Venerdì, 19 Marzo 2021 07:57

“L’uomo dei semi”. L’uomo dei frutti antichi In evidenza

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Di L'Equilibrista Salvaterra, 19 marzo 2021 - L’agricoltura nel dopo guerra e fino agli anni ‘60 ha subito grandi trasformazioni, fino a quella che possiamo identificare in modo spicciolo con il termine “agricoltura di massa”, perché andava alla ricerca di qualcosa che fosse disponibile ed alla portata di tutti, soprattutto grazie alla grande distribuzione.

Si andava alla conquista di quello che era identificato come la ricerca della ricchezza per consentire a tutti di mangiare mettendo a disposizione quello di cui si disponeva. Poi ci fu qualcuno, “l’uomo dei semi”, che dedicò tutto sé stesso alla conservazione di quei frutti, gli stessi che oggi chiamiamo antichi perché non destinati alla massa ma soprattutto rari e che grazie ad un visionario come il sig. Mario Maioli sono stati preservati.

Frutti che resistono alle malattie naturali e mai da confondere con gli ibridi, è l’esortazione che usa Enzo per iniziare la nostra intervista, giusto per mettere le cose in chiaro e presentare i doni che ha saputo preservare nel tempo.

Nel 1928 il padre di Enzo Maioli, Mario Maioli ovvero “l’uomo dei semi”, è partito dal nulla, come umile testimone di un dopo guerra lacerante che si circondava di viti nostrane e che poi ha visto l’avvento dell’innesto americano, per perdersi nuovamente nel vortice del progresso a scapito della biodiversità. 

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Mario voleva difendere ad ogni costo le varietà antiche ed il sogno ispirò a tal punto il figlio Enzo che lo portò a ricreare nella propria casa una sorta di museo dedicato a queste specie. L’ideale agli occhi di Mario era solo uno, quello di valorizzare le origini, di tornare dopo la guerra alla natura.

Ripartire dalle viti e dalle piante da frutto per ricreare, recuperare le marze per fare le piante e quindi salvare l’essenza della natura come se fosse una missione, una vocazione vera che oggi dona alla Comunità un grande numero di piante grazie al suo lavoro. 

La vite è un altro importante traguardo nella storia descritta da Enzo perché oggi è un bene di cui tutti possono godere a pieno, soprattutto grazie al lavoro incessante di conservazione fatto, sebbene alcune specie si siano perse irrimediabilmente. Alcune di queste, come il lambrusco “nobel” o l’uva “della quercia”, rimangono comunque un patrimonio invidiabile. 

Il lavoro di ricerca dei Maioli parte da lontano: Enzo partì negli anni ‘70 con suo padre come maestro, dal quale ha tratto certamente ispirazione così da attraversare indenne i vent’anni successivi; dal ‘70 al ’90, infatti, i Maioli hanno recuperato tantissime varietà: ricordiamo le sole mele che ad oggi sono più di cinquecento diverse. 

Qui Enzo si fa pensieroso e, descrivendo l’Italia, dice: “Ma pensate se per ogni regione ci fosse stato un Maioli…Non avremmo perso nulla e avremmo garantito patrimonio genomico a tutti i nostri figli”. 

La fine del 2000 ha portato boom economico, il bisogno di velocità, il desiderio del tutto e subito, contrapposto alla lentezza e all’importanza del tempo che trascorre con un filo conduttore, tanto che la gente inizia a comprendere il valore di questa vita riscoperta, apprezzando ad esempio come sia differente un frutto antico che subisce solo 5-6 trattamenti, comparato alla produzione moderna che ne ha almeno 40-45 normalmente.

Ma l’Azienda di Salvaterra, oggi, propone un approccio del tutto coinvolgente e a tratti dilagante, che ha per fulcro le terrazze di Milano o i balconi di Torino, dai quali oggi si possono gestire e coltivare questi preziosi frutti dal passato.

Probabilmente anche Mario non si sarebbe aspettato questa evoluzione, ma le tre figlie di Enzo magari lo avevano invece già i testa, ritagliandosi oggi a suon di idee una fetta importante dello sviluppo che sta coinvolgendo questa realtà: insomma, una terza generazione tutta al femminile che sta cambiando volto all’approccio tradizionalista di questa azienda storica. 

Certo che pensare di ricavare sul proprio balcone un pezzo di biodiversità, un ideale benessere legato non ai buoni propositi, ma finalmente legato ad una concreta ed innovativa proposta, è così lontano dalla modernità da risultare dirompente: il lento ed elegante moto della natura che affossa la modernità risultando al passo con i tempi. 

Frutti antichi perché rispetto alle varietà moderne c’è rispetto per l’ambiente, sono più sani e buoni, non più risultanti dall’utilizzo massiccio di prodotti fitosanitari, ovviamente a patto si accettino dei compromessi: frutti certamente più rustici ma sempre più genuini, forse meno belli ma certamente più saporiti. 

La consapevolezza della bontà e della forza di questi frutti viene dalla testimonianza di chi c’era prima di noi: generazioni che raccontano di come queste varietà abbiano resistito ai freddi intensi di 1928, del 1955 e del 1979, così come alla forte siccità del 1988. Banale forse per alcuni, ma mai così romantico e per nulla scontato per chi viene dalla campagna, dove una pianta significa profumi, ombra, riparo e rifugio naturale ed è diametralmente agli antipodi rispetto a fredde tettoie di plastica, lamiere umide e arrugginite di fabbriche dismesse o grigi parcheggi.

Mario ed Enzo Maioli rappresentano, insieme, il vero vivaista che recuperare e custodisce le barbatelle. Oggi le piante vengono prodotte in parte a Salvaterra e in parte a Pistooia, ma il campo didattico-sperimentale per la conservazione della biodiversità, campo nel quale sono piantate le oltre 2.000 varietà di fruttiferi recuperate, è ubicato a Salvaterra.