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Un nuovo Eataly ha inaugurato a New York esattamente nella torre n° 4 del World Trade Center. Uno spazio immenso dedicato all’eccellenza alimentare ed un totale di 600 dipendenti. Tra i soci anche Joe Bastianich.

Di Chiara Marando -

Sabato 06 Agosto 2016 -

Una nuova casa della tradizione gastronomica italiana ha aperto a New York: Eataly raddoppia la sua presenza nella Grande Mela con un megastore, esattamente all’interno della torre n° 4 del World Trade Center.

Un totale di 600 dipendenti, “isole” e banchi dedicati a specialità alimentari di eccellenza e ristoranti, tanti ristoranti, che si affacciano direttamente sulla Freedom Tower e sulla Piazza del Memorial realizzata per ricordare le vittime dell’11 settembre 2001.

E non è un caso se il simbolo scelto per questo nuovo locale è quello della “Pace”. A darle corpo è stato niente di meno che Renzo Piano, la cui creatività si è espressa in un Tavolo della Pace posto proprio all’ingresso: una meraviglia realizzata con legni vecchi di quattromila anni, alle cui spalle troneggia una mappa dei pani di tutti i Paesi del mondo. E, sul tavolo, alcune delle tipologie di pane più significative e rappresentative.

-EATALY

Esatto, anche qui torna il Pane con simbolo proprio di questa Pace che tanto si cerca. Ovviamente non è tutta solo filosofia ed emozione, qui a far da padrone è il business alimentato da quei profumi e sapori invitanti che calamitano l’attenzione degli avventori, tanto desiderosi di portare a casa le bontà italiane ritenute tra le migliori al mondo.

Quindi tipicità, talmente tante e variegate da perdersi in un mare magnum di bontà. Una scelta che riesce ad accontentare tutti i gusti, soprattutto i palati più esigenti, ma anche le diverse tendenze e filosofie alimentari. Tra i ristoranti “novità” c’è Orto e Mare, con un menù che opta per piatti di pesce o vegetariani, poi non poteva mancare l’Osteria della Pace affidata allo chef trentenne Riccardo Orfino.

Eataly-New-York-

Questa volta Farinetti ha anche un socio d’eccezione, o meglio più nomi noti: Joe Bastianich con sua madre Lidia e Mario Batali, cuoco e scrittore statunitense. “ Eataly è un luogo speciale che regala emozioni, soprattutto a noi americani – ha commentato Bastianich - Sono curioso di vedere cosa succederà e come assorbiremo la presenza di due Eataly in questo posto”.

Per l’apertura al pubblico, però, si dovrà aspettare ancora qualche giorno..esattamente alle ore 12 dell’11 agosto. Inizia il conto alla rovescia.

Pubblicato in Cultura Emilia

Un viaggio nella cucina d'autore con i piatti dei migliori chef internazionali: questa è la proposta del ristorante “Situ” del SFMoMa, il museo di arte moderna di San Francisco. Un menù che propone esclusivamente le migliori creazioni culinarie dei più noti maestri della cucina.

Di Chiara Marando -

Sabato 30 Luglio 2016 -

Chi crea qualcosa di originale e unico è, giustamente, molto geloso della sua opera, sia essa letteraria, artistica oppure culinaria.

Già, anche i cuochi non amano che i propri piatti migliori vengano replicati da altri. Su questo argomento si era espresso anche il maestro Gualtiero Marchesi che aveva lanciato l'idea di voler dare un copyright a quei must diventati parte integrante della storia di ogni chef.

Insomma, la regola è farsi ispirare ma non copiare! Ma, come ogni regola che si rispetti, anche in questo caso esiste la sua eccezione...e non è proprio irrilevante.

Ad andare controcorrente è un ristorante che basa la sua carta esclusivamente sulle più note creazioni dei grandi chef internazionali: il “Situ” del SFMoMa, ovvero il museo di arte moderna di San Francisco. Il tutto, con il benestare proprio degli chef stessi.

In realtà, l'idea da cui prende le mosse il progetto è molto originale ed ha una sua ragione di essere originale e innovativa. La filosofia, infatti, è quella di rappresentare il luogo all'interno del quale proporre un'esposizione gastronomica d'autore, esattamente in un percorso museale.

