Il caso di Colgate-Palmolive negli Stati Uniti e di Barilla e Gruppo Pedon in Italia
Per le aziende la totale riciclabilità degli imballaggi non è sempre una priorità.
Capita di vedere prodotti che da una confezione monomateriale facilmente riciclabile (vetro, plastica o carta) passano ad una in poliaccoppiato e/o con parti non separabili, oppure rivestita da etichette coprenti, oppure contenente additivi che ne compromettono il riciclaggio.
Per questo motivo e per diffondere tra i cittadini l'informazione necessaria per scelte di consumo consapevoli, è stata lanciata nel 2012 la campagna Meno rifiuti più Benessere in 10 mosse.
Ci sono però anche segnali positivi.
Dalla sede americana della multinazionale Colgate-Palmolive arriva l'impegno a rendere completamente riciclabile entro il 2020 il packaging per tre su quattro delle sue categorie di prodotto.
Il progetto interessa i prodotti per la cura della casa, della persona e degli alimenti per animali, mentre per la quarta categoria, l'igiene orale, il primo passo è lo sviluppo di un tubetto di dentifricio riciclabile, al posto di quello attuale in materiale composito non riciclabile, caratteristica comune alla maggior parte dei tubetti per dentifricio in commercio.
Altri obiettivi del piano di Colgate Palmolive, da perseguire entro il 2020, sono la riduzione o eliminazione del PVC e l'incremento del contenuto medio di materiale riciclato, che verrà portato dal 40% al 50, sia per il packaging in carta, sia che per quello realizzato nei vari tipi di plastica, PET, HPE, PET, HDPE e PP.
La decisione la si deve per lo più all'opera di As-You-Sow, una organizzazione non governativa ambientalista americana che dal 2012 invita le aziende all'adozione di politiche incentrate sulla Responsabilità Estesa del Produttore, anche per gli imballaggi post consumo.
As-you-Sow ha quantificato in 11,4 miliardi di dollari il valore economico degli imballaggi che invece di essere riciclati sono stati smaltiti negli USA nel 2010, tra discariche e inceneritori.
Tra le aziende multinazionali con cui l'ONG ha instaurato un dialogo costruttivo figurano anche P&G e Unilever.
Poco feeling invece tra As-you-Sow e il gruppo Kraft Food, “colpevole” di aver immesso in commercio miliardi di confezioni "stand-up pouch" di succo a marca Capri Sun.
Le stand-up pouch sono delle buste non riciclabili in materiale laminato, in genere plastica e alluminio, sempre più utilizzate nel settore di alimenti e bevande per la loro facilità d'uso e il minimo ingombro per trasporto e stoccaggio.
Oggi hanno preso il posto di lattine e bottiglie soprattutto per le mono porzioni.
Per capire l'impatto di queste confezioni basti pensare che ne vengono vendute negli USA 1,6 miliardi di pezzi all'anno (solamente per la linea Capri Sun), mentre la loro produzione globale ammonta a circa 5 miliardi di pezzi.
A questo tipo di assurdo imballaggio è stato dedicato buona parte del video "Designed to be waste”, progettati per diventare rifiuto.
In Italia Barilla ha sostituito nel 2013 l'incarto delle confezioni di biscotti Mulino Bianco e Pavesi con un poliaccoppiato che può essere riciclato con la carta, raggiungendo così -con un anno di anticipo rispetto alla scadenza indicata nell'ultimo bilancio di sostenibilità- l'obiettivo del 98% di riciclabilità per il totale degli imballaggi utilizzati.
Sempre nel nostro Paese un esempio per le piccole medie imprese è rappresentato dal Gruppo Pedon.
Con l'installazione di 58 silos ecosostenibili, le materie prime possono essere ricevute “Pedoncampagnaeticasfuse”, stoccate cioè direttamente nei silos senza che ci sia più bisogno del confezionamento in sacchi di plastica, da 25 o 50 kg, come avveniva precedentemente.
I benefici sono quantificabili in un risparmio annuale di circa 37 tonnellate di plastica e nella mancata emissione di 80 tonnellate di anidride carbonica nell’ambiente.
“I consumatori negli ultimi anni sono sempre più attenti ai contenuti green e reputano l'impatto ambientale del prodotto come uno dei fattori di scelta nel processo di acquisto. Per questo motivo è fondamentale che il pack sia caratterizzato da imballi sempre più eco-compatibili”, questo è quanto ha affermato Luca Zocca -marketing manager del Gruppo Pedon- durante il convegno svoltosi a Vimercate sulle novità legate alla stampa dell'imballaggio alimentare.
“Per quanto riguarda il packaging siamo attenti ai costi, ma dobbiamo necessariamente coniugare esigenze di qualità e sicurezza con la facilità d'uso e quando studiamo un prodotto innovativo non lesiniamo sul pack, perché ne perderebbe di appeal e ne sminuirebbe il contenuto” –prosegue Zocca–. “In tema di eco-sostenibilità, utilizziamo per alcune linee di prodotto carta certificata FSC e imballi totalmente riciclabili. Ricordiamo che l'impatto ambientale, associato ad altri aspetti etici, sono importanti driver di scelta e di acquisto del prodotto a scaffale”.
L'utilizzo della plastica nella produzione di imballaggi è purtroppo destinato a salire, come si legge in un recente articolo di Polimerica.it, che presenta uno studio sul mercato europeo della società di consulenza Ceresana.
In assenza di contromisure aumenterà l'utilizzo di contenitori difficilmente riciclabili, che in genere finiscono nel gruppo delle plastiche miste (imballaggi flessibili, sacchetti, vaschette, polistirolo, etc.), con destinazione finale l'inceneritore.
Infatti gli operatori del settore della selezione e riciclo degli imballaggi di plastica rilevano un'inversione di tendenza nella tipologia delle plastiche raccolte. Se in passato le plastiche rigide, costituite da bottiglie e contenitori in PET e HDPE, rappresentavano la maggioranza degli imballaggi raccolti, con percentuali intorno al 60%, è ora il gruppo delle plastiche miste ad essere presente in misura maggiore.
Questa realtà trova anche riscontro nei dati preliminari su raccolta, recupero e riciclo di imballaggi in plastica nel 2013 resi noti da Corepla, che vedono un aumento modesto della percentuale di riciclo sull’immesso al consumo al 37,2% (+1,1%) e una forte crescita del volume degli imballaggi in plastica avviati a recupero energetico (+9,8%), arrivati a 773 mila tonnellate.
La percentuale di recupero energetico (incenerimento) sull’immesso al consumo di imballaggi di plastica è infatti salita dal 34,3% al 37,8 (+3,5%) superando, seppur di poco, la percentuale degli imballaggi riciclati.
Per poter raggiungere l'obiettivo europeo di riciclo di materia pari al 50% della plastica immessa al consumo entro il 2020, andrebbero intraprese sia sul fronte aziendale che legislativo alcune azioni improcrastinabili che facciano tesoro delle indicazioni che arrivano dai riciclatori europei e dalle migliori esperienze italiane in materia di riciclo delle plastiche miste, come ad esempio Revet Recycling.