L’assistenza sanitaria integrativa rappresenta una forma di tutela aggiuntiva a disposizione dei lavoratori e dei cittadini che intendono integrare i servizi messi a disposizione dal Sistema Sanitario Nazionale e accedere, a condizioni agevolate, a prestazioni sanitarie erogate dalle strutture private sia nell’ambito della prevenzione sia della cura di determinate patologie.
L’adesione ai piani di sanità integrativa può rientrare tra i diritti previsti dai CCNL, dagli albi professionali oppure da specifici accordi integrativi stipulati dalle aziende. In questi casi, le prestazioni previste rientrano nel cosiddetto welfare aziendale e sono da considerare tra i benefit offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti. Sono sempre di più le aziende che sottoscrivono accordi di tutela della salute migliorativi rispetto ai fondi previsti dai contratti collettivi di lavoro, considerando l’accesso a prestazioni socio-sanitarie complementari un elemento imprescindibile del benessere della persona.
I possibili ambiti di copertura dell’assistenza sanitaria integrativa sono definiti per legge; tuttavia, ogni forma di assistenza può variare le tipologie di prestazioni offerte. Gli iscritti possono accedere in modo “semplificato” a visite specialistiche e diagnostiche o ad attività riabilitative anche in strutture private e con tempi di attesa ridotti, possono ottenere tariffe agevolate o un rimborso (totale o parziale) del costo sostenuto, possono avere diritto ad una diaria in caso di ricovero, oppure possono ricevere il rimborso dei ticket sanitari per sé e per i propri familiari. A fronte di questa variabilità, è importante controllare le prestazioni effettivamente garantite e le condizioni di erogazione offerte dal piano sanitario integrativo aziendale prima di accedere al servizio.
L’emergenza Covid-19 ha spinto le aziende ad una verifica delle coperture previste dai fondi di sanità integrativa per questa specifica patologia. Molte di loro, soprattutto le imprese che hanno lavoratori direttamente impegnati in prima linea come accade per gli operatori delle pulizie, gli OSS, i manutentori degli impianti, i barellieri, le guardie giurate e il personale di sicurezza che erogano il servizio negli ospedali e nelle strutture sanitarie, hanno sottoscritto polizze assicurative ad hoc per offrire una tutela specifica in caso di ricovero a causa del coronavirus.
Il caso Coopservice
Coopservice ha stipulato la polizza assicurativa #AndràTuttoBene di Unisalute per tutti gli oltre 16.000 dipendenti, compreso gli OSS che essendo considerati affini agli operatori della sanità sono spesso esclusi da questo genere di coperture ma che Coopservice ha voluto fortemente includere. Un segno importante e tangiibile di attenzione alla salute dei propri dipendenti chiamati a svolgere un ruolo essenziale nella gestione della crisi sanitaria che sta vivendo il nostro Paese.
Le coperture previste sono finalizzate ad assistere il dipendente nell’iter di cura da infezione Covid-19 (con una diaria giornaliera di ricovero e un rimborso a seguito di dimissioni) e supportarlo nel percorso di recupero post-ricovero attraverso un’assistenza infermieristica specializzata domiciliare, il trasporto in ambulanza dall’ospedale al domicilio e la prenotazione di prestazioni sanitarie nella forma di assistenza diretta nelle strutture sanitarie convenzionate.
(Di Coopservice 1 Aprile 2020)
Di Coopservice 2 Aprile 2020 - Fin dall’inizio dell’epidemia, come Coopservice abbiamo lavorato a fianco dei nostri clienti per predisporre piani di continuità operativa e adottare tutte le necessarie precauzioni di sicurezza per garantire i servizi essenziali, come l’igiene e la sanificazione degli ambienti all’interno degli ospedali, l’approvvigionamento di farmaci e dispositivi medicali, i trasporti e le movimentazioni interne, la predisposizione di strutture temporanee per la degenza dei pazienti, la puntuale manutenzione degli impianti, fino alla sicurezza nei pronto soccorso.
Per ridurre al minimo il rischio di infezione ci siamo attivati per individuare i fornitori di mascherine, tute protettive, guanti e disinfettanti per il nostro personale, sperimentando notevoli difficoltà a causa della limitata disponibilità a livello mondiale e della contingentazione operata dalla nostra Protezione Civile. Nonostante queste criticità, il nostro Ufficio Acquisti ha messo in campo tutta la propria esperienza e capacità per recuperare i dispositivi necessari ed evitare il blocco dei servizi.
Dobbiamo rilevare che la catena di fornitura dei dispositivi di protezione individuale e dei prodotti disinfettanti continuerà ad essere in sofferenza per un periodo considerevole di tempo, a causa della scarsità di materie prime, della domanda mondiale in crescita esponenziale e delle restrizioni alle esportazioni in alcuni paesi. Per questa ragione, continueremo a presidiare quest’area con estrema attenzione cercando tutte le possibili soluzioni per mitigare la carenza.
La nostra organizzazione, sia a livello centrale sia a livello territoriale, non solo si è adoperata per continuare ad assicurare i servizi senza interruzioni, ma in molti casi è riuscita ad aumentare la frequenza delle disinfezioni e ad adottare metodologie di sanificazione profonda. Tutto questo è stato possibile grazie all’impegno di persone motivate, preparate e competenti che costituiscono l’ossatura, ma anche l’anima, della grande azienda che siamo.