SITU

A guidare la cucina è Corey Lee, acclamato cuoco statunitense di origine coreana, già direttore di ristoranti di successo come il tristellato “Benu” oppure il bistrot “Monsieur Benjamin”.

La sua è un'esperienza che si è formata nelle cucine più famose, a contatto con quegli chef di cui porta in tavola le creazioni più importanti: “Il mio obiettivo è quello di dare un'idea di quanto sta accadendo nel mondo della cucina – spiega Lee – per questo serviamo una cinquantina di piatti a rotazione, scelti in base a criteri quali stagionalità, coordinate geografiche e visioni stilistiche”.

 Chef Massimo Bottura

E per dirla tutta, ognuno degli chef interpellati ha ricevuto un pagamento per i diritti d'autore, alcuni di loro hanno anche scelto di donare il contributo in beneficenza o alla fondazione che gestisce il museo, ed altri ancora, come Wylie Dufresne, si sono letteralmente entusiasmati per la forza di questo progetto nello stimolare la collaborazione e condivisione, oltre ogni rivalità e controversia.

Chef Wylie Dufresne

Insomma, una novità che ha riscosso particolare favore nel mondo degli addetti ai lavori ed un menù internazionale che offre alla clientela un viaggio gastronomico d'eccellenza intorno al mondo, da New York a Tokyo, passando per Parigi, Perù e Cina, per arrivare anche in Italia.

 Chef Rodrigo Mocoto

Chef Harald Wohlfahrt

Chef David Thompson

 

(lmmagini tratte dal profilo Instagram del Ristornate Situ)

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Un locale dove è lo chef stesso a scegliere di piatti da servire agli ospiti, a raccontare loro come gustarli parlando delle materie prime, della preparazione ed arricchendo il tutto da esperienze personali: il Ristorante Puzzle a Milano dello chef Misha Sukyas.

Di Chiara Marando -

Sabato 09 Luglio 2016 - 

Quello che succede quando decidiamo di andare a mangiare al ristorante si sa, è un piccolo rito che amiamo concederci, un modo per viziarci e gustare sapori i conosciuti che ricerchiamo, ma anche gusti particolari e mai provati. Ci si siede al tavolo e si sceglie tra i piatti del menù che poi vengono serviti dai camerieri preoccupati di controllare che tutto sia piacevole e gradito.

Troppo spesso, però, capita che non si riesca ad apprezzare veramente il carattere di una portata, che non sia possibile assorbirne il processo di creazione e le peculiarità degli ingredienti con cui è stata preparata.

Spesso, ma non sempre…

Ad offrire unviaggio tra sapori, profumi e conoscenza è lo chef Misha Sukyas nel suo nuovo locale appena inaugurato: il Puzzle, all’interno del TownHouse 31, una delle numerose strutture alberghiere dell’Alessandro Rosso Group a Milano. Ma quello di Misha non è il ristorante dell’albergo, lui è solo un ospite che utilizza uno degli eleganti spazi presenti nell’edificio. E lo utilizza in un modo molto particolare: un solo tavolo, 16 commensali ed un menù a sorpresa portato in tavola direttamente dallo chef.

Già, perché Misha sovverte la “routine” del ristorante e la interpreta a modo suo, uscendo in sala, condividendo, spiegando i propri piatti con gli ospiti e facendo vivere loro un’esperienza sensoriale completamente nuova. Non più solo chef’s table, piuttosto un mix tra racconti di vita personali, ricette estrose, materie prime anche inconsuete ,come la carne di zebra, e vini ricercati, in un gioco di sapori, aromi, consistenze, cotture diverse e ingredienti provenienti dai Pesi più disparati.

carne di zebra

Perchè Misha Sukyas è proprio questo, un alchimista della cucina, che costruisce i piatti infondendovi tutta la creatività e l’esperienza proveniente dai tanti viaggi e cambiamenti che ha affrontato.

