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Di Mario Vacca Parma 27 ottobre 2019 - Dal Convegno Nazionale dei dottori Commercialisti a Firenze

Diffuso l’elaborato degli indici studiati dall’ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili all’apertura del convegno nazionale di Firenze sulla crisi d'impresa, al quale sembrerebbe partecipino 1200 iscritti. Durante il convegno si è fatto cenno agli indici e di come comprendere che la crisi si misuri innanzitutto negli indicatori, diversi dagli indici stessi.


Primo indicatore di massima importanza riguarda la perdita della continuità aziendale, così come i Principi di revisione Isa già definiscono bene, e ovviamente il patrimonio netto negativo (cioè inferiore al limite di legge), quindi è stato evidenziato come gli indici siano subordinati alla verifica di altri elementi, già fissati dal legislatore all'art. 13, co. 1 e art. 24 del codice della crisi d'impresa.
Le imprese soggette ai nuovi obblighi sono oltre 235 mila, cioè tutte quelle costituite sotto forma di società o enti collettivi che dal 16 marzo scorso sono obbligate ad istituire un assetto organizzativo, contabile e amministrativo adeguato alle dimensioni dell'impresa, finalizzato al duplice obiettivo: il primo, di rilevare tempestivamente i segnali di pericolo della crisi d'impresa e della perdita della continuità aziendale e il secondo, di intervenire in modo coerente e senza indugio per adottare ed attuare uno strumento giuridico previsto dall'ordinamento utile a recuperare la continuità aziendale ed evitare il fallimento (ovvero la liquidazione giudiziale che sostituirà la procedura di fallimento).
Erroneamente in tanti hanno pensato che dagli indici si potesse valutare se l’ impresa è in crisi, ma in effetti gli indici sono solo il terzo livello di valutazione della presunzione di crisi .
E’ la verifica della continuità aziendale che rileva ai fini degli obblighi segnaletici nei limiti degli eventi che compromettano la continuità per l'esercizio in corso e, qualora la durata residua dello stesso sia inferiore a sei mesi, nei sei mesi successivi la chiave di volta.


Secondo elemento rappresenta la non sostenibilità dei debiti che è anch'essa sintomo di disfunzione della continuità aziendale. La rilevazione dei sintomi e dei rischi è quindi rimessa a un sistema di risk management, che monitori anche fattori diversi dai numeri che potrebbero pregiudicare la prosecuzione aziendale o l’andamento gestionale come, ad esempio rilevanti perdite per danni ambientali, dissidi familiari , perdite dei crediti, controversie giudiziarie, crisi del mercato. Il documento del Cndcec evidenzia come «queste minacce non sono rilevabili dagli indici di cui alla delega, in quanto avulse dal sistema dei valori di bilancio al quale tali indici si riconnettono, ma devono essere attentamente monitorate da parte dell'organo amministrativo». Devono essere così considerasti sempre gli eventi elencati dal principio Isa Italia N. 570 «Continuità aziendale» in quanto possono compromettere l'esistenza in vita dell'impresa e condurre alla crisi. Tali elementi sono indicatori tutt'altro che finanziari e quindi non leggibili dai dati di bilanci.


Si attende adesso che il Mise approvi il documento.

 

La Bussola d'Impresa - Mario Vacca

Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito esperienza e ho potuto specializzarmi nel controllo di gestione e finanza d’impresa.
Queste capacità mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza tra Capri, Napoli e la penisola Sorrentina con il ruolo di Temporary Manager, per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari.
Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di prevedere e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari dei miei clienti.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho voluto fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Queste esperienze estere hanno apportato conoscenze legate al Family Business, alla protezione patrimoniale tanto per le imprese quanto per i singoli imprenditori e, alla gestione di società e conti esteri per favorire l'internazionalizzazione ed armonizzare la fiscalità tra i diversi paesi ove i clienti operano.
Nel frattempo ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni - nel ruolo di vice presidente - ottenendo una buona padronanza della dialettica, doti di Pubblic Relation e, una buona rete di contatti personali.
Mi piace lavorare in squadra, mi piace curare le pubbliche relazioni e, sono convinto che l’unione delle professionalità tra due singoli, non le somma ma, le moltiplica.
Il mio obiettivo è lavorare sodo ma, con Etica ed Urbanità.