Al centro della nostra visione, della nostra missione e del nostro modello di business c’è la creazione del valore per i nostri clienti. Nella nostra proposta di valore, oltre ad occuparci della gestione e del coordinamento, eroghiamo direttamente i servizi attraverso il nostro personale, formato e addestrato per garantire i più elevati standard qualitativi e di performance.
Come gestiamo l’emergenza ai tempi del Covid-19
Nel nostro Gruppo contiamo più di 22.000 dipendenti, il 90% dei quali sono in contatto quotidiano diretto con i clienti ed i loro utenti, una prossimità che rappresenta un’opportunità straordinaria di relazione e di sviluppo della qualità dei nostri servizi. Un valore che dimostra tutta la sua potenza in questa emergenza che, se da un lato ci chiede di stare tutti più lontani, dall’altro rinsalda e fortifica i legami, personali e professionali.
Sottoscritta la polizza #AndràTuttoBene di Unisalute. Coperture e assistenza per tutte le categorie di lavoratori, compresi gli OSS. Il presidente Olivi: "La sicurezza sul lavoro è prioritaria. Grazie a tutto il nostro personale che garantisce servizi essenziali per la comunità"
Reggio Emilia, 27 marzo 2020 - Coopservice ha sottoscritto una polizza assicurativa #AndràTuttoBene di UniSalute per tutelare tutti i suoi oltre 16.000 dipendenti in caso di ricovero per cause legate al coronavirus. La polizza copre tutte le categorie di lavoratori, compresi gli OSS (Operatori Socio Sanitari) che, essendo considerati affini agli operatori della sanità, sono spesso esclusi dalle coperture assicurative di questo genere ma che Coopservice ha voluto fortemente includere nella polizza.
Le coperture previste sono finalizzate ad assistere il dipendente nell'iter di cura da infezione Covid-19 e supportarlo nel percorso di recupero post-ricovero, grazie ad una diaria giornaliera e assistenza sanitaria h24.
"Questa emergenza, che non ha precedenti, ha richiesto da parte nostra una importante ridefinizione delle procedure organizzative e di gestione dei servizi che hanno impattato in modo considerevole sull'operatività aziendale - ha dichiarato il presidente di Coopservice, Roberto Olivi - Abbiamo dovuto affrontare criticità e problematiche nuove e, nonostante i nostri sforzi, non sempre siamo riusciti a dare risposte immediate per ragioni spesso indipendenti dalla nostra volontà. Stiamo lavorando per predisporre tutte le misure organizzative necessarie per fronteggiare questa situazione complessa e difficile che avrà ripercussioni sull'economia nazionale e mondiale non solo nel breve periodo, per mantenere il necessario equilibrio economico per assicurare stabilità occupazionale e di reddito a tutti i nostri lavoratori, senza mai perdere di vista la tutela della salute".
Con la sottoscrizione della polizza per tutti i dipendenti, Coopservice intende ribadire il proprio impegno nella tutela della salute dei propri lavoratori, molti dei quali in questa emergenza si trovano a lavorare in prima linea, come gli operatori dei servizi di cleaning impegnati nella sanificazione delle strutture sanitarie e delle aziende; dei servizi di logistica chiamati ad approntare strutture temporanee di assistenza ai malati e a garantire l'approvvigionamento dei farmaci e dei dispositivi medicali nei presidi ospedalieri; dei servizi di vigilanza occupati a tutelare la sicurezza nei pronto soccorso e a vigilare su imprese e cittadini; dei servizi tecnici-manutentivi che assicurano il buon funzionamento degli impianti e delle strutture permettendo il regolare svolgimento delle attività essenziali.
Questa azione di tutela si aggiunge alle numerose iniziative che Coopservice ha introdotto per gestire l'emergenza da Covid-19 fra cui le misure per favorire il distanziamento sociale, come ad esempio l'introduzione dello smart working o lavoro agile, oppure la ricerca di ulteriori Dispositivi di Protezione Individuale resa molto faticosa e complessa da un mercato indirizzato forzatamente verso la fornitura alla Protezione Civile.
"Ci teniamo a ringraziare tutti i lavoratori, senza eccezioni - ha continuato Olivi - Il nostro primo pensiero va a coloro che stanno operando in prima linea. A loro esprimiamo tutta la nostra gratitudine per l'impegno e la dedizione con cui hanno continuato a garantire l'erogazione di servizi essenziali. Ma vogliamo far arrivare il nostro ringraziamento a tutti i dipendenti nei cantieri, nelle filiali e nella sede centrale che hanno accettato con spirito di collaborazione i cambiamenti organizzativi imposti dall'emergenza (e anche qualche sacrificio) e hanno adeguato le proprie modalità di lavoro per fare in modo che l'azienda potesse continuare ad operare. Ci auguriamo che questa emergenza possa finire nel più breve tempo possibile, per poter ritornare ad abbracciarci e a relazionarci senza barriere, reali e virtuali, nello spirito di comunione che contraddistingue il nostro essere cooperativa".
È possibile aumentare la soddisfazione dei giovani lavoratori? Per le aziende e i dipendenti arriva Goals for Good, un percorso a tappe per i lavoratori tra i 18 e i 30 anni.