Milanese di origini armene, inizia nel ristorante di famiglia a Cabo San Lucas, per poi passare ad un periodo londinese con Antonello Tagliabue, lo chef di Bice, Valentino Bosch e Michelle Roux, e volare successivamente in Autralia per lavorare con lo chef stellato Peter Gilmore, e in Olanda con Moshik Roth, chef israeliano portavoce della cucina tecno-emozionale. Ed ancora, India, Thailandia, Estremo Oriente, SudAmerica, tappe che gli hanno permesso di innamorarsi degli ingredienti, dei colori e delle commistioni di una cucina che si avvicina a quella fusion.

ostriche

Il Puzzle è la sua ultima creatura. Aperto solo la sera ed esclusivamente su prenotazione. I costi: 75 euro per il menù degustazione completo di vini al calice in abbinamento, che diventano 60 per chi non desidera i vini. Si può scegliere di fermarsi solo per l’aperitivo, anch’esso solo su prenotazione, a base di bollicine, vini fermi al calice, crudi di pesce, fritti di mare e ostriche da gustare nel piccolo cortile che può ospitare al massimo quindici persone.


Ristorante Puzzle

via Goldoni, 31 - Milano

Tel 3883681303

Cena ore 20.30

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- Chiuso la domenica

 

(Foto tratte da Instagram)

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Inaugurato il ristorante gourmet più alto d'Italia: Piano35, locale raffinato ed essenziale situato al 35esimo piano del Grattacielo di San Paolo Intesa di Torino. Menù a cura dello chef Ivan Milani.

Di Chiara Marando -

Sabato 02 Luglio 2016 -

La location è tutt'altro che comune, il menù promette sinfonie di sapore che intrecciano la tradizione con sentori asiatici, ed il panorama non lascia certo indifferenti: si parla di Piano35, il nuovo ristorante gourmet “più alto d'Italia” che ha inaugurato lo scorso 28 giugno.

Un locale raffinato ed essenziale situato, appunto, al 35esimo piano del Grattacielo di San Paolo Intesa di Torino, la torre di Cristallo disegnata dall'architetto Renzo Piano, a ben 166 metri di altezza. A curare e studiare ogni aspetto culinario è lo chef Ivan Milani, affiancato dal maître Adalberto Robbio, che si occuperà di elaborare tre proposte di menù d'eccellenza realizzati con prodotti tipici del territorio esaltati da tocchi di stile e culture gastronomiche diverse.

Ivan Milani

Questo significa che si potrà trovare il piccione al pescato, le capesante e lo sgombro arricchiti con erbe spontanee, radici, molluschi e, addirittura, licheni rari e insoliti. Non a caso, il consulente per lo studio di sapori nuovi e provenienti da ecosistemi controllati è Wood*ing – wild food lab, un laboratorio di ricerca su raccolta, conservazione e utilizzo del cibo selvatico per l’alimentazione umana. La selezione ha toccato 9mila prodotti delle Alpi e della Sardegna, regione da cui provengono le alghe e gli alimenti di mare.

piano 35

L'eccellenza in cucina viene completata da una cantina composta da circa 300 etichette tra le migliori italiane e non solo.

«Il nostro desiderio - spiega lo chef Milani - è quello di far vivere al pubblico un’esperienza unica, così che si possa ricordare non solo quello che ha provato, ma anche come è stato accolto e come si è sentito. Dopo diversi anni lontano da Torino, la mia città, volevo tornare a vivere e lavorare qui e mi sono innamorato di questa location».

Emozioni sensoriali quindi, gustative ma anche visive, perché Piano35 propone solo sessanta coperti, tavoli tondi e quadrati color avorio, avvolti dalla trasparenza delle vetrate del grattacielo che offrono una vista veramente unica sulla città di Torino, le sue colline, i meravigliosi monumenti e la lingua d'acqua del fiume Po che attraversa il tessuto cittadino, il tutto ulteriormente esaltato con le luci della sera. Insomma, uno spettacolo che conquista, tanto che lo chef ha già annunciato il lancio di nuovi piatti ispirati al grattacielo.

