Nei giorni scorsi è stato tratto in arresto, dopo sei anni di latitanza all'estero, un imprenditore originario del veronese colpito da un ordine di carcerazione emesso nel 2012 dal G.I.P. del Tribunale di Ravenna, su richiesta della locale Procura della Repubblica, per reati di bancarotta fraudolenta.
L'uomo da anni aveva fatto perdere le proprie tracce riparando nelle Filippine, ove aveva avviato un'attività di ristorazione. Ma nei primi giorni di questa settimana è rientrato in Italia con un volo diretto all'aeroporto di Malpensa, dove la polizia di frontiera lo ha individuato e tratto in arresto, notificandogli l'ordinanza di custodia in carcere ancora pendente nei suoi confronti.
L'indagine che aveva condotto all'emissione del provvedimento cautelare era stata sviluppata, a suo tempo, dalla Guardia di Finanza di Faenza, a seguito di una serie di denunce presentate da alcuni imprenditori che avevano ceduto beni ad una società manfreda di cui l'uomo era titolare senza ricevere in cambio alcun pagamento.
Gli accertamenti delle Fiamme Gialle avevano permesso di accertare che il soggetto aveva effettivamente rilevato una società di Faenza operante nel commercio di prodotti per l'igiene della persona, per poi utilizzarla come schermo per acquistare prodotti completamente estranei all'oggetto sociale (alimenti per animali, carni, liquori, spumanti, prodotti vitivinicoli, ombrelli, trolley, borsoni da viaggio, ecc.) che, oltre a non essere mai stati pagati ai relativi fornitori, erano stati anche sottratti dai magazzini della società.
Una progressiva opera di svuotamento che in breve tempo aveva condotto la società faentina in una condizione di grave dissesto, poi sfociata in un inevitabile fallimento, con gravi ripercussioni negative sia sui fornitori che sui dipendenti rimasti senza lavoro.
Ora l'uomo, resosi irreperibile subito dopo la dichiarazione di fallimento della società manfreda, è stato associato alla casa circondariale di Busto Arsizio (VA).
Al termine di articolate attività di polizia economico – finanziaria, i Finanzieri del Comando Provinciale di Rimini hanno tratto in arresto, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso il locale Tribunale, tre pregiudicati, responsabili di aver ordito il fallimento di una ditta di commercio all'ingrosso e al dettaglio di calze, intimo ed accessori, con sede a Misano Adriatico (RN), distraendone prima del fallimento l'intero patrimonio.
Le complesse indagini svolte dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Rimini, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, hanno condotto ad argomentare che l'impresa era stata costituita, sin dall'inizio, con lo scopo di portare a termine un preciso piano criminoso, da parte dei veri gestori dell'attività commerciale, ossia due fratelli, di origine pugliese, attivi nel settore del commercio ambulante, ma gravati da diversi precedenti penali.
Il disegno emerso dagli accertamenti sarebbe consistito nel:
- fare acquisire al loro prestanome , N.D., di anni 41 (soggetto privo di alcuna esperienza imprenditoriale, nullatenente e con problemi di tossicodipendenza), - anche lui tratto in arresto ieri -, la fiducia dei fornitori in modo da poter effettuare ingenti acquisti di merce e procrastinare i pagamenti, con il proposito di non onorarli a scadenza;
- trasferire le giacenze di magazzino e i beni aziendali della ditta, prima del fallimento, ad altri soggetti sempre riconducibili ai due germani salentini;
- acquistare la merce in esenzione d'IVA, dichiarandone l'esportazione, per poi venderla invece sul territorio nazionale in evasione d'imposta;
- occultare le scritture contabili al fine di non consentire la ricostruzione del volume d'affari per l'anno 2014, a danno dell'Erario e degli altri creditori;
- scaricare la responsabilità del fallimento sul nullatenente N.D, su cui i creditori non avrebbero potuto rivalersi per ottenere il soddisfacimento dei propri crediti.
Le indagini hanno, altresì, consentito in sostanza di raccogliere elementi idonei a dimostrare che i suddetti hanno distratto merce per un valore pari a oltre 5 milioni di euro.
