di Mario Vacca Parma 26 febbraio 2018 - Per la prima volta il codice di condotta di un'azienda nella sua gestione ordinaria normata dagli articoli del codice civile viene investito dagli articoli della nuova legge fallimentare, infatti l'imminente introduzione delle procedure di allerta descritte nell'art. 4 della L. 155/2017, che ha delegato il Governo a modificare significativamente l'attuale impalcatura della legge fallimentare sarà accompagnata anche da modifiche al codice civile.
L'articolo 14 del testo della legge delega contiene, alla lettera b), la modifica che prevede "il dovere dell'imprenditore e degli organi sociali di istituire assetti organizzativi adeguati per la rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi per l'adozione tempestiva di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale".
Nelle more della redazione del testo si può senz'altro osservare che l'effetto sostanziale di questa modifica sarà il bisogno per ciascuna impresa di dotarsi in maniera strutturata di metodi di rilevazione del mantenimento della continuità aziendale. E tali metodi non possono che essere basati sul controllo di gestione.
Attraverso il controllo di gestione l'impresa analizza continuamente la propria attività in senso finanziario, strutturale ed amministrativo, ma anche commerciale e industriale. L'analisi consuntiva di norma relegata al bilancio d'esercizio lascia terreno alle analisi preventive (budget economici e finanziari) con cui misurare le performance aziendali in un futuro ragionevolmente prossimo da cui trarre conoscenza dei flussi di cassa necessari al sostegno della continuità aziendale.
Per calcolare correttamente i flussi di cassa futuri, l'azienda dovrà acquisire la capacità di costruire e mantenere adeguata informativa non solo sulla propria capacità industriale, commerciale e finanziaria, ma anche sulle dinamiche del settore merceologico di riferimento e sui principali competitor.
E' necessario diffondere la consapevolezza dell' importanza del controllo di gestione quale strumento ordinario di best practice, strumento che diviene oggi parte integrante dei doveri civilistici posti in capo al "buon imprenditore" e che diviene pane quotidiano per ogni organo di controllo.
I benefici derivanti dall'adozione di tale programma miglioreranno il rapporto con il sistema finanziario e si rileveranno ottimi alleati nel ridurre i rischi di default.
L'esperienza dimostra che le PMI italiane, caratterizzate da un tessuto composto più da piccole che medie imprese, sono normalmente o poco inclini o poco strutturate sul controllo di gestione.
Rendere sistematico questo vitale esercizio di buona conduzione aziendale può essere compito della professione del dottore commercialista ma ancor più di un manager che viva l'azienda dal suo interno ed apprenda i segreti, le routine ed i programmi di tutti i reparti. In quest'ottica – soprattutto per le PMI - si inserisce il Temporary Management che sempre più interessa le aziende siano esse grandi o piccole.
Questo è quanto emerge da una recente indagine promossa da Leading Network in collaborazione con IIM – Istitute of Management Italy.
Il Temporary Manager vende esperienza, ha un bagaglio culturale utile ad affrontare le più disparate esigenze aziendali, organizzative, finanziarie, amministrative ed in parte legali, possiede le competenze per raggiungere gli obiettivi comprendendo i propri limiti e facendo ben ricorso all'istituto della delega, circondandosi di professionisti alla propria altezza.
L'indagine appena promossa identifica l'adozione del Temporary Manager prevalentemente nelle situazioni di ristrutturazione aziendale (soprattutto nei casi di concordati in continuità), nei progetti di internazionalizzazione e delocalizzazione oltre che a tematiche relative ai passaggi generazionali.
In Italia il grado di soddisfazione delle aziende utilizzatrici è molto alto, con un picco assoluto del 100% nelle micro aziende; per questo tipo di realtà, al fai da te spesso praticato, sarebbe forse preferibile l'accompagnamento da parte di un professionista specializzato proprio per organizzare un sistema di gestione basato sull'attuale norma.
Il rapporto tra l'imprenditore italiano e la banca è stato per decenni immune da frizioni che non fossero prodotte da comportamenti censurabili o da difficoltà intrinseche al business aziendale. Per l'imprenditore con un'azienda sana e con una rispettabile storia familiare, le porte degli istituti di credito erano sempre aperte. Anche dal lato della banca, il modello "relazionale" di gestione del credito, prevalente in Italia fino alla fine degli anni Novanta, conferiva alle unità locali (il direttore, il capo area) un ruolo di intelligence sul territorio che veniva quasi consacrato da facoltà decisionali molto estese. Bastava una telefonata, o un caffè, col direttore per ottenere un ampliamento del fido.
La rivoluzione scatenata dalle regolamentazioni internazionali e dalla crisi finanziaria internazionale (dalla quale è scaturita una progressiva restrizione della disponibilità di credito bancario) ha finito per accantonare definitivamente un sistema che aveva consentito alle PMI italiane di sopperire alla strutturale carenza di mezzi finanziari propri.
