Domenica, 02 Novembre 2025 10:54

Il "Leviatano Sanitario" Veneto: Centralizzazione, Eterogoverno e Crisi della Responsabilità Pubblica nel Sistema Delle Aziende ULSS In evidenza

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Il sistema sanitario regionale del Veneto costituisce oggi un paradigma di come la tensione tra autonomia e accentramento possa risolversi in un esito di segno contrario alla logica costituzionale.

Di Daniele Trabucco Belluno, 2 novembre 2025 - La normativa di riferimento, tanto nazionale quanto regionale, mostra una stratificazione che, lungi dall’assicurare equilibrio e responsabilità, ha generato un modello tecnocratico impermeabile ai principi di sussidiarietà e di responsabilità democratica. La creazione di Azienda Zero, con la legge regionale 25 ottobre 2016, n. 19, e la contestuale riduzione numerica e funzionale delle Aziende ULSS, hanno, infatti, trasformato la sanità veneta da sistema pluralistico e coordinato in un apparato gerarchizzato, governato in modo diretto dall’esecutivo regionale attraverso un ente accentrante privo di adeguati contrappesi. L’impianto costituzionale, delineato dagli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione, individua nella Regione un soggetto autonomo di indirizzo e di programmazione, ma non di gestione diretta dei servizi. Il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni (in particolare il d.lgs. n. 517/1993 e il d.lgs. n. 229/1999) definisce un modello di sanità pubblica fondato su tre pilastri: la separazione tra funzioni di indirizzo politico e attività gestionale; la responsabilità diretta delle Aziende sanitarie locali; il principio di sussidiarietà verticale, che affida alle Regioni il compito di coordinare, non di sostituirsi.

Il Veneto, invece, con la legge regionale 14 settembre 1994, n. 55 (ordinamento delle aziende ULSS) e la legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 (norme in materia di programmazione e di bilancio del servizio sanitario regionale), aveva inizialmente recepito il modello nazionale in modo coerente, distinguendo il livello regionale di programmazione da quello locale di gestione, in una logica di equilibrio tra uniformità dei livelli essenziali di assistenza e autonomia dei territori. La svolta del 2016 (Giunta Zaia), con la legge regionale n. 19, segna una frattura profonda. L’art. 2 della legge istituisce Azienda Zero come ente pubblico dotato di personalità giuridica e autonomia imprenditoriale con competenze ampie e trasversali: gestione del personale, contabilità e bilancio consolidato, pianificazione informatica, logistica, acquisti, vigilanza tecnica, supporto giuridico e contabile. La concentrazione di tali poteri in un unico organismo, nominato e controllato dalla Giunta regionale, travalica la funzione di coordinamento e si traduce in una sostanziale gestione accentrata dell’intero sistema sanitario regionale.

Si prevede, inoltre, che il Direttore generale di Azienda Zero sia nominato dalla Giunta (art. 5), rafforzando ulteriormente il circuito di dipendenza verticale. Il regolamento regionale 15 giugno 2018, n. 1, recante la "Disciplina della vigilanza e del controllo su Azienda Zero", completa il quadro accentrativo. Esso stabilisce che la vigilanza sull’ente sia esercitata dal Direttore generale dell’Area Sanità e Sociale della Regione, cioè da un soggetto interno alla stessa struttura politica e amministrativa che controlla l’ente vigilato.

Si realizza così una concentrazione di poteri che viola il principio di separazione tra indirizzo e garanzia e determina una evidente incompatibilità funzionale: la Regione si trova contemporaneamente nella posizione di programmare, gestire e vigilare, eliminando ogni forma di bilanciamento.

La riduzione del numero delle ULSS da ventuno a nove, sancita dall’articolo 2, comma 2, della legge regionale n. 19/2016, produce un effetto di verticalizzazione ulteriore. Le ULSS residuali perdono gran parte delle funzioni gestionali, che vengono riassorbite da Azienda Zero e vedono diminuire la loro capacità di rappresentare i bisogni dei territori. Le stesse conferenze dei Sindaci, di cui all'art. 5 della legge veneta n. 56/1994 e quali sedi di partecipazione e di concertazione, vengono, a loro volta, depotenziate e ridotte a organi consultivi senza effettivo potere decisionale.

La rappresentanza territoriale, espressione della sovranità popolare (concetto molto problematico sul piano filosofico) mediata attraverso gli enti locali, viene sostituita da una struttura tecnico-burocratica che opera per direttive interne, secondo logiche di comando e controllo. In termini costituzionali, la concentrazione di funzioni in capo a Azienda Zero compromette l’equilibrio tra autonomia e responsabilità che costituisce la "ratio" della regionalizzazione del servizio sanitario. Ora, l’art. 117, comma 3, Cost. attribuisce alle Regioni competenza legislativa concorrente in materia di tutela della salute, ma subordina l’esercizio di tale potestà al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale. Tra tali principi rientrano la distinzione tra indirizzo politico e gestione, la responsabilità diretta delle Aziende sanitarie e la garanzia di autonomia gestionale delle strutture operative.

La normativa veneta contraddice apertamente tali principi, configurando un modello in cui la Regione si sostituisce ai propri enti strumentali e si appropria della gestione operativa, eludendo i vincoli della competenza concorrente e ponendosi in una posizione sostanzialmente monistica. Nel sistema veneto, l’eccezione è divenuta regola: funzioni che richiederebbero prossimità territoriale, come la gestione del personale sanitario, la pianificazione distrettuale, la contrattualistica locale, sono state trasferite ad un ente centrale, distante e autoreferenziale. Si produce così una forma di "centralismo regionale", in spregio a quella sussidiarietà amministrativa interna intesa come principio di organizzazione anche se non costituzionale (quest'ultima riguarda i rapporti tra le persone giuridiche pubbliche costitutive della Repubblica ex art. 118 Cost. nella allocazione delle funzioni amministrative), che riproduce, in scala ridotta, gli stessi vizi dello statalismo burocratico contro cui il regionalismo era nato. Il principio di buon andamento e imparzialità, sancito dall’art. 97 Cost., viene compromesso non solo dalla confusione di ruoli, ma anche dalla coincidenza tra controllore e controllato.

L’auto–vigilanza della Giunta su Azienda Zero annulla il senso della garanzia, mentre l’assenza di un organo terzo di controllo priva il Consiglio regionale del suo ruolo di contrappeso politico e istituzionale. In questo modo, la funzione di audit democratico si dissolve in un sistema amministrativo chiuso, in cui la performance sostituisce la legalità e la gerarchia sostituisce la responsabilità. In prospettiva teoretica, il modello veneto realizza una forma di eterogoverno tecnocratico: la sanità viene concepita non più come servizio pubblico fondato sulla prossimità, ma come impresa amministrativa gestita dall’alto. Tale logica, che si ammanta del linguaggio dell’efficienza e della semplificazione, tradisce il significato costituzionale della tutela della salute, la quale implica non solo erogazione di prestazioni, bensì anche partecipazione, trasparenza e responsabilità diffusa.

L’efficienza, quando diviene valore autonomo, si trasforma in strumento di concentrazione del potere, dissolvendo i fondamenti etico-giuridici della funzione pubblica. Un sistema così concepito non solo è inefficiente sul piano operativo, ma è intrinsecamente viziato sul piano dei principi. La confusione tra programmazione e gestione, la subordinazione delle ULSS, la marginalizzazione dei Comuni e la concentrazione di poteri in un ente privo di rappresentanza politica determinano una crisi della forma di Stato regionale, nella quale l’autonomia territoriale si riduce a simulacro e il pluralismo istituzionale viene sostituito da un monismo amministrativo. Per ristabilire coerenza costituzionale e funzionalità amministrativa, occorre un intervento di revisione legislativa regionale che restituisca equilibrio tra i livelli di governo. In primo luogo, è necessario modificare la legge regionale n. 19/2016, ridimensionando le competenze di Azienda Zero alle sole funzioni di supporto tecnico e restituendo alle ULSS la piena titolarità delle attività gestionali e di programmazione territoriale. In secondo luogo, deve essere istituito, con legge, un organo indipendente di vigilanza, collocato presso il Consiglio regionale, dotato di poteri di ispezione e di relazione diretta all’assemblea. In terzo luogo, la Conferenza dei Sindaci deve essere rafforzata, conferendole un ruolo cogente nella definizione degli atti di programmazione sanitaria e nella valutazione dei direttori generali. Infine, la nomina dei vertici aziendali deve avvenire mediante procedure comparative pubbliche, basate su criteri di merito e trasparenza, superando la logica della designazione politica.

Solo la ricostruzione di un sistema realmente sussidiario, potrà restituire al Veneto un servizio sanitario coerente con la sua forma di governo regionale: non un apparato monolitico, ma una rete di responsabilità pubbliche integrate, in cui la prossimità amministrativa si traduca in effettività del diritto alla salute e in rinascita del principio di autonomia. Un ordinamento che torni, finalmente, a servire la persona e non a controllarla.

Immagine Leviatano Thomas Hobbes

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(*) Autore

Daniele Trabucco

Professore strutturato in Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Comparato presso la SSML/Istituto di grado universitario "san Domenico" di Roma. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico.

Sito web personale

www.danieletrabucco.it

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