BOLOGNA, 4 gennaio 2020 - "Ancora una volta il Pd utilizza le istituzioni come cosa propria. E il comizio del mio avversario Pd, oggi a Medesano, è finito addirittura in diretta sulla pagina Facebook del Comune, in barba alla par condicio e alle indicazione del Corecom dell'Emilia-Romagna, del 3 dicembre scorso. Le istituzioni sono di tutti, liberiamole dall'arroganza di questa sinistra che usa la Regione e i Comuni come fossero la segreteria di partito. Ci vuole rispetto per la legge, per i cittadini, per la democrazia".
Così Lucia Borgonzoni, candidata alla presidenza della Regione, annunciando un'interrogazione al governo sul caso della diretta Facebook sulla pagina social istituzionale del Comune di Medesano, nel corso dell'incontro elettorale del Pd di oggi
(Foto Francesca Bocchia - Novembre 2019)
Venerdì 20 dicembre Stefano Bonaccini dedicherà il suo giro elettorale a Piacenza e provincia per incontrare cittadini, imprenditori, lavoratori e cooperative sociali.
La mattinata si aprirà con la visita a due mercati: alle ore 10 a Monticelli d’Ongina e alle ore 11 a Rivergaro.
Alle 12.45 il presidente uscente e ricandidato alla guida della Regione Emilia-Romagna sarà a Sarmato per una visita e un incontro con i dipendenti della Braghieri Plastic, azienda che si occupa di lavorazione e commercio di materie plastiche e in particolare di riciclo, attraverso recupero e lavorazione degli scarti di produzione (via C. Colombo 8).
Alle 13.45 sarà a Piacenza per l’incontro "Piacenza solidale", con visita alle cooperative sociali Il Germoglio, che si occupa di inserimento lavorativo per persone svantaggiate (in particolare disabili) e La Gemma, che gestisce un centro socio-riabilitativo semi-residenziale per disabili (via Pietro Bubba, 25).
A seguire, alle 15, nello stesso luogo si terrà la conferenza stampa per presentare i candidati della lista “Bonaccini Presidente” della circoscrizione di Piacenza.
Alle ore 16 Bonaccini passerà al circolo sociale pensionati Farnesiana (Via Radini-Tedeschi 71) per un saluto e alle 17 visiterà a Pontenure il caseificio Valcolatte (via Firenze 16, Valconasso), dove incontrerà anche i dipendenti.
Alle 18,30 tornerà a Piacenza e in centro incontrerà i cittadini nel corso di una passeggiata da piazza Duomo, che terminerà con un intervento pubblico e un aperitivo in piazzetta San Francesco.
Alle ore 20, Bonaccini porterà un saluto alla cena del Consorzio cooperativo di costruzioni Concopar (via San Marco 37), mentre alle 21.15 è atteso a Bobbio per un’intervista pubblica nell’Auditorium Santa Chiara.
Di Luigi Lucchi 15 novembre 2019 - Il candidato Stefano Bonaccini, a mio avviso giustamente, ha scelto, come linea della campagna elettorale, essendo stato Presidente e avendo cose da dire e anche bilanci da presentare, di attenersi al motivo delle elezioni: ELEZIONI REGIONALI PER LA NOMINA DEL PRESIDENTE E DEL CONSIGLIO REGIONALE. Con questa linea è esposto in prima persona e visto le coalizioni (liste) che lo sosterranno, non può neppure intendersi come candidato unicamente del PD ma candidato della coalizione. Crede che le persone possano valutare il suo operato e il suo programma e votarlo e bocciarlo per questo. SONO ELEZIONI AMMINISTRATIVE.
La Lega, vera antagonista di queste elezioni amministrative sceglie un’altra linea di condotta della campagna elettorale. Linea, ovviamente legittima anche se a mio avviso scorretta. Non mi strappo le vesti perché in altre situazioni il PD faceva come la Lega e anch’io, nel mio piccolo, a elezioni provinciali e regionali, negli anni 80 dicevo: “Se voti DC voti Borgotaro per ridurre il consenso verso la DC e accrescere quello del PSI” Cercavo, insomma, di far propendere la scelta politica su quella amministrativa. Sono strategie che in politica hanno usato tutti e usa, adesso, fortemente anche la Lega. Matteo Salvini sa che viene votato, sa d’avere accresciuto un consenso, addirittura in modo miracoloso, perché è riuscito, senza piu’ ad essere a mezzadria con i 5 stelle, come avveniva, pur scontrandosi molto tra loro, nella campagna elettorale del febbraio 2018, a farsi percepire come il politico contro:
Contro L’Europa della Finanza e dei Banchieri, dei poteri forti
Contro Matteo Renzi e i poteri forti (sono comunque debolissimi) Italiani
Contro l’emigrazione con uno slogan ad effetto che le scivolate sciocche di Laura Boldrini gli hanno accreditato: PRIMA GLI ITALIANI.
Personalmente sono convinto, che a lato pratico, la Lega non solo non è contro nulla, non gli interessa risolvere nulla(NON HA INTERESSE FARLO) ma addirittura vota e propone Leggi per accrescere i poteri che a parole dice d’essere contro.
Le mie impressioni, seppur in buona fede, non contano nulla perché quello che conta è quanto percepisce l’elettorato.
Io amo la bella Politica, sono per il primato della Politica, e allora, affannosamente, dal 1992, per non essere sempre sgomento, perdere qualsiasi idea di futuro, mi aggrappo ai tenui segnali che vanno in direzione della bella Politica.
Nel 2014, indirettamente essendo in una lista che sosteneva Bonaccini, gli ho portato 2.128 voti.
