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Un food store concept nel cuore di Reggio Emilia dedicato al piacere dei piccoli momenti quotidiani, premiato come "Aperitivo dell'anno" da Sanbittèr e Gambero Rosso nella "Guida Bar d'Italia 2018".

Di Chiara Marando -

Giovedì 19 Ottobre 2017 - 

E' tutto emiliano, in particolare reggiano, il locale insignito del primo premio "Aperitivo dell'anno" da Sanbittèr e Gambero Rosso, durante la presentazione della Guida Bar d'Italia 2018. Si chiama "Sambirano" e non è un semplice bar, piuttosto un food store concept nel cuore del centro storico di Reggio Emilia. Un luogo dedicato al piacere per i piccoli momenti quotidiani, quelli di un caffè, una colazione, un pranzo ed un aperitivo da consumare all'interno di una location suggestiva e unica come il seicentesco Palazzo Scaruffi, a pochi passi dal Teatro Valli.

Sambirano è l'espressione dei profumi e colori dell'Emilia, con una particolare attenzione a prodotti sfiziosi e ricercati. La filosofia è quella di offrire un servizio di eccellenza, l'esperienza di un angolo dal carattere delicato ed accogliente che sa presentare delle vere e proprie chicche in ambito food. Una selezione di materie prime di alta qualità, la possibilità di fermarsi in ampi spazi dal sapore regale e la piacevolezza di degustare delle vere delizie, sono le caratteristiche che fanno di Sambirano un unicum nella zona emiliana.

Punto di forza è proprio il momento dell'aperitivo, l'appuntamento che anticipa il pasto principale e, in virtù di questo, non deve sostituirlo: "È importante distinguere l'aperitivo dagli altri pasti – spiega il fondatore Dario Gabanelli - e curarne ogni fase, dalla temperatura dei cibi all'impiattamento. Da Sambirano è tutto fatto in casa, offriamo conserve salate di nostra produzione e variamo il buffet ogni giorno, secondo la stagionalità e la sensibilità dello chef, per una proposta in continuo divenire".

Qui ci si può fermare per bere uno dei particolari tè presenti in carta, per scoprire la piacevole particolarità di cibi gourmet dal tocco europeo, per trovare dolci sfiziosi – impossibile non lasciarsi ammaliare dalla varietà di macarons sapientemente esposti in modo da ricreare una variopinta palette – ma anche per trovare tipologie pregiate di cioccolato e pasticceria secca.

Sambirano è un bistrot che si alimenta di influenze francesi, inglesi e internazionali senza staccarsi da quell'anima emiliana che ne esalta l'unicità. Il consiglio è quellodi prendersi un momento per una pausa serale e godersi l'atmosfera parigina dell'esterno illuminato da piccole luci che adornano gli alberi dell'ingresso, magari sorseggiando uno Spritz, un calice di vino o un cocktail sapientemente shakerato.

Ma perché proprio Sambirano?
"Perché è un viaggio da terre lontane – racconta Dario Gabanelli - In Madagascar tra il mare e la montagna si trova la valle del Sambirano, isola climatica favorevole alla produzione di cacao e caffè. Sambirano è un'oasi di pace e armonia: attraverso gli alberi di cacao, i sentieri si snodano verso le grandi pianure, dove gli aironi volano a pelo d'acqua sul fiume, maestoso e pieno di vita".

 

Sambirano
Via Francesco Crispi, 3,
42121 Reggio Emilia RE
www.sambirano.it 

Mercoledì, 04 Ottobre 2017 09:42

ALMA: al via il nuovo Anno Accademico

Presentato all’Auditorium Paganini di Parma il nuovo Anno Accademico di Alma La Scuola Internazionale di Cucina Italiana. Gualtiero Marchesi lascia la carica di Rettore ed entra nel Comitato Scientifico.

Di Chiara Marando -

Mercoledì 04 Ottobre 2017 -

Sono passati quattordici anni da quando ALMA La Scuola Internazionale di Cucina Italiana è nata, da quando giovani con l’amore per la ristorazione hanno iniziato a varcare le soglie delle sue aule pieni di speranze, timori e passioni per il futuro. Gli stessi sentimenti che ricorrono ancora oggi sui visi di tutti quegli aspiranti chef, pasticceri e maitre che scelgono di intraprendere questa carriera in quello che viene ormai considerato il tempio dell’alta cucina. L’impronta è stata, ed è tutt’ora, quella del grande Maestro Gualtiero Marchesi che ha posto le basi per un insegnamento fondato su disciplina, tecnica e pratica, il tutto sotto la guida di un impulso artistico che non deve mai mancare.

