Sabato, 09 Ottobre 2021 08:48

Scarsità e prezzi alti delle materie prime mettono a rischio la ripresa In evidenza

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La preoccupazione di Confartigianato Emilia – Romagna espressa dal presidente regionale Davide Servadei.


Bologna, 8 ottobre 2021. Materie prime scarse e care. Due problemi di non poco conto che rischiano di rallentare la ripresa e mandare in fumo ordinativi per milioni di euro. L’Italia è particolarmente esposta all’aumento dei prezzi delle materie prime, essendo la seconda economia dell’UE per produzione manifatturiera, con una alta dipendenza dall'estero di commodities.
Il caro-commodities odierno ha effetti sul bilancio 2021 delle Mpi.

Gli acquisti di materie prime delle micro e piccole imprese della manifattura e delle costruzioni nel 2020 sono calcolati pari a 156.096 milioni di euro, costituti per il 75% da acquisti delle Mpi manifatturiere e per il rimanente 25% da input acquistati dalle Mpi delle costruzioni. In questi due comparti l’incidenza sul fatturato degli acquisti di materie prime è del 42,5%, più elevato nella manifattura (46,6%) rispetto alle costruzioni (33,1%).

“Questa corsa dei prezzi delle materie prima ci preoccupa molto e chiediamo alla politica un’azione efficace che calmieri i costi per le imprese - afferma il presidente di Confartigianato Emilia-Romagna, Davide Servadei -. Materie prime care e spesso introvabili rischiano di diventare un freno alla ripresa. Siamo coscienti che il mercato ha una vita propria, ma un’azione di controllo su eventuali manovre speculative è doverosa e da far partire al più presto. Inoltre su appalti e opere pubbliche, chiediamo di favorire la revisione dei prezzi nei contratti, onde evitare di mettere ulteriormente in difficoltà le imprese che faticosamente stanno cercando un rilancio”.

A livello provinciale i maggiori costi delle materie prime, su base annua, valgono 1.129 milioni di euro a Bologna, 1.045 milioni a Modena, 790 milioni a Reggio Emilia, 573 milioni a Parma, 482 milioni a Forlì-Cesena, 366 milioni a Ravenna, 332 milioni a Rimini, 310 milioni a Piacenza e 294 milioni a Ferrara.

Una così elevata pressione sui costi, che viene traslata solo in parte sui prezzi di vendita, determina una riduzione del valore aggiunto, comprime la crescita economica, riduce la propensione ad investire delle imprese, compromettendo sia i processi di innovazione che la domanda di lavoro. A seguito della mancanza di materie prime le imprese rallentano la produzione e, in alcuni casi, tornano ad utilizzare gli ammortizzatori sociali nonostante la ripresa degli ordinativi.