Ero candidato perché non esisteva piu’ la Provincia, era in voga l’Unione dei Comuni, erano in cantiere le pseudo riforme COSTITUZIONALI DI RENZI (Schifose e demenziali), Monti aveva massacrato i bilanci Comunali. Ritenevo che diventare Consigliere di Maggioranza Regionale, pur con un’autonomia eccezionale, essendo l’unico Consigliere della mia lista, sarei riuscito a fare qualcosa per il mio Comune e le Terre Alte che come Sindaco era impossibile, ormai, fare. Lo facevo, insomma, per la disperazione. Ora non vivo, anche grazie alla Regione, e non me lo sarei mai aspettato, quella disperazione del 2014. Si riesce fare qualche cosa anche da Sindaco e cerco di farlo e ho piacere di continuare con un’amministrazione Regionale che promuovo e che porterà cose migliori nei prossimi 5 anni.
Aggrapparsi alla bella Politica vuol dire condividere la “propaganda”, tutta Amministrativa e tutta Regionale di Bonaccini. Vuol dire piangere davanti alla foto del baciamano di un Carabiniere a Ilaria Cucchi. Vuol dire godere l’intelligenza di tre ragazzi che hanno riempito, con le “SARDINE” Piazza Maggiore senza insultare nessuno, neppure l’avversario Matteo Salvini. RISPETTARE LA NATURA DELLE ELEZIONI (Amministrative e Regionali) anche se in piccolo, come detto, negli anni 80 a Berceto non lo avevo fatto, vuol dire considerare gli elettori, i cittadini della Regione Emilia Romagna e non usare il loro voto per secondi fini: FAR CADERE IL GOVERNO NAZIONALE, lo ritengo un gesto di bella Politica. Non sono ingenuo e so bene che anche Stefano Bonaccini, come chiunque altro, se avesse interesse, imposterebbe la campagna elettorale diversamente e forse, nel 2014, lo ha anche fatto. Non mi ergo a giudicare le intenzioni e oggi constato, ribadito da questo comunicato sottostante di Stefano Bonaccini, isolato da molti fino a ieri sera 15 novembre (SARDINE E PIAZZA MAGGIORE A MIO AVVISO SONO UN’AZIONE INASPETTATA MA CHE HA CAMBIATO IL CORSO DEGLI EVENTI ho piacere che fossero presenti 15 bercetesi , 15 sardine delle Terre Alte – STEFANO BONACCINI, dato perdente da tutti, VINCERA’, invece le elezioni AMMINISTRATIVE IN EMILIA ROMAGNA e sarà uno straordinario Presidente)
NB: (le foto sono del 6 luglio 2018 e Bonaccini è venuto a Berceto nonostante tanti Sindaci gli dicessero di non venire. Nostante il suo Partito gli dicesse di non venire, nonostante le lettere che gli dicevano di non dare un euro a Berceto e di commissariarci per l'acqua e i rifiuti. A Berceto ha annunciato la riduzione dell'IRAP che poi ha fatto)
Per l’Emilia-Romagna, non per altro
Conferenza stampa - 13 novembre 2019
Intervento Stefano Bonaccini
Ringrazio i sindaci, quelli presenti e anche quelli che non hanno potuto partecipare. Prima di ogni considerazione politica ho letto in questo appello un apprezzamento per il lavoro che abbiamo fatto insieme in questi anni. Alcuni sindaci c’erano fin dall’inizio del mio mandato, altri sono arrivati nel tempo, ma associo ad ogni faccia e ad ogni nome un territorio, una comunità, persone in carne ed ossa con cui abbiamo lavorato bene insieme.
Sono preparato in geografia! Conosco tutti i 328 comuni dell’Emilia-Romagna, ma conosco anche i nomi dei lori sindaci, di molti assessori, consiglieri comunali. Non è un merito: conoscere un territorio è un dovere e anche il minimo sindacale per chi vuole governarlo.
Conosco anche i sindaci che non hanno sottoscritto l’appello e posso dire di aver collaborato molto bene anche con loro. Credo soprattutto che nessuno di loro, in coscienza, possa dire di aver ricevuto un trattamento diverso dalla Regione per ragioni di appartenenza politica.
E questo è il secondo punto che voglia mi distingua: quando ricopri una carica istituzionale (vale per il Presidente della Regione come per il sindaco di un Comune) sei lì anche per conto di chi non ti ha votato e magari non ti voterà mai. Una certa idea dello scontro politico sta offuscando questa lezione che per me invece è importantissima. Non attiene solo all’educazione, ma è un’idea matura della democrazia.
Così come nell’idea della democrazia c’è anche il principio che non ci si divide sulla legalità. Abbiamo scelto di essere qui oggi, in questo padiglione della Fiera, perché qui abbiamo ospitato il processo Aemilia. Lo abbiamo voluto proprio qui in Emilia-Romagna quel processo, non altrove, e abbiamo pagato perché fosse così. Se la magistratura individua la presenza di organizzazioni mafiose nel nostro territorio noi non solo dobbiamo dirlo, ma dobbiamo farlo vedere a tutti i cittadini, a tutte le imprese, a tutte le pubbliche amministrazioni. E’ l’idea che i problemi non si risolvono né occultandoli né declamandoli, ma affrontandoli a viso aperto.
