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L'identità dei Numeri: sguardo sulla povertà reggiana. Dagli avvocati di strada alla Caritas.

Reggio Emilia 21 agosto 2014 --
Piazza Prampolini numero 1, Reggio Emilia: un elegante salottino rettangolare con un pavimento di ciottoli, sul quale sono state adagiate poltrone di vimini e tavolini in vetro da un noto bar del centro; il Municipio con la sua semplice bellezza; la chiesa del Duomo di Reggio con la sua Madonnina in oro giallo in cima alla cupola che veglia sui passanti. Una fontana, qualche piccione, una banca.
Almeno nella teoria è questa la "casa" a cielo aperto in cui abitano i senzatetto di Reggio, ai quali l'associazione Avvocati di strada Onlus ha conferito, in accordo con l'Anagrafe, il diritto di avere registrata sulla Carta d'identità una via seppur fittizia in cui risiedere.
Come abbiamo visto nei pezzi precedenti di questo focus sulla povertà a Reggio Emilia, l'ottenimento della residenza comporta l'accesso automatico a una serie di servizi correlati come la possibilità di avere un medico di base, quella di iscriversi alle agenzie interinali, l'accesso al voto, quello al gratuito patrocinio e così via.
Nello scrivere questo quarto pezzo della nostra inchiesta sulla povertà e l'immigrazione a Reggio ci siamo però chiesti dove risiedano davvero gli homeless della nostra città, dove trascorrano la notte, chi siano, come vivano, da chi sono aiutati.
A fornirci un quadro approfondito al riguardo dall'alto della sua prospettiva "privilegiata" è stato Alberto Pighini, operatore del Centro per l'ascolto delle povertà della Caritas reggiana.

RE Caritas operatore Centro ascolto Alberto Pighini

L'AIUTO DELLA CARITAS AI POVERI. "Negli anni - spiega Pighini - il Centro ascolto Caritas, quello centrale in via Adua, come la quarantina di sedi periferiche distribuite su tutta la Diocesi, è diventata un punto di riferimento per tutti coloro che hanno bisogno di aiuto: un pasto in mensa, un indumento, un posto letto, una visita gratuita in ambulatorio, un consiglio. Ogni realtà vede la sua peculiarità e incontra le sue etnie. Se nella Bassa ci sono tanti indiani, sulla montagne abbiamo una corposa presenza di albanesi. Noi della sede centrale spesso abbiamo a che fare con stranieri provenienti dal Maghreb, soprattutto clandestini di passaggio che arrivano dalla stazione qui a fianco", afferma.
"La Caritas - prosegue l'operatore - non ha filtri in entrata: noi accogliamo chiunque. Apriamo lo sportello tutti i giorni e chi vuole entrare in quanto bisognoso, può farlo. Certo, facciamo quel che la legge italiana ci consente di fare: mentre per gli irregolari garantiamo la tutela della persona, offrendo i servizi di prima necessità, per gli Italiani e per coloro che sono in possesso del permesso di soggiorno cerchiamo di intraprendere assieme dei percorsi volti alla riqualificazione della loro vita e ci attiviamo per aiutare queste persone a trovare un lavoro. Tuttavia, la logica che sta dietro al Centro ascolto è un'ottica progettuale: noi offriamo loro servizi a tempo e iniziamo, in collaborazione con i Servizi Sociali, un progetto per aiutarle a migliorare la loro vita; poi però verifichiamo se in quei due o tre mesi in cui anno usufruito della nostra mensa o del dormitorio, anche dall'altra parte viene dimostrata la volontà di andare avanti e di migliorare. Talvolta si arriva a fare percorsi davvero belli con qualcuno con il quale si riesce a lavorare ad esempio sul tema dell'alcool o sul riavvicinamento alla sua famiglia. Per noi i servizi offerti sono soprattutto funzionali a creare degli agganci: tu vieni per la mensa io cerco di conoscerti, di aiutarti, di instaurare con te una relazione di fiducia. Creare questo tipo di rapporto però non è facile.
Vi faccio un esempio: molti senzatetto a Reggio trascorrono la notte nei capannoni dismessi alle Ex Reggiane, in case abbandonate, sulle panchine della zona stazione. Alcuni li conosciamo, don Davide Poletti a volte fa il giro della stazione per vedere quanti sono i senza fissa dimora che dormono lì. Noi proviamo a rintracciarli per offrire loro almeno un dormitorio. Ma esiste una buona fetta di queste persone per le quali il nostro dormitorio, in cui abbiamo stabilito semplici regole di comune convivenza, come il coprifuoco alle 22.30 o il fatto di non poter rientrare ubriachi, non è appetibile.
Basti pensare che il nostro alloggio che tiene 12 letti oggi è semi vuoto. Certo, molti fanno domanda in inverno, ma c'è anche chi, con l'arrivo del freddo, viene da noi a chiedere solo i sacchi a pelo per poter continuare a stare nel giaciglio di fortuna che si è creato in qualche casa diroccata con qualche amico fidato, nessuna regola da rispettare e una totale autonomia. Tra loro ci sono persone che hanno dei problemi mentali di un certo tipo che non li portano a sentire la spinta di riqualificare la propria vita.
Al contrario, si rivolgono a noi persone che sono state sfrattate da casa poiché non riescono a pagare l'affitto, perché sono vittime di dipendenze, o perché stanno divorziando e hanno figli a cui devono passare gli alimenti e non riescono a rientrare nelle spese. La loro quindi non è più solo una richiesta di un posto letto. Quello che facciamo è farci carico dei loro problemi che hanno portato a quello sfratto", spiega l'operatore.