Principi ricordati anche in occasione dell’evento di apertura dell’Anno Accademico 2017/2018, svoltosi martedì 3 ottobre all’interno dell’Auditorium Paganini di Parma. Una giornata per fare il punto sul percorso fatto nel corso di questi quattordici anni, per trasmettere forza, coraggio e grinta ai giovani alunni pronti ad affrontare gli studi, ma anche per presentare le novità studiate per dare ancora più prospettive lavorative ai ragazzi.

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I saluti iniziali del Vescovo di Parma Enrico Solmi, del Sindaco Federico Pizzarotti, del Prefetto Giuseppe Forlani, del Presidente della Camera di Commercio Andrea Zanlari e del Presidente della Provincia Filippo Fritelli, hanno fatto fronte comune nel rimarcare quanto ALMA sia un patrimonio di eccellenza proprio del territorio di Parma e Provincia, che lascia il segno su tutta la cultura enogastronomica italiana formando i professionisti del domani.

A parlare dell’attuale situazione e del prossimo futuro è stato il Presidente di ALMA Enzo Malanca, che ha voluto sottolineare l’importanza di crescere figure professionali, con una spiccata intelligenza di pensiero, passione ed estro. Di grande rilevanza l’apertura sempre più spiccata nei confronti dei rapporti internazionali, una strada volta a dare maggiore respiro e spazio alle attività svolte.

Un’altra novità di rilievo è costituita dall’ingresso dell’Istituto Marangoni tra i soci, realtà simbolo di eccellenza italiana, che ha scelto di collaborare nel segno dell’alta qualità Made in Italy.

E’ toccato al Direttore Generale Andrea Sinigallia fermarsi in modo più approfondito sul tema lavoro, evidenziando il ruolo di ALMA nel voler creare la possibilità di reali sbocchi lavorativi ai ragazzi. I numeri parlano di 3955 studenti diplomati fino ad oggi, 3 su 10 dei quali assunti nei luoghi dove hanno svolto il tirocinio formativo. E poi le percentuali: 81% trova lavoro nei primi 3 mesi dopo il diploma, il 92% entro un anno, il 70% in Italia ed il 30% all’estero.

Ma le possibilità non sono mai troppe ed è in quest’ottica che opera ALMALink, il portale che raccoglie i profili degli studenti così da effettuare un “matching” relativo alle opportunità di lavoro. Da quest’anno, è stata attivata una collaborazione anche con HOSCO, tra le più note piattaforma di job searching  - www.almalink.hosco.com

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A fare la differenza nella metodologia di ALMA è soprattutto una didattica studiata e cucita di giorno in giorno a misura degli allievi, come ricorda Matteo Berti, Direttore Didattico – “Ogni scelta, cambiamento o scontro è avvenuto per seguire un obiettivo didattico, per costruire qualcosa di moderno e nuovo”.

“Conoscere e seguire la tradizione, ma dimenticandola senza tradirne i principi”, come sostiene Gualtiero Marchesi, e da qui che ha inizio la scintilla della novità. Proprio al Maestro Marchesi si deve il momento più sentito di questa giornata, un momento durante il quale Enrico Dandolo ha letto un lungo pensiero che il grande chef, per la prima volta assente, ha voluto dedicare ai ragazzi e alla scuola. Un pensiero che guarda al passato, che stimola, che insegna e che racconta la strada intrapresa in questo viaggio volgendosi al progresso e precisando che, con grande sofferenza, è il momento di lasciare la carica di Rettore per dedicarsi ad un nuovo progetto: una casa di riposo per chef.

Il Maestro sarà comunque all’interno del Comitato Scientifico della scuola che conta nomi di personaggi quali Paolo Lopriore, Andrea Grignaffini, Davide Comaschi, Ezio Marinato e Mariella Organi.

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La serata si è conclusa con un assaggio di amatriciana, affiancato dalla promozione del volume “Amatricianae, Grandi Chef Italiani Insieme per Amatrice”, il progetto sviluppato da ALMA edito da Plan, il cui ricavato sarà devoluto in beneficenza al fine di ricostruire una taverna, non a caso luogo di aggregazione, nel comune di Configno.

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Venerdì, 23 Giugno 2017 10:17

San Giovanni secondo lo chef Fabio Romani

E’ una delle ricorrenze più sentite tra Parma e provincia: la serata di san Giovanni e gli immancabili tortelli di erbetta. A raccontarci la sua tradizione di famiglia è lo chef Fabio Romani del “Ristorante Romani”

Di Chiara Marando –

Venerdì 23 Giugno 2017 -

Le tradizioni sono storie di famiglia, usanze che si tramandano di generazione in generazione come preziosi lasciti di ricordi confortevoli. Ci si ripensa con il sorriso, sensazioni lontane che riaffiorano alla mente come un morbido abbraccio.

