Il CONSORZIO ONORANZE FUNEBRI PARMENSI – COF è nato 20 anni fa dall’unione di alcune prestigiose realtà operanti nel settore delle onoranze funebri in tutta la provincia di Parma.
Sito ufficiale: http://www.cofonoranzefunebri.com/
Di Manuela Fiorini - 20 aprile 2019 - Una mattinata intera senza che nessun cliente si fosse presentato nel suo ufficio per Rodolfo Lapidario era una buona notizia.
Gestire un'agenzia di Onoranze Funebri voleva dire avere a che fare quotidianamente con il dolore delle persone. Un sentimento a cui Lapidario, nonostante gestisse quell'attività da tantissimi anni, era ancora abituato a metà. Da un lato c'erano i parenti dei defunti, alle prese con pratiche burocratiche e preparazione delle esequie, dall'altra le anime dei defunti stessi, che Lapidario era in grado di vedere. Un "dono" che aveva ricevuto in eredità da sua nonna, a cui nessuno aveva mai creduto. Tranne lui, nel momento stesso in cui aveva cominciato, appena bambino, a vedere le stesse cose: figure eteree, evanescenti, circondate da un'aurea di luce cangiante, che spesso lo avvicinavano con richieste, o anche solo per chiacchierare o avere delucidazione sul loro nuovo status. Con il tempo, aveva imparato a mettere a frutto quella sua facoltà, cercando di venire incontro alle esigenze dei suoi clienti, vivi e...trapassati. L'estremo saluto era infatti un passaggio molto importante per chi aveva lasciato questo mondo, uno spartiacque attraverso il quale potevano lasciarsi alle spalle la vita terrena, passare oltre e iniziare un'evoluzione spirituale. Per questo era importante che nulla rimanesse irrisolto: rimpianti, rancori, parole non dette...persino le ultime volontà e la modalità delle esequie.
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Il campanello che aveva appeso alla porta di ingresso tintinnò annunciandogli l'arrivo di qualcuno. Si trovò di fronte un uomo piccolo piccolo, scuro di pelle e di capelli, con gli occhi all'orientale e il naso un po' schiacciato. Insieme a lui c'era una donna anziana, che dalla similitudine dei lineamenti doveva senz'altro essere sua madre. L'uomo congiunse le mani all'altezza del petto e fece un inchino in segno di saluto, la donna fece altrettanto.
"Mi chiamo Agung...e questa è mia madre Ayu..."
La donna sorrideva, ma era evidente che non capiva una parola d'Italiano.
"È appena arrivata dall'Indonesia, per aiutare mia moglie con il bambino che sta per arrivare..."
La donna continuava a sorridere...
"...Io invece sono qui da qualche anno, lavoro in fabbrica, mia moglie lavora in fabbrica...così noi abbiamo comprato casa più grande per stare tutti insieme. Con mia madre è arrivato anche mio padre..."
Rodolfo Lapidario ascoltava con pazienza. L'uomo sarebbe presto arrivato a un punto della narrazione che gli avrebbe consentito di capire il perché si stava rivolgendo a un'agenzia di Onoranze Funebri.
"Noi volevamo chiedere quanto poteva venire a costare una grotta di pietra in giardino per fare casa a mio padre..."
Lapidario ebbe un sussulto.
"Mi faccia capire...suo padre vuole vivere nel giardino di casa sua?"
"Mio padre non può vivere in casa con noi, mio padre è...morto".
Madre e figlio si lanciarono uno sguardo d'intesa e di amore. Lapidario non percepì, tuttavia, il dolore che di solito segue la recente perdita di una persona cara. Era come se il lutto fosse già stato superato.
"Quindi, mi sta dicendo che suo padre è deceduto...e vuole organizzare il funerale?".
"No! Il funerale glielo abbiamo fatto dieci anni fa...quando è venuto a mancare!"
L'italiano elementare dell'uomo non lo aiutava a capire la situazione.