«Aiutiamo i lavoratori tra i 18 e i 30 anni a raggiungere il loro benessere: con sé stessi, con la comunità in cui vivono e lavorano e con l’ambiente. Goals for Good fornisce alle aziende gli strumenti per aumentare benessere e produttività dei propri dipendenti e ai singoli lavoratori le strategie per centrare obiettivi personali e professionali» spiega Barbara Grazzini di InEuropa, società italiana esperta in progetti internazionali, focalizzati su educazione e formazione. «Non solo formazione tecnica o sulle soft skills, le aziende possono investire anche sul benessere dei loro dipendenti. Goals for Good è uno strumento coerente con i principi della responsabilità sociale d’impresa, a cui le aziende sono sempre più chiamate»
Chi è InEuropa
InEuropa è una società di servizi fondata da Barbara Grazzini e Andrea Pignatti, che da oltre 20 anni si occupano di tematiche comunitarie per supportare enti pubblici, privati e associazioni nell’accesso alle opportunità europee.
L’obiettivo è sensibilizzare gli enti pubblici e privati sulle politiche e sui programmi dell’Unione Europea, elaborare progetti a livello locale, nazionale e internazionale e supportare tecnicamente chiunque sia interessato ad accedere alle opportunità comunitarie.
Le aree di lavoro riguardano: cultura, educazione e formazione, lavoro, politiche sociali, ricerca e innovazione, sanità, sostenibilità, scuola e giovani, turismo.
Goals For Good: una soluzione possibile
Da un’indagine Istat del 2019 emerge che una delle principali cause della crescente insoddisfazione giovanile è da ricercare nei modelli consumistici veicolati da pubblicità e social media: la felicità è identificata con denaro, bellezza e status sociale.
Il Professor Stefano Bartolini, docente di Economia della Felicità all’Università di Siena, tra i consulenti scientifici di Goals for Good, spiega che di fronte a questi dati “è necessario puntare sul progresso della qualità della vita, proprio come intende fare Goals for Good”.
Per i lavoratori, il senso di insoddisfazione spesso tocca l’ambito lavorativo. Secondo un’indagine condotta da Edenred – Ipsos (2016) sulla qualità del lavoro risulta che:
-in Italia solo il 60% dei i lavoratori che si recano in ufficio, in negozio o in fabbrica è “felice”, contro una media del 67% negli altri 15 paesi oggetto dell’indagine,
-solo il 51% ha fiducia sul proprio futuro professionale.
«Goals for Good può aiutare le persone a avere un atteggiamento più equilibrato verso il lavoro, bilanciando vita lavorativa e extra – lavorativa e far capire che la felicità non dipende solo dalla ricchezza – spiega Bartolini -. I vantaggi per le aziende sono molti: gli studi dimostrano che persone più felici ed equilibrate sono più produttive, cooperative e puntuali».
Il percorso verso il benessere
Goals for Good individua i “5 percorsi verso il benessere”:
-coltivare relazioni sociali,
-dare il proprio contributo alla comunità,
-praticare attività fisica,
-apprendere nuove cose,
-riflettere su ciò che ci fa stare bene.
Goals for Good fornisce le strategie concrete per introdurre miglioramenti nella propria vita, realizzati attraverso evidenze scientifiche su ciò che rende davvero felice un individuo.
Le attività possono essere organizzate in maniera autonoma o per piccoli gruppi e sono divise in 4 workshop da un’ora ciascuno. I partecipanti di tali sessioni avranno modo di:
-mettere in discussione le tradizionali nozioni di successo,
-dare senso e motivazione a ciò che fanno, considerando l’effetto dei propri obiettivi al di là di sé stessi,
-migliorare la determinazione e utilizzare i propri punti di forza per raggiungere i propri obiettivi.
Il ruolo delle aziende
200 lavoratori italiani hanno sperimentato Goals for Good e sono riusciti a dedicare più tempo a famiglia, amici, sport, salute e nuovi obiettivi di studio e lavoro:
-il 93% dei partecipanti ha dichiarato che il percorso è in grado di generare stimoli e riflessioni,
-il 71% lo ha trovato utile,
-il 73% lo consiglierebbe a un amico.
Fondamentale è il ruolo delle aziende: “Goals for Good” mette a disposizione gratuitamente i materiali per responsabili e lavoratori del settore HR e agenzie del lavoro e formazione. Sul sito è possibile scaricare il Toolkit per le aziende, ossia tutti gli strumenti necessari per organizzare i workshop Goals for Good con i giovani lavoratori come parte della formazione aziendale. Il toolkit comprende tutto il materiale necessario per ciascuno dei 4 moduli di apprendimento.
(Di Coopservice 4 Dicembre 2019)
Di Coopservice - Il prossimo decennio potrebbe segnare un ritorno al futuro. I millennial saranno ormai integrati nel mondo del lavoro che affronteranno con capacità, costanza e senza barriere. Non sarà difficile comunicare, non sarà complicato percorrere le distanze.
Ma cosa trainerà il mondo del lavoro? Capacità di innovazione, creatività e immaginazione.
I vettori principali: creatività e immaginazione
Un cambiamento già in corsa ma che tra pochi anni si concretizzerà: il pensiero razionale lascerà spazio a creatività e immaginazione, che diventeranno presto i principali vettori di valore economico e sociale.
