Questa mattina, i militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Parma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Parma a seguito di richiesta della locale Procura della Repubblica, per i reati associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale ed alle false fatturazioni.
La misura cautelare ha riguardato tre imprenditori parmigiani F. G., D. F., G. G., operanti nel settore dell’impiantistica industriale. È stato inoltre disposto il sequestro per equivalente, fino a concorrenza delle imposte evase, per oltre 10.000.000 di euro, su conti correnti, depositi e su circa novanta immobili riconducibili agli indagati.
Nel complesso, sono indagate trentanove persone per i reati di associazione per delinquere finalizzata all'emissione di fatture per operazioni inesistenti, alla dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti inesistenti, alla omessa dichiarazione, all’occultamento o distruzione di scritture contabili.
Le indagini di polizia giudiziaria e tributaria, svolte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Parma, hanno avuto origine da un'attività di verifica fiscale in materia di imposte sui redditi, I.V.A. ed LR.A.P., avviata nei confronti del Consorzio MTI, con sede amministrativa a Parma, attiva nel settore metalmeccanico e nella fornitura di manodopera specializzata nelle lavorazioni meccaniche, con consistenti rapporti commerciali con società di primario livello nazionale ed internazionale, aventi sede nelle province di Parma e di Reggio Emilia.
La parallela esecuzione da parte delle Fiamme Gialle, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Parma, di una mirata attività di polizia giudiziaria, sviluppata mediante tecniche di investigazione quali intercettazioni telefoniche ed ambientali, perquisizioni e sequestri, escussioni testimoniali, attività di osservazione, pedinamento ed appostamento, ha consentito di ricostruire puntualmente l’architettura della frode e lo schema delle società coinvolte e di individuare gli amministratori di fatto delle società interessate, delineando compiutamente ruoli e (allo stato degli atti) responsabilità di ciascuno.
Gli imprenditori ideatori dell’articolato sistema di frode hanno infatti utilizzato lo schermo del consorzio e delle società consorziate, intestati a meri prestanome (a parte una società consorziata avente una struttura amministrativa ed operativa realmente esistente), per ottenere nel tempo, a danno dell’Erario, indebiti benefici e sostanziali risparmi finanziari in termini di imposte sui redditi ed I.V.A., con un conseguente vantaggio competitivo nei confronti degli altri players operanti nel medesimo segmento di mercato. L’utilizzo di tali meccanismi fraudolenti ha infatti permesso di fornire, forza lavoro a prezzi fuori mercato. Il risparmio finanziario ottenuto dall’evasione delle imposte ha permesso al gruppo di proporre i propri servizi ai committenti a prezzi altamente concorrenziali e di aggiudicarsi commesse di grande importanza, ottenute da aziende multinazionali che esternalizzano il ricorso alla manodopera specializzata.
Il corpo in avanzato stato di decomposizione e smembrato dagli animali selvatici è stato trovato in un dirupo da alcuni cacciatori accanto a una Suzuki Xs4 intestata alla donna, di cui non si avevano più notizie da oltre un mese. I familiari ne avevano denunciato la scomparsa anche al programma “Chi l’ha visto?”.
SERRAMAZZONI (MO) –
Manca solo la prova regina, quella del DNA per risalire senza ombra di dubbio all’identità del cadavere rinvenuto ieri mattina attorno alle 9 da alcuni cacciatori, in una zona impervia, ricoperta da una fitta boscaglia, nella zona tra Riccò e Puianello, nel Comune di Serramazzoni, sull’Appennino modenese.
Si tratterebbe di Renata Vecchiato, 62 anni, titolare della “Casa del gnocco fritto” di Strada Bellaria, a Modena, di cui non si avevano notizie dallo scorso 2 agosto, quando si era allontanata dal suo bar a bordo della sua Suzuki Xs4, dicendo che sarebbe tornata attorno alle 19. Da quel momento, di lei non si era saputo più niente, nonostante le chiamate sul cellulare, che risultava sempre irraggiungibile. Della sua scomparsa si era occupato anche il programma “Chi l’ha visto?”, ma Renata sembrava essere stata inghiottita dal nulla. Fino al tragico epilogo di ieri mattina.
Sono stati due cacciatori, i cui cani hanno fiutato l’odore del cadavere, ormai in avanzato stato di decomposizione, a fare il macabro ritrovamento. Il corpo della donna si trovava a pochi metri dalla Suzuki Xs4, anch’essa nascosta nella boscaglia e con le ruote ribaltate. I Carabinieri, giunti sul posto, hanno poi fatto risalire la targa a quella di Renata Vecchiato. Per il recupero del corpo i militari dell’Arma si sono avvalsi della collaborazione dei Vigili del Fuoco.