Per l'imprenditore italiano è cambiato letteralmente il mondo. Il meccanismo che aveva decretato per decenni il successo del piccolo capitalismo familiare della provincia italiana, che spesso affondava le radici nell'artigianato o nel lavoro manuale, capace di far leva su competenze di prodotto molto spiccate (e in molti casi vincenti sui concorrenti internazionali) si trova costretto a fare i conti con una nuova realtà, molto difficile da governare. In un sistema imperniato sulle competenze, era possibile eccellere sapendo far bene il proprio lavoro, sapendo realizzare un prodotto migliore (o più economico) di quello dei concorrenti, e sapendolo vendere bene. La finanza veniva da sé, per quello c'erano le banche.
La banca diventa sempre più un interlocutore sintonizzato su una lunghezza d'onda che l'impresa italiana fatica a percepire. In pratica per l'imprenditore, spesso a digiuno di competenze finanziarie per non averle coltivate negli anni, è cambiato il linguaggio bancario. Anche in questo contesto è preziosa l'adozione di un Temporary Manager che traduca i risultati del controllo di gestione agli stakeholders esterni come banche e finanziatori.
Il vantaggio forse più importante ed apprezzato – e che connota e distingue la tipologia del servizio – è che il Temporary Manager ha un taglio molto operativo, al contrario dei classici servizi di consulenza, (il consulente consiglia il manager esegue) è sempre svolto da personale con una lunga esperienza diretta ed operativa in azienda e questo lo distingue sia dalle classiche società di consulenza, sia dai servizi offerti dal commercialista, con il quale per altro deve collaborare e confrontarsi per ottimizzare l'efficienza aziendale.
Concludendo è ipotizzabile che il Temporary Management sia un servizio che potrebbe diventare lo standard di fruizione per le piccole e medie aziende in quanto si pone come convergenza delle macro aree aziendali, quali amministrazione, finanza e controllo, organizzazione e legale. Un processo inarrestabile questo che avrà tuttavia un riscontro positivo come la progressiva managerializzazione del nostro tessuto imprenditoriale sicuramente propulsiva dello sviluppo.
«La Galea è il mezzo attinto a immagine che verrà impiegato per navigare all'interno delle organizzazioni aziendali e raggiungere gli ambiti più lontani e nascosti. Lo scopo è promuovere e diffondere la cultura etica di un nuovo modello di gestione aziendale dove le persone sentendosi responsabili, contribuiscono con la ragione, con il cuore e con lo spirito a migliorare le prestazioni dell'impresa.»*
di Guido Zaccarelli Mirandola 24 febbraio 2018 - La catena del valore ideata dall'economista statunitense Michael Eugene Porter permette di descrivere la struttura di una organizzazione formata da 5 insiemi verticali posti alla base che sorreggono 4 insiemi orizzontali che li attraversano in modo longitudinale.
L'immagine della freccia indica la direzione di marcia dell'organizzazione proiettata sul margine economico. Un'azienda si sorregge con la dimensione verticale, hardware, che definisce la struttura fisica dell'azienda, e si completa con la dimensione orizzontale, software, al cui interno è presente anche la gestione delle risorse umane. Il capitale umano è la risorsa più importante delle aziende.
Il libro: Dalla Piramide al cerchio, la persona al centro dell'azienda, vuole verificare se esistono ancora oggi modelli organizzativi impiegati ai tempi delle galee. Come venivano impiegate le persone a bordo delle galee?
Le galee viaggiavano a bordo costa e per i loro spostamenti utilizzavano schiavi ai quali erano imposti ritmi di lavoro stressanti con ridotte pause, spesso all'imbrunire, dove veniva loro concesso il rancio per alimentare un corpo sottoposto a fatiche estenuanti.
Il tempo avanza. Dopo la rivoluzione industriale 1.0, 2.0 e 3.0 ora siamo nell'era della quarta rivoluzione industriale, chiamata 4.0. Il lavoro alla catena di montaggio di norma è estenuante. In certi casi può essere parificato a quello degli schiavi con le stesse modalità di pausa loro concesse per recuperare l'elevato livello di stress: lavora, lavora, lavora, pausa, lavora, lavora, lavora.
La catena di montaggio che doveva contribuire ad alleviare le fatiche dell'uomo donandogli una maggiore disponibilità di tempo da dedicare al benessere personale e familiare e ambire ad una società migliore, si trova costretto a rispettare i tempi di un aguzzino digitale (tac time) programmato per incrementare il numero delle unità di prodotto nel minor tempo.
Il livello di stress delle persone è molto alto a seguito della velocità di scorrimento della linea e della frammentazione del lavoro in unità sempre più piccole per velocizzare i tempi di apprendimento delle azioni da svolgere.
Situazioni in cui l'apprendimento è contenuto all'interno di una giornata di lavoro ottenuto con l'affiancamento di una / due persone in possesso della necessaria competenza tecnica e professionale.
Il tutto per massimizzare la redditività d'impresa. Il turn over è elevatissimo.
Il malessere personale elevato con forti ricadute sui costi sociali che devono farsi carico di recuperare il disagio prodotto dalle aziende che devono produrre in quantità sempre maggiori per competere, per incrementare i livelli di redditività e di riflesso alimentare nuove forme e fonti di guadagno.