Ma per far sì che ciò accada alle organizzazioni oggi è richiesto uno sforzo in più nel promuovere agilità, coraggio, empatia e altruismo.
“I leader aziendali di oggi stanno affrontando problemi competitivi complessi a breve termine, ma con l’avvicinarsi del 2020 devono imparare a guardare oltre la situazione odierna e comprendere a un livello più fondamentale cosa separerà i vincitori dai perdenti nel prossimo decennio”, afferma un articolo del BCG Henderson Institute, The New Logic of Competition.
Non si può negare che le nuove tecnologie tenderanno a sostituire il lavoro manuale e quindi la risorsa umana, tuttavia questa tendenza può solo dar vita a nuove figure professionali di alto valore. Nell’era dell’immaginazione l’innovazione è sicuramente una nuova occasione per l’industria e per le persone.
Sviluppo dell’immaginazione e dell’intelligenza sociale
È possibile immaginare un futuro in cui la tecnologia offra ancora più opportunità alle persone? Viste le premesse la risposta non può che essere affermativa. Sono proprio le persone a sentire l’esigenza di massimizzare il proprio potenziale personale e professionale per ricoprire ruoli sempre più strategici e difficili da automatizzare, lasciando all’automazione le procedure ripetitive.
Ci attende un futuro in cui in cui i compiti più ripetitivi saranno automatizzati mentre il lavoro più creativo e stimolante verrà affidato alle persone. Insomma, una nuova produttività a cui ambire è alle porte.
Come prepararsi all’era dell’immaginazione
La storia ci insegna che ogni grande cambiamento non avviene in modo semplice e lineare. Sarà complesso preparare al cambiamento le classi dirigenti e far comprendere che lo sviluppo dell’immaginazione e dell’intelligenza sociale sarà il driver del futuro.
Sarà compito delle nuove generazioni e della nuova forza lavoro rivendicare il nuovo paradigma.
Coopservice Way: come gestire il cambiamento
Il progetto Coopservice Way si prefigge l’obiettivo di creare e diffondere all’interno di tutte le funzioni aziendali uno stile – un “modo” Coopservice – di erogare, gestire e garantire un’elevata qualità dei servizi ai clienti attraverso l’interazione virtuosa tra il lavoro dell’uomo e l’utilizzo degli strumenti tecnologici più avanzati.
Nel mondo dei servizi, infatti, l’opera dell’uomo è ancora una componente fondamentale ed è quindi necessario stimolare la condivisione di modalità efficaci e positive e premiare la creatività e il pensiero innovativo.
(Di Coopservice 19 Novembre 2019)
Cosa prevedono gli esperti del settore HR per il 2020? Tra i trend HR che domineranno il 2020 emerge una sempre più diffusa consapevolezza dell’importanza di favorire relazioni distese e collaborative negli ambienti di lavoro. Un atteggiamento considerato pericoloso?
Di Coopservice 19 Febbraio 2020 - In un saggio pubblicato negli Stati Uniti nel 2009 dal titolo Elogio della Gentilezza, lo psicanalista Adam Phillips e la storica Barbara Taylor riabilitavano l’importanza di un valore sommesso e discreto, sinonimo di capacità di ascolto, accoglienza, generosità, altruismo. Il punto di partenza degli autori era una domanda: Perché oggi la gentilezza è così estranea al senso comune, fino ad essere considerata persino pericolosa? Eppure, riflettevano i due autori, fin dall’antichità i vantaggi della generosità sono stati divulgati da un considerevole numero di pensatori e Marco Aurelio, filosofo e imperatore, considerava la benevolenza “la più grande gioia dell’umanità”. Oggi invece, proseguivano, molte persone considerano la gentilezza nel migliore dei casi una perdita di tempo e si è addirittura diffusa la convinzione che “la generosità ci impedirà di avere successo nella vita”.
Altro che segno di debolezza….
I contesti più tipici in cui trova spazio questa concezione sono gli ambienti di lavoro. Nelle aziende, soprattutto in quelle che si configurano quali organizzazioni complesse, la gestione «gentile» da parte di chi ha ruoli apicali viene tradizionalmente vista come «un tratto di debolezza», una fragilità. Mentre sarebbero decisamente da preferire atteggiamenti improntati all’autoritarismo legittimato dalla posizione gerarchica.
Al contrario la cortesia nei rapporti interpersonali, la buona educazione, le buone maniere possono fare bene a noi e agli altri. Spiega Eugenio Borgna, psichiatra fenomenologo: “La gentilezza ci consente di allentare le continue difficoltà della vita, le nostre e quelle degli altri, di essere aperti agli stati d’animo e alla sensibilità altrui. La gentilezza è un fare e un rifare leggera la vita, ferita continuamente dalla indifferenza e dalla noncuranza, dall’egoismo e dalla idolatria del successo”.