La cucina è fatta di questo, si fonda sui racconti di famiglia, sui movimenti sapienti delle nonne e delle mamme in preparazioni che rappresentano il patrimonio gastronomico di un territorio. Lo stesso patrimonio che è piacevole celebrare durante le feste che ogni anno ricorrono, accompagnate da quei rituali che ne rappresentano l’essenza.

Feste come quella di San Giovanni, che a Parma e in tutta la provincia va a braccetto con uno dei piatti simbolo della tradizione: I Tortelli di Erbetta.

Perché? Perché questa è proprio la stagione in cui le bietole vengono a maturazione, si raccolgono e si trasformano nel gustoso ripieno che tanto piace ai parmigiani e non solo.

A raccontare la sua storia di famiglia è uno che di parmigianità se ne intende, che ha fatto della ristorazione una vocazione: Fabio Romani, chef del “Ristorante Romani” a Vicomero, appena fuori Parma. Qui la tipicità locale fa da padrona con un menù che trasuda genuina bontà, quella corposa che parla il linguaggio di una volta.

Fabio Romani

Ed è da questo che Fabio prende ispirazione, dalla sua storia, dalla memoriai. E’ la nonna ad avergli insegnato i segreti per preparare dei perfetti tortelli di erbetta, gli stessi segreti che Fabio ricorda con quell'espressione di chi ha imparato e fatto sua ogni parola, ogni più piccolo passaggio.

“Erano i primi giorni di vacanza dopo la scuola e io mi trasferivo a Vicomero – racconta Fabio – quando cominciavano a fiorire le erbette, con pazienza mi mettevo a raccoglierle con mia nonna. Poi c’era la ricerca della ricotta, quella fresca che arrivava dal casaro. E’ a lei che devo la mia passione per la cucina…avevo 7 anni”

Fabio si perde nella narrazione, torna indietro con i ricordi, sorride ripercorrendo i momenti in cui si preparava il ripieno e osservava “tirare” la sfoglia. Era un rito, ma a San Giovanni tutto veniva amplificato.

“San Giovanni era una festa e mia nonna si raccomandava perché tutto venisse fatto a dovere. Ci si trovava in 15 intorno ad un grande tavolo e si preparavano i tortelli. Ognuno aveva il suo compito, chi il ripieno, chi la sfoglia. Io mi occupavo solo di sistemarli ordinatamente così che non si rovinassero, ero troppo piccolo per disturbare, ma ho imparato tutto. Poi si raccoglievano le noci per preparare il Nocino e si aspettava la rugiada”.

Sono passati quasi quarant’anni da allora, alcune cose sono cambiate ma l’anima di questa tradizione è rimasta. Fabio e i suoi ragazzi si stanno organizzando per la grande serata, non si contano più i tortelli serviti durante questo appuntamento tanto atteso che allieterà la cena. A fare la differenza non è solo la ricetta, ma anche e soprattutto gli ingredienti.

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Per Fabio le bietole arrivano dal contadino, la ricotta, messa a scolare la sera prima per togliere il siero, deve essere grassa abbastanza per rendere il ripieno corposo e sostenuto, poi c’è un pizzico di noce moscata e l’aggiunta del Parmigiano Reggiano, un 30 mesi dal gusto intenso. Uova per legare ed ecco un cuore ricco di sapore. A completare il tutto è la sfoglia, che per lo chef rappresenta un vero e proprio ingrediente fondamentale del piatto: tirata spessa e lasciata “stagna”, come si dice da queste parti. E per condire, burro chiarificato e ancora Parmigiano Reggiano.

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L’azienda parmigiana compie 140 anni, un traguardo importante fatto di sviluppo, sostenibilità e rispetto per l’ambiente e le persone. E dopo i ristoranti di New York, in arrivo anche quelli di Los Angeles.

Di Chiara Marando -

Sabato 10 Giugno 2017 -

Ben 140 candeline, un compleanno più che importante, un traguardo che attraversa la storia dell’industria italiana. Era il 1877 quando a Parma nasceva una bottega del pane e della pasta divenuta oggi leader mondiale nel settore: La Barilla. Una tradizione di famiglia portata avanti seguendo il motto, coniato da Pietro Barilla, «diamo da mangiare alle persone quello che daremmo ai vostri figli».

Nel tempo, quella piccola bottega si è trasformata in uno dei vanti del made in Italy, con una esportazione che tocca 130 paesi del mondo, grazie ad un costante impegno legato allo sviluppo sostenibile che rispetta l’ambiente e ad un legame ben saldo con il territorio e la tradizione.