Nessuno, prima di ieri, si era accorto della presenza della vettura nella scarpata. Con ogni probabilità, anche se la dinamica è al vaglio degli inquirenti, l’auto sarebbe uscita di strada all’altezza di una curva e precipitata per un centinaio di metri. La donna sarebbe riuscita a uscire dalla vettura e trascinarsi per qualche metro, prima di soccombere alle lesioni riportate nell’incidente.
Il corpo è stato portato all’Istituto di Medicina Legale di Modena, in attesa dell’esame autoptico, che dovrà stabilire con certezza che si tratti di Renata Vecchiato.
Nel corso della settimana sono state condotte diverse attività di controllo straordinario del territorio di Parma volto al contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti e all’immigrazione clandestina. Sono state messe in campo diverse pattuglie in più sul territorio rispetto all’ordinario: 12 della Polizia di Stato e 5 della Polizia Municipale, suddividendo i controlli in tre giornate diverse ed in fasce orarie differenti.
Un impiego importante di uomini della Polizia di Stato e della Polizia Municipale, con pattugliamenti effettuati a seguito di un’attenta attività di analisi e sfruttando anche il sistema predittivo Xlaw.
I controlli si sono concentrati nel quartiere Oltretorrente e nel Quartiere S.Leonardo, nonché nel centro cittadino. Durante i controlli, con particolare riferimento a Via Trento e a Via Rismondo, sono stati accompagnati diversi cittadini stranieri in questura per la loro identificazione, dalla quale è emersa che questi ultimi erano gravati da diversi pregiudizi di Polizia. Coloro che non avevano motivo di permanere su Parma sono stati allontanati verso i loro luoghi di residenza.
I controlli si sono estesi anche all’interno di alcuni locali pubblici segnalati come sospetti, presenti rispettivamente in Via d’Azeglio, Via Palermo e in Pz.le Pablo.
Non solo, grazie all’ausilio delle Unità di Cinofile di Bologna sono stati passati al setaccio alcuni Parchi cittadini, tra cui il Parco ducale, la zona del S.Leonardo con particolare riferimento a Via Venezia, nonché alcune vie del centro segnalate dai cittadini come possibili nascondigli per la droga smerciata dagli spacciatori. È stato sequestrato un etto di droga tra marijuana ed hashish.
Ecco i risultati delle attività:
155 persone controllate
87 veicoli controllati
Esercizi pubblici controllati: 3 tra via Palermo, via D’Azeglio e pz.le Pablo
I servizi proseguiranno nel corso dei prossimi giorni.
Nella mattina di ieri, personale del Commissariato di P.S. di Carpi, in esito ad un’articolata attività d’indagine, ha proceduto al rintraccio e al deferimento all’Autorità Giudiziaria di due uomini, un 21enne moldavo e un 54enne italiano, per il reato di rapina in concorso.
Nella notte tra il 3 e il 4 settembre scorsi, i due soggetti si sono resi responsabili di una violenta aggressione a scopo di rapina nei confronti di un cittadino pakistano, che si trovava presso la propria abitazione.
Gli accertamenti svolti nell’immediatezza dei fatti e le successive indagini, coordinate dalla locale Autorità Giudiziaria, hanno consentito di risalire ai due uomini, i quali tra l’altro conoscono la vittima e frequentano il medesimo contesto sociale.
Nel corso delle perquisizioni presso le abitazioni dei due aggressori sono stati rinvenuti alcuni indumenti indossati da uno dei due soggetti la notte del 4 settembre, nonché la refurtiva consistente in un telefono cellulare ed altri effetti personali.
La Squadra Volante ha proceduto all’arresto di un cittadino marocchino di 34 anni in esecuzione di un ordine di custodia cautelare in carcere emesso dal G.I.P. del Tribunale di Modena il 6 settembre scorso.
L’uomo, già sottoposto alla misura cautelare del divieto di dimora nella Provincia di Modena disposta dall’Autorità Giudiziaria per il reato di atti persecutori nei confronti della ex fidanzata, ha violato le prescrizioni impostagli recandosi più volte presso la casa della vittima e continuando a minacciarla con atti violenti, tanto da costringerla a lasciare la propria abitazione e a richiedere l’intervento della Polizia.
Alla luce di tali eventi, il G.I.P. ha ritenuto necessario disporre l’aggravamento della misura sostituendola con la custodia cautelare in carcere.
L’uomo non è sfuggito all’occhio attento degli agenti della Squadra Volante, che durante il servizio di controllo del territorio, lo hanno riconosciuto mentre percorreva via Costa; accompagnato in Questura per gli accertamenti di rito, è stato poi associato alla locale Casa Circondariale.
Gli uomini dell’Arma sono stati avvertiti da alcuni conoscenti di un 60 enne con problemi di depressione, che non avevano notizie di lui. Hanno così sfondato la porta e lo hanno trovato riverso su una poltrona in un lago di sangue.
