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di Guido Zaccarelli Mirandola 13 marzo 2020 - La libertà è una condizione essenziale di vita che necessita di luce e di energia per continuare a vibrare nell’anima degli uomini. La scrittura è la manifestazione più autentica per gioire del senso di libertà che la natura umana ha assegnato all’uomo, per esprimere, con un tratto grafico, i suoi pensieri, i suoi sentimenti e le sue riflessioni nel pieno rispetto della propria identità e di quella altrui.
Le civiltà che ci hanno preceduto, hanno dato ampio rilievo alla scrittura grazie alle quale abbiamo avuto la possibilità di tracciare un filo logico dove legare il passato al nostro presente per proiettarlo nel futuro. La dimensione umana pertanto è centrale in questa analisi per la capacità di aver superato i tratti dell’oralità e approdato alla scrittura con la quale tenere traccia della presenza dell’uomo sulla terra. In questo ambito, la filosofia ha aiutato l’uomo a dipanare la maglia della sua identità per raggiungere, in ogni istante del tempo, l’essenza del suo essere, aprendo ogni giorno l’alba di una nuova epoca.
Nel farsi strada fino ai giorni nostri l’uomo si è certamente domandato il fine della sua presenza sulla terra e il suo ruolo centrale nel mondo, preferendo celebrarsi piuttosto che indagare su se stesso perché troppo sicuro di sé e meno delle sue fragilità che il tempo, come quello che stiamo vivendo con il Coronavirus, mostra in tutta la sua ampiezza e orizzonte concettuale.
Le strade che la scrittura ha preso nel tempo sono state differenti e tutte in relazione ai contesti che man mano si presentavamo agli occhi dell’umanità che disseminava saperi, spesso autoreferenziali, senza la dovuta complicità scientifica, lasciando dietro di sé ciottoli dalle facce taglienti rivolti a coloro che seguivano per farli desistere dai loro intenti.
La certezza vuole che le alterne vicende siano rimaste impresse nella memoria di chi le ha vissute e di chi è riuscito a tramandarle sulla carta, al contrario di Socrate di cui abbiamo pochi riscontri rispetto a tantissimi filosofi e scrittori che hanno lasciato traccia di sé e oggi ne esploriamo i contenuti.
L’avvento delle scienze tecnologiche, avvenute con i primi del ‘900, hanno promosso un cambiamento importante nel sistema delle relazioni sociali e soprattutto l’innesto di nuovi paradigmi, e modelli di scrittura innovativi, rispetto ai precedenti comunemente impiegati dall’uomo per parlare di sé come essere centrale nel mondo e del mondo in quanto tale.
Per Helmut Plessner, che possiamo considerare il padre della antropologia filosofica: «l’uomo realizza la propria natura passando attraverso l’artificio della cultura e delle tecnica e, grazie a quest’ultima, cerca di colmare il divario che lo separa dall’assoluto».
Secondo il filosofo tedesco Martin Heidegger, uno dei filosofi più influenti dell’età contemporanea: «la potenza della tecnica è dappertutto, e ora dopo ora, in una forma qualsiasi di impiego incalza, trascina, avvince l’uomo di oggi. Questa potenza è cresciuta a dismisura e oltrepassa di gran lunga la nostra volontà, la nostra capacità di decisione[…]. Ormai dipendiamo in tutto dai prodotti della tecnica. Essi ci hanno forgiati a nostra insaputa, e così saldamente, che ne siamo ormai schiavi».
Innanzi a questi scenari trattati nel libro l’Abbandono, scritto da Heidegger nel 1959, ben 11 anni prima dell’avvento di Internet la cui nascita risale all’inizio degli anni ’70, il filosofo aveva anticipato un orizzonte nel quale l’uomo sarebbe calato avendone compreso il suo bisogno di trascendere a se stesso, oltre i suoi confini, impiegando proprio la tecnologia perché degna di superare la sua condizione di fragilità.
In questo contesto, che molto lentamente stava prendendo piede, ecco che la tecnologia stava assumendo una dimensione differente dai contesti nei quali aveva mosso i primi passi, diventando un movimento di frontiera al quale aderire per assumere quell’identità troppo spesso non riconosciuta dagli altri ma in primis da se stessi.
Da questa manifesta condizione, e di alterne altre situazioni, che lo collocano ora verso la ragione e ora verso lo spirito, condizionandone lo stato d’animo, l’uomo deve trovare una via di fuga da una realtà che non lo riconosce per cercare di dare una risposta alla sua fragilità e alle sue insicurezze, da troppo tempo inevase dal proprio destino.
Il filosofo e antropologo tedesco Arnold Gehlen, nel libro Prospettive antropologiche uscito nel 1967, riporta che: «egli è chiamato all’azione, alla modificazione intelligente di qualsivoglia condizione naturale incontrata».
Grazie all’influsso e alla presenza di questa nuova tecnologia, inizia a dare prova di sé scrivendo in un luogo digitale, spesso anche in modo pulsionale, ciò che la mente, il cuore e le emozioni manifestano in quel momento, in forma libera e senza veli, proprio come davanti ad un foglio di carta bianca.