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L’Emilia-Romagna, prima che una Regione, è un sistema regionale. Non è un gioco di parole, la distinzione tra i due termini è molto precisa. La Regione è un Ente, importantissimo ma uno. Un sistema regionale, invece, è un insieme di enti (Regione, Province, Comuni… Ma anche CCIAA, Università…); e se vogliamo allargare, anche di corpi intermedi (categorie, associazioni, sindacati, ecc.). Queste parti, tutte insieme, costituiscono appunto il sistema: ciascuna è importante e nessuna prevarica le altre. In queste settimane sento ripetere espressioni grevi come “prenderemo l’Emilia-Romagna” o “libereremo l’Emilia-Romagna”: una Regione non si prende, perché non appartiene alla maggioranza politica di turno, ma ai suoi cittadini. Al più puoi vincere le elezioni e, se poi sei capace, governare pro-tempore. Ma men che meno puoi prendere un sistema perché il 26/1 si voterà “solo” per la Regione, non per i comuni, le province, o per eleggere i rettori o i presidenti della CCIAA. Questo è dunque il terzo punto: io mi candido al governo di un ente, la Regione, che è parte di un sistema. E se vuoi governare l’Emilia-Romagna devi farlo insieme agli altri, a tutte le sue parti, che sono autonome e non meno importanti. E, avviso la mia sfidante, queste parti non ti “obbediscono”: ti seguono se sei autorevole, ti aiutano se sai aiutarle anche tu. Se si capisse questo molte delle parole che sento finirebbero automaticamente nel cestino.
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“Per l’Emilia-Romagna, non per altro” c’è scritto nel cartellone qui dietro. Abbiamo tutti la consapevolezza che stiamo giocando due partite diverse: la nostra è quella di raccontare quello che ho fatto in questi 5 anni e iniziare da oggi a dire cosa faremo per questa Regione se sarò nuovamente eletto presidente; altri giocano una partita nazionale, dove l’Emilia-Romagna non è il fine, o l’obiettivo, ma solo lo strumento con cui abbattere un governo nazionale o rendere più forte il proprio partito, conquistando un’altra bandierina da sventolare.
Io le bandierine le uso in modo diverso: ad esempio per segnare i comuni dove vado, come vedete qui dietro. E’ la riproduzione di una carta più piccola, che come alcuni di voi sanno è appesa nel mio ufficio. Quelle bandierine, negli anni, non le ho messe per il gusto maniacale di riempire “vuoti”, ma per ricordarmi sempre che sul territorio bisogna starci tutti i giorni. Non basta stare in una torre qui a Bologna per governare, come non si conosce un territorio facendo solo passerelle in campagna elettorale. Sono stato in tutti i vostri comuni e in molti tornerò nei prossimi due mesi e mezzo: qualcuno potrà criticarmi per quel che ho fatto, non ho voluto o non ho saputo fare; credo che nessuno potrà contestarmi di farmi vivo solo in campagna elettorale. Nei vostri comuni ci posso venire senza Google Maps perché sono stati il mio luogo di lavoro.
“Per l’Emilia-Romagna, non per altro” è anche il modo di dire che questa Regione, il suo territorio, e soprattutto le sue comunità e gli emiliano-romagnoli meritano rispetto. Se dici che il primo obiettivo è mandare a casa il premier Conte è perché dai poco valore all’Emilia-Romagna. Per noi l’obiettivo invece è governare bene questa Regione e dare un progetto di futuro all’Emilia-Romagna all’altezza della sua storia e delle sue potenzialità. L’Emilia-Romagna è per noi così importante che basta e avanza da sola per meritare questa sfida elettorale.
Ho scelto l’Emilia-Romagna 10 anni fa, quando mi sono candidato in consiglio; l’ho scelta 5 anni fa, quando mi sono candidato presidente. La scelgo oggi, ricandidandomi. Avrei potuto fare altre scelte, in sé né migliori né peggiori. Invece ho scelto l’Emilia-Romagna perché ho ritenuto di essere più utile proprio qui, alla mia gente e al mio territorio. Se sarò eletto starò anzitutto qui, in Emilia-Romagna. E se non sarò eletto starò anzitutto qui, in Emilia-Romagna. Non so se i miei sfidanti possano prendere lo stesso impegno. Non credo possa farlo Salvini, che il 27 di gennaio, chiunque vincerà, tornerà a Roma. Come ha fatto in Sardegna e in Basilicata, in Abruzzo e in Umbria. Là non lo vedranno più fino alla prossima campagna elettorale e così sarà anche in Emilia-Romagna dal giorno dopo il voto. Credo che anche la Borgonzoni se non sarà eletta tornerà a Roma, a fare la senatrice. Io sarò qui. E’ una differenza anche questa, un modo diverso di intendere il proprio impegno sul territorio e un modo di stare nelle istituzioni per cui oggi chiedi un voto.
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In questi 5 anni abbiamo fatto tante cose, lo rivendico con orgoglio. Non significa pensare di non aver commesso errori, ci mancherebbe. Significa aver creduto in quel che abbiamo fatto e non avere il timore di trarne pubblicamente un bilancio. Dicono che oggi il buon governo non basti più. Forse non è mai bastato. Quel che hai fatto dà credibilità o meno alle cose che ti impegni a fare per il futuro.
Il consenso lo chiederemo su un programma per i prossimi 5 anni. E credo che proprio questa sia un’altra differenza coi nostri avversari, forse la più importante: noi abbiamo un progetto per l’Emilia-Romagna, loro no, loro devono mandare a casa Conte.
Noi vogliamo costruire un progetto di tanti, non di pochi: dicono che abbiamo governato per una parte, per gli “amici”; e che se puoi lavorare in Emilia-Romagna è solo grazie a quello. E’ offensivo non solo e tanto per noi, ma per gli emiliano-romagnoli. Se qui il tasso di occupazione è il più alto, se la crescita è stata maggiore che nelle altre Regioni, se anche l’occupazione femminile ha superato il 70% è perché gli emiliano-romagnoli sono persone libere. Non sono “amici di qualcuno”. E il lavoro è dignità, non affiliazione.
