Tutti, però, a guardare il dito, anziché la luna.
La abilità diplomatica di Giorgia Meloni (scarcerazione della Sala e poi rilascio di Abedini (doveroso in realtà già in precedenza, mancando i presupposti della doppia incriminazione sia per la normativa interna, sia per il Trattato di estradizione bilaterale Italia-Stati Uniti d'America) prima che Trump entri nel pieno delle sue funzioni il 20 gennaio 2025) certifica che siamo una "colonia ubbidiente a stelle e strisce".
Certo, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha agito cercando di massimizzare la posta in palio e questo è fuori discussione ed è inevitabile che siano cresciuti i consensi in un Paese di "banderuole" (prima tutti fascisti, poi dopo il 25 luglio 1943 tutti antifascisti), ma il vero problema è un altro.
Se la politica diventa rinnegamento (cosa ben diversa dal legittimo ripensamento) in toto delle proprie idee (la Meloni dell'opposizione non è la Meloni governativa) per il mantenimento del potere e senza una classe dirigente degna di questo nome, preferisco la coerenza e la credibilità, costi quello che costi, al trasformismo.
Anche perché, calato il sipario sulla Sala (giusto liberarla, ma lo stesso impegno, dove ve ne fossero i presupposti, andrebbe messo per i circa 2.200 detenuti italiani all'estero), i dati Istat del terzo trimestre vedono un rialzo dei tributi in rapporto al PIL ed un calo vistoso del risparmio privato.
Il Governo della Repubblica replica che l'aumento è dovuto ad una crescita dei soggetti occupati (occupazione al 62,4%), ma questa risposta non tiene conto del c.d. "fiscal drag", ovvero la quota di Irpef pagata dai lavoratori e dai pensionati per colpa dell'inflazione senza un reale aumento del reddito.
Gli scaglioni dell’Irpef e le detrazioni non sono indicizzati all’aumento dei prezzi, per cui l’Irpef da pagare aumenta e il reddito reale diminuisce. E il graduale aumento degli stipendi legato all’inflazione, con il rinnovo (seppur tardivo) dei contratti e la parziale rivalutazione delle pensioni, ha fatto aumentare la quota di reddito che finisce in tasse.
Eppure...tutti a guardare il dito...
(foto da IA)
(*) Autore - prof. Daniele Trabucco.
Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Già docente nel Master Executive di II livello in «Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie» organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.
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