Domenica, 31 Ottobre 2021 08:08

“Dentro la Costituzione” - La passione per la cosa pubblica: la lezione di Dante contro l'ignavia In evidenza

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Eccoci al 44esimo appuntamento con la rubrica "Dentro la Costituzione". Ogni domenica, il Professor Daniele Trabucco, docente di diritto Costituzionale, entrerà tra le pieghe della nostra Costituzione per svelarne i contenuti noti e meno noti. Un'analisi critica spiegata con semplicità, e calata nei  fatti di attualità. Quest'oggi l'argomento cade sulla passione per la politica, della cosa pubblica.

Di Daniele Trabucco (*) Belluno, 31 ottobre 2021 - Chi si appassiona oggi della politica?

Pochi. Il quadro è desolante perché, da un lato, gli stessi partiti politici non sono in grado di selezionare adeguatamente la classe dirigente, dall'altro la prevalenza dell'economico sul politico, a seguito della globalizzazione, ha relegato la sfera della politica a longa manus delle grandi elite globaliste (alta finanza, banche etc.).

Tuttavia, questa situazione così deprimente non può sottrarci alle nostre responsabilità, al nostro impegno per una riforma della società che tenda alla giustizia da intendersi non come mera applicazione di disposizioni normative convenzionalmente accettate dalle parti, ma quale "scoperta di ciò che è” (cit. Minosse di Platone), ossia relazione con l'essere. Da qui l'attualità della lezione di Dante.

Come traspare, infatti, dalla sua produzione letteraria (non solo la "Commedia"), il sommo poeta rifugge la concezione di una vita chiusa in sè stessa, autoreferenziale, incentrata sulla mera coltivazione dei propri interessi, proponendo, invece, un modus vivendi teso a "seguir virtute e canoscenza" (canto XXVI dell'Inferno).

Il riferimento al vessillo bianco, che gli ignavi sono condannati ad inseguire, simboleggia il vuoto di una vita vissuta in maniera passiva, senza slanci, senza alcuna presa di posizione nel bene o nel male, quando, in realtà, l’uomo è stato chiamato a dare una risposta in tale senso; quel vessillo bianco, condanna per le anime di coloro che "che mai non fur vivi" (canto III dell'Inferno) e che ormai "non hanno speranza di morte", vuole essere al tempo stesso monito per tutti gli uomini che ancora hanno un’esistenza terrena, affinché siano spronati ad avere degli ideali, a non essere indifferenti, a non restare inerti di fronte alle ingiustizie, a recuperare il rapporto tra diritto, politica ed essere, evitando che la "veritas" ceda definitivamente il passo all' "auctoritas" del facitore delle leggi.

 

 

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(*) prof. Daniele Trabucco. Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico. Professore a contratto in Diritto Internazionale presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano.