirne i contorni, per citarne uno, Philippe Starck.
Possono avere forme sinuose, longilinee, oppure assomigliare a strane creature marine o sommergibili.
Le dotazioni tecnologiche potrebbero fare invidia alle più avanzate basi militari. Piattaforme per elicotteri, sottomarino privato, sistemi di sicurezza anti effrazione e anti missile sono solo alcuni esempi.
Ma all'interno? Opulenza e raffinatezza sono le parole d'ordine. I grandi spazi sono infatti concepiti senza badare a spese. Accessori unici e inimitabili, materiali preziosi e tessuti pregiati sono l'essenza di ogni centimetro quadrato dell'arredamento.
Nella personalizzazione degli interni, i maestri dell'artigianato di lusso italiano danno vita a delle vere e proprie magie e ricreano, con cuscinerie hand made e pelletteria d'eccellenza ambientazioni da film hollywoodiani. Per le strutture interne i materiali privilegiati rimangono il legno e il carbonio, studiati però nella loro eccezione più moderna e all'avanguardia.
Vivere un'esperienza come quella di abitare uno di questi yacht potrebbe sfidare quelle che sono le leggi della natura e tornare poi sulla terra ferma pare piuttosto una condanna, a discapito di un esistenza onirica e perfetta da 20.000 leghe.... sopra il mare!
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Estate, tempo di vacanze! I più fortunati che andranno verso mete esotiche e comunque lontane da raggiungere con le diverse compagnie aeree avranno parecchio tempo da trascorrere "on board". Ecco le migliori "Wine List" per bere un buon vino tra i cieli, "have a nice flight and enjoy wine"!
Di Cecilia Novembri
La sfida nei cieli tra le varie compagnie aeree ormai ha un nuovo indicatore di qualità, un'offerta esclusiva a partire dalla lista dei vini, ormai diventata un must anche a 10.000 metri di quota.
Quali sono le compagnie migliori capaci di soddisfare anche il wine lover più esigente?
Un recente report per la First Class ha menzionato sul podio per la miglior cantina a bordo: Qantas, Emirates, Cathay Pacific e la Singapore Airlines.
Il tema del vino tra i cieli è stato affrontato da Emma Balter, giornalista dell'autorevole rivista Wine Spectator, che ha raccolto il parere di alcuni manager del settore e spiegato che preparare una carta del vino per un aereo mette di fronte a difficoltà diverse da quelle che si devono affrontare quando si stila la carta di un ristorante.
Primo fra tutti il problema di spazio per lo stoccaggio delle bottiglie sugli aeromobili, questo richiede la necessità di creare una selezione limitata ma che possa soddisfare le esigenze dei diversi viaggiatori, altro tema sono le particolari caratteristiche che devono avere i vini serviti ad alta quota: tali prodotti devono possedere specifiche caratteristiche ed essere capaci di sopportare le condizioni di pressione dell'aria, inferiore nelle cabine passeggeri rispetto a quella della sala di un ristorante.
Per cercare di fornire il miglior servizio possibile da parecchi anni ormai le maggiori compagnie aeree si avvalgono di esperti del settore e promuovono tra i dipendenti programmi di formazione intensiva sul vino, come per esempio la Emirates Airlines ha programmato lo scorso anno di investire ben 500 milioni di dollari in un programma finalizzato ad offrire vino di qualità ai suoi viaggiatori, acquistando ben un milione di bottiglie di Bordeaux.
Anche a migliaia di metri d'altezza sopra la terra si potranno dunque avere grandi soddisfazioni gustolfattive!!!
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