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Di Mario Vacca Parma 20 ottobre 2019 -  In Tema di dell’antiriciclaggio il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ha emesso delle regole tecniche ed attuative in conformità al D.Lgs. n. 231/2007 modificato e ampliato dal D.Lgs. n.90/2017.


La normativa in vigore demanda agli Organismi di Autoregolamentazione (perciò l’Ordine stesso) di elaborare ed aggiornare delle regole vincolanti per i commercialisti iscritti.
Queste regole tecniche specificano che i commercialisti per i loro clienti e sul loro studio dovranno fare una valutazione complessiva del rischio (artt. 15 e16, D.lgs. 231/2007); procedere ad una adeguata verifica della clientela (artt. 17 e 30, D.lgs. 231/2007) e rispettare una attenta conservazione dei documenti, dei dati e delle informazioni (artt. 31, 32 e 34, D.lgs. 231/2007). Infine vi è anche un obbligo specifico di formazione per la tematica di antiriciclaggio per il commercialista.


La cosa più imminente è la obbligatorietà per il singolo iscritto all’Albo di fare la autoregolamentazione del rischio di autoriciclaggio del proprio studio (che poi dovrà essere rinnovata ogni tre anni).
Obbligatorietà nata dalle regole tecniche che sono considerate fonti normative integrative della norma primaria e non norme regolamentari subordinate (vedasi lo studio n.1/2018/B del Notariato). Tali regole dovevano essere recepite entro sei mesi (23/07/2019) ma sono andate in proroga al 1/1/2020 (informativa n.68 CNDCEC 18.07.2019).


In questi prossimi mesi il CNDCEC promuoverà specifiche attività formative in modalità e-learning e linee guida esemplificative. Decorso tale periodo (perciò da Gennaio 2020) le regole saranno considerate vincolanti per tutti gli iscritti.
Ai sensi dell’art. 26 comma 2 del D.Lgs. n.231/2007 il professionista obbligato deve adeguarsi e per fare ciò è consigliabile che si affidi a professionisti terzi.


Estratto della Sezione III Art. 26. n.231/2007
Esecuzione degli obblighi di adeguata verifica da parte di terzi (1)
1. Ferma la responsabilità dei soggetti obbligati in ordine agli adempimenti di cui al presente Titolo, è consentito ai medesimi di ricorrere a terzi per l'assolvimento degli obblighi di adeguata verifica di cui all'articolo 18, comma 1, lettere a), b) e c).
2. Ai fini della presente sezione, si considerano «terzi»:
a) gli intermediari bancari e finanziari di cui all'articolo 3, comma 2;
b) gli agenti in attività finanziaria di cui all'articolo 3, comma 3, lettera c) limitatamente alle operazioni di importo inferiore a 15.000 euro, relative alle prestazioni di servizi di pagamento e all'emissione e distribuzione di moneta elettronica di cui all'articolo 17, comma 6;
c) gli intermediari bancari e finanziari aventi sede in altri Stati membri;
d) gli intermediari bancari e finanziari aventi sede in un Paese terzo, che:
1) sono tenuti ad applicare misure di adeguata verifica della clientela e di conservazione dei documenti di livello analogo a quelle previste dalla direttiva;
2) sono sottoposti a controlli di vigilanza in linea con quelli previsti dal diritto dell'Unione europea;
e)i professionisti nei confronti di altri professionisti.
(1) Il presente articolo, originariamente inserito nella Sezione II del Capo I del Titolo II, è stato così sostituito dall’ art. 2, comma 1, D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 90, che ha sostituito l’intero Titolo II.

 

 

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Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito esperienza e ho potuto specializzarmi nel controllo di gestione e finanza d’impresa.
Queste capacità mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza tra Capri, Napoli e la penisola Sorrentina con il ruolo di Temporary Manager, per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari.
Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di prevedere e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari dei miei clienti.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho voluto fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Queste esperienze estere hanno apportato conoscenze legate al Family Business, alla protezione patrimoniale tanto per le imprese quanto per i singoli imprenditori e, alla gestione di società e conti esteri per favorire l'internazionalizzazione ed armonizzare la fiscalità tra i diversi paesi ove i clienti operano.
Nel frattempo ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni - nel ruolo di vice presidente - ottenendo una buona padronanza della dialettica, doti di Pubblic Relation e, una buona rete di contatti personali.
Mi piace lavorare in squadra, mi piace curare le pubbliche relazioni e, sono convinto che l’unione delle professionalità tra due singoli, non le somma ma, le moltiplica.
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Di Mario Vacca Parma 13 ottobre 2019 - La sentenza n. 23859 del 25.09.2019, emessa dalla Corte di Cassazione ha affermato che non sono riferibili al contribuente sottoposto a verifica le operazioni sui conti correnti intestati alle società di capitali dal medesimo partecipate, in quanto in mancanza di una presunzione legale, è consentito sostenere che siano riferibili alla società verificata le operazioni sui conti correnti intestati all’amministratore o al socio, ma non anche che siano riferibili a questi soggetti le movimentazioni sui conti correnti intestati alla società.