È qui che bisogna intervenire per elevare il valore della persona riconsegnando la dignità al fattore umano che la catena di montaggio ha tolto e reso evidente nella sua durezza e crudeltà nel film Tempi Moderni magicamente interpretato da Charlin Chaplin.
Il mondo in cui viviamo si trova di fronte a grandi cambiamenti e la velocità con cui la realtà muta sotto i nostri occhi è incessante e spesso imprevedibile.
L'evoluzione della tecnologia sta conducendo le persone a vivere un futuro sconosciuto per la complessità degli eventi che possono succedere nell'immediatezza degli accadimenti.
Una cosa è certa: le galee sono ancora oggi la testimonianza reale di come in certi casi la storia sia rimasta ferma al XIV° secolo, incapace di allontanarsi dagli accadimenti per la forte motivazione soggettiva che spinge l'uomo a incrementare il livello di ricchezza personale e il valore economico assegnato alle proprie imprese che vivono l'economia 4.0.
«Le persone che oggigiorno lavorano in una catena di montaggio, a cui viene chiesto di produrre incessantemente per raggiungere elevati livelli di produzione e di redditività aziendale, vivono le stesse condizioni provate dai rematori ai tempi delle Galee, quando venivano incatenati ai remi delle loro imbarcazioni per raggiungere velocemente il porto, oppure qualcosa è cambiato?»*
* Dalla Piramide al Cerchio, pag. 35, 43, Guido Zaccarelli, Franco Angeli Editore.
UniCredit e Alibaba.com, il marketplace B2B di Alibaba Group, hanno stretto una collaborazione finalizzata a supportare le aziende italiane che esportano. Le parti lanceranno una serie di iniziative di marketing che promuovono l'export italiano sulla piattaforma internazionale di
Alibaba.com.
Nel contempo, UniCredit presenterà un nuovo prodotto separato, Easy Export, che sarà disponibile in esclusiva per la clientela UniCredit da inizio marzo. L'offerta combinata ha l'obiettivo di supportare le aziende che già esportano o che vorranno operare a livello internazionale. Grazie all'accordo, i clienti UniCredit avranno accesso a Alibaba.com, nel 2016 il più grande mercato globale online della Cina per fatturato i, e saranno in grado di raggiungere clienti presenti in oltre 200 Paesi (Fonte iResearch).
UniCredit Easy Export aiuterà le aziende italiane a raggiungere la clientela internazionale attraverso un servizio di vendita personalizzato, distintivo e fornito nella lingua preferita dal cliente. UniCredit, tramite partner di eccellenza, come Geodis per la logistica e Var Group per la digitalizzazione, offre l'accesso a servizi ad alto valore aggiunto che vanno dalla creazione di una vetrina dedicata alle aziende e ai propri prodotti, al supporto per la gestione delle pratiche di logistica, fino all'assistenza di un consulente dedicato. I clienti potranno definire in autonomia il pacchetto di servizi a loro più congeniale, attraverso un'offerta flessibile, che permetta di costruire un servizio ad hoc sulla base delle specifiche esigenze e ambizioni aziendali.
"Siamo lieti di collaborare con Alibaba.com, uno dei più grandi mercati globali online al mondo. In UniCredit siamo costantemente impegnati a offrire ai nostri clienti soluzioni reali che li supportino nell'internazionalizzazione e nella crescita della loro azienda. Questa nuovo accordo rafforzerà ulteriormente il settore dell'e-commerce che in Italia vale oggi 7,5 miliardi di euro, il 6% delle esportazioni totali ed è in crescita del 25% all'anno", commenta il Direttore Generale di UniCredit Gianni Franco Papa. "Inoltre, con UniCredit Easy Export offriamo ai nostri clienti un gateway integrato che combina innovazione ed esclusività, consentendoci di rafforzare ulteriormente la nostra posizione di partner bancario di riferimento per le aziende che voglio
internazionalizzarsi".
UniCredit ha sviluppato un sito Web dedicato che facilita l'utilizzo della piattaforma Alibaba.com da parte dei clienti, oltre a consentire l'accesso ai prodotti e ai servizi bancari di UniCredit, che vanno dal supporto all'internazionalizzazione dell'impresa (gestione dei flussi esteri, finanziamenti copertura rischi e garanzie), fino alle soluzioni rivolte alla crescita sui mercati internazionali. Il nuovo sito web sarà disponibile all'inizio di marzo.
L'accordo siglato è un ulteriore rafforzamento delle collaborazioni avviate nei mesi scorsi tra UniCredit e Alibaba.com, concretizzatisi nel lancio del negozio online eMarco Polo su Tmall Global (un marketplace B2C di Alibaba Group) che offre prodotti di alta qualità realizzati dalle PMI italiane e rivolte a più di 500 milioni di consumatori cinesi. Per quanto riguarda i pagamenti, ricordiamo l'accordo con Ant Financial, un'affiliata di Alibaba Group che consente a molti punti vendita italiani di accettare pagamenti tramite l'app mobile Alipay, facilitando così gli acquisti e le transazioni per i tre milioni di turisti cinesi che visitano l'Italia ogni anno.