Ristorante Pianon 35

Oltre al ristorante gourmet Piano35, il «sistema gastronomico» del grattacielo prevede un raffinato lounge bar al 37° piano, vero e proprio regno del bartender Mirko Turconi e la caffetteria snack Chiccotosto a piano terra, a sud della torre.

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Quando decidiamo di concederci una bella cena soprattutto in totale relax a cosa diamo la priorità nella scelta del posto? Forse al luogo più vicino o alla location più suggestiva o al piacere di scoprire un menù nuovo che sia di carne, pesce o vegano? VERONICA VOLPI, sempre attenta alle nuove tendenze, può darvi qualche suggerimento ulteriore per una cena davvero speciale che unisce al piacere dei sapori e del gusto il piacere della vista tra arte e cultura. 

Di Veronica Volpi

Quando arriviamo in un qualsiasi ristorante, veniamo invasi dai profumi della cucina e dei piatti degli altri commensali, distendiamo l'orecchio al chiacchierio della gente circostante e al piacevole tintinnio delle posate nel piatto, ci rilassiamo alla morbidezza al tatto delle tovaglie e delle sedute; e se a tutto ciò non si aggiungesse un'ulteriore piacere che ci faccia sognare, fantasticare e distogliere totalmente dal "mondo di fuori"?

ristorart 1

E' a questa corrente di pensiero che si allaccia la nascita sempre più diffusa dei "RistorArt" in Italia: il ristorante non è più solo piacere edonico del palato, ma diventa anche esperienza edonistica della cultura, facendoci accompagnare durante i nostri pasti da vere proprie gallerie d'arte.
Non siamo più circondati da nature morte o raffigurazioni anonime prive di contenuto, ma da vere proprie opere d'arte, sculture e quadri di epoca contemporanea, le cui forme e colori spesso si miscelano in un connubio perfetto con l'architettura dei nostri piatti.

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La struttura e i colori delle portate rispecchiano le opere dell'ambiente circostante. Un'esperienza, quindi, non solo edonistica ma anche cultura e di arricchimento di noi stessi.

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CREDITS : -Tripadviser.it

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Il ristorante “L’Osteria Francescana” dello chef tristellato Massimo Bottura è stato incoronato il migliore al mondo nella classifica internazionale dei "50 Best Restaurant": “Uno chef è come un artigiano, ossessionato da quello che fa e dalla qualità”.

Di Chiara Marando -

Giovedì 16 Giugno 2016 -

Ormai la notizia è sulla bocca di tutti, il Ristorante migliore al mondo è “L'Osteria Francescana” di Modena dello chef Massimo Bottura,(ben 3 stelle Michelin). L'incoronazione è avvenuta nel corso di una cerimonia svoltasi a New York. Si tratta di un vero e proprio successo anche perché è la prima volta che un locale italiano riesce a salire in vetta al "50 Best Restaurant", la classifica internazionale considerata l'Oscar della gastronomia.

Quindi primo posto per L'Osteria Francescana seguono El celler de Can Roca, Girona (Joan Roca); Eleven Madison Park, di New York (Daniel Humm); al quarto posto Central di Lima (Virgilio Martinez); poi Noma di Copenhagen (René Redzepi), Mirazur di Mentone (Mauro Colagreco); Mugaritz di San Sebastian (Andoni Luis Aduriz), Narisawa di Tokyo (Yoshihiro Narisawa), Steirereck di Vienna (Heinz Reitbauer), e infine Asador Extebarri di Axpe (Victor Arguinzoniz).

Un risultato di eccellenza che la Federazione italiana cuochi (Fic) considera un motivo di orgoglio per tutta la ristorazione nazionale.

«La nomina di Massimo in vetta ai 50 migliori ristoranti del mondo - ha dichiarato Rocco Pozzulo, presidente della Fic - era nell’aria, tutti noi lo speravamo. Come cuoco e come italiano, sono molto felice che abbia raggiunto questo importante risultato. Se lo merita senza ombra di dubbio. È un traguardo che arriva dopo tanti anni di duro lavoro e ritengo che, oltre a dare lustro alla cucina italiana a livello mondiale, possa servire anche come stimolo per i tanti giovani che si avventurano nel mondo della cucina. Il messaggio che deve essere colto è che per raggiungere questi risultati ci vuole il giusto tempo. Sicuramente sono fondamentali passione e determinazione, ma occorre saper attendere che i frutti arrivino, senza voler bruciare le tappe».