"Mi scusi...dove si trova suo padre, ora?"
"Lui è qui fuori, nel mio furgone! È arrivato con mamma in aereo. Ha viaggiato nella stiva!"
L'uomo continuava a sorridere, mentre Lapidario era sempre più sconcertato. Cominciò a mettere insieme i pezzi. Probabilmente, dopo essere emigrato e aver trovato lavoro in Italia, Agung aveva optato per il ricongiungimento familiare, facendo arrivare dall'Indonesia la madre, viva, e il padre, morto da dieci anni. Solo che gli stava chiedendo di seppellirlo in giardino. E la cosa non era assolutamente fattibile!
"Ascolti, qui i morti non si possono seppellire nei giardini delle case, e nemmeno nelle grotte...devono riposare in pace, nei cimiteri".
"So che cosa sono i cimiteri, ma le tombe vengono chiuse per bene, murate...in questo modo non si possono tirare fuori i propri cari per festeggiare insieme Ma'Nene..."
Al suono di quella parola, l'anziana madre annuì...
"Siamo originari di Tana Toraja", continuò l'uomo, "Noi mummifichiamo i nostri cari defunti, li mettiamo a riposare nelle grotte, e ogni anno li riesumiamo, li vestiamo a festa con abiti nuovi, mangiamo, beviamo, balliamo insieme per Ma' Nene...tutto questo non sarebbe possibile se mettessi mio padre in uno dei cimiteri di qui".
Lapidario si ricordò di avere visto un servizio televisivo su quella tradizione. Tuttavia, si rese conto che questa volta non poteva proprio accontentare i suoi clienti. Doveva solo trovare il modo per farglielo capire.
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Lanciò un'occhiata fuori dalla vetrina dell'agenzia e vide un vigile che si stava aggirando con fare sospetto attorno al furgone bianco di proprietà dell'indonesiano. Un brivido gli corse lungo la schiena immaginando la faccia dell'agente nel caso avesse aperto il mezzo e si fosse trovato di fronte alla mummia del padre di Agung. Si scusò con madre e figlio e uscì in strada.
"Qualcosa non va agente?"
"È suo questo furgone?"
"No, di un mio...fornitore. Mi ha appena consegnato...dei fiori per un funerale".
"Va bene. Gli ricordi di esporre il disco orario per il "carico e scarico" e di rispettare i tempi della sosta".
Lapidario tirò un sospiro di sollievo e tornò dentro.
"Ascolti, Agung...qui, non è legale seppellire i defunti in una grotta in giardino...e nemmeno riesumarli..."
La donna anziana lo guardò interrogativa. Il figlio tradusse per lei e la vedova scoppiò a piangere.
"Mia madre non potrebbe sopportare di vivere lontano da mio padre. Al villaggio gli portava fiori e frutta alla grotta tutti i giorni".
"Lasciatemi pensare...nel frattempo...siate discreti con...il capofamiglia. Almeno finché non troveremo insieme una soluzione..."
Appena la coppia uscì, Lapidario si mise le mani nei capelli. Poi si mise a fissare il soffitto. Che cosa poteva inventarsi questa volta per convincere quei due? Solo allora si rese conto che la temperatura della stanza era scesa in maniera repentina. Seduto di fronte alla sua scrivania c'era la figura evanescente di un uomo molto simile al "vivente" che era uscito poco prima.
Si fissarono per un istante, entrambi sospesi tra il panico e lo stupore.
"Come fai a essere...ancora qui?", domandò Lapidario. Da quello che gli era stato raccontato, il defunto aveva abbandonato la sua dimensione terrena da dieci anni. E il suo spirito avrebbe dovuto passare alla dimensione spirituale da diverso tempo. Eppure, ora era lì, davanti ai suoi occhi, forse richiamato dalla presenza del figlio e della moglie, oppure dalle sue spoglie mortali. Di solito, tuttavia, gli spiriti non tornavano, semplicemente, chi era ancora sulla Terra dopo tanto tempo...non se ne era mai andato.