Gli emiliano-romagnoli non hanno né padroni né capitani. E non ne cercano.
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Ho indicato alcuni punti programmatici alle forze politiche del centrosinistra e vorrei che da oggi, in un percorso rapido ma intenso, potessero arricchirsi dell’esperienza e del contributo di chi sta sul territorio, a partire dagli amministratori. Li indico per titoli, perché avremo altre occasioni ravvicinate per discutere di questo:
1) Emilia-Romagna, regione della conoscenza. Capitalizzando il lavoro svolto in questi anni, dai nidi alla formazione post-laurea, il nostro obiettivo è quello di attrezzare la società regionale del più alto e diffuso tasso di saperi e competenze, investendo su tutta la rete educativa, formativa e culturale del territorio. Trasformare il nido da semplice servizio a domanda individuale a diritto di tutti i bambini e le bambine è un investimento sulle persone, per il successo formativo e contro la dispersione scolastica. Un servizio educativo universalistico e per questo tendenzialmente gratuito, come carta d’ingresso per i bambini in questa società. Se abbiamo triplicato in 5 anni le risorse per la cultura, o siamo la Regione che più e meglio spende i fondi europei per la formazione, se abbiamo costruito le scuole di specializzazione post laurea e messo in rete le nostre Università è perché crediamo che l’investimento più forte che si possa fare oggi è quello sul capitale umano. Il nostro obiettivo è offrire a tutte le persone, a partire dai più giovani, gli strumenti migliori per affrontare il cambiamento e non esserne esclusi. Questa sarà la nostra priorità anche per costruire lavoro nuovo e lavoro buono. Per avere cittadini più forti, più autonomi, più liberi.
2) Emilia-Romagna, regione dei diritti. E dei doveri. I servizi, per primo proprio il nido, sono anche inclusione, la leva più forte per costruire integrazione e coesione sociale. Che si parli di sanità, di casa o di assistenza, il nostro obiettivo deve essere quello di fornire risposte e servizi che rimuovano gli impedimenti alla piena partecipazione al lavoro e alla vita sociale della comunità, come prescrive l’art. 3 della Costituzione. Se vogliamo scongiurare il conflitto alla base della piramide sociale, tra gli ultimi e i penultimi, dobbiamo attrezzarci sia a contrastare la povertà, sia a sostenere i ceti medi. La redistribuzione della ricchezza che produciamo è, in Emilia-Romagna, sia elemento imprescindibile di coesione, sia motore di crescita e sviluppo. Al tempo stesso, in patto di giustizia e legalità, dobbiamo prevedere che per ogni diritto riconosciuto scatti un dovere individuale e sociale. Le regole sono il sale della democrazia e non esiste inclusione e giustizia fuori dalla legalità. Una società dei diritti e dei doveri è una società esigente.
3) Emilia-Romagna, regione sostenibile. E la vogliamo tale esattamente nel modo in cui questo termine è declinato dall’agenda delle Nazioni Unite. Superare il conflitto tra lavoro e ambiente, passare dalla piena alla buona occupazione, imprimere un’accelerazione ecologica alle nostre politiche economiche e sociali: sono gli obiettivi di un nuovo Patto del Lavoro che proporrò di siglare a tutte le parti sociali e istituzionali, come abbiamo fatto nel 2015. Dobbiamo essere la prima regione italiana a cogliere gli obiettivi fissati dall’Agenda 2030. Mobilità e infrastrutture, suolo ed energia, produzione e consumi: il cambiamento è iniziato ma noi dobbiamo imprimere un’accelerazione per un’economia pienamente circolare in una società sostenibile.
4) Emilia-Romagna, regione delle opportunità. Dobbiamo scongiurare la profezia che vuole che i nostri figli siano condannati ad una vita peggiore della nostra, o a fuggire all’estero. Noi stiamo già adesso investendo sul futuro come nessun altro territorio in Italia e come pochi altri in Europa. La Data Valley non è suggestione, ma l’idea che realizzi oggi le condizioni per il lavoro, l’impresa e la società di domani: che si tratti di mobilità, salute, o cambiamento climatico, stiamo costruendo le condizioni perché il futuro passi da qui e, cosa non meno importante, perché il cambiamento sia governato ed orientato al servizio delle persone. Nondimeno, le vocazioni territoriali che stiamo implementando – dalla Food alla Welness, alla Motor Valley – affondano le radici non solo nella nostra identità, ma nelle potenzialità che ci proiettano nel mondo come territorio attrattivo e desiderabile, da visitare o in cui investire. Domani ci sarà più lavoro e lavoro buono se investiamo oggi perché sia così.
Intorno a queste direttrici, che ho provato a sintetizzare, che dobbiamo costruire un progetto per l’Emilia-Romagna all’altezza di quello che questa Regione oggi è in Italia e in Europa. Chiedo a tutti un contributo di idee, esperienze e proposte. Lancerò tra pochi giorni alcuni strumenti per raccoglierle e vi assicuro che ciascun contributo sarà valorizzato o quantomeno riscontrato.
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Avendo però qui molti amministratori, voglio concludere con due elementi che hanno il senso della nostra esperienza e della peculiarità di questa Regione.