Il Web, a differenza della carta stampata che può subire l’onta della distruzione, tiene traccia indelebile di ogni informazione ricordandosi in ogni momento di chi sei e a posteriori, chi eri, in modo perenne.
L’uomo, la sua natura, il suo posto nel mondo, ci riporta ad un passaggio importante, quello di un uomo che è in grado di «reinterpretare la sua natura e perciò assumere un atteggiamento attivo e tale da prendere posizione rispetto a se stesso e rispetto agli altri…».
La natura di questi comportamenti, e atteggiamenti, considerandosi ancora al centro del mondo lo ha portato a superare l’orizzonte nel quale aveva definito il limite della sua esistenza, come essere finito, trascendendo verso un mondo di cui non conosceva, e non conosce tutt’ora, i confini, un mondo nel quale l’uomo cerca un nuovo sviluppo identitario, un autopiesi rigenerante.
In questo mondo digitale, dissemina qua e là parole e pensieri di cui vantarsi, spesso lontani dalla verità, solo per vedere riportata a galla l’essenza di una esistenza che ha bisogno di luce per vivere il riflesso autentico dell’umanità. Cerchi di relazioni che si creano, che si allargano e restringono a macchia d’olio fino a superare il punto di non ritorno, quel confine sperduto dell’oltre digitale che diventa senza controllo e incapace di governare percorsi a ritroso verso la purezza. Una dimensione che vede l’uomo nella presunzione di controllare il mondo, i processi e le azioni, dai quali trarre giovamento per dire al mondo: ci sono anch’io, che appare disorientato e in possesso di una conoscenza parcellizzata.
Le fake news sono la maschera che l’uomo utilizza quando si presenta sul palcoscenico del web. Utilizza le informazioni come campo minato per esprimere il proprio potere e alimentare e condizionare l’agire umano nella direzione opposta rispetto ai valori etici e morali che avvolgono la dimensione umana.
Per questo è necessario aprire un dibattito sociale sulla dimensione della deriva della informazione digitale come linea di demarcazione da abbattere per dare inizio ad una nuova frontiera dalla quale recuperare il senso di libertà e di purezza che anche il mondo del web sta invocando.
L’uomo ha bisogno di affermare una identità illusoria, di potenza, di abilità per rendersi attraente agli occhi degli altri: di essere ammirato e di ricevere attenzione. L’illusione è riferita agli altri che vedono ciò che non è per la dissonanza cognitiva messa in atto dai comportamenti. E’ un attore che interpreta un personaggio che di volta in volta cambia in base al contesto che appare al momento e continuamente soggetto a continui mutamenti.
Il coronavirus sta condizionando l’agire sociale scompaginando la quotidiana azione dell’uomo verso una forte contrazione della libertà. Le fake news sono informazioni subdole, il coronavirus è subdolo.
Mai come in questo momento la scienza, che l’uomo ha impiegato come leva verso la trascendenza, deve essere impiegata per ridare gioia e offrire un nuovo senso di libertà e di purezza all’uomo che lo conduca alla catarsi digitale per riportare l’uomo a vivere in una nuova epoca, la nuova frontiera del web, immerso in luoghi rassicuranti nello Spirito, nella ragione avvolto dall’etica della sazietà.
Tutto questo per evitare di svegliarsi al mattino e trovare il web invaso da un virus letale come il coronavirus. Sarà il momento dove gli uomini non dovranno recriminare nulla al prossimo ma solo a se stessi.
Rif.bibliografici: prof. Claudio Bonito, Postumanesimo, una questione antropologica
CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, giornalista, saggista, consulente aziendale e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
di Guido Zaccarelli Mirandola 10 marzo 2020 - «Coraggio, non aver paura». In questa fase delicata del nostro tempo, dove un virus sta contagiando l’intero pianeta, mettendo a dura prova il sistema dei valori dell’intera umanità, e in evidenza la fragilità degli individui innanzi all’imprevedibile disponibilità dell’ignoto, ecco che la parola coraggio trova il modo di essere protagonista del nostro tempo. Coraggio deriva dal cuore, che grazie ai suoi battiti, è in grado di imprimere energia alla vita.
Coraggio è una parola composta, che inizia il proprio cammino etimologico dal cuore: «avere cuore». Il cuore ha coraggio, e che coraggio. Ecco che il cuore diventa il luogo simbolo da cui trarre energia da trasmettere agli altri per infondere il significato di coraggio, di buttare il cuore oltre l’ostacolo come nel libro di Álvaro Gómez Contreras, «dove le esperienza negative impediscono all’uomo di reagire innanzi a ciò che non conosce e di cui avverte la mancata disponibilità di mezzi a opporsi». I gesti da sempre esprimono i luoghi simbolo della nostra civiltà, e dei popoli che vivono il pianeta ai quali ognuno assegna un proprio sistema valoriale.