Tale sentenza fa chiarezza in tema di indagini finanziarie sui conti correnti intestati a terzi in quanto parrebbe prevalere l’orientamento secondo cui l’estensione dell’indagine sui conti correnti dei terzi può diventare quasi automatica nel caso in cui questi siano intestati a persone riconducibili al contribuente, vedasi parenti stretti, coniugi o soci.


L’esame dei conti correnti bancari del contribuente consente il rinvenimento di movimentazioni che non trovano comparazione nella contabilità del soggetto e l’indagine è mirata al rinvenimento di elementi idonei a procedere ad una rettifica reddituale a meno che non sia dimostrato tali movimentazioni sono state incorporate per la determinazione della base imponibile o che non hanno rilevanza allo stesso fine.


Posto ciò la Suprema Corte ha evidenziato che: «In tema di poteri di accertamento degli uffici finanziari, devono ritenersi legittime le indagini finanziarie estese ai congiunti del contribuente persona fisica, ovvero a quelli degli amministratori della società contribuente, in quanto sia l’articolo 32 D.P.R. 600/1973, che l’articolo 51 D.P.R. 633/1972, autorizzano l’Ufficio a procedere ad accertamento anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, tesi, ravvisabile nel rapporto familiare, sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari degli indicati soggetti».


Date le due interpretazioni ben venga accolta la recente sentenza che chiarisce che in caso di operazioni sui conti correnti intestati alle società di capitali, non opera alcun meccanismo presuntivo, per cui non è consentito sostenere che tali movimentazioni siano riferibili al contribuente.

 

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Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito esperienza e ho potuto specializzarmi nel controllo di gestione e finanza d’impresa.
Queste capacità mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza tra Capri, Napoli e la penisola Sorrentina con il ruolo di Temporary Manager, per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari.
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Di Mario Vacca Parma 6 ottobre 2019 - Le nuove norme del codice della crisi e dell’insolvenza per dirimere le liti dei soci al 50%

L’inizio di un’avventura imprenditoriale matura dalla voglia di fare tra due soggetti che presi – com’è ovvio che sia – dal business principale del quale molto probabilmente sono edotti tralasciano alcuni aspetti sostanziali che potrebbero essere genesi di problematiche nel futuro della società, in particolar modo quanto le quote sono divise equamente al 50% e l’amministratore è soltanto uno dei due. Solitamente in fase di start-up a causa della mancata esperienza dei soci in questioni di diritto societario e comunque della sola focalizzazione sulle idee del business non viene data grande importanza allo statuto, sia quando regola il rapporto tra i soci sia per gli aspetti fiscali che con la redazione di un buon documento si possono conseguire.


Nel trascorrere degli anni tra i due soci si crea un divario, uno tenderà più ad amministrare l’altro più a lavorare ed è facile che il primo prenderà decisioni in autonomia mancando di dare qualsiasi informazione al socio, con il risultato che quasi sempre, idee, strategie ed azioni di uno finiscano per prevalere su quelle dell’altro, diluendo cosi la tutela legale tra i due ma anche la capacità di sopportazione dell’altro socio che a lungo andare subirà la “dittatura” dell’altro.

Naturalmente in questi casi il risultato non potrà essere che uno soltanto: un’insanabile rottura del rapporto tra i soci. Solitamente l’amministratore porta con se’ il rapporto con i professionisti aziendali quali commercialista, consulente del lavoro etc, che alla fine cadranno nell’involontaria difesa del socio prevalente o nel manifesto riconoscimento da parte del professionista nei confronti del socio che gli conferma di anno in anno il mandato.

Nell’ipotesi che cambiare il commercialista in alcuni casi è più un danno che altro che si andrebbe ad arrecare alla società stessa, una soluzione perverrebbe dal nuovo Codice sulla Crisi delle Imprese laddove impone che le società che, nel biennio precedente abbiano superato determinati parametri nominino un sindaco o in alternativa un revisore.

