Di Mario Vacca 09 febbraio 2020 - Il nuovo codice della crisi d’impresa, all’art.375, comma 2, - come anticipato nel precedente articolo - introduce una sostanziale riforma dell’art. 2086 c.c. – rubricato prima Direzione e gerarchia dell’impresa, ora Gestione dell’impresa, aggiungendo un secondo comma alla predetta disposizione che recita come segue: “L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
In buona sostanza, si introduce un vero e proprio obbligo, per l’imprenditore, di adottare degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili finalizzati a monitorare, ed eventualmente, rilevare situazioni patologiche che potrebbero sfociare anche nella crisi dell’impresa. Questi doveri riguardano l’imprenditore in quanto tale e non l’imprenditore in quanto debitore; è un dovere dell’imprenditore – rectius dell’organo amministrativo – verso l’impresa e, indirettamente, verso gli stakeholders (ivi compresi i debitori).
Regole non scritte e modi di fare -sia buoni che cattivi- sono parte del modo di essere delle Imprese.
Spesso queste norme sono così amalgamate nella cultura aziendale da non suscitare più attenzione ed interesse da parte degli imprenditori e dei managers. Succede che le norme aziendali non vengano regolarmente e costantemente riviste per verificare che si allineino con gli obiettivi dell'Impresa e di tutte le sue componenti, succede che gli imprenditori non pongano molta attenzione a come il proprio comportamento contribuisca alla loro efficacia.
E’ così che procedure e regole possono trasformarsi da forza propulsiva in burocrazia distruttiva.
Procedure documentate generano vantaggi come la chiarezza del sistema di responsabilità relativo al processo, la trasparenza dei ruoli degli attori a monte e a valle del processo, permette la riduzione della personalizzazione delle modalità operative degli attori che intervengono nel processo, consente a tutti di conoscere le modalità operative delle attività (non più persone "indispensabili", ma azioni "indispensabili"), aumenta l’efficienza generale in quanto conoscere come avvengono le cose permette di migliorare i processi ed infine permette una facilità di apprendimento dei nuovi assunti.
In qualsiasi azienda è sempre importante per gli imprenditori valutare la presenza di volta in volta di regole, comportamenti ed aspettative non formalizzati per renderli procedure scritte e riconosciute.
Come già illustrato, si tratta di predisporre delle regole organizzative atte a generare in maniera sistematica e tempestiva dei flussi di informazioni che consentano all’organo amministrativo di avere sotto costante controllo l’andamento della gestione, lo stato di salute aziendale ed ottenere basi conoscitive idonee a prendere decisioni appropriate.
Il modello organizzativo di allerta deve individuare un’ampia ed opportuna casistica di fattori quali-quantitativi da monitorare, idonei a far emergere i sintomi di una eventuale crisi e/o la perdita della continuità aziendale, assegnando specifici compiti a reparti e figure interne e/o consulenziali, nominando appositi responsabili e stabilendo le necessarie tempistiche da rispettare. Per quanto concerne le nuove disposizioni, nel preparare gli adeguati assetti organizzativi, l’organo amministrativo deve definire:
• i processi aziendali, intesi come l’insieme delle attività poste in essere con ordine logico ed una sequenza temporale ben definita per il raggiungimento di un obiettivo specifico;
• le procedure aziendali intese come regole da seguire per lo svolgimento, durante i processi, di determinate attività;
• la sequenza delle attività stesse e le decisioni che ne sono alla base e gli eventi da cui derivano le decisioni;
• le procedure che garantiscono la corretta registrazione delle informazioni aziendali all’interno del sistema informativo;
• l’esistenza di direttive e procedure per l’autorizzazione e l’approvazione delle operazioni;
• le mansioni aziendali e le responsabilità oggetto di controllo, con indicazione analitica delle responsabilità e dei doveri principali relativi ad un particolare lavoro;
• i regolamenti interni e le eventuali ulteriori mappature dei processi aziendali come ad esempio la certificazione dei sistemi di gestione della qualità, della sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro.
Una marginale formalizzazione degli assetti organizzativi sopra descritti può essere concessa alle imprese di minori dimensioni (Pmi) data la struttura organizzativa più semplice e la minor quantità di persone coinvolte.
Nelle Pmi è necessario che il caratteristico coinvolgimento dei soci nella gestione della società non comprometta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo.
Altri aspetti organizzativi riguardano:
• il sistema di attribuzione dei poteri di “gestione”, che deve essere in linea con le responsabilità organizzative e gestionali conferite.
• l’esistenza di budget operativi predisposti in funzione delle dinamiche economiche e finanziarie e del piano strategico aziendale;
• gli aggiornamenti, dei documenti di programmazione (annuali);
• l’esistenza e l’adeguatezza della reportistica predisposta per i vari livelli di responsabilità.