Dopo quell'attimo comune di sbigottimento, la figura gli rivolse la parola in una lingua che Lapidario non conosceva. Indonesiano. O qualche dialetto della provincia di Tana Toraja, ancora più difficile da capire. Chissà che cosa gli stava dicendo? Che voleva essere sepolto in giardino per stare insieme ai suoi cari ed essere riesumato per festeggiare insieme il culto dei defunti o qualcos'altro? Lapidario tentò di fargli capire a gesti che lo vedeva, ma non capiva la sua lingua. Lo spirito scosse il capo desolato, poi cominciò a battere i piedi stizzito, fino a colpire il muro a testate.
Lapidario tentò di calmarlo, cercando di fargli capire che, con un po' di pazienza, potevano tentare di capirsi a gesti. L'entità, che continuava a proferire probabili improperi in indonesiano, iniziò a indicare in alto, simulando con la mano il passaggio di un aereo e scuotendo il capo in segno di diniego. Chiuse poi gli occhi e appoggiò la testa con le mani. Lapidario comprese. Quell'anima voleva essere lasciata in pace, era già in ritardo nel suo percorso spirituale, trattenuto per dieci anni dall'attaccamento dei suoi cari al suo involucro terreno. Se loro non erano in grado di staccarsi da lui, nemmeno lui sarebbe stato libero di staccarsi da loro. Doveva solo farsi venire una buona idea per comunicare alla famiglia la volontà del defunto. Quella sera si ricordò di sua nonna, dalla quale aveva ereditato la facoltà di interagire con le anime dei trapassati, e di quel vecchio registratore a cassette.
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Il mattino dopo, Agung e sua madre tornarono all'agenzia di Onoranze Funebri. Lapidario li aveva convocati nella speranza che il suo piano per convincerli a dare al congiunto una degna sepoltura avrebbe dato i risultati sperati. Accanto a lui, lo spirito scalpitava e dava segni di impazienza, inveendo in indonesiano all'indirizzo della moglie e del figlio. Lapidario prese il vecchio registratore a cassette e lo mise sulla scrivania, di fronte ai due.
"Vorrei farvi ascoltare una cosa...", disse, incrociando le dita.
I due si misero in attesa. Spinse il tasto di avvio e dal vecchio apparecchio cominciarono a uscire dei fruscii... A un tratto, si udì distintamente una frase pronunciata da una voce maschile. Lapidario non ne comprese il significato, ma la vedova scoppiò in un pianto dirotto, subito consolata dal figlio. Il registratore tornò muto.
"È sicuramente la voce di mio padre...vuole essere lasciato andare...", disse il giovane Agung. "Come ha fatto a..."
Lapidario non aveva mai confessato a nessuno il suo "piccolo" segreto. Tuttavia, ebbe l'impressione che, questa volta, non lo avrebbero preso per matto.
"Riesco a vederli...ho parlato con lui. Ma non riuscivo a capirlo...così mi sono ricordato di una vecchia registrazione che mi aveva fatto ascoltare mia nonna. La chiamava "la voce dei morti". Così ho fatto un tentativo. Gli ho chiesto di rivolgersi direttamente a voi, nella vostra lingua, e di dirvi qual era la sua volontà".
"Mio padre...non voleva nemmeno lasciare il suo villaggio...", constatò Agung con rammarico. "Sarò fatto come lui desidera. Sarà sepolto in un cimitero, dove potremo andarlo a trovare tutte le volte che vorremmo. Avrà il suo piccolo altare in casa nostra. E resterà sempre nei nostri cuori".
Così fu. E quando tutto fu compiuto, Rodolfo Lapidario vide la figura di Adi congiungere le mani al petto e salutarlo con un inchino, prima di sparire nella luce.