DATI SENZATETTO. Ma che si rivolgano o meno alla Caritas, resta comunque alto il numero di persone senza un tetto: 399. Dato in crescita rispetto al 2012. Coloro che sempre nel 2013 hanno dichiarato di avere un alloggio erano 1049, tra questi vi è una grossa fetta di persone che pur avendo un tetto sotto cui riparasi si trovano in una condizione di assoluta precarietà, tra affitti in nero e luoghi non igienicamente adeguati ad ospitare persone.

DATI GENERALI. Diamo ora uno sguardo più generale sulla povertà. Secondo il report presentato annualmente dalla Caritas diocesana, le persone che nel 2013 si sono rivolte al Centro ascolto in via Adua, sono state complessivamente circa 1500. Tra questi il 67% sono uomini adulti tra i 25 e i 64 anni, anche se sono saliti rispetto al 2012 gli indigenti più giovani, quelli dai 19 ai 24 anni.

DATI STRANIERI. Un dato che invece non stupisce è che tra le 1500 persone incontrare al Centro ascolto Caritas l' 88% sono stranieri che provengono da ben 67 Paesi differenti, contro i 55 del 2011, segno che oggi sono aumentati i canali di afflusso per entrare in Italia.
Tuttavia due sono le principali aree del mondo da cui proviene la stragrande maggioranza di immigrati: l'area dell'Africa mediterranea e quella dell'Est Europa (Ucraina, Georgia, Romania, Moldavia). Tre le 1200 persone straniere incontrate, 538, pari al 44%, possiedono il permesso di soggiorno con un aumento di 3 punti percentuali rispetto al 2012, scendono invece i clandestini che passano da 426 a 369.

GLI ITALIANI POVERI. E gli italiani? "Gli italiani fanno più fatica a rivolgersi a noi, forse per orgoglio, forse per vergogna. L'italiano poi può contare anche su altre risorse, come l'appoggio di parenti o di altre strutture. Questo però non significa che non esista anche una grossa povertà tra chi è nato in Italia, soprattutto dopo la crisi economica.
Dai dati della Caritas si evince anche l'esistenza di una forte migrazione interna al territorio nazionale, infatti solo il 30 % delle persone conosciute è originaria di Reggio Emilia, mentre nella restante parte dei casi ci sono persone provenienti da altre parti dello Stivale come Napoli, Palermo, Crotone Salerno.