Nel definire l’organizzazione delle varie funzioni aziendali l’organo amministrativo deve attribuire con chiarezza:
• i ruoli ricoperti dalle risorse interne;
• la natura e l’ampiezza delle funzioni attribuite al Responsabile della funzione aziendale;
• le procedure e le modalità con cui vengono svolte le specifiche funzioni aziendali;
• la tipologia e le modalità con le quali avvengono gli scambi informativi con la direzione aziendale;
• le modalità di trasmissione dei flussi informativi fra le varie funzioni aziendali.
La struttura organizzativa deve prevedere delle procedure capaci di assicurare la presenza di personale con adeguata competenza tecnica a svolgere le funzioni assegnate. A tal fine è importante, per l’organo amministrativo, definire:
• le modalità con cui viene selezionato il personale a cui attribuire un ruolo specifico;
• l’esistenza di misure che consentano l’assunzione di personale in possesso dei requisiti professionali e delle competenze necessarie allo svolgimento della propria funzione;
• la partecipazione periodica del personale ai corsi di formazione;
• l’assunzione di figure professionali altamente qualificate;
• procedure di verifica, in fase di assunzione del personale, delle informazioni fornite dai candidati;
• politiche del personale che stabiliscano le funzioni, le responsabilità, le performances attese e gli eventuali avanzamenti di carriera.
L’organizzazione dovrebbe monitorare anche il sistema aziendale di Information Technology. Il sistema IT è costituito, in particolare, da:
• l’architettura IT della società e le figure ad essa preposta;
• la rete informatica aziendale e gli access points;
• le risorse hardware utilizzate sia a livello di server e sia a livello di client;
• i software e le varie applicazioni utilizzate con le periodicità degli aggiornamenti;
• le procedure di disaster recovery;
Nelle aziende di piccole dimensioni il sistema IT non presenta particolari criticità per l’esternalizzazione di molte funzioni.
Infine, un assetto organizzativo adeguato non prescinde da due ulteriori elementi quali:
• l’esistenza di procedure che disciplinano l’uso dei beni aziendali con riferimento, in particolare, a quelli di valore elevato, che risultino strategici per la società, il cui utilizzo presenta elevati rischi di danneggiamento, in uso esclusivo a dipendenti e presso terzi;
• un sistema idoneo alla protezione e conservazione dei dati aziendali (procedure di archiviazione e conservazione elettronica dei documenti, rispetto degli adempimenti in materia di tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al D.Lgs. 81/2008 e in materia di protezione dei dati personali di cui al D.Lgs. 196/2003).
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La Bussola d'Impresa - Mario Vacca
Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito esperienza e ho potuto specializzarmi nel controllo di gestione e finanza d’impresa.
Queste capacità mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza tra Capri, Napoli e la penisola Sorrentina con il ruolo di Temporary Manager, per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari.
Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di prevedere e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari dei miei clienti.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho voluto fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Queste esperienze estere hanno apportato conoscenze legate al Family Business, alla protezione patrimoniale tanto per le imprese quanto per i singoli imprenditori e, alla gestione di società e conti esteri per favorire l'internazionalizzazione ed armonizzare la fiscalità tra i diversi paesi ove i clienti operano.
Nel frattempo ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni - nel ruolo di vice presidente - ottenendo una buona padronanza della dialettica, doti di Pubblic Relation e, una buona rete di contatti personali.
Mi piace lavorare in squadra, mi piace curare le pubbliche relazioni e, sono convinto che l’unione delle professionalità tra due singoli, non le somma ma, le moltiplica.
Il mio obiettivo è lavorare sodo ma, con Etica ed Urbanità.
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Di Mario Vacca 01 febbraio 2020 - L’obiettivo del nuovo codice della crisi e dell’insolvenza è quello di prevenire il momento iniziale da cui scaturisce la crisi individuando diversi strumenti tra i quali i soggetti abilitati all’allerta, l’adeguatezza del sistema organizzativo amministrativo e contabile della società e gli indici della crisi approvati dal CNDCEC.
L’articolo precedente ha evidenziato i soggetti della procedura di allerta mentre con il contributo odierno e dei prossimi si tratteranno gli adeguati assetti organizzativi.
L’articolo 2086, comma 2 del codice civile introduce l’obbligo per gli imprenditori di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, soprattutto in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale al fine di attivarsi con sollecitudine per il superamento della crisi di impresa ed il recupero della continuità aziendale attraverso la selezione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti.
In pratica l’imprenditore o l’organo amministrativo dovrà adeguare l’assetto organizzativo amministrativo e contabile dell’impresa rendendolo idoneo al monitoraggio dell’equilibrio economico e finanziario ed alla custodia della continuità aziendale.
La norma comporta un vero e proprio peso nei confronti dell’organo amministrativo in quanto in assenza dell’adozione di un adeguato assetto organizzativo o nell’incapacità dello stesso di far fronte tempestivamente ai segnali di crisi è prevista in capo agli amministratori la causa di responsabilità verso la società per l’inosservanza dell’obbligo.