La forza nascosta della gentilezza
Ecco allora spiegato il motivo per cui, spiega Cristina Milani, psicologa, consulente di impresa e autrice del libro “La forza nascosta della Gentilezza” (Sperling & Kupfer), proprio la gentilezza è una qualità che oggi le direzioni HR delle aziende tengono in sempre maggiore considerazione, per il contributo che fornisce al buon clima e alla produttività aziendale. In questo senso l’autrice parla “del potere dei piccoli gesti” che negli accadimenti della vita quotidiana come negli ambienti lavorativi “fanno stare bene noi e gli altri”. Dalla gentilezza, infatti, scaturiscono tante sensazioni positive: “Se tu sei gentile con le persone, loro si sentiranno appagate e coinvolte, stimolate per contraccambiare e offrirti il meglio”. Questo discorso si rafforza soprattutto se lo applichiamo ad un team di lavoro, dove dalla collaborazione e fiducia nascono i risultati migliori e più appaganti.
Il World Kindness Movement e la crescente attenzione delle aziende
Cristina Milani è anche la fondatrice della onlus svizzera Gentletude e vicepresidente del World Kindness Movement (WKM), un movimento internazionale che si propone “di ispirare gli individui verso una maggiore gentilezza e di collegare le nazioni del mondo per creare un mondo più gentile”. Grazie al WKM, dal 2009 il 13 novembre di ogni anno viene organizzata la giornata mondiale della gentilezza, una ricorrenza nata per coordinare le iniziative sviluppate in diverse parti del pianeta, ma soprattutto per divulgare il valore della ‘Kindness’.
Negli ultimi anni sul tema è cresciuta esponenzialmente l’attenzione del mondo del business e del lavoro: “Oggi la gentilezza non è solo buona educazione – spiega Paolo Iacci, presidente di Eca Italia, docente di all’Università Statale di Milano e presidente nazionale di AIDP Promotion (Associazione per la Direzione del Personale) – ma rientra nelle strategie marketing delle aziende e fra le soft skills personali che aiutano a fare carriera”. D’altra parte, ricorda il presidente dell’Associazione direttori risorse umane Paolo Citterio, “ricordiamoci che nelle organizzazioni oggi si viene valutati ogni giorno a 360 gradi da superiori, sottoposti e colleghi”. La cortesia nei rapporti con i colleghi dunque, tra l’altro, conviene alla propria crescita professionale.
Il valore dei fattori emozionali nella gestione aziendale
La gentilezza è ormai considerata a buon diritto fra i più importanti principi di management da applicare sistematicamente alla gestione delle aziende. È questa una consapevolezza certificata ad esempio negli ultimi rapporti annuali ‘HR Trends & Salary Survey’ di Randstad, la multinazionale olandese leader nella ricerca, nella selezione e nella formazione delle risorse umane. Nel rapporto 2019 l’importanza di un atteggiamento “gentile” nel creare e mantenere un ambiente di lavoro “piacevole” è al primo posto dei suggerimenti espressi da 169 Ceo e Responsabili Risorse Umane di aziende internazionali per favorire la crescita del capitale umano.
“Introdurla nell’ambiente di lavoro può sembrare fuori luogo, perché si pensa che qui le emozioni non abbiano spazio, pena l’esclusione dal mercato – conclude Cristina Milani di Gentletude – , invece la si dovrebbe pensare come parte integrante del contesto con il quale le imprese si relazionano per crescere”. Ecco che allora la gentilezza diventa un elemento davvero strategico per l’azienda perché impatta positivamente nell’universo delle relazioni in cui è inserita: si traduce infatti in una maggiore attenzione per le parti che la costituiscono, per l’ambiente nel quale s’inserisce, per il pubblico al quale si rivolge.
Nella sua prima lettera del 2020, indirizzata ai Ceo delle aziende, il fondatore e presidente della più importante società di gestione del risparmio conferma la fiducia in un nuovo corso dell’economia e della finanza mondiali: “Solo le imprese che accettano di divenire ‘sostenibili’ verranno premiate”
Già lo aveva anticipato nell’estate del 2019 nella lettera che aveva inviato alle aziende: “Chi non si adegua ai nuovi imperativi di sostenibilità resi necessari dal cambiamento climatico, è destinato a rimanere indietro”. Ora Larry Fink, fondatore e Ceo di BlackRock, il primo fondo di investimenti americano con quasi 7 mila miliardi di dollari in gestione, torna sull’argomento nella sua prima comunicazione del 2020: “Solo le aziende che accetteranno la sfida della sostenibilità e della trasparenza verranno premiate dal mercato e dagli investitori”. Il motivo è molto semplice: il cambiamento climatico avrà sempre più un impatto significativo e duraturo sulla crescita e sulla prosperità economica, un rischio che i mercati fino ad oggi hanno sottovalutato.
Ma ora questa sottovalutazione sta terminando. Al contrario “la consapevolezza cresce rapidamente e siamo sull’orlo di una completa trasformazione della finanza mondiale”.
Perchè il climate change incide sull’economia mondiale
Le tesi di Larry Fink trovano del resto fondamento in un numero sempre maggiore di studi e ricerche di diverse organizzazioni – quali l’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite, il McKinsey Global Institute, il BlackRock Investment Institute e molti altri . Si tratta di analisi sulle implicazioni socioeconomiche del rischio derivante dai cambiamenti climatici, studi che illustrano come il rischio climatico avrà un impatto non solo sul mondo ‘fisico’, ma anche inevitabilmente sul sistema globale che finanzia la crescita economica e, in ultima istanza, sullo stesso modello di capitalismo mondiale.