FORMIGINE (MO) –
Deve la vita all’intervento tempestivo dei Carabinieri un 60 enne di Formigine che ha tentato di togliersi la vita nella sua abitazione.
Ad avvertire gli uomini dell’Arma alcuni conoscenti dell’uomo, che da tempo soffriva di depressione. Non avendo notizie di lui da qualche tempo si sono preoccupati.
I militari si sono quindi recati presso la sua abitazione, in un condominio del Comune modenese, hanno suonato il campanello ma non hanno ottenuto alcuna risposta. Così, senza indugi, hanno sfondato la porta e hanno trovato il 60 enne riverso sulla poltrona del salotto, privo di sensi in un lago di sangue, in seguito ad alcuni tagli che si era procurato con una lametta sulle braccia.
I Carabinieri hanno quindi applicato le tecniche di primo soccorso, bloccando l’emorragia. Nel frattempo hanno avvertito il 118. Il personale medico ha poi completato l’intervento e trasportato l’uomo in ospedale, salvandogli la vita.
A fare la macabra scoperta i volontari del Canile, allertati da un ragazzo che ha rinvenuto in un canale nei pressi di Rovereto un involucro sospetto. Dentro c’era il corpo dell’animale, di circa 14 anni, avvolto in una felpa. La benda attorno al collo fa sospettate che sia stato ucciso. Indagini sulla proprietaria
CARPI (MO) –
Chiuso dentro a un sacco, avvolto in una vecchia felpa e, particolare sconcertante, con una benda stretta attorno al collo. Così è stato ritrovato nei giorni scorsi il corpo di un cane barboncino di circa 14 anni dai volontari del Canile di Carpi.
La segnalazione è partita da un ragazzo, che ha notato il sacco “sospetto” in un canale nei pressi di Rovereto e ha così chiamato i volontari del Canile, pensando che magari dentro potessero esserci dei cuccioli abbandonati. Quando, però, i volontari sono giunti sul posto e hanno recuperato il sacco hanno fatto la macabra scoperta.
A questo punto, sono state allertati sia la Polizia Municipale che il Servizio Veterinario dell’ASL, mentre il corpo del povero cane è stato inviato all’Istituto zooprofilattico per l’autopsia, che dovrà accertare la causa della morte e stabilire se il barboncino è stato gettato nel canale ancora vivo o ucciso altrove.
Intanto, la Polizia Municipale ha aperto un’indagine sulla proprietaria dell’animale, a cui fa riferimento il microchip di cui l’animale era regolarmente provvisto.
La benda stretta attorno al collo, infatti, fa pensare che il cane possa essere stato strozzato e poi gettato via come un rifiuto, forse perché anziano e malato, oppure perché diventato troppo “impegnativo” per prendersene cura. Le prime verifiche hanno evidenziato come non ci sia stata nessuna denuncia di morte dell’animalealle autorità competenti, come prevede la legge. Si attendono quindi i risultati dell’autopsia per avere un quadro più chiaro.
Nei giorni scorsi, è stata tratta in arresto in esecuzione di Ordinanza di applicazione di misura cautelare in carcere A. E. R., gravemente indiziata per i reati di tratta di esseri umani, sfruttamento della prostituzione favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in danno di due giovani connazionali, una delle quali minore, e di concorso in violenza sessuale in danno di quest’ultima.
L’attività di indagine era stata avviata nel dicembre 2017 dalla Squadra Mobile di Parma e coordinata dai Sost.ti Proc.ri della Procura Distrettuale Antimafia di Bologna, dopo che una giovane, stanca dei soprusi subiti si è convinta a denunciare la donna e il suo complice. Anche per lui, A.G.A. cittadino nigeriano, è stata disposta la misura cautelare ed è indagato, in concorso con la donna, per i reati di sfruttamento della prostituzione di due giovani vittime e di violenza sessuale nei confronti della minore delle due. L’uomo privo di permesso di soggiorno, non è stato rintracciato e sono tuttora in corso le sue ricerche su tutto il territorio nazionale.
Nell’ambito del medesimo procedimento sono stati, altresì, indagati in stato di libertà per i reati di sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento della permanenza illegale sul territorio nazionale E.M. ed il marito O.D. entrambi nigeriani e residenti a Parma.
La storia di due giovani donne sfruttate e abusate
L’attività d’indagine, ha avuto inizio, nel dicembre del 2017, quando una delle due vittime, una giovanissima cittadina nigeriana, accompagnata dal personale dei servizi sociali di Parma che l’avevano accolta dopo la decisione di sottrarsi ai suoi aguzzini, si è presenta presso gli uffici della Squadra Mobile formalizzando querela nei confronti di questi.