Le medie e grandi società e/o comunque quelle già dotate di un organo di controllo beneficeranno di indubbi vantaggi nel predisporre un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile capace di monitorare la perdita di continuità aziendale sia per le dimensioni aziendali che per la presenza di organi qualificati. Diversamente impatto notevole ricadrà sulle Pmi, il cui assetto organizzativo, amministrativo e contabile, nella maggior parte dei casi, presenta i caratteristici limiti del padre/padrone societario, ovvero dell’imprenditore che gestisce ogni aspetto societario accentrando ogni potere in capo a se stesso e con poca propensione alla delega.
In questa fase il ruolo fondamentale lo ricopre il consulente d’impresa nell’affiancare gli imprenditori nel compito di riscrivere il sistema di gestione, in funzione della prevenzione della crisi di impresa.
Ciò che conta più nell’individuazione della struttura organizzativa amministrativa e contabile è la dimensione aziendale in quanto la crescita impone la formalizzazione di procedure e direttive atte a monitorare ogni fase del processo aziendale. Ancora una volta si crea una differenza tra medie e piccole imprese in quanto nelle Pmi la struttura organizzativa potrà avere una minore formalizzazione in considerazione della maggiore semplicità dei processi aziendali.
Nel definire quindi gli assetti organizzativi l’imprenditore dovrà configurare l’assetto in funzione del grado di rilevazione dei segnali di crisi rispetto all’impresa e monitorare continuamente l’eventuale perdita di continuità aziendale.
Prendendo spunto dalle norme del Collegio Sindacale si può definire l’assetto organizzativo, come il complesso di direttive e procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed esercitato ad un appropriato livello di competenza e lo si definisce “adeguato” in presenza delle seguenti caratteristiche:
• è basato sulla separazione e contrapposizione di responsabilità nei compiti e nelle funzioni;
• si fonda su chiare definizioni delle deleghe e dei poteri;
• è evidente la capacità di garantire lo svolgimento delle funzioni aziendali.
L’organigramma aziendale evidenzierà la chiara identificazione delle funzioni, dei compiti e delle responsabilità, esso non è uno schema rigido e predefinito ma deve adattarsi alle singole realtà come tutto l’assetto organizzativo.
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Di Mario Vacca 26 gennaio 2020 - Lo stato di difficoltà economico-finanziaria dal quale potrebbe individuarsi l’insolvenza del debitore, che per le imprese si manifesta come l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate viene definito dall’articolo 2 del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza -per l’appunto - come La Crisi D’impresa, o meglio l’inizio di essa.
L’obiettivo del nuovo codice è quello di prevenire il momento iniziale da cui scaturisce la crisi individuando diversi strumenti tra i quali l’abilitazione di taluni soggetti che, in presenza di determinati presupposti, avranno il dovere di allertare l’imprenditore incitandolo a porre le dovute azioni correttive alla risoluzione della crisi.
I soggetti abilitati all’allerta (il Risk manager e diventato obbligatorio), l’adeguatezza del sistema organizzativo amministrativo e contabile della società e gli indici della crisi approvati dal CNDCEC quale soggetto individuato dall’articolo 13, comma 2, del Codice sono tra le novità più importanti introdotte dal codice.
Gli articoli 16, comma 2, 17 comma 6 e 18, comma 6 individuano tali soggetti come “soggetti qualificati” che possono essere suddivisi in due categorie interni all’impresa o terzi:
la prima categoria include i soggetti che sono chiamati dalla legge a svolgere attività di controllo sugli organi di amministrazione della società o attività di revisione legale dei conti. Tali soggetti devono allertare l’impresa nel momento in cui la stessa non rispetti alcuni indici della crisi fermo restando che l’obbligo di vigilanza riguarda anche l’adeguatezza del sistema organizzativo amministrativo e contabile della società;
la seconda categoria include i creditori pubblici qualificati esterni all’impresa individuati nell’Agenzia delle entrate, nell’Inps e nell’Agente della riscossione. La mancata attivazione della procedura di allerta da parte di tali enti (creditori) pubblici qualificati comporta specifiche misure sanzionatorie per gli stessi in termini di recupero dei propri crediti in caso di procedure concorsuali.
La mancata segnalazione da parte dell’organo di controllo è sanzionata dall’articolo 14, comma 2, del codice per responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni successivamente poste in essere dal predetto organo. Diversamente la segnalazione non può essere ritenuta come giusta causa di revoca dall’incarico.
A seguito della segnalazione di allerta da parte dell’organo di controllo o dei creditori pubblici qualificati, l’imprenditore che non rimedia allo stato di crisi, viene segnalato dagli stessi all’OCRI (Organismo di composizione assistita della crisi, istituito presso le Camere di Commercio), il quale obbligherà l’imprenditore nel farsi assistere nell’individuazione della soluzione più adeguata al superamento dello stato di crisi.