E’ lo stesso Fink a fornire alcuni esempi pratici della fondatezza di questa tesi. “Cosa succederà ai mutui trentennali – un tassello chiave della finanza – se chi li eroga non è in grado di stimare l’impatto del rischio climatico su un arco di tempo tanto lungo, e se non sussistono opportunità di mercato per le assicurazioni contro incendi o inondazioni nelle aree interessate?”. E ancora: “Che accadrà all’inflazione, e di conseguenza ai tassi d’interesse, se il costo del cibo aumentasse a causa di siccità e inondazioni? Come possiamo costruire una crescita economica se i mercati emergenti vedono la propria produttività diminuire a causa di temperature estreme o di altri impatti climatici?”.
Va da sè che sempre più gli investitori saranno costretti a confrontarsi con questi interrogativi e cercheranno di prevedere quale impatto avranno le problematiche e le politiche legate al clima sui prezzi, sui costi e sulla domanda dell’economia nel suo complesso.
Il climate change non è un cambiamento passeggero, ma strutturale e di lungo periodo
Certo non è la prima volta che l’economia globalizzata naviga in acque tempestose: basta tornare con la memoria ai picchi di inflazione degli anni Settanta, alla crisi valutaria asiatica nel 1997, alla bolla internet di fine millennio e alla crisi finanziaria globale del 2008. «Ma anche quando queste situazioni sono durate molti anni, erano tutte, in generale, per loro natura di breve termine “, sottolinea il Ceo di BlackRock.
Il cambiamento climatico è diverso da tutti gli scenari di rischio precedenti. Anche se si verificassero solo una parte degli impatti previsti dagli studi e dalle previsioni scientifiche, si tratta di uno stato di crisi a lungo termine, e quindi molto più strutturale. Ne consegue che “le aziende, gli investitori e i Governi devono prepararsi per una significativa riallocazione dei capitali”.
Riallocazione che di fatto è già in atto. Si tratta però di un trend destinato a crescere esponenzialmente man mano che la generazione dei Millennial prenderà il comando, in politica e nel business: migliaia di miliardi di dollari a poco a poco passeranno nei prossimi decenni ai millennial. E quando questi diventeranno amministratori delegati, politici e capi di Stato, “rimodelleranno ulteriormente l’approccio mondiale alla sostenibilità”.
Sostenibilità e trasparenza sono le nuove parole chiave
Qual è allora, nell’era del climate change e del conseguente spostamento di capitali, concretamente la sfida che il management delle aziende è chiamato ad attuare per dare risposta alle nuove esigenze dei mercati? La parola chiave, secondo Fink, è trasparenza: “Tutti gli investitori, insieme alle autorità regolamentari, agli assicuratori e al pubblico, debbono avere un quadro chiaro di come le aziende gestiscono le questioni legate alla sostenibilità”. Questioni che, beninteso, si estendono ad una ampia gamma di tematiche, quali ad esempio le politiche di prezzo, gli standard di sicurezza dei lavoratori, gli assetti della privacy dei dati, l’etica aziendale ecc.
E che cosa succede a quelle imprese che ‘tradiscono’ la fiducia nel nuovo corso? Una società farmaceutica che aumenta significativamente i prezzi, una società mineraria che riduce la sicurezza, una banca che non rispetta i propri clienti: queste società possono massimizzare i rendimenti a breve termine. Ma, a lungo andare, “queste azioni che danneggiano la società si ripercuoteranno sull’azienda e ne distruggeranno il valore per gli azionisti”.
Ma la sostenibilità e la trasparenza non sono fini a se stesse… piuttosto sono le chiavi di successo del futuro
Beninteso per il Ceo di BlackRock ‘trasparenza’, così come ‘sostenibilità’, non è una parola vuota da utilizzare nelle brochure aziendali. Si tratta invece di obiettivi (“purpose”) che le aziende devono essere determinate a perseguire perché consentono di portare beneficio, oltre che a sé, a tutte le parti interessate: azionisti, clienti, dipendenti e comunità in cui operano. Perchè secondo Fink non vi è alcun dubbio che, nelle nuove condizioni di contesto, “un’azienda non può ottenere profitti a lungo termine senza perseguire uno scopo e senza considerare le esigenze di tutta la vasta gamma di stakeholder”.
Al contrario, un forte senso dell’obiettivo di sostenibilità e un impegno nei confronti delle parti interessate aiutano un’azienda a connettersi più profondamente con i propri clienti e ad adattarsi alle mutevoli esigenze della società, diventando così “il motore della sua redditività a lungo termine” nell’ambito di un nuovo modello di capitalismo più sostenibile ed inclusivo.
Di Coopservice 7 Febbraio 2020
Nomadismo digitale, smart working, lavoro Agile, welfare aziendale e flessibilità, per chi è nato prima del 1981 questi termini potrebbero sembrare distanti dal mondo del lavoro sinora conosciuto. Per le nuove generazioni sono invece le colonne portanti della vita lavorativa, o forse della vita in generale.
Continuamente citati dai media, chi sono i millennial o Generazione Y?
Si indicano così le persone nate tra il 1981 e il 1996: si tratta di una generazione nativa digitale, ossia che ha imparato durante gli anni dell’infanzia a utilizzare le nuove tecnologie, assistendo al suo veloce sviluppo.