In occasione di questa importante ricorrenza, l’azienda ha organizzato una visita nei campi di coltivazione di grano duro, proprio accanto allo stabilimento di Pedrignano, primo cuore pulsante aziendale. Guida del tour, il vicepresidente del Gruppo, Paolo Barilla: “Una storia lunga 140 anni rappresenta per noi una grande motivazione per affrontare il futuro - racconta Paolo Barilla - Le generazioni che hanno lavorato con dedizione per costruire la Barilla lo hanno fatto mantenendo fede ai valori che ancora oggi ci guidano, ovvero fare un prodotto di qualità, nel rispetto per la comunità di persone che ci vivono intorno”

Un fare impresa ispirato al benessere delle persone basato sul “Good for you, Good for the Planet", supportato da politiche di produzione e comunicazione che mirano alla sostenibilità e alla genuinità.

I RISTORANTI

Quello Barilla sta diventano un vero e proprio concept che attraversa le diverse attività sostenute e sviluppate dal Gruppo, in particolare all’interno dei diversi ristoranti sparsi nel mondo. Dopo i tre locali di Manhattan, ecco in arrivo quelli di Los Angeles.

Un “Mediterranean Lifestyle” portabandiera dell’italianità più pura, dell’eccellenza enogastronomica che caratterizza le diverse regione dello Stivale. Un trionfo di ricette a base di pasta, pane e verdure per piatti dal sapore casalingo così da riscoprire e assaporare il piacere della tavola, della famiglia e degli amici.

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Menù da personalizzare, in base alle diverse esigenze di gusto, necessità e tendenze alimentari, nei quali – nemmeno a dirlo – la pasta fa da vera regina. Golosità semplici per far ritrovare il gusto di casa agli italiani che proprio non vogliono rinunciarvi nemmeno in viaggio, oppure per far vivere la vera esperienza taste of Italy a chi vuole viaggiare con la mente e provare il cibo più conosciuto al mondo.

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Sabato, 27 Maggio 2017 10:41

La Roma “bòna” si mangia qui

Al Ristorante “La Campana” c’è la Roma vera. Qui sono passati artisti, attori e scrittori e la cucina è rimasta uguale a sé stessa, fedele al territorio

Di Chiara Marando –

Sabato 27 Maggio 2017 -

L’ingresso è stretto, si confonde con quello degli altri locali lungo la via. Sembra uno dei tanti ristoranti che affollano le strade di Roma. E invece no. E’ il ristorante, quello più antico della città. La storia de “La Campana” inizia nel lontanissimo 1518 e da sempre è stata punto di passaggio per viaggiatori e forestieri, un angolo di ristoro che ha attraversato il tempo per arrivare ad oggi, memoria storica di tradizioni radicate.

Si entra e ci si accomoda quasi per fortuna, facendosi spazio tra gli avventori che affollano le sale e l’ingresso. Due, o forse più, i turni di servizio del pranzo e della cena. Ma qui è normale, bisogna adattarsi perché, non si sa come, un posto salta sempre fuori. E i proprietari riescono a muoversi tra i tavoli – anche in questo caso non si sa come – con una rapidità che impressiona, facendo arrivare velocemente i piatti fumanti a destinazione. Insomma, tutto deve essere gustato al meglio nella sua semplicità. Gli ordini, poi, si prendono a memoria, banditi tablet e fogliettini volanti

Qui c’è la Roma vera, qui sono passati artisti, attori e scrittori e la cucina è rimasta uguale a sé stessa. Fedele al territorio.

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Il menù parla dialetto stretto: l’abbacchio trionfa al forno o fritto con doppia panatura, il fritto all’italiana trasuda bontà con baccalà, fiori di zucca e carciofi alla giudia.

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Cacio e pepe, Amatriciana,Tagliatelle con i funghi e Tagliolini con alici fresche e pecorino sono i signori dei primi, ma anche gli spaghetti con le vongole possono considerarsi una new entry godereccia al punto da attirare più volte l’attenzione.

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Per molti, ma non per tutti, la coda alla vaccinara ed il pollo con i peperoni riempiono di gusto il palato e fanno dimenticare la ben lontana leggerezza di piatti poco conditi.

C’è chi viene anche solo per il dolce, l’ormai leggendaria torta di mele magari servita “Carda e cor gelato”, la cui ricetta rimane un enigma. Un segreto gelosamente custodito.

Poca formalità ma tanta gentilezza, il tutto nella romanità più pura è completa, si parla come tra amici e la capacità comunicativa dei camerieri è totale: sai che ti convinceranno a provare anche il piatto più impensabile, perché sono loro ad avere ragione e sapere che tanto ti piacerà.

