Martedì, 14 Febbraio 2023 06:26

Cosentino: “Studio colleghi ISS aggiorna evidenze e correlazione tra somministrazione vaccini e insorgenza malattie cardiache” In evidenza

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Quello che ormai sta emergendo e di cui non possiamo più far finta di nulla è l’immensa situazione negativa dovuta all’innalzamento dei dati che provengono giornalmente dalle persone che riscontrano effetti avversi dopo essere state vaccinate e che purtroppo in tanti casi, diventano decedute.

Di Andrea Caldart Cagliari, 12 febbraio 2023 (Quotidianoweb.it) - Abbiamo rivolto alcune domande al Prof. Marco Cosentino Farmacologo professore presso l’Università dell’Insubria per avere un autorevole parere circa la revisione della letteratura realizzata dai tre ricercatori italiani dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che ha documentato il legame tra vaccini COVID-19 a RNA e il rischio consistente di malattie cardiache e autoimmuni, specialmente nella popolazione sana.

Il Prof. Cosentino ha specifica esperienza nel campo della fisiopatologia e della farmacoterapia delle malattie immuno-infiammatorie e degenerative, e nel corso degli ultimi due anni ha pubblicato vari studi sugli aspetti farmaco-tossicologici molecolari e clinici dei vaccini COVID-19.

Professore partiamo da questo, bisogna rivedere il rapporto tra rischi e benefici derivanti dai sieri genici e ad affermarlo questa volta sono gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità, Loredana Frasca, Giuseppe Ocone e Raffaela Palazzo che nei giorni scorsi hanno pubblicato un articolo sulla rivista “Pathogens” dal titolo: “Sicurezza dei vaccini Covid 19 in pazienti con malattie autoimmuni problemi cardiaci e nella popolazione sana”, praticamente portando alla luce una verità scomoda, tanto da far infuriare i dirigenti de ISS.

La revisione della letteratura realizzata da Loredana Frasca e dai suoi colleghi ha selezionato oltre duecento riferimenti bibliografici per fornire un quadro recente e aggiornato delle evidenze disponibili riguardo alla correlazione tra somministrazione di vaccini COVID-19 a RNA e insorgenza di malattie cardiache e autoimmuni. Un merito ulteriore dello studio è di aver descritto i possibili meccanismi cellulari e molecolari coinvolti nel danno dei tessuti e degli organi interessati. Identificare i meccanismi implicati nei danni post-vaccini COVID-19 ha straordinaria importanza per molteplici motivi: in primo luogo consente di superare il piano meramente epidemiologico-statistico nella discussione sulla correlazione tra questi prodotti e gli eventi avverso che si verificano in coloro che li ricevono. Identificare meccanismi e bersagli della tossicità di questi farmaci permette inoltre in linea di principio di selezionare preventivamente le persone a maggior rischio di effetti avversi, idealmente sottraendole a un rischio eccessivamente probabile. Infine, ma non certo per importanza, conoscere i meccanismi consente lo sviluppo di terapie farmacologiche e non farmacologiche mirate e selezionate su una base razionale, e chi ha sofferto un danno talora anche grave sa quanto questo sia oggi importante e urgente. Le conclusioni degli autori sono peraltro molto ragionevoli, equilibrate e condivisibili, specie dove sollecitano riflessioni e rivalutazioni del rapporto tra benefici e rischi alla luce da un lato di una frequenza di effetti avversi molto maggiore di quanto originariamente sostenuto dai primi studi e dall’altro dell’altrettanto obiettiva riduzione di un’efficacia già non eccezionale con il diffondersi di nuove varianti virali. Mi pare il minimo.

D. Lei Professore poco più di anno fa già dichiarava che: "questi vaccini sono 'leaky', cioè imperfetti”, ma allora qual è stato il corto circuito che invece ha visto imporre nella narrativa quotidiana che la vaccinazione era l’unica arma necessaria per sconfiggere il virus, se già si poteva prospettare il falso scientifico?