E’ possibile che dopo una lunga fase di stallo si riapra il cantiere dell’autonomia: il ministro Boccia ha avanzato una proposta di legge cornice per definire condizioni e garanzie, per i territori e per i cittadini, entro cui collocare i diversi progetti di autonomia regionale. Io credo che la nostra proposta vada a questo punto rilanciata con forza per le sue caratteristiche e specificità. A partire dal fatto che non muove dalla volontà di trattenere maggiori risorse in sé, né di puntare ad un maggior grado di separazione dal resto del Paese.
Noi siamo partiti da obiettivi concreti quali la riqualificazione urbana e la messa in sicurezza del territorio; un più forte legame tra formazione e mondo dell’impresa; una programmazione più stringente e una gestione più efficiente dell’edilizia scolastica, universitaria e sanitaria; un’organizzazione dei servizi e una governance territoriale più aderente alle esigenze del nostro territorio. Sono tutti temi concreti che chiamano in campo la potestà legislativa e programmatoria della Regione, ma altrettanto la capacità organizzativa e gestionale degli Enti locali. Vorrei che dessimo profondità e concretezza a questi obietti per uscire dal dibattito ideologico tra nord e sud, regioni forti e regioni deboli, centro e periferia. Il nostro è un progetto diverso, radicalmente diverso e pienamente costituzionale: vorrei lo facessimo vivere oggi sul territorio in tutte le sue potenzialità.
La seconda questione attiene ad un’idea di prossimità della Regione col territorio, anzitutto nel rapporto coi gli Enti locali. Questo è un tempo che mal sopporta i pensieri lunghi e le risposte sistemiche. E’ un problema. Ma a questo problema non si risponde, come abbiamo sperimentato, né deragliando dagli obiettivi strategici, né confidando che la storia sia con noi e che i cittadini alla lunga ci capiranno. A questo problema si risponde avvicinando le istituzioni ai cittadini, costruendo risposte di prossimità che non accorcino le distanze. Le cosiddette periferie – territoriali, sociali e culturali – non si includono col moralismo, ma costruendo risposte concrete e di senso attraverso il governo.
E’ quanto stiamo provando a fare con le politiche di sostegno all’impresa e ai servizi nell’Appennino; o con i piani per le aree interne; con un progetto di riqualificazione della costa o col sostegno agli investimenti nei comuni più piccoli. I nostri obiettivi strategici, come voi mi avete insegnato nella collaborazione quotidiana di questi anni, vivono se trovano punti di caduta concreti nella vita quotidiana delle persone, in particolare di chi si sente più lontano, più esposto, più fragile.
Ai sindaci chiedo una mano a costruire non solo un progetto, ma una campagna elettorale fatta proprio così. Talvolta la Regione è percepita lontana, non sono ben chiare le sue prerogative, ne è più sfumata la ricaduta amministrativa. Se saremo capaci di declinare sul territorio, comune per comune, palmo a palmo, il senso di questo progetto e di questo nostro essere Emilia-Romagna, credo sarà più semplice far comprendere alle persone quale è realmente la posta in gioco di questo voto.
Far comprendere che stiamo parlando davvero di Emilia-Romagna, non di altro.
Parma 13 novembre 2019 - Anche la federazione di Parma di Articolo 1 partecipa al percorso verso la presentazione della lista Emilia Romagna CORAGGIOSA per le elezioni regionali del prossimo 26 gennaio. La lista è stata presentata sabato scorso a Bologna, durante una manifestazione alla quale hanno partecipato Elly Schlein, eurodeputata fino al giugno scorso, il Sen. Vasco Errani già presidente della Regione, Silvia Prodi, Igor Taruffi, Gianluca Sacchi e Piergiovanni Alleva.
Nel corso dell’inziativa sono stati presentati i temi su cui maggiore sarà l’impegno programmatico della lista, a partire dalla necessaria transizione ecologica. “Ci sono tante questioni da affrontare – ha affermato Vasco Errani – ma prima di tutto dobbiamo dimostrare che l’Emilia-Romagna ha un nuovo ruolo a livello nazionale. Dobbiamo dimostrare che c’è un’altra strada rispetto al sovranismo di questa destra pericolosa che sempre più si sta diffondendo e che c’è un’altra strada per un nuovo centrosinistra”.
La politica è in crisi, ma dobbiamo essere netti su chi vogliamo rappresentare: dobbiamo portare esigenze, necessità e bisogni che oggi ancora non trovano una risposta”. La strada, secondo gli organizzatori, è quella di “un progetto civico e politico insieme, da costruire a più mani, mettendo insieme competenze e sensibilità diverse per costruire una visione comune di futuro per i prossimi cinque, dieci, vent’anni”. Un progetto condiviso e collettivo: “Contiamo sul contributo di tutte e tutti coloro che sentono la stessa urgenza – spiegano i promotori – e vogliono mettere al centro di questa visione le due grandi sfide su cui ci giochiamo la responsabilità che abbiamo verso le prossime generazioni: la questione ambientale e quella sociale”.
Alla presentazione sono intervenuti esponenti dell’Anpi, della CGIL, di Legambiente, ragazze e ragazzi di Fridays for future. Sono queste le realtà che sono intervenute per portare il loro contributo a un progetto che nasce con l’ambizione di mettere insieme le diversità. È su questo che punta nelle sue conclusioni Vasco Errani, alla guida della Regione Emilia-Romagna per 15 anni, dal 1999 al 2014: “Dobbiamo essere in grado di costruire un progetto in cui differenze sono una ricchezza. Altrimenti rischiamo che le nostre diversità diventino una strada per la vittoria delle destre”. E aggiunge: “La destra ha un’idea chiara a come rispondere ai cambiamenti che producono incertezza e paura: risponde con la chiusura, ma l’Emilia-Romagna è relazione. Risponde con la paura, ma l’Emilia-Romagna è saper fare. La destra è egoismo: ‘io vado avanti comunque’. L’Emilia Romagna è: ‘io vado avanti solo se ci sei anche te”.