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Racconto proposto da
C.O.F. – Consorzio Onoranze Funebri Parmense
-Sede: Viale dei Mille, 108 Parma – Tel 0521.993366 / 290722 – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - http://www.cofonoranzefunebri.com -
Le sale del Commiato consentono ai familiari di vegliare i propri cari in un ambiente sicuro, intimo e confortevole.
Allestite con cura, semplicità, sobrietà e realizzate nel rispetto delle normative sanitarie e di legge, consentono ai parenti e amici di rendere l'estremo saluto al defunto in piena libertà e riservatezza.
Parma – Viale Villetta, 16 – Tel. 0521.960234
Monticelli Terme – Via Spadolini – Tel. 0521.659083
Collecchio – Via P.F. Carrega, 12/A- Tel. 0521.802435
Fornovo Taro – Via Solferino, 14 – Tel. 0525.39873
Felino – Via Roma, 6 – Tel. 0521.833143
Medesano – Via F. Santi, 14 – Tel. 0525.420695
Un Diamante è per sempre - Una nuova avventura di Rodolfo Lapidario -
Di Manuela Fiorini Parma 23 febbraio 2019 -
Rodolfo Lapidario gestiva da anni l'Agenzia di Onoranze Funebri lasciatogli in eredità dal padre.
"È una di quelle attività che difficilmente falliranno", soleva ripetergli il genitore. E quando questi era passato a miglior vita, era toccato proprio al figlio organizzare la cerimonia funebre. In quell'occasione, tuttavia, Rodolfo aveva scoperto una sua particolare facoltà, che gli sarebbe stata utile, negli anni a venire, per soddisfare la sua clientela.
Ogni volta che una folata gelida gli sferzava il viso, preannunciandogli l'arrivo di un nuovo cliente, la sua mente tornava a parecchi anni prima, quando, di fronte alle esequie del genitore, si domandava che cosa suo padre avrebbe preferito per l'estremo saluto. Era stato allora che aveva sentito, per la prima volta, quel brivido, poi suo padre era comparso di fianco a lui, decisamente più in salute di come se lo ricordava, con il suo cappello preferito e la sua pipa.
In quell'occasione, gli aveva rivelato come avrebbe voluto che fosse il suo funerale: non fiori gialli, "non li ho mai sopportati", gli disse, ma calle, rose, e tutto quello "facesse sangue", "perché il sangue è vita e io mica ne avrei voglia di essere morto". E poi suo padre gli aveva rivelato che avrebbe voluto essere sepolto a terra, con una bella aiuola di rose e fiori vivi. E guai a lui se, nel tempo, gli avesse portato quelli di plastica.
Eh, sì, il giorno della morte di suo padre, Rodolfo Lapidario aveva saputo di essere in grado di comunicare con le anime dei defunti. Di questa sua facoltà non aveva fatto parola con nessuno, e questo suo piccolo "segreto" gli consentiva di mediare tra i desideri di chi se ne era andato e le decisioni dei parenti, che non sempre combaciavano. E lui, nel tempo, aveva affinato le sue doti di negoziazione, perché, quando non erano soddisfatti, quelli che lui considerava i suoi veri "clienti", cioè i defunti, non lo lasciavano in pace e gli comparivano accanto a tutte le ore del giorno e della notte, rifiutandosi di "passare oltre" perché non avevano avuto il funerale che volevano.
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Quel giorno si fermò davanti alla sua agenzia una lussuosa berlina dai vetri scuri. Dal lato del guidatore scese un uomo di mezza età, che con sussiego si apprestò ad aprire la portiera del passeggero. Un'anziana donna con un vezzoso cappellino con una veletta nera, un paio di occhiali scuri e un abito elegante, anch'esso nero, gli diede il braccio. Insieme si avviarono piano verso l'ingresso.
Rodolfo Lapidario li fece accomodare.
"Il mio Tancredi è venuto a mancare...", singhiozzò la donna, che doveva viaggiare sulla novantina, ma era ancora lucidissima.
"Tenga, contessa...", l'autista le allungò un fazzoletto di seta con ricamate le iniziali.
