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di Mario Vacca Parma, 8 settembre 2019 - La Banca d’Italia ha avviato lo sorso 02 settembre i controlli sulle operazioni realizzate in contanti oltre i 10 mila euro monitorando in particolare prelievi e versamenti per più di 10 mila euro al mese. Obiettivo primario è la riduzione del rischio di riciclaggio anche attraverso il contrasto all’uso del contante che in Italia supera l’80% dei pagamenti totali.
L’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) di Bankitalia specifica che le banche, gli uffici postali e altri istituti di pagamento segnalino tutte le operazioni che complessivamente superino il nuovo limite, precedentemente fissato in euro 15 mila. La segnalazione è definita “comunicazione oggettiva“, effettuata su base mensile, da inoltrare entro il 15 del mese successivo. La prima comunicazione del 15 settembre riguarderà i dati aggregati di di aprile, maggio, giugno e luglio.
L’eccessiva presenza di contante nelle casse degli esercizi commerciali rappresenta anche un notevole rischio per la loro stessa sicurezza.
L’UIF ha realizzato uno studio dal titolo «L’uso del contante e il riciclaggio», con il quale si fotografa la situazione dei pagamenti in Italia diviso per regioni, attività economiche ed interessi dei soggetti. Naturalmente in questi ultimi anni molte sono state le leggi e le norme volte a favorire il controllo dei flussi a favore dell’antiterrorismo ma non è da escludere che tali norme abbiano come interesse principale la lotta all’evasione, infatti lo stesso studio recita che l’utilizzo del contante risulta legato a stretto giro con le dimensioni dell’economia sommersa.
L’abitudine ad utilizzare il contante sembrerebbe più diffusa in alcune zone d’Italia, come nei comuni litoranei ad alta intensità di turismo o nei comuni montani che non hanno a disposizione i servizi bancari nelle immediate vicinanze. Parrebbe che al Sud che si registri una minore propensione ai pagamenti elettronici, ma con sorpresa alcuni dati avrebbero evidenziato che al nord ed in particolare in Lombardia e in Veneto, l’utilizzo del contanti viene utilizzato in particolar modo in transazioni sospette, forse anche a causa delle maggiori disponibilità del territorio.
L’UIF non ha ancora deciso come agire a seguito delle segnalazioni ricevute dagli istituti finanziari e pertanto si attenderà il riscontro dei primi dati a partire dal 15 settembre.
Come in mare aperto, anche in ufficio è necessario un leader capace di motivare il team, esaltarne i punti di forza, aiutarlo a risolvere problemi e capace di prendersi la responsabilità.
di Mario Vacca Parma 1 settembre 2019 - Nel ricorso per sovraindebitamento la procedura di liquidazione rappresenta un altro strumento di soddisfacimento dei creditori del soggetto non fallibile, raffigurato come procedimento esecutivo-espropriativo d’indole concorsuale, avente ad oggetto l’intero patrimonio del debitore, fatta eccezione dei beni espressamente esclusi.
Si evince che tale disciplina è strutturata analogamente ad una tradizionale procedura fallimentare, e si compone nelle fasi dell’apertura, dell’inventario dei beni, della formazione dello stato passivo ed infine dell’esdebitazione. Oggetto della liquidazione sono tutti i beni del debitore, compresi gli accessori, le pertinenze e i frutti prodotti dai beni ( anche i beni sopravvenuti nei quattro anni successivi al deposito della domanda di liquidazione, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi) ad eccezione di quelli personali, che ai sensi dell’articolo 14-ter, comma 6, L. 3/2012 possono individuarsi nei crediti impignorabili, dei crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, degli stipendi, delle pensioni, dei salari e di ciò che il debitore guadagna con la sua attività, sia pure nei limiti di quanto occorra al mantenimento suo e della sua famiglia indicati dal giudice, dei frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, dai beni costituiti in fondo patrimoniale e dei frutti di essi.
Il 14 maro 2019 il Tribunale di Pordenone ha espresso che la procedura di liquidazione del patrimonio prevista dalla L. 3/2012 in tema di sovraindebitamento può essere esperita anche in assenza di beni da liquidare, facendo affidamento soltanto sui redditi futuri del debitore. Il Tribunale ha fornito un’indicazione molto rilevante in quanto gli articoli del c.c. al riguardo non offrono un valido supporto a dirimere questione.
Dalla sentenza è possibile evincere he a sostegno della pronuncia viene evidenziato che nella nozione di “beni” di cui all’articolo 810 cod. civ. possano rientrare anche le somme di denaro, e:
il fatto che l’articolo 14 ter, comma 6, lett. b), L. 3/2012 esclude dalla liquidazione i redditi da stipendi e pensioni solo nei limiti di quanto occorre al mantenimento proprio e della propria famiglia;
il fatto che nel patrimonio da liquidare rientreranno ex articolo 14 undecies 3/2012 anche i crediti eventualmente sopravvenuti nel quadriennio successivo al deposito della domanda di ammissione alla procedura così da far rientrare all’interno del patrimonio del debitore ogni somma idonea a soddisfare i creditori;
il fatto che, in difetto di beni da alienare, permane comunque l’utilità del liquidatore, posto che allo stesso è demandato anche il compito di accertamento dei crediti, riconoscimento dei diritti di prelazione e predisposizione dei piani di riparto al fine di soddisfare i creditori.
Fortunatamente il principio espresso dal Tribunale rafforza la legge e fornisce un precedente che sarà colto senza riserve – da futuri ricorrenti.
Come in mare aperto, anche in ufficio è necessario un leader capace di motivare il team, esaltarne i punti di forza, aiutarlo a risolvere problemi e capace di prendersi la responsabilità.