"Questo ulteriore accordo con UniCredit si integra perfettamente con il nostro ecosistema e rafforza la nostra missione di supportare e facilitare gli scambi commerciali, incrementando le opportunità di business per le imprese italiane in Cina con Tmall Global, in Italia con Alipay e nel mondo con Alibaba.com" – commenta Rodrigo Cipriani Foresio, Managing Director Sud Europa di Alibaba Group e responsabile per le piattaforme Tmall e Tmall Global a livello
europeo. "Considerate le potenzialità del Gruppo UniCredit, con solide radici italiane ma di fatto europeo, auspico che simili iniziative possano estendersi ad altri mercati europei nel prossimo futuro".
di Guido Zaccarelli - Modena 18 febbraio 2018 - Un uomo solo al comando: la sconfitta dell'imprenditore solitario è il titolo rivolto all'imprenditore che innanzi al mondo di oggi, che viaggia sempre più veloce, rimane incardinato nella gestione padronale della propria azienda.
La riflessione abilita il pensiero a muoversi in differenti direzioni consapevole dell'errore che viene compiuto mantenendo in atto una gestione che sa di passato e non di futuro. Ma non tutti in passato gestivano le aziende seguendo uno schema imprenditoriale concentrato sul "padrone".
Un uomo, che ha fatto la storia del biomedicale a Mirandola, favorendo la crescita sociale ed economica, ha sempre adottato uno schema semplice, ma estremamente lungimirante: inserire le persone nella proprietà dell'impresa. Si tratta del Dr. Mario Veronesi, un pioniere della grande industria italiana nel mondo che ha contribuito alla presentazione del saggio dal titolo: La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale, Guido Zaccarelli, Franco Angeli Editore: «nella mia personale esperienza imprenditoriale, limitata a quattro aziende che non hanno mai superato le 500 unità ognuna, la responsabilità condivisa del personale è sempre stata una condizione acquisita in quanto:
• i capiservizio erano associati nella proprietà della società;
• ogni caposervizio aveva la facoltà di selezionare i propri collaboratori;
• le nostre aziende hanno sempre avuto la possibilità di gratificare il personale oltre quanto previsto dai contratti sindacali.
Avere la piena collaborazione di tutto il personale e la loro conoscenza condivisa, è la prima condizione per aumentare la sicurezza del prodotto, oltre i controlli previsti dal processo nel nostro caso determinante per la vita del paziente.»
Le aziende che operano sui distretti territoriali, molte di queste a conduzione familiare, godono al proprio interno di elevate specializzazioni che costituiscono la struttura portante dell'impresa e sostengono la crescita e lo sviluppo dell'impresa. La percezione del lavoratore che vede ridotta l'attenzione e il valore associato alla dimensione personale e professionale, determina a piccoli passi la formazione di una frattura che nel tempo conduce alla fuoriuscita del dipendente che migra in altre realtà più strutturate capaci di rispondere ai desideri non corrisposti. Le persone vanno premiate.
Il risultato è una perdita di valore dell'impresa associato al mantenimento degli impegni assunti arrecati e dalla impossibilità di accedere a profili equivalenti capaci di sopperire nell'immediato alla mancanza del lavoratore.
Il turn over di profili specializzati è elevato e la concorrenza si muove per entrare in possesso di figure che possono contribuire ad allargare il gap con la concorrenza. Inserire i collaboratori all'interno dell'azienda coinvolgendo il personale nella proprietà è una dimensione di garanzia che tutela l'imprenditore innanzi a improvvisi e imprevedibili sbalzi d'umore e motiva il personale ad aderire in forma partecipata all'andamento dell'azienda assumendo ruoli e posizioni di assoluto rilievo nel contesto organizzativo.
L'economia moderna impone scelte organizzative sempre più orientate alla condivisione dei singoli saperi che si muovono verso un obiettivo comune.
L'incontro con alcuni imprenditori evidenzia un paradosso: chiedono al lavoratore di condividere le informazioni e la conoscenza in forma circolare e mantengono inalterata la struttura piramidale della propria azienda: una possibile causa per rimanere soli al comando della propria azienda. La cosa che più sorprende osservandoli, è nella gestualità delle mani che si muovono sincrone nel disegnare il cerchio della conoscenza e quando il discorso si sposta sull'organizzazione iniziano rispondono che deve essere verticale.
Il tempo sarà dalla parte della conoscenza condivisa e il modello piramidale verrà abbandonato per migrare verso quello circolare mettendo tutti d'accordo, anche quelli che, come i pinguini del Madagascar,hanno lasciato il gruppo per rimettersi in colonna e continuare il viaggio insieme agli altri.
Mario Lucenti di Confimi: "Pressione fiscale alle stelle, i nostri quartieri artigianali rischiano di diventare delle città fantasma".
La solita legge da Azzecca-Garbugli, in pieno stile italiano. Mentre saltimbanchi e circensi discutono di sacchetti biodegradabili e di alleanze sconce la vera Italia (quella composta da chi lavora) naviga senza nessuno al timone, verso una deriva senza precedenti.
Questa volta, a preoccupare il mondo delle piccole e medie imprese modenesi è una legge che (probabilmente) è stata scritta bene ma applicata male, come spesso avviene in questo meraviglioso paese, dove chi lavora si trasforma nel bancomat abituale di chi invece ha deciso di vivere di espedienti e di campagne elettorali.