E alla fine è proprio così.

Ristorante “La Campana”

Vicolo della Campana, 18 - 00186 Roma

Tel. 06 6875273 - 347 1098632

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Sabato, 13 Maggio 2017 10:58

Due passi a Ravenna...tre tappe gourmet

Ravenna è cibo per lo spirito e per il corpo: ecco qualche consiglio per scegliere le tappe gastronomiche giuste tra un monumento e l’altro.

Di Chiara Marando -

Sabato 13 Maggio 2017 -

Il centro storico di Ravenna è un brulicante fermento di voci e profumi che si nutrono dei sentori trascinati dall’aria di mare, ma anche di quella storia maestosa raccolta in meravigliose opere d’arte testimoni di generazioni ecclesiastiche e signorili. Difficile non trovarle, sono loro a venire da te tenute per mano dalle file di turisti che a flussi alterni si accalcano agli ingressi o percorrono le vie lastricate erose dal tempo.

Insomma, Ravenna è cibo per lo spirito e per il corpo. Due giorni bastano per staccare la spina, per assorbirne l’energia del patrimonio artistico, ma anche per assaporare quello che la cucina ha da offrire.

Quindi, ecco qualche consiglio per scegliere le tappe gastronomiche giuste tra un monumento e l’altro. Lo so, tutti dicono che non si può andare a Ravenna e non mangiare la tradizionale piadina. Lungi da me convincervi del contrario, piuttosto preferisco segnalarvi una sosta obbligata per chi vuole gustare una piadina degna di questo nome.

Situato in un palazzo antico nel pieno cuore storico cittadino, “Cà de Vèn” è l’enoteca d’altri tempi, quella con gli scaffali e le mensole in legno – in questo caso ottocentesche – con le bottiglie prestigiose, con il brusio della clientela che sorride tra un bicchiere e l’altro, ma anche tra un moroso e l’altro. Qui non pensate di trovare la raffinatezza, qui trovate la tipicità. La piadina è un must, fatta in casa e farcita con ingredienti golosi. Poi ci sono i piatti romagnoli, che raccontano il territorio, che fanno sentire a casa e conoscere la parte più genuina della città.

Visita dopo visita arriva l'ora di uno spuntino e con lui quella di un aperitivo che non ti aspetti, in una stretta via laterale, una di quelle meno calcolate dal passaggio turistico: tavolini e sedie in legno e metallo ed un interno allegro che ricorda i locali spagnoli. Si chiama "Fresco", ed è una sorta di lounge bar dove la selezione dei prodotti guarda con attenzione al biologico, alla nicchia che fa la differenza. L'idea è quella di offrire qualcosa di diverso dal solito spezzafame, di accompagnare un buon bicchiere di vino o una birra artigianale con stuzzicanti tapas, piccole porzioni di piatti curati e particolari da mixare a piacimento per provare sapori nuovi uno dopo l'altro.

Fresco

Infine, è arrivato il momento della cena. Qui possiamo concederci qualcosa di più, la piacevolezza di sedersi tranquilli a tavola, di sorseggiare un buon calice godendo di portate anche ricercate che non dimenticano la cultura gastronomica del territorio.

L'Osteria del Tempo perso”, a pochi passi dalla splendida Basilica di San Vitale, è un angolo di tranquillità: libri, vini e dischi arredano ogni parete del piccolo spazio che ospita solo pochi tavoli, un ambiente intimo da sapore retrò a tratti casalingo. Si respira la passione per la cultura, si percepisce la volontà di ricreare un ambiente accogliente nel quale fermarsi a parlare e vivere la convivialità. Il menù trionfa di mare ma propone anche qualche piatto di terra. Le preparazioni sono presentate con eleganza: gamberoni in pasta kataifi su riso venere e crema di zucca; Penne saltate con moscardini e canocchie con pesto al basilico e pomini; i classici cappelletti della tradizione; il carrè di maialino croccante al mirto.

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E per digerire? Due passi nella Ravenna notturna, avvolti dal rumore ovattato di una città che non vuole andare a dormire ma cullarsi per qualche ora ancora.

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Sabato, 06 Maggio 2017 10:35

TasteIt: la pizza gourmet nel cuore di Modena

A Modena c’è un luogo che in soli otto mesi è riuscito ad imporsi per la particolarità, il gusto avvolgente e la lavorazione delle sue proposte: si chiama TasteIt e porta in tavola una originale pizza gourmet

Di Chiara Marando -

 

Uno dei piatti simbolo della cucina italiana, quella più verace e genuina, si evolve e diventa gourmet. Sto parlando della tanto amata pizza e del suo goloso richiamo, una specialità che si presta a svariate interpretazioni culinarie e tentativi di impasti più o meno riusciti.

