Hamilton torna a vincere. Vettel ancora sul podio. Raikkonen quarto. Una sconfitta che tuttavia non è un passo indietro. -
Parma, 27 settembre 2015 - di Matteo Landi -
La Formula 1 torna a Suzuka e la Mercedes ritrova la vittoria. Lo dice il risultato, lo dicono le statistiche che vedono Hamilton raggiungere a quota 41 le vittorie del suo idolo d'infanzia Ayrton Senna, sua ispirazione ora che cavalca l'onda del successo. Eppure, analizzando meglio le prestazioni mostrate in questa gara, si evince che il risultato non è bugiardo ma getta un pò di fumo sull'ottima prestazione Ferrari. Il podio di Vettel, giunto terzo dietro anche a Rosberg, non è sinonimo di passo indietro. Dopo il quarto posto ottenuto in qualifica, complice l'incidente di Kvyat che non ha permesso a chi era in pista di compiere l'ultimo giro veloce, il pilota tedesco aveva mostrato soddisfazione, visto il distacco di 6 decimi rimediato dal poleman Rosberg su un tracciato composto da tante curve veloci e completamente diverso dal cittadino di Singapore, in cui una buona trazione ed un'ottima accelerazione sono le caratteristiche su cui costruire una vittoria.
Ferrari: un podio che è quasi un successo
Considerando le gomme medie e dure portate da Pirelli a Suzuka, i secondi che al traguardo hanno poi separato Hamilton da Vettel sarebbero potuti essere ben più di 20. Così su una pista ostica e calzando le gomme che peggio si adattano alla vettura di Maranello, Vettel ha compiuto un'ottima gara conquistando il suo decimo podio stagionale, il 12esimo della Ferrari considerando anche i risultati di Raikkonen. Il finlandese, partito dalla sesta posizione, anch'egli danneggiato al sabato dallo schianto di Kvyat, è stato autore di una gara solida, riuscendo ad avere la meglio su Bottas, suo principale rivale per tutta la gara, e ad arrivare ai piedi del podio. La prestazione di Singapore non è stata quindi per la Ferrari un incidente di percorso ed il podio, ottenuto in condizioni meno favorevoli, ne è quindi la conferma.
Red Bull: seconda a Singapore, comprimaria a Suzuka
Non si può dire la stessa cosa per la Red Bull: 13esima e 15esima al traguardo dopo una gara anonima. A loro parziale giustificazione vi sono i costanti problemi ai freni accusati per tutta la gara da Kvyat e la foratura rimediata al via da Ricciardo dopo un contatto con Massa, ma la scarsa velocità è stata per Red Bull l'unica costante del weekend nipponico. Il paragone fra le mattatrici di Singapore carica così d'importanza la prestazione Ferrari in terra giapponese.
Rosberg: sconfitto e rassegnato?
L'unico vero sconfitto di questo gran premio è Rosberg. Con la seconda pole position stagionale aveva l'occasione per attaccare la leadership di Hamilton ed invece ha perso la gara alla prima curva, lasciando troppo spazio al compagno di squadra che, con astuzia, lo ha portato fuori pista, facendogli perdere la posizione anche nei confronti Vettel e Bottas. Rosberg è poi riuscito a conquistarsi, con fatica, la seconda posizione finale ma il suo è un podio che profuma di resa definitiva. Il sorriso sfoggiato al termine della gara ricorda la felicità mostrata da Barrichello quando si sentiva il primo degli altri, consapevole che la leadership del compagno di squadra era intoccabile.
Alonso: quando il talento non è tutto
Chi invece mostra evidenti segni di insofferenza è Alonso. Lo spagnolo si è reso protagonista dell'ennesima affermazione infelice nei confronti della propria squadra. Dopo lo "scemi" con il quale apostrofò via radio i suoi ingegneri dei tempi Ferrari stavolta ha paragonato la power unit della sua McLaren al motore di una GP2, la nota categoria propedeutica alla F1. Uno schiaffo in mondovisione alla Honda proprio sulla sua pista di casa. Ennesima dimostrazione della scarsa capacità del pilota spagnolo di "fare squadra", a fronte di eccelse qualità di guida.
Archiviato il Giappone il grande Circus si dirige verso Sochi. Un anno dopo il terribile schianto di Bianchi, la Formula 1 lascia Suzuka con uno spirito ben diverso. Dal buio e l'angoscia di quel 5 ottobre 2014 alla gioia di Hamilton, Rosberg e Vettel dodici mesi dopo ancora sul podio, con Jules nel cuore.