Una decisione che non è solo una vittoria politica per Salis, ma un inquietante specchio della realtà di un’istituzione dove le regole della giustizia sembrano flessibili e negoziabili, a seconda di chi occupa i vertici del potere.
La richiesta di revoca dell’immunità era stata avanzata dal governo ungherese, che accusava Salis di aver aggredito due neonazisti durante un raduno a Budapest nel febbraio 2023. Ma al di là dell’accusa specifica, il vero nodo della vicenda è politico: proteggere chi sfida regimi illiberali e mettere in discussione il diritto dei potenti a violare le regole senza conseguenze.
Fonti parlamentari rivelano che la decisione finale è stata il risultato di un intenso lavoro diplomatico dell’ultimo minuto, volto a convincere eurodeputati del centrodestra a votare a favore. L’ultimo a decidere è stato un eurodeputato romeno del PPE, che ha espresso il suo voto solo un quarto d’ora prima della chiusura, dimostrando che la scelta non era guidata da principi giuridici, ma da calcoli politici e compromessi occulti.
La richiesta di ripetere il voto, avanzata da un eurodeputato ungherese per presunti problemi tecnici alla scheda di un collega del PPE, è stata prontamente respinta dalla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. E qui emerge il cuore della questione: mentre ogni cittadino deve sottostare alle leggi e alla giustizia, chi occupa posizioni di potere può piegare, sospendere o ignorare i principi fondamentali del diritto. Le istituzioni europee, lungi dal difendere l’equità e la trasparenza, mostrano la loro priorità reale: mantenere equilibri interni e alleanze politiche. La giustizia per gli eurodeputati diventa un optional, un privilegio da concedere o negare a seconda della convenienza, e il messaggio è chiaro: se sei potente, le regole comuni non ti riguardano.
La disparità è ancora più evidente se si guarda al caso dell’eurodeputato polacco Obajtek, accusato di aver gettato nel fiume il telefonino di un manifestante, la cui immunità è stata revocata senza esitazioni. Due pesi e due misure che svelano una realtà preoccupante: la protezione offerta dall’immunità parlamentare non dipende dalla gravità delle accuse, ma dalla posizione politica e dalla forza delle alleanze.
Ecco la verità cruda: in questo Parlamento, in questa Europa, la legge non è più un confine morale, ma un giocattolo nelle mani di chi conta. Ogni cittadino che rispetta le regole lo fa sapendo che la giustizia è cieca, a meno che tu non sia potente. Questo sistema non è semplicemente ingiusto: è corrosivo. Distrugge la fiducia, annienta la credibilità delle istituzioni, e trasforma la democrazia in un teatro di finzione, dove il diritto di tutti è piegato alla volontà di pochi.
Il voto che ha salvato Ilaria Salis non è solo un episodio isolato: è un segnale sinistro. Un avvertimento che ci ricorda che, sotto il luccichio delle procedure parlamentari, si nasconde un mercato del potere dove la giustizia è negoziabile, e la legge è un privilegio riservato ai forti.
Oggi la vera lotta per i propri diritti è contro il muro di indifferenza e calcoli di potere, dove le istituzioni si arrogano il diritto di decidere chi merita protezione e chi no. Ma la giustizia non è solo una parola su carta né un privilegio dei potenti: esiste nella coscienza di ciascun cittadino. È lì che va custodita, è lì che deve essere difesa, anche quando chi governa tenta di cancellarla. Perché la vera forza non sta nelle alleanze e nei voti, ma nella convinzione morale che il diritto appartiene a tutti, e che nessun potere, per quanto grande, potrà mai annientare la coscienza di chi sa cosa è giusto, che è anche il compito di vigilanza di tutti noi cittadini.
E questa non è mera iperbole: è la verità che nessuno osa urlare abbastanza forte.
Foto copertina: credits by
https://www.editorialedomani.it/politica/europa/ungheria-chiede-revoca-immunita-ilaria-salis-orban-reazioni-mtanhykk











































