Ma qual è il segreto della cucina di Massimo Bottura?

Come lo stesso chef ha dichiarato “Un grande ristorante è formativo come un museo...la cultura è anche quello che si mangia….uno chef è prima di tutto un artigiano ossessionato da quello che fa, dalla qualità”.

E a lui questa passione e meticolosità non mancano, ma soprattutto non mancano la curiosità, la voglia di scoprire e continuare a mettersi in discussione. La sua cucina riprende gli ingredienti e le materie prime della tradizione, ne rielabora le ricette in una chiave innovativa e completamente inaspettata. La sua mente viaggia, raccoglie stimoli da altre culture e cucine, li assorbe per arrivare ad interpretarli ed arricchire i piatti di sapori nuovi che si sposano con quelli della sua terra.

Non è un caso se i suoi piatti più famosi derivano proprio dai ricordi d’infanzia, dalle merende che sua madre gli preparava e dalle ricette che le ha visto realizzare: “La parte croccante della lasagna”, ovvero la ricostruzione dell’angolo della teglie delle lasagne, quello che di solito si ruba appena uscito dal forno; “Il ricordo di un panino alla mortadella”, la merenda preparata dalla mamma, una mousse di mortadella alleggerita accompagnata da un quadrato di pane con ciccioli frolli; Tagliatelle al ragù”, che lo chef voleva riuscire a fare più buone di quelle di sua madre, preparate con vitello e manzo mantenuti in pezzettoni, niente aglio o aromi, se non due foglie di alloro e un po' di basilico, ma anche niente pomodoro così che risalti il sapore della carne.

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Tutti i giorni viene sprecata una quantità enorme di cibo, ma combattere questa situazione è possibile. La chef Ada Parellada ne ha dato un significativo esempio con una serata organizzata nel suo noto ristorante di Barcellona: un menù di 10 portate gourmet preparate solo con alimenti di scarto

Di Chiara Marando -

Sabato 28 Maggio 2016 -

Tutti i giorni supermercati, panetterie, negozi di generi alimentari e pasticcerie arrivano a buttare via una quantità considerevole di prodotti che stanno per scadere o che non sono più appetibili e golosi agli occhi del consumatore. Un vero peccato per chi quel cibo lo mangerebbe ma non può permettersi di acquistarlo, una realtà di cui troppo spesso si ignora la reale portata.

Combattere gli sprechi alimentari si può, non esistono regole precise, ognuno può scegliere di farlo in un modo diverso, personalizzarlo e renderlo originale e significativo. L’idea è quella di dare un segnale importante, ma soprattutto un contributo di rilievo che faccia la differenza.

Un po' come ha fatto un ristorante conosciuto e alla moda di Barcellona, il Semproniana, che ha lanciato l’iniziativa#gastrorecup: solo per una sera, la chef Ada Parellada è riuscita a creare un menu completo e gourmet utilizzando esclusivamente prodotti e materie prime destinate ad essere buttate vie.

Una cena di recupero insomma, ad un costo più che simbolico: 4 euro, escluse le bevande.

ada parellada

Lo spunto arriva dall’osservazione della situazione che vive la Spagna dove, ogni anno, si producono 385 milioni di chili di rifiuti alimentari, ovvero una quantità che potrebbe nutrire 12 milioni di persone.

Le cifre variano di paese in paese ma rimangono altissime, è quindi urgente riuscire a porre un freno a questa situazione, allo sperpero di risorse di beni alimentari e denaro che potrebbero contribuire a salvare i milioni di persone che soffrono la fame.

Un segnale positivo in questo senso è arrivato dalla Francia, che ha approvato una legge che vieta ai supermercati e ipermercati di gettare via il cibo invenduto: si va dalla donazione, alle associazioni all'utilizzo per fini energetici, fino alla trasformazione in alimenti per animali o in compost.