Siffatto obbligo potrebbe offrire un’importante opportunità per pareggiare il potere tra i due soci laddove il sindaco o il revisore (figura che, tra i vari compiti, dovrà controllare la correttezza del lavoro svolto dal commercialista) venga scelto dal socio che si ritenga svantaggiato.

La nomina di un sindaco o un revisore, sono obbligatori laddove la società abbia superato determinati parametri, ma facoltativi se tali parametri non siano raggiunti e pertanto nominabili anche in società di piccole dimensioni.

 

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Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di prevedere e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari dei miei clienti.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho voluto fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Queste esperienze estere hanno apportato conoscenze legate al Family Business, alla protezione patrimoniale tanto per le imprese quanto per i singoli imprenditori e, alla gestione di società e conti esteri per favorire l'internazionalizzazione ed armonizzare la fiscalità tra i diversi paesi ove i clienti operano.
Nel frattempo ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni - nel ruolo di vice presidente - ottenendo una buona padronanza della dialettica, doti di Pubblic Relation e, una buona rete di contatti personali.
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Di Mario Vacca Parma 9 settembre 2019 -I soggetti esercenti attività di commercio al minuto ed assimilate sono obbligati a memorizzare elettronicamente e trasmettere telematicamente all’agenzia delle Entrate i dati dei corrispettivi giornalieri ai sensi dell’articolo 2, comma 1 D.Lgs 127/2015. L’adempimento è partito dal primo luglio 2019 per gli esercenti con volumi di affari superiori ai 400.000 euro mentre dovranno adeguarsi tutti gli altri entro il 01 gennaio 2020.

Al fine di agevolare, l’acquisto o l’adattamento degli apparecchi necessari per ottemperare al nuovo obbligo, misuratori fiscali ma più precisamente le stampanti fiscali, il comma 6-quinques dell’articolo 2, ha previsto la concessione di un credito d’imposta pari al 50% della spesa sostenuta, fino a un massimo (per ciascun misuratore) di:
 250 euro in caso di acquisto;
 50 euro in caso di adattamento.


Tale credito di imposta è utilizzabile in compensazione tramite modello F24 con decorrenza dalla prima liquidazione periodica dell’Iva successiva al mese in cui è registrata la relativa fattura per la quale si rende necessario un pagamento in forma tracciabile. Il codice tributo per l’utilizzo in compensazione è quello istituito con la risoluzione 33/E/2019, ossia “6899” da esporre nella sezione “Erario”, nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna “importi a debito versati”. Nel campo “anno di riferimento” è da indicarsi, invece, sempre l’anno di sostenimento della spesa che ha dato diritto al credito stesso.

All’utilizzo in compensazione non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, L. 244/2007 (250.000 euro) e all’articolo 34 L. 388/2000, come aumentato dall’articolo 9, comma 2, D.L. 35/2013 convertito, con modificazioni, dalla L. 64/2013 (700.000 euro).

 

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Domenica, 22 Settembre 2019 09:18

Giro di boa al 14 settembre per la sicurezza bancaria

Di Mario Vacca Parma 22 settembre 2019 - Dal 14 settembre 2019 sono entrate in vigore alcune novità previste dalla direttiva europea PSD2 e gli istituti di credito dovranno adeguare le loro strutture.
Le banche sono obbligate ad autorizzare a “terze parti” l’accesso ai dati dei propri correntisti che avranno autorizzato siffatta comunicazione.


Le “terze parti” sono importanti tasselli del “sistema bancario” chiamate Pisp, Aisp e Cisp!


I Pisp (Payment Initiation Service Providers) sono società intermediarie tra il pagatore (consumatori o aziende) e la propria banca che hanno lo scopo di versare denaro ad un terzo soggetto. Vera e propria innovazione, con esse sarà possibile effettuare un pagamento su un sito di ecommerce senza inserire i dati della propria carta di credito, perché sarà il venditore ad accedere direttamente al conto (previa una prima autorizzazione del cliente) e prelevare. Per accedere al conto del cliente i Pisp devono comunque usare procedure di autenticazione mettendo a disposizione del cliente tutte le informazioni relative all’ operazione; In questo contesto si potrebbero ridurre le commissioni relative alle transazioni con carte di credito ed eliminare i pericoli della perdita della carta stessa.