Ecco, a Modena c’è un luogo che in soli otto mesi è riuscito ad imporsi per la particolarità, il gusto avvolgente e la lavorazione delle sue proposte: si chiama TasteIt e nasce dall’idea di quattro amici desiderosi di esaltare le eccellenze gastronomiche del territorio modenese aprendosi ad alcune prelibate meraviglie mangerecce italiane. Ad essere premiate e messe in luce sono le piccole realtà artigianali, i loro prodotti realizzati con materie prime di alta qualità rispettate durante tutto il processo di produzione.

Domenico, Gennaro, Nicodemo e Pier Paolo hanno seguito una ispirazione trasformandola in qualcosa di concreto, un luogo dove a fare da padrona è la pizza vista con occhi non convenzionali. E questa ispirazione ha portato TasteIt a raggiungere nomi di punta come Sirani a Bagnolo Mello, la Fucina di Roma e i Tigli di Padoan,  che della pizza gourmet hanno fatto la loro fortuna.

A fare la differenza è prima di tutto l’impasto, risultato di tanta pazienza per arrivare ad ottenere una base che fosse leggera e digeribile ma, al tempo stesso, estremamente gustosa. Due sono le tipologie su cui si sviluppano le diverse ricette: integrale ed il più particolare integrale al nero di seppia. Non poteva mancare una cura particolare nella scelta delle farine utilizzate, rigorosamente macinate a pietra, impastate con lievito madre e lasciate lievitare per ben 72 ore.

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Tre le degustazioni presenti in menù, ognuna composta da 6 diversi gusti a scelta, con prodotti di mare e terra selezionati. Quello offerto è un percorso gustativo che accompagna il palato tra sapori più delicati, contrasti e sapidità accentuate, un viaggio alla scoperta di abbinamenti tanto insoliti quanto equilibrati.

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Provate, ad esempio, “La Capasanta” dove a prevalere è la dolcezza del pesce che ricopre interamente la superficie della fetta; oppure “La Scampiamola”, con impasto al nero di seppia, burrata, scampo crudo, salsa guacamole e basilico.

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E dato che parliamo di piatti gourmet, ecco che la carta dei vini propone buone etichette che spaziano tra i più noti vitigni italiani.

Il tocco in più è dato dalla location: nel centro di Modena con richiami alla tradizione ed un omaggio molto particolare alla città…il pavimento è la riproduzione esatta del Teatro Comunale Luciano Pavarotti.

 

TasteiT

Largo Aldo Moro 24,

41124, Modena

Tel. 059 787 2360

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Sabato 13 maggio a Reggio Emilia la nuova formazioni Atlethichef in campo contro la Nazionale Attori in una partita per raccogliere fondi da donare a Grade onlus per l’acquisto di una Pet per l’ospedale

Di Chiara Marando -

Sabato 22 Aprile 2017 -

Siamo abituati a vederli sempre impegnati ai fornelli, ultimamente anche in tv, ma mai alle prese con attività completamente diverse dall'ambito culinario. E invece adesso scenderanno in campo nel senso più reale del termine. Loro sono chef e pasticceri, maestri del gusto insieme per dare vita alla nuova nazionale di calcio Athletichef.

Nata da una idea di Mariagrazia Soncini, fondatrice nella nota scuola Mary’s Kitchen di Albinea e di Zelo Networking, Athletichef porta avanti un impegno comune in campo benefico contando sulla partecipazione di nomi di spicco nel panorama gastronomico italiano: Luca Montersino, Igles Corelli, Simone Rugiati, Luca Marchini, Davide Oldani, Giancarlo Perbellini, Andrea Mainardi, Andrea Tamagnini, Andrea Incerti Vezzani, Naausica Viani e Massimiliano Mascia solo per citarne alcuni.

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Il debutto della formazione è già fissato per sabato 13 maggio alle ore 19, stadio Mirabello di Reggio Emilia. Contro di loro, alle prese con il pallone, la Nazionale Attori che da più di 40 anni sostiene progetti solidali in tutta Italia. Tra gli altri ne fanno parte Alessandro Siani, Enrico Lo Verso, Corrado Tedeschi, Franco Oppini, Enrico Montesano, Francesco Giuffrida, Giorgio Pasotti, Giulio Base, Pino Insegno, Raimondo Todaro, Salvo Ficarra, Roberto Ciufoli.