Accadimenti improvvisi hanno il carattere di modificare l’impossibile cambiando i riti, e le abitudini, fino a qualche tempo prima lontani dalle convenzioni e dalle quotidianità, perché l’ansia e la paura avvolgono l’uomo fino a togliere il respiro. L’ansia è una condizione che l’uomo vive quando è incapace di decidere e non riesce ad individuare i confini del contesto nei quali si trova. La paura è la presa cosciente dell’uomo che non riesce a prendere decisioni rispetto ad una situazione data. La paura è un forte turbamento dell’anima che incute timore spingendo l’uomo alla fuga da se stessi, dal mondo, intesa come il tutto, o una sua parte.
«Senza coraggio, non si vince la paura». Le differenti circostanze pongono l’individuo nelle condizioni di affrontare con coraggio, o meno, le situazioni nelle quali viene a trovarsi, fortemente condizionate dallo stato d’animo e dalle condizioni fisiche in cui versa il suo cuore. Lo stato d’animo abilita le persone ad affrontare con energia le gioie, o le insidie, derivate dalle azioni messe in campo con il coraggio. Il cuore è sempre in ascolto, sente, percepisce la paura e mette l’uomo nelle condizioni di allerta per condurlo a riflettere, spingendolo a desistere o ad avanzare verso i propri desideri. In questo tempo, di forte confusione sociale e relazionale per la forte presenza dell’ignoto che avanza senza paura, perché non cambiare i nostri usi e costumi per trasformare il momento in qualcosa che aiuti l’uomo ad usare il cuore per esprimere i propri sentimenti?
«Mettiamoci tutti una mano sul cuore». Un segno che cambierà le nostre abitudini, ma non le nostre radici sociali e culturali che stanno alla base della nostra società.
CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, giornalista, saggista, consulente aziendale e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
«Un impegno costante dedicato a progetti di servizio a favore della comunità e dei più deboli»
di Guido Zaccarelli 24 febbraio 2020 - In una cornice suggestiva allestita all’Auditorium Rita Levi Montalcini, dove la musica ha elevato lo Spirito dei presenti immergendo le persone nell’armonia dell’anima, la banda giovanile John Lennon, il Coro Moderno Mousiké la Guest Star e Direttore del Progetto Jazz Gianni Vancini, hanno animato, sabato 22 febbraio, la serata organizzata dal Rotary Club di Mirandola, per festeggiare il 115° anno di fondazione del Rotay International, fondato a Chicago nel 1905 da Paul Harris. Scopo del Rotary è un forte impegno verso gli ultimi.
Per l’occasione abbiamo incontrato il Presidente del Rotary Club Mirandola, l’ing. Marco Gandini per illustraci i motivi che hanno condotto il Club a promuovere una iniziativa importante per la nostra comunità: «115 anni di impegno costante dedicato a progetti di servizio a favore della comunità e dei più deboli. Il tempo non ne ha cambiato l’essenza e la filosofia che ancora oggi desiderano connettere il mondo per creare opportunità e fare la differenza nelle comunità spinti dalla convinzione che lavorando insieme si diventa amici e che insieme si arriva più lontano».
Quale è lo scopo della serata?: «L’incasso della serata sarà devoluto per l’attivazione di borse di studio destinate ai giovani per la frequenza gratuita alla scuola di musica».
La banda giovanile Jhon Lenon, diretta dal M° Mirco Besutti e dal M° Stefano Bergamini, ha aperto la serata con brani che hanno esaltato il valore dei nostri giovani e dimostrato come la Fondazione Scuola di Musica “C. & G. Andreoli”, diretta dal M° Mirco Besutti, sia riuscita nel tempo a formare talenti offrendo a tutti la possibilità di esprimersi e di trovare la propria strada nel campo della musica e delle arti, perché la musica è arte, creatività e senso di appartenenza alla vita di comunità.
Il coro Mousikè diretto dalla insuperabile Claudia Franciosi hanno presentato brani che, come in altre occasioni, hanno coinvolto il pubblico dando prova come la musica sia l’espressione autentica del vivere bene lo stare insieme.
La presenza del M° Gianni Vancini, che ha eseguito brani musicale con i giovani formati nel progetto Jazz, ha reso stellare la serata esibendo ancora una volta come i talenti devono essere portati alla luce del sole perché nel tempo possano brillare di luce propria. Servono persone che si dedichino a questo, a donare una parte del loro tempo per consegnare loro le chiavi di un futuro tutto da disegnare, perché solo in questo modo potremmo costruire una società eticamente sostenibile.
Grazie al Presidente del Rotary Club Mirandola, Marco Gandini, per aver offerto alla cittadinanza la possibilità di conoscere il Rotary e di apprezzare il valore e i talenti musicali dei giovani del nostro territorio, con l’auspicio di un sentito arrivederci al prossimo anno. La serata ha ricevuto l’ambito patrocinio del Comune di Mirandola.
CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, giornalista, saggista, consulente aziendale e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)