Di Mario Vacca Parma 25 agosto 2019 - Un vero leader sa sempre riconoscere ed ammettere i propri sbagli. Un buon leader deve assegnare a ciascuna risorsa un ruolo preciso e comunicare in modo puntuale in quale direzione si sta andando e perché. Parole espresse da Paolo Scutellaro, cinque volte campione del mondo, pluricampione Italiano di vela ed esperto di organizzazione aziendale.
Ancora una volta la gestione di un team in barca a vela è accostato alla realtà della gestione aziendale e non sono pochi i master in leadership che hanno sessioni in banca affinché diversi soggetti tra loro sconosciuti si fondano in team ed eleggano il leader.
E’ necessario distinguere il manager dal leader, essere manager, infatti, non vuol dire automaticamente essere un leader e quest’ultimo dev’essere dotato di caratteristiche imprescindibili:
• saper ascoltare,
• dare una direzione chiara al proprio team,
• creare un clima positivo, senza conflitti,
• assegnare a ciascuno il proprio ruolo in azienda,
• saper pianificare,
• guidare con l’esempio.
Naturalmente tutti i manager vorrebbero essere dei bravi leader errori che spesso si compiono sono una barriera a tale aspirazione. Essere leaderi deve far parte di una strategia ragionata. L’errore più comune è un’insolente auto-promozione di se stessi e della propria azienda, ed oggi i social forniscono un ottimo mezzo per elevare all’ennesima potenza l’errore. L’obiettivo deve essere quello di captare le esigenze altrui e non di vendere se stessi o la propria azienda. Solitamente le persone fanno marcia indietro davanti a chi si loda.
Trovare il modo di distinguersi, di uscire dalla massa, ma senza per questo passare per grotteschi è uno dei punti fondamentali; ci sono dei trend da seguire, ma saltare sul carro del vincitore non è mai un buon segno. Se non si ha niente di nuovo da dire su un argomento meglio tacere, il silenzio è da sempre il miglior alleato.
Premesso che il leader è tale perché riconosciuto “dal popolo” la leadership deve affermarsi in maniera naturale e per farlo ha bisogno del supporto altrui, è inutile imporsi, piuttosto è necessario condividere il proprio pensiero e lavorare in squadra creando situazioni di reale scambio ed accrescimento comune.
“Un passo falso comunemente riportato dalla letteratura è quello di identificarsi tanto nel ruolo di leader da dimenticare altri tratti del proprio carattere che potrebbero aiutare a relazionarsi in modo diverso. È importante non snaturarsi ed imparare a gestire le proprie caratteristiche. Non bisogna pensare che la timidezza o l’empatia siano nemiche della leadership. L’importante è inviare un messaggio chiaro e mostrarsi sempre coerenti”
Infine è bene concentrarsi su poche cose, non si può essere esperti in ogni settore, si acquisirà maggiore credibilità sapendo tutto su un argomento e formulando un proprio pensiero personale. Il tuttologo è spesso allontanato o ascoltato con scherno.
Molti manager oppongono resistenza al cambiamento del ruolo, essendo abituati a comandare tendono a non mettersi in discussione. In quest’ottica il manager che vuole accrescere le proprie potenzialità e puntare ad essere un leader dovrebbe avere un confronto costante con un coach che lo aiuti a crescere e a migliorarsi ogni giorno. In generale, si possono individuare tre qualità per diventare leader che possono essere potenziate grazie a un programma di coaching.
Il coraggio risiede nella capacità di dire le cose e di farle accadere. Se si ha paura del cambiamento – che ricordo essere uno dei traumi più temuti dall’essere umano - non si migliorerà mai, diversamente bisogna avere il giusto coraggio per sapere comunicare anche le cose difficili. Imparare a farlo con il coach renderà più efficiente il rapporto con i dipendenti.
L’ascolto degli altri prima di parlare è essenziale, una qualità imprescindibile per ogni vero Leader.
E’ anche importante che i leader imparino a seguire il proprio istinto, che non vuol dire smettere di ponderare le cose razionalmente ma metterci quel pizzico di intuizione che fa la differenza. Ciò può far sentire instabili, ma permetterà di aprire nuove strade e di migliorare il proprio business. Naturalmente occorre esperienza nel leggere ed interpretare bene i segnali che arrivano da persone e situazioni.
Per diventare leader è importante lavorare con gli altri, gestire gli altri ma soprattutto gestire se stessi perché - come si dice in marina - tutti sanno portare la barca con il mare calmo ma il vero comandante è quello che non va in tilt durante una mareggiata imprevista.
Il giusto equilibrio consente quindi di mostrare il proprio coinvolgimento emotivo in alcune circostanze, finalizzate soprattutto a creare fiducia e non significa mostrarsi stoici e celare qualsiasi emozione, impedendo ai collaboratori di essere percepiti come umani e aperti alla comunicazione.
L’integrità rappresenta la qualità fondamentale per un leader, un attributo che presuppone la capacità di essere onesti e di voler agire nel modo giusto. E’ importante che il leader faccia per primo ciò che enuncia ai collaboratori.
L’autostima e la fiducia nelle proprie capacità senza un desiderio di prevaricare e di mostrarsi superiore è un elemento essenziale nella costruzione dell’uomo leader. La comunicazione tra il capo e i suoi collaboratori gioca un ruolo primario per la produttività, efficienza, fidelizzazione e soddisfazione personale, aspetto che purtroppo è spesso sottovalutato.
Il Buon Leader ricerca e trova giusto equilibrio tra deleghe ed incarichi, generando coinvolgimento e partecipazione, ascolta prima di giudicare concedendo l’opportunità di spiegare le proprie ragioni, organizza meeting e sessioni di coaching favorendo momenti di confronto a cadenza regolare, mostra interesse per la vita personale dei collaboratori, creando in questo modo un clima sereno e collaborativo.