LAVORO. E se si parla di povertà ovviamente non si può non considerare la sua causa primaria: l'assenza di lavoro per tante troppe persone, immigrate sì, ma anche italiane.
Nel corso del 2013 infatti sono aumentati i disoccupati, arrivando a 927, pari all' 84% delle persone ascoltate, segno che finiti gli ammortizzatori sociali molte famiglie si sono rivolte alla Caritas per cercare di sbarcare il lunario.
Fra le persone incontrate 88 sono quelle occupate che nonostante tutto non riescono a soddisfare le proprie esigenze.
Un dato da sottolineare è quello dei 17 (tra le 1500 persone ascoltare) studenti stranieri che studiano all'università di Modena-Reggio, che si sono rivolti alla Caritas, nonostante avessero avuto accesso alle agevolazioni universitarie previste per le fasce di reddito basse.

Ma come ha cambiato la crisi economica la povertà?
"Dopo la crisi sono nate nuove sottocategorie di persone indigenti - spiega Pighini - vi faccio qualche esempio: ci sono quelli che abbiamo chiamato i 'Poveri di ritorno': si tratta di persone arrivate in Italia 10 anni fa che anche grazie al nostro supporto si sono sistemate, hanno un lavoro e una casa ma con l'arrivo della crisi hanno perso tutto nuovamente e si sono rivolti a noi per un secondo percorso di assistenza.
I 'Quasi poveri' sono quelle persone, soprattutto italiane, con le quali non avevamo quasi mai avuto a che fare, se non per dare loro un cesto alimentare giusto per arrotondare e che con la crisi hanno visto abbattuto il loro equilibrio già precario.
I 'Nuovi poveri' invece coloro che da benestanti si sono ritrovati poveri, perché hanno perso il lavoro.
Infine ci sono coloro che sono 'Usurati dai meccanismi finanziari', quelli cioè che hanno accumulato ingenti debiti spesso per ignoranza della materia economica spicciola e quindi non riescono a uscire da un circolo vizioso", conclude.

Giulia Rossi

Una proposta differente per la festa degli innamorati, in arrivo. Una lettera d'amore alla propria città, una prova di civismo in tempo di crisi

Modena, 11 febbraio 2014

Nessun innamorato scriverebbe mai alla propria fidanzata delle lettere d'amore banali, affrettate, piene di contraddizioni e soprattutto false. Se spinto dalla passione, dedicherebbe alla propria amata frasi che trasmettono entusiasmo, racconti di attimi importanti della propria giornata e soprattutto parole vere. Nella pubblicazione del Centro culturale Francesco Luigi Ferrari "Cara amica ti scrivo. Lettere d'amore alla città" sono state raccolte le testimonianze di politici, amministratori, volontari, studenti, insegnanti, liberi professionisti, dipendenti pubblici e cooperatori.

«Con questo progetto – ha spiegato Gianpietro Cavazza, presidente del Centro culturale F.L. Ferrari – abbiamo voluto rendere pubblico un sentimento privato come quello dell'amore. Ognuno leggendo questo Quaderno può farsi un'idea di quanto hanno raccontato esponenti politici modenesi ma anche imprenditori e rappresentati delle associazioni, del sindacato e del volontariato del nostro territorio modenese. Stiamo registrando un decadimento della città e una minore fiducia nelle istituzioni e nei partiti. Sempre più spesso in pubblico vengono dette delle cose (dei proclami) ma i sentimenti veri vengono tenuti nascosti, e lo dimostra l'attuale inefficacia della politica e dell'economia, a livello nazionale così come a livello locale».

Alle persone coinvolte nel progetto è stato chiesto che cosa vuol dire amare la città? Qual è il gesto d'amore più importante verso la città di cui sono stati testimoni? Cosa ostacola oggi la possibilità di amare la città? Cosa sarebbero disposti a fare o stanno facendo come gesto di amore per la loro città? Gli è stato chiesto di scrivere una lettera, non un messaggio pubblicitario e nemmeno un proclama elettorale.