La loro caratteristica principale è quella di essere nati in un momento di prosperità economica, in cui è stato insegnato loro chesarebbero riusciti a ottenere qualsiasi cosa, se lo avessero voluto abbastanza, ma di essere diventati adulti in un momento di profonda crisi, che ha in parte demolito le loro certezze.
È proprio per questo motivo che i Millennial hanno dovuto ingegnarsi per costruire il proprio futuro e vedono l’unica possibilità di successo nella flessibilità: concetto chiave nel mondo del lavoro e nella vita di tutti i giorni.
I Millennial cercano dal lavoro prima di tutto gratificazione ed equilibrio con la vita privata: la maggior parte di loro infatti preferisce avere benefit e smart working piuttosto che uno stipendio più alto.
Secondo uno studio della Bentley University, il 77% delle persone di questa generazione crede che con orari di lavoro più flessibili la produttività aumenterebbe.
La situazione di precariato nel lavoro ha aguzzato l’ingegno della Generazione Y, che presenta spiccate abilità di problem solving, oltre alla capacità di multitasking, ossia di occuparsi di più cose nello stesso momento.
Appartiene a tutta un’altra categoria invece la generazione successiva, la Generazione Z.
A differenza dei Millennial, i GenZ sono nati con l’uso degli smartphone, non hanno assistito alla crescita della tecnologia e di internet, ma vi sono stati immersi da subito.
Parte delle caratteristiche che differenziano la Generazione Z dai Millennial è l’aver assistito ad alcuni dei cambiamenti epocali della nostra storia contemporanea, come l’attacco alle Torri Gemelle, il primo presidente USA nero, il primo iPhone.
Se i Millennial hanno conosciuto il mondo prima e dopo questi eventi, i GenZ conoscono il mondo per come è attualmente: quei cambiamenti sono già dati di fatto.
Questa generazione è caratterizzata da una sfiducia generalizzata: se i Millennial sono stati piccoli in un’epoca di prosperità, con grandi speranze per il futuro, i GenZ sono nati con la crisi, senza l’illusione di un futuro roseo.
È un segno distintivo la propensione a considerare la diversità come un valore aggiunto, invece che come una caratteristica da cui essere spaventati e diffidenti.
La grande sfida della GenZ è migliorare il mondo: non si tratta di una generazione di idealisti, ma invece di un gruppo molto realista che vuole lavorare duro per costruire un mondo migliore di quello in cui è nato.
Sono inoltre molto più pragmatici dei Millennial, e già da giovanissimi iniziano a programmare il loro futuro finanziario.
Da un ambiente di lavoro cercano prima di tutto stimoli e valorizzazione, svolgendo una occupazione che li appassioni e permetta loro di crescere e fare carriera.
Cercano più dell’equilibrio: una vera e propria integrazione tra lavoro e passioni, portando così a casa le soddisfazioni lavorative e sul lavoro il proprio valore aggiunto.
È la routine il nemico giurato di una generazione che vive nell’assoluta mancanza di noia, sottoposta a continue stimolazioni da moltissime fonti diverse.
“Il mondo sta cambiando” non è un semplice modo di dire ma la presa di coscienza che tutto è in divenire, soprattutto nel mondo del lavoro. Le nuove generazioni cercano il proprio posto nel mondo, abbattendo confini e investendo nelle proprie competenze alla ricerca di una posizione che unisca passioni e interessi.
A questo link è disponibile il video in cui i millennials di Coopservice si raccontano e raccontano la loro esperienza nel mondo del lavoro. Quali sono i loro valori? Quali le loro aspettative? Qual è la loro idea di futuro?
Lo sguardo è rivolto verso la formazione alla quale le aziende dovrebbero offrire il giusto spazio, essendo un fattore imprescindibile per la meritocrazia, valore al quale le nuove generazioni rivolgono speranze, tempo e denaro.
Di Coopservice 16 Ottobre 2019
Di Coopservice 16 Dicembre 2019 - Il 16 dicembre 2019 si è tenuta a Reggio Emilia la conferenza “CSR LAB Le imprese del territorio verso l’Agenda 2030” per presentare il progetto “CSR Lab Emilia Ovest – Laboratorio Diversity Management”.
Il progetto “CSR LAB Le imprese del territorio verso l’Agenda 2030” ha coinvolto piccole e medie imprese, che si sono confrontate in laboratori di co-progettazione di azioni di CSR declinate in quattro aree:
- lo sviluppo d’impresa;
- la sostenibilità ambientale;
- l’internazionalizzazione d’impresa;
- il Diversity Management.
Proprio con riferimento all’ambito del Diversity Management, nel 2016, il Comune di Reggio Emilia ha invitato il centro interculturale MondInsieme a intervenire, in qualità di partner tecnico, nell’ambito del progetto CSR Lab Emilia Ovest.
L’obiettivo: “Sensibilizzare le imprese e gli attori locali sulle potenzialità del Diversity Management come forma di Corporate Social Responsibility, affinché, con azioni responsabili fondate su una gestione lungimirante della diversità presente all’interno dell’organizzazione, contribuiscano allo sviluppo del contesto sociale in cui operano”- recita la pagina web dedicata al progetto.