Poi, una volta asciugatasi le lacrime, la vedova riprese il suo contegno e mostrò il suo carattere, un carattere di ferro.
"Mio marito ha il suo posto nella tomba di famiglia, naturalmente", esordì la contessa. "Ma io sono anziana, non ho la forza di andarlo a trovare fino al nostro castello, sono parecchie ore di macchina. Perciò, finché anche io non passerò a miglior vita, voglio tenere il mio Tancredi sempre con me...Poi, potremo riposare insieme".
"Se ha pensato alla cremazione, potrei spiegarle come funziona e mostrarle alcuni modelli di urne che potrà tenere accanto..."
"So come funziona la cremazione, signor...Lapidario. Ma per il mio Tancredi avevo in mente qualcosa di più...nobile".
Nello sguardo dell'anziana donna passò un lampo di malizia.
"Ha presente la vulcanizzazione? Voglio trasformare il mio Tancredi in un diamante, poi lo farò incastonare in un anello e lo porterò al dito. Quando anche io lascerò questo mondo, lascerò scritto nelle mie ultime volontà di essere sepolta con l'anello al dito. Così saremo insieme per sempre...Lo so che ancora non è una procedura molto praticata, ma, come avrà capito, non baderò a spese..."
Rodolfo Lapidario stava per ribattere, quando una folata di vento gelido lo colpì alle spalle...
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"La prego, non mi trasformi in un diamante! Non potrei sopportare l'idea di essere portato al dito da quella despota di mia moglie, nemmeno dopo morto. E la sua famiglia, poi! Ricchi e dispotici, sempre pronti a sottolineare che lei, nobile per nascita, aveva sposato un borghese senza arte né parte...".
Lapidario si bloccò e, con una scusa, invitò la contessa e il suo autista a ritornare dopo un paio di ore. Poi, chiuse la porta a chiave e si mise a disposizione del suo vero "cliente".
"Allora, Tancredi...mi dica un po' quali sarebbero le sue volontà per il commiato..."
L'uomo, che al momento della sua dipartita aveva 97 anni, aveva assunto dopo il trapasso l'aspetto che aveva attorno ai cinquanta, molto charmant, nonostante un preludio di stempiatura.
"Quando ho sposato Maria Rosa Alessandra Giovanna Daniela Antonietta Rispoli, dei Conti di Valsassola l'ho fatto per amore, mica per soldi...", e qui ebbe un attimo di tentennamento, "Lei poi era bellissima, non si lasci ingannare dalla vecchiaia..."
"Non lo faccio mai...", rispose laconico Lapidario.
"Però con il tempo, lei si dimostrò dispotica, tirannica, per tutta la vita mi ha trattato più come un domestico che come marito. Sono stato un cicisbeo sempre a sua disposizione, e a ogni mio tentativo di "ribellione", come lo chiamava lei, minacciava di diseredarmi, di non lasciarmi nulla, nel caso se ne fosse andata prima lei. Sarei rimasto solo, anziano e malato, gettato in mezzo a una strada, con i suoi parenti ansiosi di liberarsi di me per mettere le mani sull'eredità, compresi i nostri figli. Ho dovuto sopportare, per tutta la vita. Ma dopo la morte...anche no! Mi salvi, signor Lapidario, tutto, ma non trasformato in diamante e costretto a stare al dito di mia moglie!".
Rodolfo sospirò.
"Lei che cosa desidererebbe?"
"La libertà! Finalmente! Volare libero nel vento, nel mare...senza più costrizioni. Lo so che si tratterebbe solo delle mie spoglie mortali, ma io ci sono affezionato. Non ridotto...a un diamante, e nemmeno rinchiuso in quella tomba...della tomba di famiglia! Solo così potrei...andare avanti felice".
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Rodolfo Lapidario dovette faticare non poco per convincere la contessa che la vulcanizzazione non sarebbe stato quello che il suo Tancredi avrebbe voluto. A un certo punto, aveva anche avuto bisogno della sua collaborazione, uno sfarfallio della luce elettrica, per dare alla moglie un "segno" della sua volontà.