Una serata benefica organizzata per raccogliere fondi da devolvere alla Fondazione Grade Onlus, realtà la cui mission è supportare l’attività ospedaliera del Reparto di Ematologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova, finanziando progetti di ricerca e assistenza rivolti ai pazienti affetti da malattie del sangue. Il ricavato della partita servirà per l'acquisto di una PET, un macchinario diagnostico di ultima generazione estremamente utile nell'acquisizione di bioimmagini.

Per la prima volta chef e pasticceri scenderanno in campo per giocare una partita di calcio – spiegano Mariagrazia Soncini e Lorenza Dalla Pozza di Zelo Networking – Si tratta di personaggi che rappresentano ‘miti’ del nostro tempo, con un seguito al pari di attori, sportivi e cantanti. Da stelle Michelin, gli chef sono diventati stelle dello star system a pieno titolo non solo in Italia ma in tutto il mondo. Insomma, ricoprono un ruolo di portabandiera nel mondo per uno dei settori più importanti del Made in Italy, ovvero quello del food & wine”.

Come acquistare i biglietti

E' già possibile acquistare i biglietti (10 euro intero, 5 euro fino a 12 anni) in prevendita nella sede della Fondazione Grade Onlus, in viale Risorgimento 80 a Reggio Emilia, e nei punti vendita Conad del territorio.

Lunedì 3 aprile si è svolto a Stresa il XXIV° Congresso Nazionale dei JRE, l'associazione che raccoglie i migliori giovani ristoratori d'Europa: un nuovo direttivo, progetti importanti e 4 nuovi ingressi.

Di Chiara Marando -

Sabato 08 Aprile 2017 -

Sulle sponde del Lago Maggiore, immersi nel suggestivo paesaggio che circonda Stresa, lunedì 3 aprile si è svolto il XXIV° Congresso Nazionale dei JRE, l'associazione che raccoglie i migliori giovani ristoratori d'Europa. Teatro dell'appuntamento, lo storico Grand Hotel Des Iles Borromees, con i suoi saloni baroccamente decorati e gli storici ambienti testimoni di inizio secolo.

Ed è proprio da Stresa che è partito questo nuovo viaggio che ripercorre il passato proiettandosi verso il futuro con nuovi importanti progetti e obiettivi, ma anche un nuovo direttivo. Con il 2017 è lo chef Luca Marchini, titolare del ristorante L'Erba del Re di Modena, a guidare la compagine italiana. Ad affiancarlo, sia per l'aspetto decisionale sia per quello operativo, il vicepresidente Marcello Trentini, chef del Magorabin di Torino; il Segretario e tesoriere Stefano De Lorenzi chef del Ristorante Due Mori di Asolo; i Consiglieri Aurora Mazzucchelli chef del ristorante Marconi di Sasso Marconi, Alberto Faccani chef del ristorante Magnolia di Cesenatico e Filippo Saporito lo chef del ristorante La Leggenda dei Frati, Firenze.

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Quella con Stresa è una sinergia che si consolida e realizza con l’Istituto Alberghiero E. Maggia, a riprova del grande interesse dell’associazione verso il futuro degli studenti

Il Congresso ha rappresentato ancora una volta, e con maggiore forza, la volontà di ritrovarsi e condividere esperienze, nonché per discutere di cucina etica e giusta insieme alle principali tematiche che ruotano attorno al settore della ristorazione. Diversi gli argomenti affrontati durante questa edizione, primo fra tutti il progetto Velluto sulla disfagia. Un totale di 12 chef, coordinati dal Presidente Luca Marchini, hanno realizzato menù in grado di riportare al piacere della tavola e della convivialità quei pazienti affetti da disfagia. L’ iniziativa promossa dall’Associazione Salvatore Calabrese Onlus e dai JRE, attraverso la realizzazione di un libro di ricette di velluto, la creazione di un circuito di ristoranti per disfagici, la promozione del portale ‘Oltre la disfagia’ e incontri sul territorio nazionale, intende informare e sensibilizzare l’opinione pubblica verso un problema collettivo ma ancora poco conosciuto.

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Poi la presentazione della nuova guida JRE edita da Condè Nast e distribuita con Traveller di giugno; la collaborazione con la casa di cura La Madonnina di Milano che vede ai fornelli gli chef impegnati a preparare piatti a base di ingredienti naturali e stagionali trattati con sistemi di cottura rispettosi delle materie prime e dei sapori, secondo ricette regionali ma rivisitate in versione un po' più 'light'.

Infine, un tour di impegni che coinvolgeranno gli chef in appuntamenti di rilievo, eventi dove la cucina diventa portabandiera di una filosofia e di una tradizione, quella italiana.

back drop

I NUOVI INGRESSI

Al termine del Congresso è la volta dei nuovi ingressi, 4 selezionati tra le oltre 20 domande ricevute: Daniel Canzian, ristorante Daniel di Milano; Davide Del Duca, Osteria Fernanda di Roma; Emanuele Donalisio, Il Giardino Del Gusto di Ventimiglia; Massimiliano Mascia, ristorante San Domenico di Imola.