Non erano certamente al mare o in montagna gli emiliano romagnoli disertori delle urne quel memorabile 23 novembre 2014.
di Lamberto Colla -
Parma, 30 novembre 2014 -
23 novembre 2014 è una data da tenere in mente. Una data che segna uno spartiacque tra cittadini e politica come non si era mai visto.
Prima fu il voto alla Lega Nord e la raccolta di consensi dell'Umberto Bossi prima maniera, a segnalare il disagio della base oltre 20 anni fa. Poi venne Grillo e il Movimento 5 Stelle che, dalla sera alla mattina, divenne il primo partito nazionale.
Fu un vero e proprio choc per i politici di professione e, molto probabilmente, lo fu ancor più per Piero Fassino - oggi presidente della associazione dei sindaci d'Italia ma all'epoca ai piani alti della corazzata PDS. La sfida lanciata da Fassino nel 2009 fu, per certi versi, profetica: "Se Grillo vuol fare politica fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende".
E così fu, dal web al M5S, la magia si realizzò. Il voto di reazione trovò nuova accoglienza dopo la delusione della Lega e del berlusconismo con una sinistra che, oltre a minacciare la smacchiatura dei leopardi, non era capace di esprime una politica originale, così concentrata a schermare di fioretto con Silvio Berlusconi, in persona, tralasciando di parlare e soprattutto di fare politica.
Quasi inevitabilmente venne il commissariamento da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e i governi tecnodemenziali di Monti e Letta, che diedero il "la", finalmente, per un cambiamento radicale sia in termini di vetustà sia nella comunicazione politica. L'energia emozionale di Matteo Renzi, anch'egli imposto dal "coach della nazionale dei politici" Napolitano, ha scaldato i cuori di tantissimi e raccolto la fiducia in men che non si dica. Ma alla luce degli ulti avvenimenti e delle opposizioni interne e esterne al suo partito sta rischiando, altrettanto rapidamente, di perdere il consenso se non rivolterà l'Italia come un calzino.
L'italiano ha fretta di cambiamento. Ha bisogno di lavoro, di sicurezza, di dignità, di speranza nel futuro.
E i linguaggi per farsi intendere il popolo li ha usati tutti come abbiamo visto. L'urlo del silenzio, espresso dall'astensionismo soprattutto emiliano, ne è una riprova se ancora ce ne fosse stato bisogno.
Mai, nemmeno nelle corse alla bocciature dei referendum si era assistito a un simile risultato. Solo il 37,7% della laboriosa, democratica e sanguigna Emilia Romagna è andato a votare.
Un urlo di rabbia che ha squarciato i cieli. Gli emiliano romagnoli, fieri di andare a esprimere il loro "voto" coscienti di contribuire a consolidare la democrazia sono invece, questa volta, rimasti a casa. Non c'era la scusa di mari o dei monti, quel 23 novembre 2014 gli italiani hanno deciso per lo sciopero dell'urna. Ma i votanti avrebbero potuto essere ancora meno. Molti si sono quasi fustigati per partecipare all'esercizio democratico del voto e, forse, si sono pentiti di non aver contribuito a ridurre ancor più quella percentuale votante.
E, alla luce di questo risultato, il Premier osa dichiarare che l'"Affluenza è un problema secondario".
Sogno o son desto! Quello che non avrebbe dovuto dire l'ha detto. Si potrebbe anche interpretare che quel 37,7% che è andato, per di più malvolentire, a votare poteva anche starsene a casa. La vittoria e la riconquista delle due regioni da parte del Pd era l'obiettivo da raggiungere, con o senza voti.
Bene, con o senza voti, qualcuno prima o poi conquisterà il Campidoglio, il Quirinale, l'Aventino e tutti i sette Colli e al voto non verrà più chiamato nessuno. Questione di Spending review ovviamente.
Attento Matteo! Non montarti la testa.
Ormai gli italiani le hanno provate tutte per dichiarare "democraticamente" il loro disappunto. Non resta che l'uso della irragionevole "forza".
A Modena e provincia ha dominato Stefano Bonaccini. Sette i consiglieri regionali modenesi: Palma Costi, Giuseppe Boschini, Luciana Serri e Luca Sabattini per il Pd. Per la Lega Nord, Stefano Bargi, per Forza Italia Enrico Aimi, per il Movimento 5 Stelle Giulia Gibertoni -
Modena, 25 novembre 2014 -
Queste elezioni, dominate dal partito dall'astensionismo, hanno visto votare in Emilia-Romagna, per l'elezione del Presidente della Regione e dei consiglieri dell'Assemblea Legislativa, il 37,67% degli aventi diritto, un dato in forte flessione rispetto alle precedenti regionali del 2010 quando si erano recati alle urne il 68,07%.
Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra (Partito Democratico, Emilia Romagna Civica, Sinistra e libertà) è il nuovo presidente della Regione, eletto con il 49,05% dei voti. La coalizione che lo ha sostenuto ha raggiunto il 49,69% con 597.185 voti. In regione al primo posto il Partito democratico con il 44,52% dei voti (535.109), al secondo la Lega Nord con il 19,42% (233.439 voti).