«Le lettere che abbiamo raccolto – continua Cavazza – sono dei "segnali stradali" per non farsi ingannare da un sistema di comunicazione pubblico che vive di fatto sull'ambiguità del messaggio che si vuole trasmettere. Questo succede sia per i candidati politici, sia per i responsabili delle associazioni che per il mondo imprenditoriale e del volontariato. Scoprire le loro "passioni" è un modo per capire quanto si sono già spesi e riusciranno a spendersi per il bene della città ».

Hanno risposto all'appello del Centro Ferrari: solo la metà degli amministratori politici; solo un sindacato su tre; nessun professionista "di grido" contattato in quanto "eccellenza" modenese; due soli rappresentanti di studenti (su un totale di una trentina di richieste); due dirigenti scolastici (su 26 richieste); due rappresentanti di categorie del lavoro (su 14 sigle); due rappresentanti di enti culturali (su 17 invii); nessun rappresentante di associazioni di stranieri; solo un esponente (su sei) dell'associazionismo giovanile.

«Da questo emerge un punto di forza e uno di debolezza paradossalmente connessi – ha spiegato Riccardo Prandini, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi dell'Università di Bologna. Il punto di forza è la tradizione civica che si riproduce ancora e che integra fortemente la città. Il punto di debolezza è che alla riproduzione di questa tradizione civica non riescono o non vogliono contribuire il mondo dei più giovani, il mondo degli immigrati e il mondo dell'economia».
La pubblicazione verrà consegnata nel corso di un convegno pubblico "Cara amica ti scrivo" che si terrà giovedì 13 febbraio 2014 alle ore 21 a Palazzo Europa (via Emilia Ovest, 101 – Modena). Oltre agli estensori delle lettere saranno presenti Stefano Cisco Bellotti, ex cantante dei Modena City Rambles, e Riccardo Prandini, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi dell'Università di Bologna.

GLI AUTORI DELLE LETTERE

William Ballotta, segretario provinciale della Cisl di Modena

Luca Barbari, avvocato presso uno studio legale di Modena

Meris Bellei, direttrice delle Biblioteche Comune di Modena

Gerardo Bisaccia, referente dell'Associazione Libera Modena

Giuseppe Boschini, assessore alle Politiche fi nanziarie e attuazione del programma del Comune di Modena

Marika Bronzato Davolio, presidente provinciale del CIF

Daria Denti, sindaco di Vignola

Gaetano De Vinco, presidente di Confcooperative Modena

Albano Dugoni, portavoce del Forum Terzo Settore di Modena

Stefano Gobbi, presidente del Centro Sportivo Italiano di Modena

Andrea Landi, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

Flavio Lodi, Private Banker

Francesca Maletti, assessore alle Politiche sociali, sanitarie e abitative del Comune di Modena

Chiara Martinelli, studentessa del Liceo "A. Tassoni" di Modena

CIF Centro Italiano Femminile di Modena (le socie)

Giovanna Morini e Paolo Davoli, Preside dell'Istituto d'Arte Venturi di Modena e Preside dell'Istituto Selmi di Modena

Maddalena Notardonato, studentessa dell'Istituto d'Arte Venturi

Dino Piacentini, presidente di APMI-Confi mi Modena

Giorgio Pighi, sindaco del Comune di Modena

Laura Piretti, presidente dell'associazione UDI di Modena

Fabio Poggi, assessore alle Politiche giovanili del Comune di Modena

Vittorio Reggiani, presidente della Cooperativa Oltremare

Matteo Richetti, Deputato eletto nella circoscrizione XI Emilia-Romagna

Chiara Rubbiani, direttrice del Centro Servizi per il Volontariato di Modena

Emilio Sabattini, presidente della Provincia di Modena

Paolo Seghedoni, presidente dell'Azione Cattolica della diocesi di Modena

Kristina Starschinski, ex volontaria europea e studentessa presso la facoltà di Lettere e filosofi a dell'Università di Modena

Davide Torrini, segretario provinciale dell'UDC

Andrea Trenti, studente presso la facoltà di Ingegneria civile e ambientale dell'Università di Modena

UDI Unione Donne in Italia di Modena (Serena Ballista, Rosanna Galli, Judith Pinnock e Laura Piretti)

(Fonte: ufficio stampa centro culturale Francesco Luigi Ferrari)
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