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Di Mario Vacca 18 gennaio 2020 - L’art. 13 comma 2 del Codice della Crisi e dell’insolvenza d’impresa ha assegnato al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Revisori Contabili il compito di elaborare gli indicatori della crisi necessari al completamento dei sistemi di allerta, introdotti nell’ordinamento con la legge delega (19 ottobre 2017, n. 155).
A seguito del precedente articolo, questi indicatori della crisi rappresentano uno dei tanti strumenti ed obblighi gravanti sugli organi di controllo.
Dei seguenti indicatori, i primi due sono stati considerati validi per tutte le tipologie di attività mentre gli ulteriori cinque indici sono specifici per ciascun settore, fermo restando che ciascuna impresa potrà implementare dei propri indici previa certificazione degli stessi ed indicazione in nota integrativa:
1. Patrimonio netto negativo
2. DSCR previsionale a 6 mesi
3a. oneri finanziari su ricavi
3b. patrimonio netto su mezzi di terzi
3c. attivo a breve su passivo a breve
3d. cashflow su attivo
3e. debiti previdenziali e tributari su attivo
1 - Patrimonio netto negativo
è rilevabile direttamente dal valore del “patrimonio netto” (totale voce A, sezione “passivo” dello stato patrimoniale, art. 2424 codice civile), cui sottrarre i “crediti verso soci per versamenti ancora dovuti” (voce A, stato patrimoniale attivo), eventuali dividendi deliberati non ancora contabilizzati.
Nel “patrimonio netto” non si tiene conto dell’eventuale “Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi”, indipendentemente dal suo saldo, in linea con quanto disposto dall’art. 2426 c.c., comma 1, n. 11-bis.
2 - Il Debt service coverage ratio (DSCR)
Tale indice è ammesso a condizione che gli organi di controllo ritengano affidabili i dati assunti per il calcolo, secondo il proprio giudizio professionale, a partire dal budget di tesoreria usato ai fini della costruzione dei flussi di cassa rilevanti.
Per il calcolo del DSCR possono essere alternativamente seguiti due approcci basati su budget di tesoreria:
1° approccio
Il DSCR deriva da un budget di tesoreria, redatto dall’impresa, che rappresenti le entrate e le uscite di disponibilità liquide attese nei successivi sei mesi.
Da tale budget si ricavano il numeratore e il denominatore dell’indice:
al denominatore si sommano le uscite previste contrattualmente per rimborso di debiti finanziari (verso banche o altri finanziatori).
Il rimborso è inteso come pagamento della quota capitale contrattualmente previsto per i successivi sei mesi;
al numeratore si sommano tutte le risorse disponibili per il suddetto servizio al debito, dati dal totale delle entrate di liquidità previste nei prossimi sei mesi, incluse le giacenze iniziali di cassa, dal quale sottrarre tutte le uscite di liquidità previste riferite allo stesso periodo, ad eccezione dei rimborsi dei debiti posti al denominatore.
2° approccio
Il calcolo è effettuato mediante il rapporto tra i flussi di cassa complessivi liberi al servizio del debito attesi nei sei mesi successivi ed i flussi necessari per rimborsare il debito non operativo che scade negli stessi sei mesi.
Numeratore
Al numeratore, costituito dai flussi al servizio del debito, vanno inseriti:
i flussi operativi al servizio del debito che corrispondono al free cash flow from operations (FCFO) dei sei mesi successivi, determinato sulla base dei flussi finanziari derivanti dall’attività operativa applicando il principio OIC 10 (§§ da 26 a 31), deducendo da essi i flussi derivanti dal ciclo degli investimenti (§§ da 32 a 37 dell’OIC 10). A tal fine non concorrono al calcolo dei flussi operativi gli arretrati di cui alle lett. e) e f);
le disponibilità liquide iniziali; le linee di credito disponibili che possono essere usate nell’orizzonte temporale di riferimento. Con riferimento alle linee autoliquidanti esse dovrebbero essere considerate fruibili per la sola parte relativa ai crediti commerciali che, sulla base delle disposizioni convenute, sono ‘anticipabili’.
Denominatore
Il denominatore corrisponde al debito non operativo che deve essere rimborsato nei sei mesi successivi ed è costituito da:
pagamenti previsti, per capitale ed interessi, del debito finanziario; debito fiscale o contributivo, comprensivo di sanzioni ed interessi, non corrente e cioè debito il cui versamento non è stato effettuato alle scadenze di legge (e pertanto è o scaduto ovvero oggetto di rateazioni), il cui pagamento, anche in virtù di rateazioni e dilazioni accordate, scade nei successivi sei mesi;
debito nei confronti dei fornitori e degli altri creditori il cui ritardo di pagamento supera i limiti della fisiologia. Nel caso di debito derivante da piani di rientro accordati dai fornitori/creditori, rileva la parte di essi, comprensiva dei relativi interessi, che scade nei sei mesi.