A Modena e provincia ha dominato Stefano Bonaccini della coalizione del centro sinistra con 102.406 voti pari al 51,3%, seguito dal candidato del centro destra Alan Fabbri con 55.158 voti pari al 27,6%. Giulia Gibertoni (Movimento 5 stelle) ha ottenuto 28.784 voti 14,4% , poi, Maria Cristina Quintavalla (L'Altra Emilia Romagna) con 6.444 voti pari al 3,2%, Alessandro Rondoni (NCD - UDC - Emilia Romagna Popolare) con 3.488 pari al 1,7% e Maurizio Mazzanti (Liberi Cittadini) con 3.350 voti pari al 1,7%.
I consiglieri regionali modenesi della nuova assemblea legislativa sono sette: Palma Costi, Giuseppe Boschini, Luciana Serri e Luca Sabattini per il Pd. Per la Lega Nord è stato eletto Stefano Bargi, per Forza Italia Enrico Aimi. Per il Movimento 5 Stelle Giulia Gibertoni.
La provincia dove si è votato di più è Ravenna con il 41,30% (nel 2010, 73.35%). Seguono le province di Bologna con il 40,17 % (nel 2010, 70.80%), Reggio Emilia con il 35,98% (nel 2010, 70.13%), Modena con il 38,92% (nel 2010, 78,80%), Ferrara con il 37,38% (nel 2010, 68,20%), Forlì-Cesena con il 36,93% (nel 2010, il 67.71%), Parma con il 34,03% (nel 2010, il 61%%), Piacenza con il 36,29% (nel 2010, il 62.01%) e Rimini con il 33,45% (nel 2010, il 62,25%) che è la provincia in cui si votato di meno.
(Fonte dati: Regione Emilia Romagna)
A Reggio e provincia ha dominato Stefano Bonaccini della coalizione del centro sinistra con 76.431 pari al 55,8%. I consiglieri regionali reggiani della nuova assemblea legislativa sono Andrea Rossi, Roberta Mori, Ottavia Soncini e Silvia Prodi del Pd. Poi Yuri Torri di Sel, Gabriele Delmonte (Lega Nord) e Gianluca Sassi (M5S) -
Reggio Emilia, 25 novembre 2014 -
Queste elezioni, dominate dal partito dall'astensionismo, hanno visto votare in Emilia-Romagna, per l'elezione del Presidente della Regione e dei consiglieri dell'Assemblea Legislativa, il 37,67% degli aventi diritto, un dato in forte flessione rispetto alle precedenti regionali del 2010 quando si erano recati alle urne il 68,07%.
Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra (Partito Democratico, Emilia Romagna Civica, Sinistra e libertà) è il nuovo presidente della Regione, eletto con il 49,05% dei voti. La coalizione che lo ha sostenuto ha raggiunto il 49,69% con 597.185 voti. In regione al primo posto il Partito democratico con il 44,52% dei voti (535.109), al secondo la Lega Nord con il 19,42% (233.439 voti).
A Reggio e provincia ha dominato Stefano Bonaccini della coalizione del centro sinistra con 76.431 pari al 55,8%, seguito dal candidato del centro destra Alan Fabbri con 32.097 pari al 23,4%. Giulia Gibertoni (Movimento 5 stelle) ha ottenuto19.135 voti pari al 14,0% seguita da Maria Cristina Quintavalla (L'Altra Emilia Romagna) con 5.641 voti pari al 4,1%. Alessandro Rondoni (NCD - UDC - Emilia Romagna Popolare) ha ottenuto 3.356 pari al 2,4% e Maurizio Mazzanti con 384 pari al 0,3%.
I consiglieri regionali reggiani della nuova assemblea legislativa sono Andrea Rossi, Roberta Mori, Ottavia Soncini e Silvia Prodi del Pd. Poi Yuri Torri di Sel, Gabriele Delmonte (Lega Nord) e Gianluca Sassi (M5S).
La provincia dove si è votato di più è Ravenna con il 41,30% (nel 2010, 73.35%). Seguono le province di Bologna con il 40,17 % (nel 2010, 70.80%), Reggio Emilia con il 35,98% (nel 2010, 70.13%), Modena con il 38,92% (nel 2010, 78,80%), Ferrara con il 37,38% (nel 2010, 68,20%), Forlì-Cesena con il 36,93% (nel 2010, il 67.71%), Parma con il 34,03% (nel 2010, il 61%%), Piacenza con il 36,29% (nel 2010, il 62.01%) e Rimini con il 33,45% (nel 2010, il 62,25%) che è la provincia in cui si votato di meno.
(Fonte dati: Regione Emilia Romagna)
A Piacenza e provincia domina Alan Fabbri, candidato del centro destra, con 37.340 voti pari al 47,1%. I consiglieri regionali piacentini della nuova assemblea legislativa sono Gazzolo e Molinari (Pd), Matteo Rancan (Lega Nord), Tommaso Foti (Fratelli d'Italia) -
Piacenza, 25 novembre 2014 -
Queste elezioni, dominate dal partito dall'astensionismo, hanno visto votare in Emilia-Romagna, per l'elezione del Presidente della Regione e dei consiglieri dell'Assemblea Legislativa, il 37,67% degli aventi diritto, un dato in forte flessione rispetto alle precedenti regionali del 2010 quando si erano recati alle urne il 68,07%.
Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra (Partito Democratico, Emilia Romagna Civica, Sinistra e libertà) è il nuovo presidente della Regione, eletto con il 49,05% dei voti. La coalizione che lo ha sostenuto ha raggiunto il 49,69% con 597.185 voti. In regione al primo posto il Partito democratico con il 44,52% dei voti (535.109), al secondo la Lega Nord con il 19,42% (233.439 voti).