Gli Aisp (Account Information Service Provider) sono servizi che "spiano" (dopo che il cliente abbia prestato il consenso) le operazioni effettuate sui conti correnti e con le carte, analizzando ed aggregando dati per fornire un quadro complessivo delle finanze in un'unica schermata arrivando a suggerire investimenti o prodotti di risparmio.


I Cisp (Card Issuer Service Providers) sono soggetti che emettono carte di pagamento. Attivi già da tempo nel Regno Unito, a differenza delle prepagate, queste sono direttamente collegate al conto corrente, anche se è stato aperto in una banca differente. Non essendo i detentori del denaro hanno canali privilegiati per accedere al conto.


La direttiva rafforza le misure a tutela dei correntisti al fine di prevenire frodi e furti di identità. La sicurezza dei clienti, secondo il testo, si basa su tre principi:


- Conoscenza: cioè una password o un codice pin che conosce solo l'utente;
- Possesso: uno strumento che possiede solo l'utente (uno smartphone o un token);
- Inerenza: cioè qualcosa che l'utente è, ad esempio un'impronta digitale o il riconoscimento facciale.

Le procedure di autenticazione delle banche devono prevedere almeno due di questi principi. Questi nuovi standard hanno portato diverse banche italiane a sostituire i sistemi di accesso al conto o di autorizzazione delle disposizioni sostituendo i vecchi token con altri di nuova generazione o creando nuove modalità quali il sistema di generazione di password sullo smartphone.
Sembrerebbe che il problema dei token attuali sia data dalla vulnerabilità del codice generato (l'Otp, one time password) che pura pochi secondi ma non esclude la possibilità che un truffatore informatico possa utilizzarlo per compiere una seconda veloce operazione, drenando soldi dal conto del cliente. Con le nuove regole, invece, il codice "restituito" al cliente è valido solo e soltanto per quella operazione.

Mentre la direttiva si preoccupa della sicurezza desta anche qualche preoccupazione in ordine alla comunicazione dei dati, infatti dal 14 settembre sarà ancora più importante prestare la massima attenzione ai consensi da fornire al proprio Istituto perché se è vero che i nuovi servizi potrebbero essere utili a molti consumatori, è altrettanto vero che si tratta di condividere informazioni preziose, da fare con la massima cautela.

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Di Mario Vacca Parma 15 settembre 2019 - L’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 19 dell'8 agosto 2019 fornisce i dettagli sull’attività di compliance e sui controlli indirizzati a piccole e grandi imprese.
Il documento offre importanti spunti di riflessione; emerge che per ridurre la differenza tra entrate fiscali teoriche ed effettive, sarà fondamentale l’incrocio dei dati disponibili in tempo reale grazie a due delle novità fiscali del 2019: fattura elettronica e corrispettivi telematici.


In pratica la circolare concretizza le linee strategiche del triennio 2019-2021 fissate dall’atto di indirizzo del MEF. Un supporto alle attività di analisi del rischio evasione sarà dato anche dalle informazioni acquisite su conti correnti sia Italiani grazie alle ultime disposizioni, che esteri detenuti da residenti italiani per effetto della procedura di cooperazione internazionale per il contrasto ad evasione ed elusione fiscale; in pratica le attività di prevenzione e contrasto all’evasione fiscale si basano sull’analisi dei dati e delle informazioni a disposizione e su approcci diversificati volti ad individuare le caratteristiche dei contribuenti ritenuti più a rischio. I big data e l’intelligenza artificiale diventano gli strumenti principe per contrastare l’evasione fiscale.


Accanto alle attività di controllo, gli uffici dell’Agenzia delle Entrate restano in prima linea nelle attività finalizzate alla promozione dell’adempimento spontaneo con l’invio delle cosiddette lettere di compliance.
L’attività di controllo include anche l’estensione dei limiti per l’accesso al regime forfettario per le partite IVA: “Con l’estensione della platea dei potenziali beneficiari, dovranno essere messi in campo una serie di presidi finalizzati a evitare che possano accedere illegittimamente al regime soggetti che non posseggono i requisiti prescritti dalla legge.”


