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Lunedì, 18 Febbraio 2019 11:10

Protesi mammarie e rischio cancro

Le donne si ammalano di cancro a causa delle protesi mammarie, l'UE avvia un'indagine. Un gruppo di lavoro studierà quanto sia forte la relazione tra cancro e protesi mammarie. Ad oggi sono noti 660 casi di cancro in tutto il mondo che sono direttamente correlati alla chirurgia del seno. Per alcuni ricercatori sussistono molti elementi che fanno pensare come le portatrici di protesi mammarie siano confrontate con un rischio accresciuto

L'UE, ha istituito un gruppo di lavoro internazionale per studiare la relazione tra protesi mammarie e cancro e l'Italia partecipa alle riunioni in qualità di osservatore. Dopotutto i casi stanno aumentando in tutto il mondo dove si sospetta una connessione tra la chirurgia del seno e il tumore. Per la prima volta, la FDA (United States Drug Administration) ha lanciato l'allarme nel 2011 per identificare un campione. Da allora, le autorità di tutto il mondo stanno cercando febbrilmente casi simili. Ad oggi, le autorità sanitarie hanno identificato a livello mondiale 660 casi di tumore attribuibile alle protesi. Nove donne sono morte per tumori ai linfonodi, ai polmoni o al fegato. Ogni anno circa 1,5 milioni e mezzo di donne si fanno operare il seno. Per decenni le protesi mammarie sono state considerate innocue: ora le cose potrebbero cambiare. Sussistono molti elementi che fanno pensare come le portatrici di protesi mammarie siano confrontate con un rischio accresciuto di cancro: ma non conosciamo ancora la connessione esatta, affermano alcuni ricercatori. Ora le autorità stanno discutendo su una eventuale limitazione dell'uso delle protesi. A tutte le donne che hanno protesi mammarie, dunque, Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", raccomanda di effettuare regolarmente un controllo annuale con ecografia mammaria o almeno questa dovrebbe essere la normale procedura raccomandata da tutti i medici.

(17 febbraio 2019)

100mila fiale di farmaci contro il cancro  distribuite scadute tra Francia e Svizzera. L'Istituto elvetico per gli agenti terapeutici (Swissmedic): «Una vicenda unica per la sua ampiezza». Lo "Sportello dei Diritti": opportuna una verifica del Ministero della Salute e dell'AIFA anche in Italia

Un nuovo scandalo che riguarda i farmaci riguarderebbe Francia e Svizzera e proprio per la vicinanza meriterebbe un approfondimento anche da parte delle Nostre Autorità Sanitarie.

Sarebbero più di 100mila, infatti, le fiale di medicamenti scaduti venduti a pazienti svizzeri e francesi, nel periodo compreso fra il 2007 e il 2011.

La notizia è apparsa in Svizzera sulle colonne di due quotidiani la SonntagsZeitung e Le Matin Dimanche e nel mirino l'azienda Alkopharma di Martigny, città del Canton Vallese, che avrebbe falsificato la data di scadenza appositamente al fine di poter continuare a vendere i preparati più a lungo. I farmaci avrebbero dovuto avere una scadenza massima di 18 mesi, ma a far ancor più rabbrividire è il fatto che sarebbero continuati ad essere commercializzati in alcuni casi anche sette anni dopo la data limite e per di più a pazienti d'ogni età e quindi anche a bambini affetti da gravi patologie tumorali.

La caratteristica delle dosi scadute era di avere un'efficacia ridotta. Quello che quindi rappresenterebbe un vero e proprio scandalo, vedrebbe coinvolti, al momento, i principali ospedali svizzeri che sarebbero vittime della frode in questione al pari dei pazienti. In totale, Alkopharma avrebbe venduto 98.829 fiale per più di 3,2 milioni di euro in Francia e 2.119 in Svizzera per oltre 207.500 franchi. Nel 2016 un tribunale del Vallese aveva condannato i responsabili specificando che i pazienti non avevano corso alcun rischio.

Tuttavia, secondo l'Istituto svizzero per gli agenti terapeutici Swissmedic, che ha indagato per cinque anni sul caso, i pazienti sono stati in realtà esposti a un rischio evidente perché i medici erano portati a supporre di avere sbagliato le dosi del loro trattamento. Swissmedic ha così portato il caso all'istanza successiva.

L'Inselspital di Berna ha identificato 23 pazienti trattati con medicamenti scaduti. 15 di loro sono bambini, alcuni dei quali affetti da cancro ai reni o tumore al cervello.

Anche l'Ospedale universitario di Basilea e la Farmacia cantonale di Zurigo hanno ricevuto il medicamento, ma in quantità più limitate. Durante l'indagine, grazie a diversi controlli a campione, Swissmedic ha trovato medicamenti con efficacia ridotta in tutto il Paese: «Questa vicenda, per le sue proporzioni, è finora unica in Svizzera», ha affermato l'istituto mentre, al momento, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", non è noto se i farmaci in questione siano stati acquistati da italiani o commercializzati anche in Italia. Ecco perchè sarebbe opportuna una verifica urgente in merito da parte del Ministero della Salute e all'AIFA (l'Agenzia Italiana per il Farmaco) anche nel Nostro Paese.

(14 gennaio 2018)

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