E anche la Chef Ada Parellada ha voluto seguire questa scia e fare sua la lotta contro questo consumo inutile. E’ stata una serata speciale, fatta di cibo raffinato preparato con quegli alimenti non voluti dalla ristorazione e dalla grande distribuzione.

gastrorecup 1

Un menù di dieci portate, cinque primi, cinque secondi e quattro dessert, che hanno deliziato i presenti. Un evento unico nato da una ricerca attenta condotta proprio dalla chef e dal suo team che si sono prodigati in visite a mercati, supermercati ed altri alimentari per recuperare ii prodotti da buttare.

"Il nostro sistema alimentare è marcio – ha spiegato Ada alla rivista El Pais - parliamo di prodotti che non hanno più una vita utile dal punto di vista commerciale, ma che sono ottimi dal punto di vista nutrizionale. E il mio obiettivo è di dimostrare che lo sono anche organoletticamente e gastronomicamente."

Questo appuntamento ha dato il via ad un vero e proprio movimento anti-spreco che si è diffuso sui social media attraverso l'hashtag #gastrorecup: l'idea è quella di spingere altri ristoratori a fare altrettanto.

Pubblicato in Cultura Emilia

Inserire almeno un piatto equosolidale nel menu di ristoranti e trattorie modenesi. La proposta della Bottega del Sole viene presentata oggi - venerdì 13 maggio – alle 20.30 alla Lanterna di Diogene a Bomporto. 

Modena, 13 maggio 2016

La proposta è della Bottega del Sole, la cooperativa sociale di promozione del commercio equosolidale presente a Carpi e Mirandola, e viene presentata oggi - venerdì 13 maggio – alle 20.30 alla Lanterna di Diogene a Bomporto. Il locale di via Argine Panaro 20, gestito da una cooperativa sociale, propone una cena con piatti equosolidali (per prenotazioni tel. 059.801101). I commensali sono invitati a votare il piatto preferito, che sarà inserito nel menu della Lanterna di Diogene.

L'iniziativa, organizzata in collaborazione con Slow Food Modena, è finalizzata ad abbinare i prodotti tipici del territorio con quelli equosolidali e sarà ripetuta in altri ristoranti e trattorie modenesi che hanno manifestato l'interesse a inserire piatti equosolidali nei propri menu.

Ricordiamo che la Bottega del Sole commercializza i prodotti – non solo alimentari, ma anche di artigianato - realizzati secondo progetti equosolidali provenienti dal Sud del mondo, dai terreni confiscati alla criminalità organizzata, nelle carceri italiane o da cooperative sociali. La Bottega del Sole promuove dal 2000 la cultura della solidarietà internazionale, i valori della finanza etica, del consumo critico, della salvaguardia dell'ambiente e della salute, favorendo l'emancipazione e la valorizzazione delle persone e dei popoli più svantaggiati.
La cooperativa gestisce, con l'apporto quasi esclusivo del volontariato, due negozi dedicati al commercio equosolidale a Carpi e Mirandola. I volontari diffondono i valori del commercio equo e solidale raccontando, con incontri nelle scuole e serate rivolte alla cittadinanza, cosa c'è dietro al semplice acquisto di un prodotto.

(Fonte: ufficio stampa Confcooperative MO)

Pubblicato in Comunicati Lavoro Modena

Il Gruppo ai vertici del mercato della ristorazione collettiva si prepara al futuro e punta a sviluppare 250 milioni di euro di fatturato nei prossimi 5 anni.
Sul piatto 75 milioni di investimenti e l'obiettivo di crescere in Italia e all'estero aumentando l'attività nella ristorazione commerciale.

Reggio Emilia, 26 aprile 2016 – Dopo aver annunciato una previsione di ricavi 2016 pari a 553 milioni di euro (+3,2% rispetto al 2015), il Gruppo CIR food ha dato il via ad un piano industriale quinquennale che punta non soltanto all'aumento di fatturato, ma anche a rafforzare la propria leadership nel settore con una proposta di rinnovamento dei servizi di ristorazione incentrato sul valore del cibo e sull'innovazione.
L'obiettivo economico fissato entro il 2020 è di raggiungere quota 800 milioni di euro di ricavi, sviluppando 100 milioni dalla ristorazione collettiva e buoni pasto, 60 milioni dalla ristorazione commerciale, 70 milioni dall'internazionalizzazione, 20 milioni dalla diversificazione dei servizi. A tal fine CIR food prevede nell'arco di 5 anni investimenti per 75 milioni di euro, che si aggiungono ai 75 nella gestione ordinaria, una media di 15 milioni di investimenti l'anno in attrezzature, immobili, informatica.