Per le imprese di minori dimensioni, invece, la selezione si indirizzerà prioritariamente nei confronti di soggetti che sottofatturano le prestazioni attive o portano in detrazione costi non inerenti l’attività esercitata.
Tra i fattori di rischio, l’Agenzia delle Entrate indica i seguenti:

 presenza di crediti IVA in apparenza non giustificabili in base ai dati economici, ovvero ai regimi normativi vigenti (ad esempio aliquote differenziate tra acquisto e vendita);
 effettuazione di acquisti da soggetti che omettono la presentazione delle relative dichiarazioni fiscali e del modello “Comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA”;
 presenza di un elevato importo dei costi c.d. “residuali”;
 acquisti effettuati da controparti che dichiarano l’esercizio di attività rientranti in codici ATECO c.d. residuali (ad esempio i codici che terminano con la dicitura n.c.a.);
 presenza di bassa redditività anche a fronte di ricavi costanti o in crescita nel tempo.


La circolare fa focus sull’attività di “tutoraggio”, strumento che permette la diversificazione dei controlli in base ai risultati delle analisi del rischio.

L’obiettivo delle attività di verifica sarà quello di intercettare e contrastare i fenomeni di: “pianificazione fiscale nazionale e internazionale aggressivi più complessi, anche tramite l’uso delle banche dati a disposizione dell’Agenzia e il ricorso, da parte delle strutture regionali, all’interazione con le giurisdizioni fiscali estere, attraverso le forme di cooperazione amministrativa assicurate dal Settore internazionale della Divisione contribuenti.”

 

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Domenica, 08 Settembre 2019 14:34

Banca D’Italia e controllo dei movimenti in contante

di Mario Vacca Parma, 8 settembre 2019 - La Banca d’Italia ha avviato lo sorso 02 settembre i controlli sulle operazioni realizzate in contanti oltre i 10 mila euro monitorando in particolare prelievi e versamenti per più di 10 mila euro al mese. Obiettivo primario è la riduzione del rischio di riciclaggio anche attraverso il contrasto all’uso del contante che in Italia supera l’80% dei pagamenti totali.

L’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) di Bankitalia specifica che le banche, gli uffici postali e altri istituti di pagamento segnalino tutte le operazioni che complessivamente superino il nuovo limite, precedentemente fissato in euro 15 mila. La segnalazione è definita “comunicazione oggettiva“, effettuata su base mensile, da inoltrare entro il 15 del mese successivo. La prima comunicazione del 15 settembre riguarderà i dati aggregati di di aprile, maggio, giugno e luglio.


L’eccessiva presenza di contante nelle casse degli esercizi commerciali rappresenta anche un notevole rischio per la loro stessa sicurezza.
L’UIF ha realizzato uno studio dal titolo «L’uso del contante e il riciclaggio», con il quale si fotografa la situazione dei pagamenti in Italia diviso per regioni, attività economiche ed interessi dei soggetti. Naturalmente in questi ultimi anni molte sono state le leggi e le norme volte a favorire il controllo dei flussi a favore dell’antiterrorismo ma non è da escludere che tali norme abbiano come interesse principale la lotta all’evasione, infatti lo stesso studio recita che l’utilizzo del contante risulta legato a stretto giro con le dimensioni dell’economia sommersa.

L’abitudine ad utilizzare il contante sembrerebbe più diffusa in alcune zone d’Italia, come nei comuni litoranei ad alta intensità di turismo o nei comuni montani che non hanno a disposizione i servizi bancari nelle immediate vicinanze. Parrebbe che al Sud che si registri una minore propensione ai pagamenti elettronici, ma con sorpresa alcuni dati avrebbero evidenziato che al nord ed in particolare in Lombardia e in Veneto, l’utilizzo del contanti viene utilizzato in particolar modo in transazioni sospette, forse anche a causa delle maggiori disponibilità del territorio.


L’UIF non ha ancora deciso come agire a seguito delle segnalazioni ricevute dagli istituti finanziari e pertanto si attenderà il riscontro dei primi dati a partire dal 15 settembre.

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Come in mare aperto, anche in ufficio è necessario un leader capace di motivare il team, esaltarne i punti di forza, aiutarlo a risolvere problemi e capace di prendersi la responsabilità.

di Mario Vacca Parma  1 settembre 2019 - Nel ricorso per sovraindebitamento la procedura di liquidazione rappresenta un altro strumento di soddisfacimento dei creditori del soggetto non fallibile, raffigurato come procedimento esecutivo-espropriativo d’indole concorsuale, avente ad oggetto l’intero patrimonio del debitore, fatta eccezione dei beni espressamente esclusi.