Le linee di credito in scadenza nei sei mesi successivi, sono collocate al denominatore salvo che se ne ritenga ragionevole il rinnovo o il mantenimento.
La scelta tra i due approcci è rimessa agli organi di controllo e dipende dalla qualità ed affidabilità dei relativi flussi informativi.
Gli indici di settore
3a - Indice di sostenibilità degli oneri finanziari (oneri finanziari sui ricavi)
misurano la “sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare”, ritenuto specificamente significativo dalla norma. Il primo dei due indicatori della crisi è costituito dal rapporto tra oneri finanziari e fatturato ed include:
al numeratore, gli interessi e altri oneri finanziari di cui alla voce C.17 art. 2425 c.c.;
al denominatore, i ricavi netti, ovvero la voce A.1) Ricavi delle vendite e prestazioni dell’art. 2425 c.c.
3b - Indice di adeguatezza patrimoniale (patrimonio netto su mezzi di terzi)
L’indice di adeguatezza patrimoniale è dato dal rapporto tra patrimonio netto e totale debiti e corrisponde a quanto indicato dal legislatore all’art. 13, co. 1 Codice della Crisi d’Impresa, è quindi costituito dal rapporto tra il patrimonio netto ed i debiti totali ed include:
al numeratore, il patrimonio netto costituito dalla voce A stato patrimoniale passivo dell’art. 2424 c.c., detratti i crediti verso soci per versamenti ancora dovuti (voce A stato patrimoniale attivo) e i dividendi deliberati;
al denominatore, i debiti totali costituiti da tutti i debiti (voce D passivo dell’art. 2424 c.c.), indipendentemente dalla loro natura e dai ratei e risconti passivi (voce E passivo dell’art. 2424 c.c.).
3c - Indice di liquidità (attivo a breve su passivo a breve)
L’indice di liquidità confronta il passivo esigibile a breve con le attività parimenti realizzabili monetariamente a breve, è pertanto costituito dal rapporto tra il totale delle attività ed il totale delle passività a breve termine ed include:
al numeratore, l’attivo a breve termine quale risultante dalla somma delle voci dell’attivo circolante (voce C attivo dell’art. 2424 c.c.) esigibili entro l’esercizio successivo e i ratei e risconti attivi (voce D attivo dell’art. 2424 c.c.);
al denominatore, Il passivo a breve termine costituito da tutti i debiti (voce D passivo) esigibili entro l’esercizio successivo e dai ratei e risconti passivi (voce E).
3d - Indice di ritorno liquido dell’attivo (cash flow su attivo)
È costituito dal rapporto tra il cash flow e il totale attivo ed include:
al numeratore, il cash flow ottenuto come somma del risultato dell’esercizio e dei costi non monetari (ad esempio gli ammortamenti, svalutazioni crediti, accantonamenti per rischi), dal quale dedurre i ricavi non monetari (ad esempio rivalutazioni partecipazioni, imposte anticipate);
al denominatore il totale dell’attivo dello stato patrimoniale art. 2424 c.c.
3e - Indice di indebitamento previdenziale o tributario (debiti previdenziali e tributari su attivo)
L’indice di indebitamento previdenziale e tributario incorpora nel modello gli indicatori della crisi richiamati dall’art. 15 CCI.
È costituito dal rapporto tra il totale dell’indebitamento previdenziale e tributario ed il totale dell’attivo.
Esso include:
al numeratore, l’Indebitamento tributario rappresentato dai debiti tributari (voce D.12 passivo dell’art. 2424 c.c.) esigibili entro e oltre l’esercizio successivo, l’Indebitamento previdenziale costituito dai debiti verso istituti di previdenza e assistenza sociale (voce D.13 passivo dell’art. 2424 c.c.) esigibili entro e oltre l’esercizio successivo;
al denominatore, l’attivo netto corrispondente al totale dell’attivo dello stato patrimoniale art. 2424 c.c.
Naturalmente l’utilizzo isolato di un solo indice fornirà indizi poco attendibili amplificando o meno eventuali indizi di crisi.
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Queste esperienze estere hanno apportato conoscenze legate al Family Business, alla protezione patrimoniale tanto per le imprese quanto per i singoli imprenditori e, alla gestione di società e conti esteri per favorire l'internazionalizzazione ed armonizzare la fiscalità tra i diversi paesi ove i clienti operano.
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Di Mario Vacca 11 gennaio 2020 - Con la riforma della crisi d’impresa il legislatore ha imposto l’obbligo di nomina del revisore per tutte le società con un fatturato superiore ai 4 milioni di euro (e/o 4 milioni di totale attivo, e/o più di 20 dipendenti), ed ha imposto alle imprese il dovere di organizzare un assetto organizzativo capace di prevenire la crisi d’impresa (art. 2086 c.c.), ed impone nuovi doveri e responsabilità in capo al management con l’introduzione dei sistemi di allerta.
