Sabato, 25 Luglio 2015 09:57

Fareste di casa vostra un locale per far cenare degli sconosciuti? L'Home restaurant è all'ultima moda. In evidenza

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Home Restaurant: come fare della passione per la cucina un lavoro fatto da casa! Dalla nascita dei Supper Club newyorkesi e delle Case particular cubane l'idea di trasformare casa in un vero e proprio business. E' moda dilagante ma non senza polemiche. Chissà come mai l'Emilia non voglia seguire questa tendenza...

di Alexa Kuhne - Chef in erba o semplicemente appassionato di cooking: basta questo 'particolare' per far del tuo appartamento un locale per pochi, intimi avventori...

Nel 2006 i guerrilla restaurant a New York hanno aperto la strada a un nuovo modo di concepire la ristorazione. Il Regno Unito ha seguito questa tendenza.

Rimane all'Italia reinterpretare la moda di far da mangiare a casa e invitare sconosciuti viaggiatori affamati. Anche se non è detto che questo fenomeno si diffonda a macchia d'olio com'è successo in giro per il mondo, visto che, da noi, la cultura della ristorazione in luoghi ad hoc ha un suo ben radicato perché. L'Emilia Romagna, ad esempio, è una di quelle regioni che ancora non ne vogliono sapere...

Se si pensa, però, che gli Home restaurant possano essere un modo come un altro per far conoscere un territorio grazie a ricette tipiche della tradizione, realizzate con prodotti locali, riproducendo un piatto proprio come lo preparava una nonna, allora questa tendenza un senso lo avrebbe anche nel Belpaese.

P1030618Chiunque, avvezzo alla cucina e a gestire una tavolata, può trasformarsi a casa propria in uno chef, rispettando naturalmente la qualità. I vantaggi sarebbero diversi: si creerebbero occasioni di incontro e scambio culturale, possibilità di coltivare la passione culinaria e piccoli, comodi e gratificanti introiti.

Lo chef o aspirante tale propone una cena a un determinato prezzo, pubblicizzandola su portali Internet, social network o sito personale: riceve le prenotazioni, predispone e offre la cena a casa propria.

Per aprire un home restaurant in Italia servirebbe una Segnalazione certificata di inizio attività, anche se non è un obbligo di legge, in quanto la ristorazione a domicilio non è regolamentata. Ci si limita ad un parere del Ministero dello Sviluppo Economico, contenuto nella Risoluzione 50481 (aprile 2015) in risposta a uno specifico quesito posto da una Camera di Commercio e relativo alla corretta qualificazione dell'attività.
L'esercente di questa attività rilascia una ricevuta. Si rientra nel campo delle attività esercitate in forma occasionale, che possono rimanere tali fino a 5mila euro annui di ricavi.

Non sono mancate però le polemiche sul fatto che si tratti o meno di una attività saltuaria.

Secondo gli addetti ai lavori il punto della questione è che nell' home restaurant è comunque previsto il pagamento di un corrispettivo e quindi, pur con modalità innovativa, si tratterebbe di un'attività economica in senso proprio. Il Ministero cita anche un precedente parere (nota 98416 del 12 giugno 2013) che classificava come attività economica quella esercitata da un cuoco nella propria villa, fornendo il servizio solo su specifica richiesta e solo per gli invitati del committente.

Risultato: secondo il ministero, l'home restaurant è un'attività economica e quindi bisogna presentare la SCIA e non sottrarsi a tutti agli adempimenti del caso. Trattandosi soltanto di un parere, però, il consiglio per chi aspiranti host è di controllare se eventuali regolamenti regionali o comunali.

Il dibattito resta comunque acceso. Da una parte, le associazioni dei pubblici esercizi, come i ristoranti, accolgono con favore l'interpretazione del Ministero, in nome di una competizione leale e corretta. Diversa l'opinione di chi organizza le piattaforme per il social eating, che sottolineano le differenze fra l'home restaurant e la ristorazione vera e propria nei pubblici esercizi. Su Change.org c'è una petizione online che chiede l'approvazione di un Disegno di legge, depositato in Senato nel 2014 ma mai approvato, che prevede la possibilità di utilizzare la propria abitazione, per un massimo di due stanze e fino a 20 coperti al giorno, ma anche l'obbligo di segnalare al Comune l'inizio attività (in pratica, servirebbe la SCIA). Fiscalmente, si resterebbe nell'ambito delle attività saltuarie.

Quel che serve, in effetti, è una normativa di riferimento. Per più di tre anni gli home restaurant hanno organizzato le loro cene social senza che nessun requisito fosse richiesto loro, e con gli unici obblighi di emettere ricevuta e fatturare meno di 5.000 euro all'anno, come per tutte le attività occasionali.

La disposizione segna però una svolta non da poco, e, se sarà seguita da una norma vera e propria taglierà loro le gambe definitivamente. Arrivata dopo la segnalazione di una Camera di Commercio, che ha sollecitato il ministero a "chiarire come configurare l'attività di cuoco a domicilio e se tale attività possa rientrare fra quelle soggette alla Segnalazione Certificata di Inizio di Attività (Scia) da presentare al Comune di residenza", la risoluzione numero n. 50481/2015 stabilisce che chiunque pratichi l'home cooking deve possedere "requisiti di onorabilità nonché professionali (di cui all'articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i.), ed è tenuto a presentare la Scia o a richiedere l'autorizzazione, nel caso si tratti di attività svolte in zone tutelate".

Gnammo ha fatto subito sapere ai suoi associati che quello del ministero è "parere" e non legge, "che prova a fare un primo passo verso una regolamentazione di un'area oscura della legislazione italiana. È un modo intelligente per diversificare l'offerta". Di più sta facendo la piattaforma homerestaurant.com che ha appunto lanciato una petizione on line su Change.org per chiedere l'approvazione del DDL s. 1271 del 27/02/2014" .

Fonti: risoluzione ministero, petizione change.org, codice etico di Gnammo