Mercoledì, 10 Luglio 2013 22:22

Il settore culturale non conosce crisi: aumentano le imprese, i ricavi e l'occupazione

Scritto da

di Giulio Bigliardi

Parma, 10 luglio 2013

La Fondazione Symbola e Unioncamere hanno presentato lo scorso 25 giugno 2013 i risultati della ricerca "Io sono cultura – l'Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi", una ricerca che puntava a valutare il valore della cultura nel nostro Paese.

I dati della ricerca mostrano che la cultura frutta al nostro Paese ben il 5,4 per cento della ricchezza prodotta, equivalente a quasi 75,5 miliardi di euro, e dà lavoro a quasi un 1 milione e 400.000 persone, ovvero al 5,7% del totale degli occupati del Paese. Nonostante le difficoltà, quindi, il sistema produttivo culturale conferma una certa capacità di reazione anticiclica.

Allargando lo sguardo dalle imprese che producono cultura in senso stretto (ovvero industrie culturali, industrie creative, patrimonio storico-artistico e architettonico, performing arts e arti visive) a tutta la 'filiera della cultura', ossia ai settori attivati dalla cultura come il turismo legato alle città d'arte, il valore aggiunto prodotto dalla cultura schizza dal 5,4 al 15.3% del totale dell'economia nazionale. Il sistema produttivo culturale vanta infatti un moltiplicatore pari a 1,7: ogni euro di valore aggiunto prodotto da una delle attività di questo segmento, se ne attivano mediamente sul resto dell'economia altri 1,7. In termini monetari, ciò equivale a dire che gli 80,8 miliardi di euro prodotti nel 2012 dall'intero sistema produttivo culturale riescono ad attivarne quasi 133 miliardi, arrivando così a costituire una filiera culturale intesa in senso lato di circa 214 miliardi di euro.

Nonostante i sacrifici imposti dall'austerity e dalla miopia di parte della classe dirigente del Paese, la cultura dimostra ancora una volta di essere uno dei motori primari della nostra crescita. Mentre la crisi imperversa e un pezzo consistente dell'economia nazionale fatica e arretra, infatti, il valore aggiunto prodotto dalla cultura tiene e guadagna terreno.

Nel 2012, il sistema produttivo culturale ha visto crescere del 3,3% le proprie unità, con la nascita di 14.590 nuove imprese, mentre il resto del tessuto produttivo del Paese rimaneva sostanzialmente immobile. La crescita nominale del valore aggiunto delle imprese del settore della cultura è stata dello 0,9% annuo, più del doppio rispetto all'economia italiana nel suo complesso (+0,4% annuo).

Con la crescita delle unità produttive c'è stata anche la crescita dell'occupazione. Il settore impiega complessivamente 1.397.000 persone, per un valore rispetto alla forza lavoro italiana del 5,7 per cento ed un aumento nel 2012 dello 0,5 per cento, valore che va in controtendenza rispetto al calo dello 0,3 per cento registrato negli altri settori economici. Tra il 2007 e il 2011, gli occupati nel settore sono cresciuti dello 0,8% annuo, a fronte della flessione dello 0,4% annuo subita a livello complessivo. A completare il quadro c'è il saldo della bilancia commerciale: per la cultura nel 2011 l'attivo è stato 20,3 miliardi di euro, per l'economia complessiva, invece, -24,6 miliardi. Interessante anche la capacità attrattiva della cultura sul turismo: se nel 2012 la spesa turistica ha toccato i 72,2 miliardi di euro, ben 26,4 di essi sono stati attivati dalle industrie culturali. In pratica si deve alla cultura oltre un terzo della spesa turistica stimata sul territorio italiano nell'anno di riferimento.

Questo intreccio tra bellezza, creatività, innovazione, saperi artigiani e manifattura ha fatto di Firenze la propria capitale. La prima provincia per presenza di industrie culturali sul totale delle attività economiche è Firenze, in cui le quasi 13.000 imprese culturali incidono per l'11,9% sul totale delle imprese registrate. Seguono in classifica Milano, dove l'analoga quota è pari al 11,3% e la provincia da essa generatasi nel 2004, ovvero Monza e della Brianza, che si ferma all'11,2%.

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Passando alla Regioni, i dati sulle imprese evidenziano una quota elevata per il Mezzogiorno (125.441 imprese, pari al 27,4% del totale nazionale), non molto distante dalle consistenze dell'area più rilevante, il Nord-Ovest (134.304, 29,3%), in cui le oltre 88 mila imprese della Lombardia rappresentano da sole quasi un quinto del dato nazionale. Analizzando il contributo della "imprenditoria culturale" in ogni macro-ripartizione e regione, emerge il ruolo del Nord-Ovest e del Centro Italia (rispettivamente 8,4 e 8,3% del totale imprese). Nel dettaglio, la Lombardia è in testa alla graduatoria per incidenza delle imprese culturali (le 88mila imprese rappresentano il 9,2% dello stock complessivo regionale), seguita dal Lazio, dove le quasi 54 mila unità individuate corrispondono a una incidenza dell'8,7%. Da non trascurare nel Centro anche la Toscana, che segue da vicino il Lazio con una quota di imprese culturali sul totale regionale dell'8,5% (oltre 35 mila imprese). Tra le altre realtà a maggiore presenza di imprese culturali sono da annotare anche il Friuli-Venezia Giulia (8,3%) e il Veneto (8%). Il Io Sono Cultura – L'Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi – Rapporto 2013 17 Mezzogiorno, con un'incidenza del 6,3%, mostra valori ancor più esigui per ciò che riguarda Sicilia, Molise, Campania e Puglia.

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Probabilmente se ci fosse una politica diversa che porti ad incentivare l'industria culturale, si creerebbero molte più opportunità per giovani e meno giovani.

I Comuni hanno tagliato le risorse dell'11 per cento mentre le sponsorizzazioni sono scese del 9,6, con un calo che dal 2008 ad oggi ha raggiunto il 42 per cento. Dal 2008 ad oggi la cultura italiana ha perso 1,3 miliardi di euro di risorse a causa del crollo della finanza pubblica. Il budget del ministero competente è sceso nel 2013 ad 1,5 miliardi di euro perdendo in 10 anni il 27 per cento del suo valore. Il nostro budget oggi è superiore solo di 100 milioni di euro rispetto a quello della Danimarca ma se dividiamo la cifra per abitanti, scopriamo che il regno nordeuropeo spende 252,4 euro pro capite per la cultura. Noi 25,4 euro l'anno. La Grecia (e sottolineiamo la Grecia), nel 2013 spenderà 50 euro a testa.

Il profilo illustrato dalla Fondazione Symbola ha dimostrato come la cultura sia estremamente omogenea nel nostro Paese. Non esistono sacche di arretratezza, escludendo forse il nord-est che puo' comunque contare sulla presenza di Venezia e delle località medioevali friulane. Il settore traina la filiera economica nazionale dimostrando il suo valore e la sua forza. Dovrebbe rappresentare un punto di forza nelle politiche nazionali invece si tagliano i finanziamenti e si sceglie di non agire lasciando solo un settore che meriterebbe ben altra considerazione snobbando quella che a conti fatti sarebbe la sua gallina dalle uova d'oro.

Basterebbe un po' di coraggio e probabilmente in pochi anni parleremmo di un'altra Italia.

(fonte: Open Téchne)

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