Per raggiungere questi risultati, il Gruppo ha creato lo scorso anno un team di analisi interna per definire le tappe della crescita. Punti di partenza sono l'esperienza trentennale nel mettere a tavola grandi comunità, che ha conferito a CIR food un'identità riconosciuta nel settore, e lo sviluppo costante degli ultimi 10 anni. Oggi l'impresa è una realtà di primaria importanza nel mercato della ristorazione, in particolare nella collettiva appaltata da cui proviene il 73,6% dei ricavi attuali e dove detiene l'8% di quota di mercato. Si tratta di un comparto pressoché fermo, in cui le prime quattro aziende coprono il 34,2% del mercato e che ha fatto registrare lo scorso anno soltanto l'aumento dei pasti a +1,1% (Dati Cerved-Databank 2015).

Analizzando diversi fattori, fra cui la centralizzazione delle stazioni appaltanti e la contrazione dei costi del servizio, CIR food punta a crescere in questo mercato con innovazioni mirate, come la personalizzazione del servizio e la semplificazione dei processi attraverso la digitalizzazione. Ad esempio il Gruppo, che già dispone di piattaforme online di logistica integrata per la distribuzione delle materie prime e la prenotazione dei pasti, sta mettendo a punto applicazioni web per la ristorazione scolastica e aziendale, mentre è già in fase avanzata la distribuzione in formato elettronico dei buoni pasto. Non soltanto la tecnologia sarà importante per raggiungere l'obiettivo di crescita al 2020, ma anche la tutela degli standard qualitativi nelle mense pubbliche, dove CIR food punta a rendere accessibile a tutta la comunità il piacere e la qualità della nutrizione, frutto di un lavoro che dia dignità alle persone.

A fronte della situazione del mercato della collettiva, l'obiettivo di CIR food è di aumentare l'attività nella ristorazione commerciale, oggi pari al 12,2% del fatturato, fino a raddoppiare nel 2020 i ricavi provenienti da questo settore, dove si intravedono maggiori potenzialità per il lancio di nuovi modelli ristorativi, ispirati a quanto sperimentato a Expo 2015. Lo sviluppo riguarderà soprattutto la ristorazione organizzata in aree con flussi importanti, come centri commerciali, ospedali, centri urbani di grandi dimensioni, musei, distretti industriali.

Forte impulso avrà anche lo sviluppo all'estero, dove oggi CIR food è presente con i propri servizi di ristorazione collettiva e commerciale in Belgio, dove gestisce una rete di asili per 300 bambini figli dei funzionari delle Istituzioni Europee. L'obiettivo al 2020 è di esportare il modello di ristorazione made in Italy in alcuni Paesi europei, a partire dai Paesi Bassi (Olanda e Belgio), Spagna e Austria.
Infine, se gli obiettivi al 2020 sono focalizzati sul core business della ristorazione fuori casa di qualità al giusto prezzo, CIR food punta nei prossimi 5 anni anche alla diversificazione dei servizi in un'ottica di integrazione rispetto a quelli ristorativi. Alcuni esempi sono il trasporto scolastico, i servizi alla persona per anziani e bambini, la cura delle aree verdi, i servizi di portierato e reception.

Il Gruppo ai vertici del mercato della ristorazione collettiva si prepara al futuro e punta a sviluppare 250 milioni di euro di fatturato nei prossimi 5 anni.
Sul piatto 75 milioni di investimenti e l'obiettivo di crescere in Italia e all'estero aumentando l'attività nella ristorazione commerciale.