Il giorno in cui le ceneri di Tancredi Rosati, amatissimo marito dell'inconsolabile vedova Maria Rosa Alessandra Giovanna Daniela Antonietta Rispoli dei Conti di Valsassola, vennero disperse sulla montagna che egli aveva amato in vita, libere di volare, Rodolfo Lapidario, e lui solo, udì una risata liberatoria portata dal vento.
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Il testamento della ballerina - Una nuova avventura di Rodolfo Lapidario uscito dalla penna dii Manuela Fiorini.
Rodolfo Lapidario aveva appena tirato giù la saracinesca, ma aveva la sensazione che quella giornata sarebbe durata più del previsto. Da una trentina d'anni gestiva l'Agenzia di Onoranze Funebri che aveva ereditato dal padre, ma, con il tempo, l'aveva ampliata e arricchita con sale dedicate al commiato e una cappella per le funzioni religiose. Si teneva sempre aggiornato sulle ultime novità che arrivavano dagli Stati Uniti per soddisfare le richieste dei clienti più esigenti. Sì, perché i suoi erano molto, molto esigenti. Rodolfo Lapidario, infatti, aveva un segreto. Fin da quando aveva ereditato l'attività paterna, aveva scoperto di poter parlare con le anime dei defunti. E proprio con loro aveva a che fare, quando si trattava di dare alle loro spoglie mortali l'ultimo saluto. Prima di "passare oltre" – oltre dove, non lo sapeva e nessuno era mai tornato indietro per svelarglielo – volevano essere sicuri che ciò che rimaneva del loro passaggio sulla Terra fosse trattato nel migliore dei modi e secondo la loro volontà. Che spesso non coincideva con quella dei parenti. A lui toccava, quindi, di fare da mediatore, stando sempre ben attento a non svelare troppo di questo suo "dono".
Stava passeggiando tra i locali per verificare che tutte le luci fossero spente, che l'aria condizionata fosse regolata alla giusta temperatura, che nelle sale del commiato tutto fosse in ordine quando, all'interno di una di esse, vide danzare una fiammella. Se ne stava lì, a mezz'aria. A un tratto, percepì la consueta sferzata di aria gelida, che gli annunciava la visita di un ospite. Si guardò intorno e, a un tratto, la vide. Era alta, di un'eleganza felina. Le gambe lunghe, avvolte da un fasciante abito nero e lungo con uno spacco vertiginoso. Si voltò lentamente, scuotendo i vaporosi capelli neri che le arrivavano fino alle scapole.
"Buonasera, signor Lapidario
"Buonasera a lei. Ci conosciamo?"
"Certo. Sono Corinna, Corinna Roveri".
Lapidario deglutì. Non aveva mai visto una versione così affascinante e sensuale della signora Roveri, la novantenne di cui, da lì a due giorni, avrebbe dovuto preparare il funerale.
"Posso vedere il mio "vestito?", disse lei, compiaciuta dallo sguardo di lui su di sé.
"Certo, le faccio strada".
La donna camminava leggera, precedendolo di qualche passo. Arrivarono nella saletta del commiato dove le spoglie mortali della Roveri erano state preparate per il suo ultimo viaggio. Lapidario rabbrividì a causa dell'aria condizionata. Corinna lanciò una rapida occhiata.
"Chi ha scelto quell'abito? Mi fa sembrare più grassa. E il trucco? Mi invecchia!".
"Se le fa piacere, dirò alla mia assistente di cambiare il make up...".
"Sa che le dico? In fondo, non mi interessa. È solo un vecchio vestito, giusto?"
"Il suo ha circa 90 anni, un bel modello vintage..."
Corinna si coprì la bocca carnosa e sensuale con una mano bianca e affusolata.