La giovane, di fronte agli agenti della Squadra Mobile, dopo un primo momento di ritrosia, ha raccontato una storia simile a quella di tante altre donne e uomini, spiegando di esser giunta in Italia nell’ottobre del 2016. Una sua connazionale le aveva prospettato la possibilità di un trasferimento per continuare a svolgere la sua professione di parrucchiera, aiutata da una donna presentatale al telefono con il nome di Blessing (e successivamente identificata nell’indagata A. E. R.).
Dopo un viaggio via terra attraverso il deserto africano e via mare attraverso il mediterraneo, la giovane ha raggiunto le coste siciliane e, dopo alcuni giorni di permanenza in cui, su indicazione degli stessi che le avevano organizzato il viaggio, ha dichiarato di avere 20 anni, è stata trasferita a Parma. L’indagata, A. E. R., l’ha quindi costretta a prostituirsi millantando un debito di 20.000 €.
La ferma determinazione della donna, non si è arrestata neanche dinanzi alla disperazione della giovane e neppure dinanzi al fatto che la ragazza fosse ancora vergine. Anzi, dopo circa due settimane, l’ ha costretta a subire le violenze di A.G.A., per renderla “pronta” al lavoro che era stato pianificato per lei in Italia.
Per circa 9 mesi, la giovane, è stata collocata presso l’abitazione dei coniugi E.M. ed O.D. pagando loro vitto e alloggio e stata costretta a prostituirsi consegnando ad A. E. R. tutti i proventi della sua attività, fino a quando, stanca dei soprusi subiti, si è confidata con un amico italiano che l’ha messa in contatto con i servizi sociali.
Le dichiarazioni rese da questa prima vittima hanno, successivamente, trovato riscontro nella denuncia sporta oltre 6 mesi dopo da una seconda ragazza che era stata avviata alla prostituzione a Parma sempre dalla stessa “madame”.
La giovane, una 22enne cittadina nigeriana, infatti, ha spiegato di essere giunta in Italia nel settembre 2016 con la falsa promessa di un lavoro in un negozio di abbigliamento e, una volta trasferita presso il centro di accoglienza a Bologna, ha incontrato per la prima volta di persona la donna (già sentita telefonicamente quando era ancora in Nigeria) che l’ha condotta nel suo appartamento e, senza giri di parole, le ha spiegato che le doveva 25.000 € che avrebbe guadagnato prostituendosi per lei.
La giovane è rimasta presso la sua abitazione, prostituendosi per lei, fino all’agosto del 2017, consegnandole circa 9000 € oltre al pagamento dell’affitto, delle spese di vitto e delle utenze.
Gli accertamenti successivi svolti dal personale della Squadra Mobile, hanno permesso di riscontrare pienamente le parole delle due giovani, di individuare tutti i luoghi da loro indicati e di identificare compiutamente gli odierni indagati.
Le attività condotte, hanno inoltre, consentito di accertare che la “madame”, abbia continuato anche successivamente nella sua attività di sfruttamento della prostituzione nei confronti di altre giovani sue connazionali che, tuttavia, non è stato possibile identificare.
Ieri pomeriggio, le Volanti della Questura di Parma sono intervenute in urgenza presso il Parco ducale, per la segnalazione, ricevuta al 113, di un’aggressione in atto con l’uso di un grosso coltello.
Senza apparenti motivi, un uomo è stato minacciato da un cittadino straniero di colore che si è rivolto a lui con fare minaccioso dicendo: “Spostati Nigeriano!”.
La vittima non si è fatta intimorire e a questo punto l’aggressore, un somalo di 19 anni con svariati pregiudizi di Polizia, ha estratto un grosso coltello a lama seghettata di circa 30 - 35 centimetri, con impugnatura bianca e grigia. Si è avvicinato minacciosamente urlando frasi in lingua straniera a tentato di colpirlo. A quel punto la vittima, un cittadino ivoriano, ha schivato i colpi e contattato immediatamente il 113. Il somalo, nel mentre, per sfogare la sua rabbia, ha colpito con la punta del coltello il muro della costruzione vicino a dove si trovava, agitandosi ed urlando alla vittima che gli avrebbe fatto del male. Quando l’aggressore si è reso conto che era al telefono con la Polizia, è fuggito buttando il coltello in un vicino tombino.
L’autore dell’aggressione è stato immediatamente rintracciato dagli Agenti della Squadra Volante, grazie anche alle informazioni fornite dalla vittima, a poca distanza dal Parco Ducale. Dopo averlo fermato è stato riconosciuto senz’ombra di dubbio dalla sua vittima e alla luce della condotta delittuosa tenuta è stato denunciato per minacce aggravate dall’uso di armi e per porto di oggetti atti ad offendere. Il coltello è stato rintracciato esattamente nel luogo in cui la vittima aveva raccontato che il suo aggressore l’aveva nascosto.
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