Si evince che tale disciplina è strutturata analogamente ad una tradizionale procedura fallimentare, e si compone nelle fasi dell’apertura, dell’inventario dei beni, della formazione dello stato passivo ed infine dell’esdebitazione. Oggetto della liquidazione sono tutti i beni del debitore, compresi gli accessori, le pertinenze e i frutti prodotti dai beni ( anche i beni sopravvenuti nei quattro anni successivi al deposito della domanda di liquidazione, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi) ad eccezione di quelli personali, che ai sensi dell’articolo 14-ter, comma 6, L. 3/2012 possono individuarsi nei crediti impignorabili, dei crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, degli stipendi, delle pensioni, dei salari e di ciò che il debitore guadagna con la sua attività, sia pure nei limiti di quanto occorra al mantenimento suo e della sua famiglia indicati dal giudice, dei frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, dai beni costituiti in fondo patrimoniale e dei frutti di essi.

Il 14 maro 2019 il Tribunale di Pordenone ha espresso che la procedura di liquidazione del patrimonio prevista dalla L. 3/2012 in tema di sovraindebitamento può essere esperita anche in assenza di beni da liquidare, facendo affidamento soltanto sui redditi futuri del debitore. Il Tribunale ha fornito un’indicazione molto rilevante in quanto gli articoli del c.c. al riguardo non offrono un valido supporto a dirimere questione.


Dalla sentenza è possibile evincere he a sostegno della pronuncia viene evidenziato che nella nozione di “beni” di cui all’articolo 810 cod. civ. possano rientrare anche le somme di denaro, e:
 il fatto che l’articolo 14 ter, comma 6, lett. b), L. 3/2012 esclude dalla liquidazione i redditi da stipendi e pensioni solo nei limiti di quanto occorre al mantenimento proprio e della propria famiglia;
 il fatto che nel patrimonio da liquidare rientreranno ex articolo 14 undecies 3/2012 anche i crediti eventualmente sopravvenuti nel quadriennio successivo al deposito della domanda di ammissione alla procedura così da far rientrare all’interno del patrimonio del debitore ogni somma idonea a soddisfare i creditori;
 il fatto che, in difetto di beni da alienare, permane comunque l’utilità del liquidatore, posto che allo stesso è demandato anche il compito di accertamento dei crediti, riconoscimento dei diritti di prelazione e predisposizione dei piani di riparto al fine di soddisfare i creditori.


Fortunatamente il principio espresso dal Tribunale rafforza la legge e fornisce un precedente che sarà colto senza riserve – da futuri ricorrenti.

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Domenica, 25 Agosto 2019 06:20

La leadership del manager

Come in mare aperto, anche in ufficio è necessario un leader capace di motivare il team, esaltarne i punti di forza, aiutarlo a risolvere problemi e capace di prendersi la responsabilità.


Di Mario Vacca Parma 25 agosto 2019 - Un vero leader sa sempre riconoscere ed ammettere i propri sbagli. Un buon leader deve assegnare a ciascuna risorsa un ruolo preciso e comunicare in modo puntuale in quale direzione si sta andando e perché. Parole espresse da Paolo Scutellaro, cinque volte campione del mondo, pluricampione Italiano di vela ed esperto di organizzazione aziendale.
Ancora una volta la gestione di un team in barca a vela è accostato alla realtà della gestione aziendale e non sono pochi i master in leadership che hanno sessioni in banca affinché diversi soggetti tra loro sconosciuti si fondano in team ed eleggano il leader.

E’ necessario distinguere il manager dal leader, essere manager, infatti, non vuol dire automaticamente essere un leader e quest’ultimo dev’essere dotato di caratteristiche imprescindibili:
• saper ascoltare,
• dare una direzione chiara al proprio team,
• creare un clima positivo, senza conflitti,
• assegnare a ciascuno il proprio ruolo in azienda,
• saper pianificare,
• guidare con l’esempio.
Naturalmente tutti i manager vorrebbero essere dei bravi leader errori che spesso si compiono sono una barriera a tale aspirazione. Essere leaderi deve far parte di una strategia ragionata. L’errore più comune è un’insolente auto-promozione di se stessi e della propria azienda, ed oggi i social forniscono un ottimo mezzo per elevare all’ennesima potenza l’errore. L’obiettivo deve essere quello di captare le esigenze altrui e non di vendere se stessi o la propria azienda. Solitamente le persone fanno marcia indietro davanti a chi si loda.