R. Sì, che questi vaccini fossero ampiamente “imperfetti” ce lo dicevamo fin dia primi mesi del 2021, di fronte all’evidenza che non erano in grado di bloccare il contagio e tanto meno la circolazione del virus. E questo è sempre stato chiaro e inequivocabile. Per dire dunque che a mio modo di vedere non si può parlare di falso scientifico, nel senso che non c’è mai stato uno studio – vero o falso che fosse – che ha inteso sostenere la capacità “sterilizzante” di questi vaccini. Anche a prendere per buone le statistiche ufficiali dell’ISS, il contagio dopo vaccino è stato la regola più che l’eccezione, fenomeno ampiamente confermato dalla letteratura scientifica internazionale. E altrettanto la contagiosità dei vaccinati è comprovata da studi alquanto concordi nelle evidenze proposte. Io stesso ho presentato, insieme a vari altri autorevoli colleghi, una selezione di queste evidenze a più riprese in audizioni pubbliche in Parlamento, dove sono a tutt’oggi agli atti. Tutto questo per dire che il “falso” se mai è stato tutto di natura politica, nel senso che la premessa per gli obblighi vaccinali – diretti o indiretti che fossero – dichiaratamente fondata sull’utilità di questi prodotti “al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza”, ovvero sul falso assunto che questi vaccini fossero in grado di ridurre il rischio di contagiarsi e di contagiare altri in misura rilevante per la collettività. I numeri dicono altro, o – meglio – sono talmente esigui (possiamo ad esempio dirci che in media la riduzione del rischio di contagiare altri è in media del 50% circa e dura poche settimane) da prestarsi a interpretazioni soggettive. Da qui la natura della scelta del legislatore squisitamente politica e non certo medica e tanto meno scientifica.

D. Come esperto della materia, possiamo pensare che vi sia stata una manipolazione genica di questi “vaccini”?

Non sono certo di cogliere il senso della domanda. Questi prodotti originano da piattaforme biotecnologiche sviluppate primariamente per la terapia genica, ovvero per la somministrazione di geni umani, dunque non estranei all’organismo. E già questo non è trascurabile: inserirvi un gene virale significa esporsi al rischio di introdurre nell’organismo il codice per una proteina estranea, e se questa proteina è prodotta – come accade – dai nostri tessuti, è inevitabile che questi ultimi vengano aggrediti dal sistema immunitario. E qui ci ricolleghiamo al tema delle malattie autoimmuni. Poi, va detto che il gene della proteina virale, la cosiddetta Spike, è a sua volta modificato per renderlo più stabile e consentirgli di esprimersi nell’organismo più a lungo. Quanto più a lungo? E dove si esprime? Nemmeno gli inventori di questi prodotti lo sanno. O, se lo sanno, fino ad ora non ce lo hanno raccontato. Il che potrebbe essere secondario, non fosse che il gene codifica per una proteina, la Spike, che è anche la principale tossina che il virus SARS-CoV-2 utilizza per aggredire i tessuti provocando danno, reazioni infiammatorie, trombosi morte cellulare e tanti altri fenomeni molti dei quali attendono ancora di essere descritti in dettaglio. E abbiamo vari motivi concreti per pensare che questa sia una delle ragioni principali se non “la” principale per cui questi vaccini causano tanti problemi. Insomma, questi sono prodotti allestiti in fretta e furia in tempi di emergenza globale, vera o presunta che fosse, e forse è anche stato un bene che a un certo punto si siano resi disponibili. Ma oggi pare inevitabile rivalutare con obiettività e senza pregiudizi di alcun genere tutti i limiti e le zone d’ombra che – sotto la pressione emergenziale – abbiamo ai tempi ignorato e ridefinire in maniera razionale, rigorosa e oggettiva i loro rischi, anche alla luce dei limiti di efficacia. In ogni caso, se da un lato avere tempestivamente dei vaccini è stato obiettivamente una buona cosa, dall’altro non ci sono mai stati i presupposti per un obbligo oltre tutto imposto con gli strumenti e le metodologie adottati nel nostro paese. Queste è chiaro a chiunque con buona pace di qualsiasi più o meno autorevole pronunciamento. E questa sì, è una valutazione fondata su una lettura credo equilibrata e ragionevole delle evidenze scientifiche. Che, come tutte le letture, può essere discussa. Ma appunto per questo motivo esclude a priori qualsiasi posizione drastica ed estrema, quale è appunto un obbligo di legge.