Spesso questo tipo di azione coinvolge solo le associazioni. La novità assoluta di questo progetto sta nella sua capacità di agire direttamente anche sulle aziende, prevedendo un loro coinvolgimento attivo nel processo di misurazione e descrizione della diversità interna.
Diversity Rating: un valido strumento di misurazione
Lo strumento di misurazione utilizzato per valutare il grado di diversità interna di ciascuna organizzazione è il Diversity Rating 2.0.
Co-costruito insieme alle associazioni di categoria del territorio, a partire da un prototipo ideato da un team di consulenti danesi, lo strumento di Diversity Rating consente di classificare il livello di diversità delle aziende in base a:
- genere;
- origine culturale;
- età;
- anzianità di servizio nell’azienda in oggetto.
Diversity Rating: la funzione principale
Il Diversity Rating ha due importanti funzioni:
- applicato da una singola azienda, sull’intera struttura o su parti di essa, consente a questa di fotografare la sua diversità in un dato momento e di monitorare, dunque, il suo evolversi nel corso del tempo (sulla base di aggiornamenti periodici) al fine di individuare le criticità e le azioni necessarie per valorizzare le diversità emergenti.
- Se estesa a diverse aziende di un territorio, permette lo studio di tendenze di sviluppo della comunità, che potranno orientare interventi pubblici e privati per gestire gli aspetti di cambiamento emersi.
La costruzione e l’applicazione di questo strumento ha permesso di introdurre all’interno delle realtà che hanno partecipato al progetto (associazioni di categoria e alcune aziende) il tema del Diversity Management e di creare consapevolezza circa le potenzialità di tale approccio strategico.
Coopservice e le politiche di Diversity Management
Coopservice, da sempre attenta alle politiche di integrazione all’interno dell’impresa, ha partecipato con entusiasmo al progetto in merito alle attività di Diversity Management proprio per la sua attenzione all’inclusione.
La Cooperativa vanta una forza lavoro composta in maggioranza da donne (60%) e lavoratori stranieri (11%) provenienti da 86 paesi del mondo.
L’inclusione, il rispetto e la cultura della responsabilità sono principi importanti per Coopservice, che crede fermamente nella diversità come valore guida e si impegna a tenere vivo l’impegno sulla Diversity, con azioni continuative nel tempo, per non perdere quanto ottenuto fino a ora.
In relazione al provvedimento sanzionatorio, notificato in data 16/12/19, Coopservice intende fare alcune precisazioni.
L’AGCM ha aperto una istruttoria che coinvolge alcuni operatori del mercato della vigilanza privata, i quali avrebbero realizzato in alcune gare una intesa restrittiva attraverso l’illegittimo utilizzo di RTI sovrabbondanti e subappalti, così addivenendo ad una presunta spartizione del mercato di riferimento.
Gli operatori economici sanzionati sono i principali player della vigilanza privata: Allsystem, IVRI, Italpol Vigilanza, Sicuritalia e appunto Coopservice. La posizione di Coopservice è la meno rilevante in termini di sanzione, significativamente inferiore rispetto alle altre (3,5 milioni € su un totale di 30 milioni €).
Va sottolineato che il provvedimento ha natura amministrativa ed è oggetto di impugnazione innanzi agli organi giurisdizionali amministrativi TAR e Consiglio di Stato.
Coopservice ritiene infatti di non essere (e non essere stata) parte di alcuna intesa anticoncorrenziale e di avere, al contrario fornito una lettura alternativa, ragionevole e coerente del proprio coinvolgimento rispetto alla presunta intesa anticoncorrenziale. La specificità del mercato della vigilanza privata, legato al possesso di idonee Licenze Prefettizie, spesso impone la partecipazione alle procedure di gara in Costituendo Raggruppamento di Imprese, le cui motivazioni sono di natura strettamente organizzativa e nulla hanno a che vedere con intenti anticoncorrenziali o di spartizione del mercato.
Le estensioni territoriali in termini di Licenza Prefettizia sono, infatti, condizionate dagli investimenti ingentissimi e dalle responsabilità (civili, amministrative e soprattutto penali) connesse alla funzione di incaricato di pubblico servizio. Estendere significa elaborare un progetto organizzativo e tecnico operativo adeguato; significa allestire centrali operative, sedi operative, infrastrutture per il collegamento radio, veicoli, dotazioni adeguate; significa impegnarsi a mantenere il tutto in costante e perfetta efficienza, perché interrompere un servizio di vigilanza in un aeroporto o in ospedale prelude a significative responsabilità penali (articolo 331 codice penale), responsabilità amministrative (revoca licenza), oltre a responsabilità da inadempimento (franchigia e prezzi assicurativi che lievitano).
Ci teniamo inoltre a precisare che Coopservice, in attuazione delle procedure interne, ha approvato una compliance antitrust nominando a tale scopo un proprio Responsabile Antitrust, in staff alla Direzione Generale e dotato di adeguata autonomia ed indipendenza e ha provveduto alla nomina di un Risk Manager Esterno di comprovata esperienza e professionalità.
Coopservice è quindi già in possesso di tutti i requisiti per non subire conseguenze negative dal richiamato provvedimento, con particolare riferimento alla propria partecipazione e qualificazione in procedure di appalto, pubbliche e private.