Questa volta, lo strumento utile al solito salasso di cui è vittima il manifatturiero, è una norma che regola il pagamento della tassa sui rifiuti, dazio di cui beneficiano direttamente i Comuni, in questo caso di Modena, attraverso la collaborazione di Hera: "Prima il D.P.R. 915/82 poi il D.L. 6 dicembre 2011 n. 201 (art. 14) ed infine la L. 27 dicembre 2013 n. 147 (art. 1 Comma da 639 a 668) dicono chiaramente che nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI (prima Tares e Tarsu), non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori" Così Giovanni Gorzanelli, presidente di Confimi Emilia.
In poche parole la norma precisa che se l'azienda ha una sala di lavorazione, la superficie di questa deve essere scomputata dal calcolo della superficie di produzione dei rifiuti in quanto sarà l'azienda stessa a pagare l'impresa o l'ente addetto che si occupa di smaltire i rifiuti, talvolta materiali ferrosi, tossici o comunque carichi che necessitano di una ditta specializzata allo smaltimento.
Le piccole e medie imprese modenesi si sono rivolte a Confimi per tentare di fare chiarezza sulla beffa, a preoccupare è l'interpretazione della legge, interpretazione che mette in seria difficoltà le aziende del nostro territorio: "Hera (e per lei il Comune di Modena quale ente di riscossione) interpreta male la legge in quanto sostiene che in realtà la sola superficie che non dovrebbe essere presa in considerazione è quella su cui poggia il macchinario, non tutta la sala di lavorazione, capannone appositamente creato per ospitare i macchinari di produzione, aumentando di conseguenza tutta l'area di calcolo soggetta a tassazione: in poche parole anche le aree di lavorazione esenti da questa tassa vengono calcolate, aumentando la pressione fiscale su ogni singola azienda. Mi spiego: se costruisci un capannone di 400 metri per ospitare una macchina a taglio laser sarà esente dalla tassa sui rifiuti solamente la superficie effettiva su cui poggia il macchinario in questione. "L'anomalia è stata presa più volte in analisi anche dallo Stato, ma Hera e il Comune continuano ad applicare questo metro: "L'anomalia in realtà è anche già stata risolta più volte dalla Cassazione e da una circolare del Ministero delle finanze, la n. 47505 del 9/12/2014. Questa afferma chiaramente che non può ritenersi corretta l'applicazione del prelievo alle superfici destinate alle attività produttive con la sola esclusione della parte di esse occupata dai macchinari affermando pertanto che l'intera sala di lavorazione deve essere scomputata dal calcolo. Hera confida nel fatto che nessuno faccia opposizione, e soprattutto che le piccole e medie imprese rinuncino ad eventuali controversie legali" così Gorzanelli, che ha continuato dicendo: "Imprenditori e artigiani sono assediati da tasse, scartoffie, avvocati, commercialisti, spese legali e controversie evitabili. Nella maggior parte dei casi, quando l'azienda è di piccole dimensioni, il lavoratore in questione preferisce pagare e andare avanti, pur consapevole di quello che accade intorno a lui. Non tutti hanno il legale interno e questi tipi di ricorsi costano non poco".
Dello stesso avviso Mario Lucenti, direttore generale di Confimi Emilia: "Siamo colpevoli di fare impresa, di creare posti di lavoro. Una multinazionale non ha questi problemi, perché hanno a disposizione legioni di avvocati, pronti a rimediare a questa sorta di anomalia, il piccolo imprenditore invece, nella maggior parte dei casi, deve seguire tutti i processi di produzione, deve occuparsi del commerciale e di tutto il resto e non ha la forza e le energie per difendersi da questo tipo di operazione. Vogliono vederci fallire? Se continuano ad esercitare questa pressione fiscale i nostri quartieri artigianali diventeranno delle città fantasma".
Confimi emilia romagna - Modena 25 gennaio 2018
Nella foto, a sinistra Giovanni Gorzanelli, a destra Mario Lucenti, al centro l'imprenditore Romolo D'Eboli
Michele Magagna subentra a Emil Anceschi che va a ricoprire l'incarico di Amministratore Delegato di Gesta Spa. Il Presidente Olivi: "Sono nomine che guardano al futuro della cooperativa. Strategico per la crescita il progetto per creare un polo nazionale dell'Energy e Facility Management con Cpl Concordia"
Reggio Emilia, 26 gennaio 2018 – Michele Magagna è il nuovo Direttore Generale di Coopservice, uno dei principali player nazionali nei servizi integrati.
Michele Magagna, 45 anni, ferrarese, dirigente, è entrato in Coopservice nel 2008 e sino ad oggi ha ricoperto la carica di direttore commerciale.
Emil Anceschi nei giorni scorsi aveva lasciato l'incarico di direttore generale della cooperativa per essere nominato amministratore delegato di Gesta Spa, società controllata da Coopservice e attiva nell'Energy & Facility management. Una scelta importante per perseguire l'obiettivo prioritario di far nascere, in accordo con Cpl Concordia, un nuovo soggetto leader in Italia nel settore.