E’ noto ormai che ai sensi della normativa attinente i sistemi di allerta vi sono rilevazioni trimestrali che dovranno essere svolte dalle imprese.
Il CNDCEC (consiglio nazionale dottori commercialisti ed esperti contabili) ha individuato 7 indicatori di allerta che, dal prossimo 15 agosto dovranno essere monitorati dalle imprese con cadenza trimestrale e pertanto al fine di tale verifica ogni imprenditore deve adottare un assetto adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa.
In mancanza, o in vista di una possibile crisi, il revisore o gli enti istituzionali possono inviare segnalazioni all’OCRI (organismo di composizione della crisi d’impresa) per cui l’imprenditore, per evitare tali segnalazioni, deve fornire al revisore incaricato le informazioni necessarie a valutare la società, ed in assenza del revisore è tenuto a fare una serie di verifiche trimestrali (sistemi di allerta interna).
Si ritiene che i soli 7 indicatori – fondamentali ma completi - non siano adeguati ad un’analisi efficiente per individuare eventuali situazioni di crisi e permettere al management di valutare lo stato di salute aziendale.
Per organizzare un sistema di allerta interna completo ed anticipare efficientemente un’eventuale crisi occorre dotarsi di vari strumenti, capaci di valutare e quantificare il rischio della società.
Occorre che la società non solo si adoperi per adottare uno dei numerosi software per assolvere alla normativa dei sistemi di allerta e quindi al monitoraggio dei 7 indicatori della crisi d’impresa ma adotti ulteriori valutazioni quali:
• Rilevazione dei segnali di crisi, sia qualitativi che quantitativi, tenendo presente anche le ultime segnalazioni in Centrale Rischi.
• Rilevazione e studio della continuità aziandale;
• Calcolo dello score quantitativo, analisi di bilancio e attività di benchmarking settoriale sistema Cebi - Cerved
• Adozione di un sistema di Controllo di Gestione e di un continuo sistema di formazione del management;
L’assenza di una ragionevole presunzione di uno stato di crisi ricavata dagli indicatori non è sufficiente a considerare l’azienda esente dal rischio di continuità aziendale, situazione che dovrà esseer verificata quindi mediante gli altri indicatori scelti in base all’adeguato assetto di cui all’art.2086 del c.c.
L’insieme composito di vari tipi di analisi, partendo da un buon programma di controllo di gestione, permette di aumentare l’affidabilità di tutti i dati ivi compresi dei risultati trimestrali, aumentando la possibilità di prevedere la crisi. E’ importante quindi che l’organo di controllo dell’impresa adotti un assetto organizzativo votato alla pianificazione, al controllo ed al risk management.
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La Bussola d'Impresa - Mario Vacca
Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito esperienza e ho potuto specializzarmi nel controllo di gestione e finanza d’impresa.
Queste capacità mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza tra Capri, Napoli e la penisola Sorrentina con il ruolo di Temporary Manager, per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari.
Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di prevedere e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari dei miei clienti.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho voluto fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Queste esperienze estere hanno apportato conoscenze legate al Family Business, alla protezione patrimoniale tanto per le imprese quanto per i singoli imprenditori e, alla gestione di società e conti esteri per favorire l'internazionalizzazione ed armonizzare la fiscalità tra i diversi paesi ove i clienti operano.
Nel frattempo ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni - nel ruolo di vice presidente - ottenendo una buona padronanza della dialettica, doti di Pubblic Relation e, una buona rete di contatti personali.
Mi piace lavorare in squadra, mi piace curare le pubbliche relazioni e, sono convinto che l’unione delle professionalità tra due singoli, non le somma ma, le moltiplica.
Il mio obiettivo è lavorare sodo ma, con Etica ed Urbanità.
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Di Mario Vacca Parma, 15 dicembre 2019 - Per quanto concerne la nomina degli organi di controllo interni dettati dalla nuova disciplina sulla crisi d'impresa ci sono alcuni casi che non sono ben chiari e parrebbero mettere in difficoltà il lettore stesso della norma.
E’ da evidenziare che non ci sono precisazioni riguardo le aziende che nel 2019 avrebbero operato una fusione o una scissione, tale da rendere difficile l’individuazione del superamento dei limiti. Altra fattispecie è da rilevare per le tante “società in liquidazione”, giacché alcuna norma esonera tali società dalla nomina dall’organo di controllo.
Oltre alla mancanza di chiarimenti – ma in questo caso semplicemente riguardo le tempistiche – relative alle società che chiudono l’esercizio in ottobre vi sono dubbi nel caso di trasformazioni progressive nel corso del 2019 (da società di persone che ha superato i limiti nel biennio precedente a Srl); sembrerebbe che mentre, da un lato, la società trasformata potrebbe eccepire che i limiti siano stati superati in esercizi in cui non si sarebbero applicate le regole delle Srl e per cui occorrerebbe attendere un biennio di superamento in veste di Srl, dall’altro, questa presunzione parrebbe andare in senso contrario alla ratio della nuova disposizione, ovvero di assoggettare all’organo di controllo tutte le società che superano determinati limiti e prepararle all’entrata in vigore di tutta la disciplina per agosto 2020.