Trovare il modo di distinguersi, di uscire dalla massa, ma senza per questo passare per grotteschi è uno dei punti fondamentali; ci sono dei trend da seguire, ma saltare sul carro del vincitore non è mai un buon segno. Se non si ha niente di nuovo da dire su un argomento meglio tacere, il silenzio è da sempre il miglior alleato.
Premesso che il leader è tale perché riconosciuto “dal popolo” la leadership deve affermarsi in maniera naturale e per farlo ha bisogno del supporto altrui, è inutile imporsi, piuttosto è necessario condividere il proprio pensiero e lavorare in squadra creando situazioni di reale scambio ed accrescimento comune.


“Un passo falso comunemente riportato dalla letteratura è quello di identificarsi tanto nel ruolo di leader da dimenticare altri tratti del proprio carattere che potrebbero aiutare a relazionarsi in modo diverso. È importante non snaturarsi ed imparare a gestire le proprie caratteristiche. Non bisogna pensare che la timidezza o l’empatia siano nemiche della leadership. L’importante è inviare un messaggio chiaro e mostrarsi sempre coerenti”


Infine è bene concentrarsi su poche cose, non si può essere esperti in ogni settore, si acquisirà maggiore credibilità sapendo tutto su un argomento e formulando un proprio pensiero personale. Il tuttologo è spesso allontanato o ascoltato con scherno.
Molti manager oppongono resistenza al cambiamento del ruolo, essendo abituati a comandare tendono a non mettersi in discussione. In quest’ottica il manager che vuole accrescere le proprie potenzialità e puntare ad essere un leader dovrebbe avere un confronto costante con un coach che lo aiuti a crescere e a migliorarsi ogni giorno. In generale, si possono individuare tre qualità per diventare leader che possono essere potenziate grazie a un programma di coaching.


Il coraggio risiede nella capacità di dire le cose e di farle accadere. Se si ha paura del cambiamento – che ricordo essere uno dei traumi più temuti dall’essere umano - non si migliorerà mai, diversamente bisogna avere il giusto coraggio per sapere comunicare anche le cose difficili. Imparare a farlo con il coach renderà più efficiente il rapporto con i dipendenti.


L’ascolto degli altri prima di parlare è essenziale, una qualità imprescindibile per ogni vero Leader.
E’ anche importante che i leader imparino a seguire il proprio istinto, che non vuol dire smettere di ponderare le cose razionalmente ma metterci quel pizzico di intuizione che fa la differenza. Ciò può far sentire instabili, ma permetterà di aprire nuove strade e di migliorare il proprio business. Naturalmente occorre esperienza nel leggere ed interpretare bene i segnali che arrivano da persone e situazioni.
Per diventare leader è importante lavorare con gli altri, gestire gli altri ma soprattutto gestire se stessi perché - come si dice in marina - tutti sanno portare la barca con il mare calmo ma il vero comandante è quello che non va in tilt durante una mareggiata imprevista.


Il giusto equilibrio consente quindi di mostrare il proprio coinvolgimento emotivo in alcune circostanze, finalizzate soprattutto a creare fiducia e non significa mostrarsi stoici e celare qualsiasi emozione, impedendo ai collaboratori di essere percepiti come umani e aperti alla comunicazione.


L’integrità rappresenta la qualità fondamentale per un leader, un attributo che presuppone la capacità di essere onesti e di voler agire nel modo giusto. E’ importante che il leader faccia per primo ciò che enuncia ai collaboratori.
L’autostima e la fiducia nelle proprie capacità senza un desiderio di prevaricare e di mostrarsi superiore è un elemento essenziale nella costruzione dell’uomo leader. La comunicazione tra il capo e i suoi collaboratori gioca un ruolo primario per la produttività, efficienza, fidelizzazione e soddisfazione personale, aspetto che purtroppo è spesso sottovalutato.


Il Buon Leader ricerca e trova giusto equilibrio tra deleghe ed incarichi, generando coinvolgimento e partecipazione, ascolta prima di giudicare concedendo l’opportunità di spiegare le proprie ragioni, organizza meeting e sessioni di coaching favorendo momenti di confronto a cadenza regolare, mostra interesse per la vita personale dei collaboratori, creando in questo modo un clima sereno e collaborativo.

 

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