Sono le principali novità emerse dalla riunione di oggi del Consiglio di Amministrazione di Coopservice, che ha approvato le proposte di nomine del top management, avanzate dal presidente Roberto Olivi.
Il CdA ha inoltre deciso di dare attuazione alla figura del direttore operativo, già prevista nel Piano Industriale, che ha il compito di raccordare le linee di attività della cooperativa con la direzione generale. La nomina formale del direttore operativo avverrà nelle prossime settimane.
Il CdA ha anche provveduto alla nomina di Giovanni Catellani, già direttore generale di Tecton, a responsabile della linea Facility management in sostituzione di Manlio Raimondi, che ha rassegnato nei giorni scorsi le proprie dimissioni da tutti gli incarichi che ricopriva in Coopservice.
Il CdA di febbraio completerà i nuovi assetti con la nomina del direttore operativo e del nuovo direttore commerciale.
"Le nomine approvate dal Cda guardano al futuro di Coopservice. Abbiamo valorizzato le nostre migliori risorse manageriali per rafforzare la cooperativa e dare un forte impulso ai progetti strategici di sviluppo per il futuro – commenta Roberto Olivi, presidente di Coopservice. – Michele Magagna è un manager capace con una lunga esperienza in Coopservice, apprezzato da soci e dipendenti. Conosce il business e i meccanismi aziendali, e sarà dunque pienamente operativo nella nuova funzione nell'immediato. La nomina di Emil Anceschi in Gesta è significativa perché dimostra il nostro impegno ai massimi livelli in un'iniziativa strategica qual è lo sviluppo nel settore dell'Energy & Facility management ed in particolare nel progetto di creazione, insieme a Cpl Concordia, di un primario operatore nazionale nel settore. Vogliamo continuare a crescere, in linea con gli obiettivi del piano industriale, per offrire nuove opportunità e migliori condizioni di lavoro a soci e dipendenti".
"Ringrazio il CdA per la fiducia che mi ha accordato nell'affidarmi questo importante incarico – dichiara Michele Magagna, nuovo direttore generale – Il mio primo impegno sarà quello di creare le sinergie tra tutti i livelli dell'organizzazione per affrontare e superare le sfide di un mercato in continua evoluzione".
Il Gruppo Coopservice, che comprende la controllata Servizi Italia, quotata in Borsa, ha chiuso il 2016 con un fatturato di 782 milioni di euro, un patrimonio di 120,8 milioni di euro e un numero di occupati che sfiora le 19.000 unità.
Il 2017 si chiude con un calo delle imprese attive (-2.756 unità, -0,7 per cento) analogo all'anno precedente. La più ampia riduzione si ha nel commercio (-1.096), seguono agricoltura, costruzioni e manifattura. Segnali positivi vengono dai settori dei servizi, che nel complesso restano però invariati.
Crescono solo le società di capitale (+1.743 unità, +2,1 per cento), mentre si amplia la diminuzione delle ditte individuali (-2.719) e si riduce quella delle società di persone (-1.743).
Una dinamica economica che registra un lieve calo della base imprenditoriale, più contenuto rispetto al trend degli ultimi anni. E' questa la lettura che l'Ufficio Studi di Unioncamere Emilia-Romagna ha effettuato sui dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio della regione.
Secondo Movimprese, la mappa che deriva dall'elaborazione di Unioncamere-InfoCamere sulla nati-mortalità delle aziende, le imprese registrate in Emilia-Romagna sono risultate 456.929 a fine anno, quindi 3.191 (-0,7 per cento) in meno rispetto alla fine del 2016. Si tratta della più ampia flessione dal 2014, anche se nettamente inferiore a quelle subite nel biennio 2013-2014. A livello nazionale, nel 2017, la tendenza è risultata positiva e ha condotto a un lieve aumento dello 0,3 per cento delle imprese registrate. Nel complesso del 2017, in ambito Emilia-Romagna, le iscrizioni (25.327) sono lievemente diminuite rispetto all'anno precedente (25.942) e il dato costituisce il nuovo minimo degli ultimi dieci anni. Le cessazioni sono state pari a 28.674, quindi sono rimaste sostanzialmente invariate rispetto al 2016 (28.608) e risultano quindi da tre anni sui livelli minimi del decennio.
Restituisce la misura dell'effettiva capacità della base imprenditoriale il numero delle imprese attive che al termine del 2017, erano 404.758 ovvero 2.756 in meno rispetto a fine 2016, (-0,7 per cento). In termini assoluti, la perdita della base imprenditoriale regionale è risultata allineata a quella riferita ai dodici mesi precedenti (-2.766 unità), e resta ben al di sotto dei livelli degli anni dal 2012 al 2014. A livello nazionale le imprese attive hanno segnato un lieve aumento (+0,1 per cento) nel 2016, a conferma della particolare condizione dell'imprenditoria regionale.