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Di Mario Vacca Parma 08 dicembre 2019 -
Con il provvedimento dello scorso 03 dicembre l’Agenzia delle Entrate ha stabilito l’attuazione dell’art. 35, comma 15-quinquies del Dpr 633/1972 che permette di chiudere d’ufficio le Partita Iva inattive da almeno tre anni e per quanto riguarda le imprese la cancellazione del codice fiscale.
Naturalmente la chiusura sarà proceduta da controlli riguardo indizi sull’attività d’impresa e relative presentazioni delle dichiarazioni dopo di che verrà inoltrata una comunicazione preventiva di chiusura d’ufficio della partita iva mediante raccomandata a/r alla quale il contribuente ha 60 giorni per chiarire la propria posizione. Nel caso in cui verrà accertata la completa inattività verrà cancellata sia come partita iva che come codice fiscale se trattasi di soggetto diverso da persona fisica.
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Di Mario Vacca Parma 01 dicembre 2019 - Con la modifica dell’articolo 2477, comma 2, lett. c), cod. civ., le società a responsabilità limitata e le società cooperative (costituite in forma di Srl) devono procedere alla nomina obbligatoria dell’organo di controllo o del revisore al superamento per due esercizi consecutivi di almeno uno dei seguenti limiti:
totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro;
ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro;
dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 20 unità.
Una rilevante novità è stata introdotta dall’articolo 379, comma 2, D.Lgs. 14/2019, secondo il quale, se l’assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti sopra richiamati non provvede, entro trenta giorni, alla nomina dell’organo di controllo o del revisore, provvede il Tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o su segnalazione del conservatore del registro delle imprese.
Tale cambiamento è dovuto alla volontà del legislatore di aumentare il numero delle società nelle quali è presente un organo di controllo o un revisore, al fine di rendere operativo l’obbligo di segnalazione interna ed esterna previsto dagli strumenti di allerta di cui al nuovo codice della crisi di impresa e dell’insolvenza.
L’articolo 379, D.Lgs 14/2019 ha fissato in 9 mesi, dalla data della sua entrata in vigore (16.03.2019), quindi entro il 16.12.2019, il termine entro il quale le Srl e le cooperative, già costituite alla medesima data del 16.03.2019, dovranno provvedere alla nomina dell’organo di controllo o del revisore, ed eventualmente uniformare l’atto costitutivo e lo statuto in caso di presenza di disposizioni sui controlli non conformi alle nuove norme .
Entro il prossimo 16.12.2019 tutte le società che hanno superato i limiti di cui all’articolo 2477 cod. civ. negli esercizi 2017 e 2018, e i cui statuti prevedono la nomina obbligatoria dell’organo di controllo o del revisore rinviando ai limiti dell’articolo 2477 cod. civ. dovranno convocare l’assemblea dei soci al fine di nominare il relativo organo di controllo o di revisione, mentre le società i cui statuti prevedono la nomina dell’organo di controllo o del revisore rinviando a parametri diversi da quelli previsti dall’articolo 2477 cod. civ. dovranno procedere alla convocazione dell’assemblea per la modifica statutaria (articolo 2480 cod. civ.) e alla nomina dell’organo di controllo o di revisione.
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Di Mario Vacca Parma 24 novembre 2019 - L’art 375 C.C. che modifica radicalmente l’art. 2086 c.c. e che rientra pienamente tra i codici del nuovo codice della crisi d’impresa impone all’imprenditore collettivo:
• di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa;
• di attivarsi per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
L’obiettivo primario del legislatore è prevenire situazioni di crisi irreversibili e giungere a composizioni guidate delle stesse.
Gli assetti organizzativi dovranno essere integrati da idonei sistemi di revisione e controllo e da programmi di gestione capaci di identificare dai numeri possibili squilibri, obblighi a cui sono chiamate tutte le aziende italiane che sopporteranno sicuramente un maggior costo iniziale per l’implementazione del tutto ma anche un innalzamento delle responsabilità degli amministratori.
Questa fotografia inquadra sicuramente nuove opportunità per gli imprenditori, nuove sfide per i commercialisti ed i revisori e nuovi incarichi per tanti bravi manager che padroneggiano bene la vita aziendale.
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Di Mario Vacca Parma 10 novembre 2019 - Spesso regole e routine sono tanto amalgamate nella cultura aziendale da non suscitare più attenzione da parte del management, almeno siano all’arrivo di nuove leve e ad un cambiamento repentino imposto dall’esterno, spesso proprio dal mercato.
