L'inquinamento atmosferico si combatterà con i semafori intelligenti (almeno loro) e abbattendo i limiti di 20 km orari in città. In conclusione non si avrà nessun miglioramento ma solo un aggravamento dei disagi.
di Lamberto Colla Parma, 3 gennaio 2016.
Siamo alle solite anche in campo ambientale. Si crea un'emergenza per giustificare degli interventi straordinari per raggiungere uno scopo che non è, quasi certamente, quello manifesto.
Allora fiato alle trombe.
D'incanto tutti i grandi media lanciano ripetizione tutti gli stessi identici messaggi coprendo tutte le 24 ore di palinsesto televisivo. Dalle trasmissioni strettamente dedicate alle news e in ogni programma di intrattenimento, di cucina, di pseudo approfondimento o di costume, un intervento o un passaggio sulla allarmante situazione dell'inquinamento dell'aria di Milano e Roma, della Val Padana e di Pechino non può mancare.
Così sul finire d'anno le due maggiori preoccupazioni del nostro Governo, almeno stando al tamburellamento mediatico, sono state riservate ai Botti di Capodanno e all'emergenza inquinamento dell'aria.
Così via con i tavoli di lavoro che restituiscono, in men che non si dica, la miglior risposta possibile riassunta nel protocollo d'intesa tra il Ministero dell'Ambiente, l'ANCI e la Conferenza delle Regioni e province autonome, destinato "Migliorare la qualità dell'aria, incoraggiare il passaggio a modalità di trasporto pubblico a basse emissioni, disincentivare l'utilizzo del mezzo privato, abbattere le emissioni, favorire misure intese a aumentare l'efficienza energetica."
Troppi macro-obiettivi per uno scarno documento di 13 pagine, delle quali ben quattro sono occupate da riferimenti legislativi, e un impegno di spesa di soli 12 milioni di euro.
Alla fine il risultato sarà:
- alcune municipalità riceveranno un contentino per ammodernare qualche autobus obsoleto;
- qualche società di software riceverà l'appalto per la sincronizzazione dei semafori e il monitoraggio dell'intensità di traffico (che nessuno poi leggerà e interpreterà);
- due gradi in meno negli uffici pubblici che non verranno mei rispettati;
- l'imposizione del limite di 30 Km/ora nei centri cittadini che porteranno nuovi introiti alle casse comunali;
- le misure di dissuasione e repressione della sosta di intralcio (idem come sopra).
Se questo vi sembra inverosimile allora leggete voi stessi il documento (allegato in pdf) e traete le vostre personalissime considerazioni.
Quello che personalmente mi sconcerta è la paradossale e ridicola riduzione a 30 Km/ora del limite di velocità urbano per due ordini di ragioni:
1. la velocità media all'interno delle nostre città si è ridotta di altri 2,8 km/ ora nell'ultimo anno superando di poco i 15 km/h, con punte di 7-8 km/h come rilevato da "Confcommercio";
2. E' noto che la miglior efficienza dei motori, e quindi della quantità e qualità delle emissioni, si ha in costanza di regime di giri e all'interno di un intervallo di giri/min specifico (diverso a seconda del tipo di motorizzazione).
Vien da sé che le misure saranno inefficaci e inutili per lo scopo specifico per le quali verranno introdotte ma utilissime per le casse comunali che potranno garantirsi nuovi introiti per tutti coloro che sfrecceranno (nei brevi tratti che saranno liberi) a velocità superiori a 31,5 km/h (considerato già il 5% di tolleranza concesso). Una Velocità di punta difficilmente rilevabile con certezza dai tachimetri delle auto e ancor più difficilmente percepibile dallo stesso conducente con conseguente elevamento a potenza della probabilità di incorrere in contravvenzione.
Dei semafori intelligenti degli anni 70-80 ai T-Red di più recente memoria stendiamo un velo pietoso. I primi per l'inefficacia e i secondi per le frodi ai danni degli automobilisti e perciò, se tanto mi dà tanto, i nuovi semafori "multitasking" non saranno da meno. Ammesso e non concesso che possano rilevare interessanti dati dai flussi veicolari, poi nessuno riuscirà mai a interpretarli.
In conclusione siamo alle solite!
Il cittadino / automobilista sarà ancora e sempre più il bancomat dei comuni e l'intelligenza delegata ai soli semafori.
Domanda: C'è di che vergognarsi o no?
(in allegato il Protocollo di Intesa)
Allerta della NASA sui potenziali effetti de El Niño che sembrerebbe la replica del 1998. Pochissime le differenze e perciò elevatissima probabilità di vedere replicati gli effetti distruttivi.
di Virgilio Parma 03 gennaio 2016
El Niño è un fenomeno climatico periodico che si verifica nell'Oceano pacifico centrale con le acque più calde che si muovono verso est in direzione delle Americhe, a partire da dicembre fino alla primavera, e si ripete mediamente ogni 5 anni, una volta ogni due - sette anni.
Una combinazione di fattori climatici potentissima in grado di modificare la normale e consueta circolazione d'aria del pianeta innescando fenomeni estremi in ogni parte del globo.
Molto probabilmente, i primi effetti catastrofici si sono manifestati, per quanto riguarda l'europa, con particolare forza devastante in Scozia e Inghilterra nei giorni scorsi e registrata dalle cronache come "la peggiore alluvione degli ultimi 70 anni" .
Visto dallo spazio, l'attuale El Niño è un 'gemello' di quello che nel 1998 provocò fenomeni meteorologici estremi come la 'Grande tempesta di ghiaccio' su New York e tutto il Nord Est degli Stati Uniti e, nell'estate del '98, la violenta ondata di caldo in Europa. Lo indicano le immagini catturate quest'anno dal satellite Jason-2, che rivelano come El Niño in arrivo continui a 'crescere' mostrando molte analogie con quello record di 18 anni fa.