I comparti di attività economica. A livello macro settori, la base imprenditoriale regionale dell'agricoltura, delle costruzioni e dell'industria continua a restringersi, mentre quella dell'aggregato dei servizi resta sostanzialmente invariata. In dettaglio, i settori che hanno maggiormente concorso alla riduzione delle imprese attive sono l'insieme del commercio (-1.096 unità, -1,2 per cento), l'agricoltura, silvicoltura e pesca (-1.056 unità, -1,8 per cento) e le costruzioni (-968 unità, -1,4 per cento).
Segno rosso anche per l'industria manifatturiera (-676 unità, -1,5 per cento), al cui interno tre quarti dei comparti registrano una riduzione delle imprese, il trasporto e magazzinaggio (-249 unità, -1,8 per cento) e le attività immobiliari (-214 unità, -1,6 per cento).
Segnali positivi solo dai settori dei servizi, in primo luogo dell'aggregato del noleggio, delle agenzie di viaggio e dei servizi di supporto alle imprese (+415 unità, +3,6 per cento), quindi dalla crescita delle attività professionali, scientifiche e tecniche (+250 unità, +1,6 per cento), dei servizi di alloggio e ristorazione (+239 unità, +0,8 per cento) e dei servizi alla persona (+269 unità, +1,9 per cento). Spicca la rapidità della crescita delle attive nella sanità e assistenza sociale (+4,6 per cento) e dell'istruzione (+3,9 per cento), ambiti nei quali lo stato del settore pubblico ha lasciato ampi spazi all'imprenditoria privata.
Gli andamenti sono nettamente divergenti anche per le tipologie di forma giuridica delle imprese. La riduzione tendenziale della base imprenditoriale è stata determinata dal più forte andamento negativo delle ditte individuali, scese di 2.719 unità (-1,2 per cento) nonostante una più contenuta riduzione delle società di persone, diminuite di 1.743 unità (-2,2 per cento).
Queste ultime risentono negativamente dell'attrattività della normativa sulle società a responsabilità limitata, che sostiene l'aumento tendenziale delle società di capitale (+1.743 unità, +2,1 per cento), che è risultato però lievemente più contenuto rispetto all'anno precedente.
Un commento. C'è da considerare come gli effetti del ciclo economico si manifestino con ritardo sulla demografia delle imprese. Si riduce lievemente la natalità, resta invariata la mortalità, entrambe a livelli minimi, ma prosegue ancora la diminuzione delle imprese attive, nonostante la ripresa economica.
(Unioncamere ER 24 gennaio 2018)
La relazione quotidiana con la realtà che ci circonda è la fonte principale alla quale l'uomo si accosta per ampliare la propria conoscenza.
Di Guido Zaccarelli 21 gennaio 2018 - Non sempre l'uomo concede al mondo tutto ciò che riceve e laboriosamente ottiene con la forza del proprio impegno. Spesso trattiene buona parte delle proprie conoscenze per sé liberandole solamente quando percepisce intorno a sé la presenza di un clima sereno e di fiducia reciproca in grado di generare un diffuso stato di benessere psicofisico.
In una azienda dove il clima organizzativo è freddo e le relazioni umane sono frammentate, viene a meno da parte dell'uomo la disponibilità a concedere all'organizzazione la conoscenza, soprattutto quella invisibile. Solo la parte visibile viene accordata in virtù di un vincolo retributivo o in presenza di obblighi di altra natura.
È difficile fornire una definizione univoca di conoscenza, in quanto propria dell'uomo che si nutre e trova giovamento ogni giorno grazie alla relazione con il mondo.
I libri di testo riportano definizioni differenti agenti tutti nella direzione di offrire al lettore un variegato insieme di prospettive da rendere coerenti con l'interesse e le circostanze del momento. Com'è difficile definire la conoscenza altrettanto difficoltoso è attribuire un valore economico alla conoscenza, per via della sua natura immateriale.
È possibile rappresentarla numericamente attraverso questionari realizzati all'occorrenza per assegnare un valore economico proprio al contesto da misurare, sapendo della presenza di forti scostamenti tra i risultati ottenuti e i valori presi come riferimento.
L'iceberg è l'immagine impiegata per raffigurare la conoscenza che rende netta la separazione tra ciò che si vede e la parte sommersa. La parte visibile è ciò che l'uomo mostra e condivide con gli altri, quella sommersa è ciò che trattiene e che mette a disposizione del prossimo quando le circostanze favorevoli lo consentono.
Le condizioni si verificano in coincidenza di un clima mite che riscalda l'intero blocco di ghiaccio. Il calore generato dal clima positivo riduce la distanza tra le persone favorendo la prossimità del dialogo e la nascita di un sistema di relazioni alla pari che confinano nella reciprocità. La parte sommersa dell'iceberg si scioglie contribuendo ad elevare il livello dell'acqua della conoscenza fino a raggiungere la prossimità dell'azienda. I confini periferici delimitano il perimetro entro il quale la conoscenza inizia a produrre i propri frutti. Le persone iniziano a dissetarsi alla fonte comune della "Conoscenza Condivisa" e anche chi era collocato in periferia riesce a godere dei benefici comuni. È l'inizio di una nuova era.