Reggio Emilia, 26 aprile 2016 – Dopo aver annunciato una previsione di ricavi 2016 pari a 553 milioni di euro (+3,2% rispetto al 2015), il Gruppo CIR food ha dato il via ad un piano industriale quinquennale che punta non soltanto all'aumento di fatturato, ma anche a rafforzare la propria leadership nel settore con una proposta di rinnovamento dei servizi di ristorazione incentrato sul valore del cibo e sull'innovazione.
L'obiettivo economico fissato entro il 2020 è di raggiungere quota 800 milioni di euro di ricavi, sviluppando 100 milioni dalla ristorazione collettiva e buoni pasto, 60 milioni dalla ristorazione commerciale, 70 milioni dall'internazionalizzazione, 20 milioni dalla diversificazione dei servizi. A tal fine CIR food prevede nell'arco di 5 anni investimenti per 75 milioni di euro, che si aggiungono ai 75 nella gestione ordinaria, una media di 15 milioni di investimenti l'anno in attrezzature, immobili, informatica.

Per raggiungere questi risultati, il Gruppo ha creato lo scorso anno un team di analisi interna per definire le tappe della crescita. Punti di partenza sono l'esperienza trentennale nel mettere a tavola grandi comunità, che ha conferito a CIR food un'identità riconosciuta nel settore, e lo sviluppo costante degli ultimi 10 anni. Oggi l'impresa è una realtà di primaria importanza nel mercato della ristorazione, in particolare nella collettiva appaltata da cui proviene il 73,6% dei ricavi attuali e dove detiene l'8% di quota di mercato. Si tratta di un comparto pressoché fermo, in cui le prime quattro aziende coprono il 34,2% del mercato e che ha fatto registrare lo scorso anno soltanto l'aumento dei pasti a +1,1% (Dati Cerved-Databank 2015).

Analizzando diversi fattori, fra cui la centralizzazione delle stazioni appaltanti e la contrazione dei costi del servizio, CIR food punta a crescere in questo mercato con innovazioni mirate, come la personalizzazione del servizio e la semplificazione dei processi attraverso la digitalizzazione. Ad esempio il Gruppo, che già dispone di piattaforme online di logistica integrata per la distribuzione delle materie prime e la prenotazione dei pasti, sta mettendo a punto applicazioni web per la ristorazione scolastica e aziendale, mentre è già in fase avanzata la distribuzione in formato elettronico dei buoni pasto. Non soltanto la tecnologia sarà importante per raggiungere l'obiettivo di crescita al 2020, ma anche la tutela degli standard qualitativi nelle mense pubbliche, dove CIR food punta a rendere accessibile a tutta la comunità il piacere e la qualità della nutrizione, frutto di un lavoro che dia dignità alle persone.

A fronte della situazione del mercato della collettiva, l'obiettivo di CIR food è di aumentare l'attività nella ristorazione commerciale, oggi pari al 12,2% del fatturato, fino a raddoppiare nel 2020 i ricavi provenienti da questo settore, dove si intravedono maggiori potenzialità per il lancio di nuovi modelli ristorativi, ispirati a quanto sperimentato a Expo 2015. Lo sviluppo riguarderà soprattutto la ristorazione organizzata in aree con flussi importanti, come centri commerciali, ospedali, centri urbani di grandi dimensioni, musei, distretti industriali.

Forte impulso avrà anche lo sviluppo all'estero, dove oggi CIR food è presente con i propri servizi di ristorazione collettiva e commerciale in Belgio, dove gestisce una rete di asili per 300 bambini figli dei funzionari delle Istituzioni Europee. L'obiettivo al 2020 è di esportare il modello di ristorazione made in Italy in alcuni Paesi europei, a partire dai Paesi Bassi (Olanda e Belgio), Spagna e Austria.
Infine, se gli obiettivi al 2020 sono focalizzati sul core business della ristorazione fuori casa di qualità al giusto prezzo, CIR food punta nei prossimi 5 anni anche alla diversificazione dei servizi in un'ottica di integrazione rispetto a quelli ristorativi. Alcuni esempi sono il trasporto scolastico, i servizi alla persona per anziani e bambini, la cura delle aree verdi, i servizi di portierato e reception.