L'unica differenza è nel fatto che nel 1997 il calore della superficie dell'oceano era più intenso, mentre nel 2015 il calore è meno intenso ma più esteso.
La maggior parte degli effetti sugli Stati Uniti è prevista all'inizio di quest'anno.
"I meteorologi del National Oceanic and Atmospheric Administration, scrive la Nasa sul suo sito WEB, prevedono un turno di El Niño in un prossimo futuro, inaugurando diversi mesi di condizioni relativamente fredde ed umide in tutto il sud degli Stati Uniti, e condizioni relativamente calde e asciutte sulla Stati Uniti settentrionali" .
L'elefante ha partorito il topolino. Raccogliamo i segnali positivi che possano comunque fungere da collante per nuovi e più illuminati e impegnativi accordi sul fronte climatico e chissà anche sul fronte della pace. Per ora, quanto uscito dal summit parigino sul clima, appare più un accordo di facciata che di sostanza.
di Lamberto Colla Parma, 20 dicembre 2015.
Finalmente arriva una notizia positiva a interrompere questo periodo di crisi globale. Apriamoci quindi alla speranza che finalmente un ponte verso una nuova era, più illuminata, possa essere gettato.
Sono 195 i Paesi sottoscrittori, in rappresentanza del 90% dei delle emissioni nocive, che hanno sottoscritto l'accordo sul clima di Parigi. Il COP21, almeno nelle buone intenzioni è riuscito a fare centro.
Basti pensare che il ben più noto protocollo di Kyoto (COP3 - 11 dicembre 1997) fu sottoscritto da 180 Paesi che complessivamente rappresentavano solo il 12% delle emissioni in atmosfera.
Almeno sul piano della rappresentanza si deve registrare il successo per farci ben sperare per il futuro.
L'obiettivo principale è il contenimento della temperatura della Terra entro i +1,5 gradi rispetto all'epoca pre - industriale, cosa che di fatto comporterebbe una riduzione di 0,5 gradi rispetto il livello attualmente raggiunto (+2 gradi °C). Un'impresa ardua che però sta a significare che sono stati ascoltati gli appelli delle comunità scientifiche, pur nell'incertezza che caratterizza le conoscenze delle dinamiche di fenomeni globali e di lunghissimo respiro, che ipotizzano che i danni provocati dai cambiamenti climatici valutati a fine secolo saranno molto ingenti.
Già perché se tutto appare positivo starà soprattutto alla buona volontà dei singoli Paesi rispettare l'accordo non essendo stata prevista, almeno in questa prima stesura, alcuna sanzione da applicarsi.
Nemmeno sono stati previsti gli strumenti necessari per centrare gli obiettivi e forse, questo potrebbe risultare vincente. Anziché far calare dall'alto, come accadde con il protocollo di Kyoto, le modalità utili a perseguire gli obiettivi, sembra che sia stato preferito un approccio "Bottom-Up" , dal basso verso l'alto lasciando perciò a ciascuno la scelta delle modalità, degli strumenti.
"Il fine giustifica i mezzi". Questo sembrerebbe la filosofia scaturita da Parigi.
«Sarà la Storia a giudicare i risultati, non tanto sulla base degli accordi ma su ciò che inizieremo a fare da oggi» ha affermato il ministro dell'Ambiente delle Maldive, Thoriq Ibrahim, uno degli Stati più a rischio del pianeta.
L'accordo, che entrerà in vigore nel 2020, mira alla dismissione delle energie generate ai combustibili fossili (carbone, gas, petrolio), a rafforzare le misure di risparmio energetico e a proteggere le zone boschive.
Temperatura – L'obiettivo, come si diceva in precedenza, è ambizioso e consiste nel contenimento del riscaldamento del pianeta "ben al di sotto di 2°C". Gli impegni sottoscritti dai vari Stati, però, si orienterebbero già verso i 3°C.
Tempistica – L'accordo prevede una revisione al rialzo degli obiettivi di riduzione di emissione di gas a effetto serra ogni 5 anni, soltanto però a partire dal 2025. Un traguardo temporale che a molti esperti appare tardivo.
Risorse – Sarebbe limitato a solo un centinaio di miliardi di dollari i fondi destinati agli Stati più vulnerabili alle alterazioni climatiche, come il Bangladesh e le isole del Pacifico. Giusto per iniziare perché potrebbe essere in seguito rivista la somma come richiesto dai paesi più poveri.
Limiti e Vincoli – Il presidente di COP21, Laurent Fabius, ha tenuto a precisare che tali accordi hanno il "carattere giuridicamente vincolante" di un patto. Un patto che, stando agli esperti, si baserebbe unicamente sulla buona volontà dei governi, non prevedendo alcuna forma di sanzione.
Impegni specifici – La Cina, che a causa della sua cavalcata per colmare il gap industriale con l'occidente è riuscita a diventare in breve tempo un paese di riferimento economico e il più più inquinante del mondo, si è impegnata, per la prima volta a limitare le sue emissioni di gas ad effetto serra al massimo entro il 2030. Anche l'India ha promesso di impegnarsi a migliorare la propria efficienza energetica, senza tuttavia fissare degli obiettivi precisi.
Voto d'incoraggiamento 6= sarebbe il voto da assegnare ai partecipanti al COP21. Una quasi sufficienza d'incoraggiamento a studiare e a recuperare nel più breve tempo possibile anche perché, al di là degli studi scientifici, alcuni segnali inequivocabili di ribellione la natura li ha manifestati in tutto il pianeta.