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Sono stati loro a realizzare le portate servite agli invitati durante la sontuosa cena di Gala, aiutati dai giovani dell'istituto alberghiero e dalla brigata di cucina dell'hotel: Ricciola al sale di Cervia, olio di sesamo tostato, giardino di primavera e Gin puro (chef Massimiliano Mascia); Risotto al limone, sugo di arrosto e liquirizia (chef Daniel Canzian); Filetto di maiale friulano, la sua salsa al latte, perlage di tartufo, mantecato di patate viola al burro d'Isigny, cipollotti borettani caramellati (chef Emanuele Donalisio); Cremoso di ricotta e cioccolato bianco, estratto di salvia, karkadè, granita di barbabietola e aceto (chef Davide del Duca).

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Pubblicato in Food
Sabato, 01 Aprile 2017 11:14

Pennellate visionarie di “Inkiostro”

Una cucina fatta di ricerca estrema, coraggio, tecnica, materie prime inusuali e lunghe lavorazioni: è la proposta del ristorante stellato “Inkiostro” e del suo chef Terry Giacomello.

Di Chiara Marando -

Sabato 1 Aprile 2017 -

Parma è tradizione in cucina. E' tortelli di erbetta, anolini, eccellenti salumi, torta fritta ma anche altre delizie che è confortevole trovare passando da un ristorante all'altro della città. C'è chi segue la cultura del territorio pedissequamente, chi la reinterpreta con picchi di creatività spaziando con la fantasia e la sperimentazione e poi c'è chi della continua sperimentazione ne fa un dogma. A Parma si chiama Terry Giacomello, chef del ristorante stellato “Inkiostro” gestito dalla famiglia Poli, in particolare da Francesca che testa e giudica personalmente ogni proposta.

Quella di Terry non è solo cucina, è ricerca estrema, è tecnica, materie prime inusuali e lavorazioni frutto di lunghe riflessioni, tentativi, fallimenti e successi. Ogni suo piatto appare come un dipinto che racconta una storia dalle diverse sfumature ed interpretazioni.

Ma quella di Terry è anche una cucina coraggiosa che ha portato una ventata di novità in una città difficile come Parma, radicata nell'eccellenza gastronomica che la contraddistingue. Assaporare le portate significa aprirsi a nuovi sentori e consistenze, lasciarsi andare alle percezioni che derivano da ogni boccone ed imparare ad apprezzare ciò che non si conosce.

Inutile girarci intorno, lo si ama o lo si odia. Le mezze misure non sono ammesse, è l'impulso a prevalere.

L'Inkiostro e Terry fanno vivere un'esperienza e per esserne coinvolti appieno non basta scegliere alla carta, ci si deve affidare allo chef: due le degustazioni, una più limitata che permette un percorso sensoriale delicato ma significativo, l'altra con 11 portate che racconta la scelta stilistica sinuosa e a tratti graffiante di Giacomello.

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Non è solo il sapore o la presentazione minuziosamente composta a sorprendere, ma anche la selezione di materie prime inutilizzate dai più, spesso scartate e non considerate. Terry le preferisce, ne intuisce l'alto valore culinario e restituisce loro piena dignità. L'esplorazione passa anche per i prodotti tipici valutati da un punto di vista differente, più ardito, ma proprio per questo stimolante.

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Una cucina in divenire che non si lega a nessun ingrediente o creazione, che non si ispira ma è ispirata, che non rimane mai uguale a sé stessa.

Perché Terry Giacomello è curioso e proprio non ci riesce a stare fermo, a calmare la sua sete di scoperta e di rivoluzione. Per questo, è già pronto con un nuovo menù dai favolistici e mitologici ingredienti come la Vongola centenaria delle Fær Øer servita con aria di aceto allo shiso rosso e polvere di limone iraniano che ne accentua la salinità con note fruttate; e poi “Medusa”, un gioco di incognite che si esprime attraverso un'estetica da artista visionario;

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il lavoro di cesello dell'Asparago bianco, asparago verde, pinolo tostato e saba;

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la delicatezza armonica con richiami alla tradizione del Raviolo di tendine, cipolla torrefatta, salsa di brasato, lattuga e uova di lumaca;

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gli incontri di consistenze e dolcezza nel dessert con zucchero moscovado, aceto balsamico, cocco, cioccolato bianco.

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Ristorante “Inkiostro”

Via S. Leonardo, 124,

43123 Parma PR

Tel. 0521 776047

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