A Piacenza e provincia ha dominato Alan Fabbri, candidato del centro destra, con 37.340 voti pari al 47,1%, seguito da Stefano Bonaccini candidato del centro sinistra che ha ottenuto 29.795 voti pari al 37,6%. Terza, Giulia Gibertoni (Movimento 5 Stelle) con 8.041 voti al 10,1%. Seguono Maria Cristina Quintavalla (L'Altra Emilia Romagna) con 2.457 voti al 3,1%, Alessandro Rondoni (NCD - UDC - Emilia Romagna Popolare) con 1.458 pari al 1,8% e Maurizio Mazzanti (liberi Cittadini) con 195 pari al 0,2%.
I consiglieri regionali piacentini della nuova assemblea legislativa sono Gazzolo e Molinari (Pd), Matteo Rancan (Lega Nord), Tommaso Foti (Fratelli d'Italia).
La provincia dove si è votato di più è Ravenna con il 41,30% (nel 2010, 73.35%). Seguono le province di Bologna con il 40,17 % (nel 2010, 70.80%), Reggio Emilia con il 35,98% (nel 2010, 70.13%), Modena con il 38,92% (nel 2010, 78,80%), Ferrara con il 37,38% (nel 2010, 68,20%), Forlì-Cesena con il 36,93% (nel 2010, il 67.71%), Parma con il 34,03% (nel 2010, il 61%%), Piacenza con il 36,29% (nel 2010, il 62.01%) e Rimini con il 33,45% (nel 2010, il 62,25%) che è la provincia in cui si votato di meno.
(Fonte dati: Regione Emilia Romagna)
Le Elezioni Regionali in provincia di Parma: Stefano Bonaccini candidato del centrosinistra ha ottenuto 51.537 voti pari al 45,1%. I consiglieri parmigiani eletti sono i tre candidati del Pd Massimo Iotti, Alessandro Cardinali, Barbara Lori, Alessandro Cardinali del Partito Democratico e Fabio Rainieri della Lega Nord -
Parma, 25 novembre 2014 -
Queste elezioni, dominate dal partito dall'astensionismo, hanno visto votare in Emilia-Romagna, per l'elezione del Presidente della Regione e dei consiglieri dell'Assemblea Legislativa, il 37,67% degli aventi diritto, un dato in forte flessione rispetto alle precedenti regionali del 2010 quando si erano recati alle urne il 68,07%.
Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra (Partito Democratico, Emilia Romagna Civica, Sinistra e libertà) è il nuovo presidente della Regione, eletto con il 49,05% dei voti. La coalizione che lo ha sostenuto ha raggiunto il 49,69% con 597.185 voti. In regione al primo posto il Partito democratico con il 44,52% dei voti (535.109), al secondo la Lega Nord con il 19,42% (233.439 voti).
A Parma e provincia Stefano Bonaccini ha ottenuto 51.537 voti pari al 45,1%.
Per la provincia di Parma segue Alan Fabbri, candidato di Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale, che ha ottenuto 38.924 voti fermandosi al 34,0%. Terza l'esponente del Movimento 5 stelle, Giulia Gibertoni, con 14.504 voti pari al 12,7%.
A seguire, Maria Cristina Quintavalla (L'altra Emilia-Romagna) con 6.011 pari al 5,3%, poi Alessandro Rondoni (Ncd-Udc) con 2.318 al 2,0%. Maurizio Mazzanti (Liberi cittadini) con 1.061 allo 0,9%.
I consiglieri parmigiani eletti sono i tre candidati del Pd Massimo Iotti, Alessandro Cardinali, Barbara Lori e Fabio Rainieri della Lega Nord.
La provincia dove si è votato di più è Ravenna con il 41,30% (nel 2010, 73.35%). Seguono le province di Bologna con il 40,17 % (nel 2010, 70.80%), Reggio Emilia con il 35,98% (nel 2010, 70.13%), Modena con il 38,92% (nel 2010, 78,80%), Ferrara con il 37,38% (nel 2010, 68,20%), Forlì-Cesena con il 36,93% (nel 2010, il 67.71%), Parma con il 34,03% (nel 2010, il 61%%), Piacenza con il 36,29% (nel 2010, il 62.01%) e Rimini con il 33,45% (nel 2010, il 62,25%) che è la provincia in cui si votato di meno.
(Fonte dati: Regione Emilia Romagna)
L'urlo del silenzio scuote l'Emilia Romagna. Il partito degli assenti deve fare riflettere tutti e non poco. Solo il 37,63% degli aventi diritto al voto si è presentato alle urne.
di Lamberto Colla - Parma, 24 novembre 2014
La vera notizia non è la conferma in Emilia Romagna del PD e conseguentemente la vittoria del suo candidato Stefano Bonaccini bensì il crollo verticale dei cittadini votanti.
-30,4% rispetto le precedenti regionali del 2010 (era il 68,13%) e del 32,3% rispetto alle europee di sei mesi fa (era il 70,0%).
Un dato storico, per il suo aspetto negativo, soprattutto se contabilizzato in una regione dove l'affezione al voto è stata sempre altissima.
Il distacco da chi rappresenta la politica, donne e uomini che siano, è diventata una frattura enorme e, seppure fosse stato nell'aria, non era assolutamente prevedibile un risultato di questa portata.
Il partito trasversale dei non votanti ha raccolto consensi da tutti i partiti e movimenti a conferma di un disagio ormai intollerabile soprattutto se, l'urlo del silenzio, proviene da una delle regioni tradizionalmente più attaccate al diritto di voto. Una regione dove la politica è alla tavola di tutti, fa parte del corredo cromosomico dell'emiliano romagnolo.
Meditate signori, meditate e soprattutto fate, prima che il gap con la vita reale sia incolmabile e le conseguenze inimmaginabili.