Sulla scorta di siffatte risultanze investigative, la Procura della Repubblica di Rimini, nella persona del Sostituto Procuratore della Repubblica, dr. Luca Bertuzzi, richiedeva al G.I.P. l'emissione di misure cautelari personali e reali a carico dei principali indagati, che venivano accolte dal GIP, dr. Vinicio CANTARINI, il quale ha disposto l'arresto in carcere per M.R. (51 anni, residente a Misano Adriatico), e gli arresti domiciliari per il fratello, M.R. (41 anni, residente a Gallipoli) e N.D. 41 (41 anni, residente in provincia di Brescia). I provvedimenti restrittivi sono stati operati ieri, rispettivamente a Bologna, Gallipoli e Calcinato (BS); contestualmente, nei loro confronti, le Fiamme gialle hanno anche dato esecuzione al correlato provvedimento di sequestro per oltre 200 mila euro
Operazione "Mister James": in corso di esecuzione 8 custodie cautelari nei confronti di un'associazione a delinquere finalizzata all'abusivismo finanziario, alla commissione di bancarotte, truffe, ricettazione e appropriazione indebita. Identificate false fidejussioni per oltre 200 milioni di euro.
I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Forlì, sotto la direzione della locale Procura della Repubblica, stanno eseguendo n. 8 ordinanze di custodia cautelare (2 in carcere e 6 nella misura degli arresti domiciliari) nell'ambito di un'indagine condotta nei confronti di un'associazione a delinquere, operante in Italia ed all'estero, dedita alla commissione di una pluralità di reati quali: l'abusivismo finanziario, la bancarotta fraudolenta, truffe, anche aggravate, realizzate mediante emissioni di garanzie fideiussorie false, ricettazione ed appropriazione indebita.
Gli accertamenti esperiti, avviati nel decorso 2016, hanno consentito di poter deferire all'A.G. inquirente n. 34 soggetti, delineando – al contempo – le ramificazioni e la struttura dell'associazione a delinquere che, pur avendo sede nel territorio forlivese operava anche in Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia attraverso più società.
Importante, al fine della ricostruzione delle movimentazioni finanziarie, l'apporto fornito dalle segnalazioni per operazioni sospette generate dai presidi antiriciclaggio che hanno consentito d'individuare ingenti flussi finanziari dirottati anche su banche estere site nel Principato di Monaco e Malta.
Nello specifico, il modus operandi dell'associazione prevedeva di:
- emettere false polizze fideiussorie a favore di terzi soggetti procurandosi illeciti guadagni;
- individuare società che versavano in grave crisi finanziaria, acquisendole attraverso società di comodo create ad hoc ed intestate a "teste di legno" prive di fonti reddito;
- stipulare contratti d'affitto d'azienda attraverso i quali garantirsi la gestione dell'azienda acquisita in ogni suo aspetto e quindi procedere alla definitiva "spoliazione" di tutti i beni finanziari e strumentali, anche mediante la contestuale rivendita a terzi soggetti;
- fornire alla platea dei creditori delle aziende acquisite, false garanzie fideiussorie, per altro dietro il pagamento di lauti corrispettivi, al fine di procrastinare nel tempo ogni attività volta al soddisfacimento dei propri crediti.
Con riferimento alle false garanzie fideiussorie, le stesse venivano immesse sul mercato a nome di uno "pseudo" istituto di credito con sede a Londra, di altro istituto di credito realmente operante ma totalmente all'oscuro di tali operazioni, con sede a Stoccolma, nonché attraverso società finanziarie italiane non abilitate e prive di qualsiasi copertura finanziaria atta a soddisfare i creditori.
Nel corso dell'articolata attività investigativa è stato già accertato il pagamento di premi per un capitale garantito pari a circa 50 milioni di euro mentre sono in corso ulteriori accertamenti su polizze che si ritiene possano essere state proposte / stipulate per ulteriori 150 milioni.
Tra i beneficiari delle false polizze fideiussorie, oltre a privati ed imprenditori, figurano anche istituti di credito ed enti pubblici; allo stato 150 risultano gli episodi di truffa ricostruiti.
Tra questi si segnala il tentato acquisto della OLIDATA Spa, storica azienda romagnola leader nazionale nel settore dell'ICT e primo produttore di PC in Europa. L'acquisizione, tentata attraverso il coinvolgimento di un investitore – già noto alle cronache giudiziarie per aver tentato la scalata della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio – che utilizzando un fondo del Qatar avrebbe acquisito quote della società cesenate, veniva bloccata dallo stesso management OLIDATA a seguito di riscontri effettuati sulla "consistenza" del fondo.