D. Le cure che un medico deve prestare secondo il codice deontologico sono quelle di agire in scienza e coscienza, soprattutto quando si accorge che i protocolli sono sbagliati come “tachipirina e vigile attesa”, ma allora cos’è che è andato in crisi come evidenza scientifica per molti medici, ma fortunatamente non per tutti?

R Questione complessa e ancora largamente da approfondire, credo con strumenti non soltanto propri della medicina clinica bensì anche delle scienze politiche, sociali, psicologiche e forse anche antropologiche. Credo che da un lato abbiamo constatato alcuni drammatici limiti dovuti allo smantellamento e al degrado del servizio sanitario pubblico, che – sotto stress – è andato in larga parte “in tilt”. Esperti di organizzazione sanitaria hanno sostenuto che con le strutture e il personale di vent’anni prima non ci sarebbe stata alcuna emergenza. Io non ho le conoscenze e gli strumenti per verificare un’affermazione del genere, che tuttavia non mi pare inverosimile. Poi, venendo alla questione più farmaco-terapeutiche, l’autonomia del medico che “in scienza e coscienza” opta per le cure nel miglior interesse del paziente indipendentemente da qualsiasi altra considerazione rimane il punto di riferimento di qualsiasi ragionamento. Ma nemmeno possiamo dimenticarci che uno dei temi più scottanti degli anni pre-covid era proprio la “medicina difensiva” conseguente al vertiginoso aumentare dei contenziosi di natura legale da parte di vittime di negligenza o “malasanità” vera o presunta. Non per nulla fu approvata la Legge 24/2017 che tra l’altro attenua la punibilità del medico ove quest’ultimo possa dimostrare di essersi attenuto a linee guida e protocolli. Nel 2020, all’esordio della crisi, accaddero peraltro anche molte vicende singolari e ancora in gran parte da decifrare: ad esempio la circolare ministeriale che rese difficile svolgere le autopsie oppure l’ordinanza AIFA che vietò “a prescindere” l’impiego di idrossiclorochina. Quest’ultima ordinanza fu annullata dal Consiglio di Stato cinque mesi dopo, com’era ovvio che accadesse. Ma nel frattempo – volontariamente o meno – un segnale “forte” era stato dato. Il che non ha impedito a tanti medici di continuare a svolgere la propria opera. Mi piace ricordare lo studio realizzato nell’ambito della rete collaborativa volontaria di IppocrateOrg, oggi pubblicato su una rivista internazionale indicizzata, che ha documentato l’esperienza di cura di quasi quattrocento persone con covid durante la seconda ondata nell’inverno 20/21.Tanti malati, in condizioni anche gravi, un solo decesso e guarigioni raggiunte anche e soprattutto in persone anziane e fragili a testimonianza non dell’efficacia specifica di un determinato farmaco bensì della necessità che il medico non smetta mai di “prendersi cura” con l’armamentario di medicinali e provvedimenti a sua disposizione, senza alcun ostacolo e limite che non siano quelli dettati dall’evidenza scientifica e dalla deontologia professionale. E che lo faccia in maniera puntuale e tempestiva.

D. In un mondo normale la gente si confronta in un dibattito plurimo e non ascolta solo un’unica voce generalista, secondo Lei, oggi come oggi, per far capire la gravità dei danni che sono fisicamente visibili purtroppo in molte persone vaccinate, cosa si può fare per aprire alla massa la comprensione di ciò che è accaduto affinché non ci ritroviamo un domani in un’altra situazione come questa?

R. Tante persone stanno facendo moltissimo. Penso alle associazioni dei danneggiati, a tanti medici e ricercatori, a tanti avvocati e giuristi, a un’infinità di cittadini che sentono il bisogno di dare il loro contributo di impegno civico e solidale. E questo è straordinario. Ma se mi chiede se questo possa bastare perché vicende del genere non si ripetano più, davvero non so cosa risponderle. D’altra parte, come recita un vecchio adagio, “fai quel che devi e accada quel che può”.

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