Al fine di evitare che norme e routine diventino una burocrazia distruttiva odiata dai collaboratori occorre trasformarle in una forza propulsiva ponendo la dovuta attenzione alla continua rivisitazione e partendo dal comportamento del management.
Procedure documentate portano notevoli vantaggi:
Chiarezza del sistema di responsabilità;
-Trasparenza dei ruoli degli attori a monte e a valle del processo;
-Riduzione della personalizzazione delle modalità operative dei soggetti che intervengono nel processo;
-Conoscenza estesa a tutti delle modalità operative delle attività (non più persone "indispensabili", ma azioni "indispensabili")
-Permette di migliorare i processi aumentando la conoscenza della loro genesi;
-Facilità di apprendimento dei nuovi assunti;
Per tutte le aziende è importante valutare regole, comportamenti ed aspettative che non sono formalizzate affinché sia possibile rimuovere dubbi e cattive interpretazioni e a tal fine è corretto riconoscerle ed ufficializzarle.
Ed ecco come:
Scrivi le regole non scritte.
Per loro natura le regole non scritte non esistono se non nella mente - e nei comportamenti - delle persone.
Occorre domandarsi quali norme stanno rispettando i collaboratori in base alla loro esperienza e poi chiedere che vengano semplicemente messe su carta.
Per esempio, le persone ritengono che il modo migliore per scalare posizioni in azienda sia fare qualunque cosa affermino i managers oppure mostrare che possono pensare ed agire in autonomia?
Per prima cosa andranno comprese e dettagliare le “percezioni” in essere. Senza questa fase sarà impossibile affrontarle/cambiarle e renderle regole documentate e trasparenti.
Bisognerebbe chiedere il contributo dei collaboratori migliori per capire come le norme in vigore fino ad oggi siano percepite da tutti. Si potrebbe imparare molto.
Sfida le norme accettate fino ad oggi.
L’imprenditore dovrebbe prendersi almeno una volta all'anno il tempo per valutare se le norme non scritte in uso riflettino le aspettative che crede di avere definito.
Bisogna riflettere su questa domanda: ogni regola in vigore aiuta l'Azienda a raggiungere i suoi obiettivi?
Se una certa norma non si allinea con il modo in cui si desidera che le persone agiscano, occorre verificare il motivo per cui i collaboratori la ritengono conforme ai risultati attesi.
Bisognerebbe implementare un “piano di comunicazione” per modificare questa convinzione. Questo piano enfatizzerà le motivazioni legate alla modifica delle regole e dovrebbe coinvolgere -tutti- per sottolineare quanto seriamente ogni ufficio e reparto dovrebbe dedicarsi a queste attività.
In fase di evoluzione, comunica sempre.
Man mano che l’azienda evolve, la strategia cambierà per guidare e rispondere ai cambiamenti.
Questo richiederà comportamenti diversi da parte dei collaboratori. Ma… nessuno cambia il suo comportamento se non glielo si dice.
Di solito non è sufficiente dichiarare semplicemente un nuovo obiettivo e sperare che si realizzi.
Se la fidelizzazione dei clienti diventa un obiettivo guida, i dipendenti ed i commerciali incaricati di raggiungerlo dovrebbero documentare i loro sforzi e riferirli alla direzione. In questo modo alla dichiarazione di intenti seguirà sempre una fase di affinamento delle regole e dei metodi -verbalizzati- di lavoro.
Come per ogni attività di management, sarà sempre necessaria un po’ di sana ripetizione, perché un nuovo messaggio (che trasmette la relativa nuova regola scritta) non si diffonde attraverso l’Impresa alla prima menzione.
Il messaggio di cambiamento delle procedure dovrebbe essere parte di ogni nota, di ogni indirizzo aziendale e di ogni riunione, in modo che imprenditori i managers possano instillare le nuove logiche ed i risultati attesi e condivisi in ogni componente dei loro team.
Si tratta di una attività particolarmente importante all’inizio di questo processo di formalizzazione delle norme, poiché molte persone rispondono ai cambiamenti in silenzio… aspettando che si spengano.
***
Attenzione! I vecchi presupposti muoiono duramente se non vengono esaminati e indirizzati verso nuove forme.
Ricordiamo di non ignorare le regole non documentate.
Non diamo per scontato che vengano abbandonate in favore di procedure ora verbalizzate.
Un processo costante di test e messa a punto assicura che quanto abbiamo stabilito, condiviso -e verbalizzato- sia quanto viene attuato.
La Bussola d'Impresa - Mario Vacca
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Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di prevedere e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari dei miei clienti.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho voluto fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Queste esperienze estere hanno apportato conoscenze legate al Family Business, alla protezione patrimoniale tanto per le imprese quanto per i singoli imprenditori e, alla gestione di società e conti esteri per favorire l'internazionalizzazione ed armonizzare la fiscalità tra i diversi paesi ove i clienti operano.
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