"Allora, sarò sincera, non mi piace quello straccetto dimesso, preferisco indossare quello da sera rosso. Mi fa sembrare meno pallida. E dica a alla sua assistente di esagerare con il rossetto".
La donna, che aveva scelto di assumere l'eternità l'aspetto che aveva attorno ai 30 anni, girò attorno alla versione di sé dell'ultima parte della sua vita e fece un'espressione amareggiata.
"Ho saputo che i miei nipoti hanno scelto una cerimonia semplice, senza clamori...Sa che le dico? Che dovremo ritardare il mio ultimo saluto, perché io merito di meglio. Sono stata una stella del cabaret in gioventù. Ho ballato anche al Moulin Rouge a Parigi. Mi chiamavano "l'Italiénne", sapesse come ero ammirata..."
Rodolfo Lapidario sospirò. Avrebbe dovuto rifare tutto daccapo. E trovare un modo per raccontarlo ai nipoti della signora Roveri.
"Quelli sono ansiosi di mettere le mani sull'eredità, dal momento che non mi sono mai sposata e non ho avuto figli. Ma io conosco a malapena i loro nomi, sa? Non sono mai venuti a trovarmi, nemmeno gli auguri a Natale mi facevano. Anzi, pronunciavano sottovoce il mio nome, perché io ero "la ballerina", quella che dava scandalo. Ho un bel regalo per loro. Il mio ultimo regalo".
"Come vorrebbe che fosse il suo addio a questa Terra, dunque?".
"Una grande festa! Con musica allegra, danze, roba buona da mangiare...senza badare a spese".
La sensuale figura aleggiava leggera nel corridoio deserto.
"Voglio anche una carrozza e...voglio che siano invitate tutte le persone sulla lista..."
"Quale lista?"
"Quella che ho lasciato al mio assistente Maurice, lui è l'unico che mi è rimasto fedele per tutta la vita, che mi ha amata in maniera discreta e costante. Insieme alla lista, c'è il mio ultimo testamento olografo, le mie ultime volontà, scritte di mio pugno...L'ultimo testamento è quello che vale, signor Lapidario...E spazza via tutti gli altri. Quegli avidi dei miei nipoti stanno litigando su chi ha l'ultima versione, sa?".
Rodolfo Lapidario dovette giurare che avrebbe contattato il segretario Maurice. Corinna Roveri minacciò di perseguitarlo fino alla fine dei suoi giorni se non avesse adempiuto alle sue ultime volontà.
"E, un'ultima cosa...dica a Maurice che anche io l'ho sempre amato. È stato l'unico uomo della mia vita, sebbene mi si attribuiscano innumerevoli e fantasiose relazioni...Nel mio cuore c'è stato e ci sarà solo lui".
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Le spoglie mortali di Corinna Roveri, 90 anni, si congedarono da questo mondo come lei desiderava: ebbe la sua festa con la musica allegra, gli invitati sulla lista, un buffet di delicatessen. A Rodolfo Lapidario parve che l'unico a essere davvero dispiaciuto per la fine della sua vita terrena fosse Maurice, nonostante l'incredibile fortuna che gli era capitata. Lo stesso Lapidario gli aveva svelato, portandogli l'ambasciata di Corinna, dove si trovava l'ultimo testamento della ballerina, quello in cui scriveva le sue volontà: tutti i suoi averi, guadagnati durante gli anni della sua scintillante carriera e fatti fruttare attraverso investimenti e acquisto di immobili, sarebbero andati all'unico uomo che le era stato accanto, amandola incondizionatamente, Maurice. I nipoti non erano nemmeno menzionati. Rodolfo Lapidario, che seguiva la bizzarra cerimonia, non poté non notare un gesto dell'inconsolabile compagno di vita di Corinna. A un tratto Maurice trasalì, si portò una mano sulla spalla, poi scosse la testa e sorrise. Alle sue spalle, con una mano diafana, una splendida donna sulla trentina, con un elegante abito nero, gli stava accarezzando una spalla.
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