L'azienda inizia a vedere in quesiti nuovi atteggiamenti la possibilità di impostare un nuovo modo d'intendere la relazione tra le persone e di intraprendere nuovi modelli di business orientati a fare crescere l'impresa nel medio e lungo periodo. I questionari contribuiscono a sostenere il management nel difficile compito di assegnare un valore attendibile alla conoscenza liquida che rappresenta una entità economica importante da massimizzare in investimenti umani e tecnologici. Una volta valorizzata partecipa a formare il bilancio dell'intangibile che le aziende dovrebbero redigere come fonte di analisi per intraprendere azioni collettive di buon governo organizzativo.
La conoscenza liquida partecipa attivamente alla formazione del MOL, Margine Operativo Lordo, quale importante indicatore di redditività di una azienda che non tiene conto degli interessi, delle imposte, del deprezzamento dei beni e degli ammortamenti. Il dialogo franco e spontaneo tra le persone e la disponibilità a condividere la conoscenza invisibile, consente all'azienda di contenere i costi dei dipendenti, l'accesso a soluzioni esterne e la presenza di una elevata burocrazia che rallenta tutte le fasi operative e strategiche.
È in corso un cambio culturale nelle aziende, complice un mondo che muta il contesto in ogni momento.
La conoscenza invisibile è un patrimonio importante per l'uomo, per l'azienda e per la società civile. Lasciarla sommersa significa non comprendere il vero significato, la portata e il contributo che potrebbe fornire per accrescere la redditività di una impresa e la sua capacità di competere in una scala sempre più ampia di valori etici, morali ed economici: non si vede bene che col cuore.
"L'essenziale è invisibile agli occhi". Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry
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GUIDO ZACCARELLI:
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
Curriculum: Guido Zaccarelli è referente dl Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola. Laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie. Dal 2008 è docente di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
La Conoscenza Condivisa entra in azienda e le persone sono felici. Avvertono dentro di sé che qualcosa è cambiato, respirano un'aria nuova, sentono di lavorare sereni e immersi in un diffuso stato di benessere che li gratifica e li rende partecipi di un disegno organizzativo collettivo nel quale si ritrovano per identità e senso di appartenenza.
di Guido Zaccarelli Modena 14 gennaio 2018 - Il senso di appartenenza è una dimensione fondamentale per l'uomo che lo riporta alle sue origini sociali, di vita di relazione, vissute all'interno delle comunità dove regnava la cooperazione prima che la dominazione prendesse il sopravvento. Luoghi sereni e sicuri in cui ritrovare se stessi in ogni circostanza per affrontare le difficoltà del momento.
Il senso di appartenenza, che potremo definire come «il significato vero che le persone attribuiscono all'unità di misura dello stare insieme.» Stare insieme nel benessere, ha un valore personale e sociale unico e inestimabile, consente di dare il meglio di sé in qualsiasi luogo, momento o circostanza, in modo naturale e spontaneo, senza pregiudizi di sorta.
"Lo scopo è lavorare in un ambiente felice". Anche le aziende devono dare prova di sé e dell'impegno assunto, non solo nei confronti del mondo che lo circonda ma anche di quello interno, scrivendo il curriculum nel quale riportare e rendere pubblico il contesto dove le persone lavorano e l'impegno assunto nel promuovere il valore delle persone.
"Il curriculum, non solo per le persone ma anche per le aziende: una relazione alla pari". Si profila in questo modo la nascita di una nuova linea di credito e di apertura verso un modo differente d'intendere la relazione di fiducia tra l'imprenditore e il lavoratore, "il protocollo della conoscenza condivisa", in grado di generare un sistema di credenze "senza linea di confine" aperto al dialogo e al confronto dialettico volto a rendere attrattiva la permanenza del lavoratore e favorire il grado di attrattività per l'inserimento di nuovi collaboratori.
Un cambiamento irrinunciabile a cui le aziende devono tendere nell'immediato futuro, per effetto dell'evoluzione dei tempi, che non premia solo la quantità in riferimento alla redditività d'impresa, ma sopra ogni cosa, il valore aggiunto associato alla qualità dei prodotti realizzati dai dipendenti che sostengono con la volontà del fare l'azienda nel loro difficile compito di fare impresa. Tutto questo nasce dalla consapevolezza dell'imprenditore che vede innanzi a se un futuro altamente tecnologico, dove l'attore principale non sarà solo la tecnologia, ma le persone senza le quali non sarà possibile raggiungere gli obiettivi predeterminati.
Sono imprenditori che si muovono sulla base dei risultati economici ed etici che desiderano raggiungere dalla propria comunità aziendale, come espressione di un bene sociale da coltivare e sviluppare nel tempo. Un modello di riferimento a cui ispirarsi per farlo rientrare nel linguaggio comune: "in questa azienda le persone sono felici, vieni a scoprire il perché", consolida la presenza del lavoratore e facilita l'inserimento di nuove entrate.
Per conseguire questo scopo serve la Conoscenza Condivisa.
Cos'è la Conoscenza Condivisa di cui tanto si parla?: "La Conoscenza Condivisa è il nome che identifica il comportamento delle aziende che mettono la persona al centro dell'organizzazione, é la presa cosciente dell'innesto di una nuova consapevolezza: per vincere le sfide offerte dalla globalizzazione le aziende devono creare al loro interno luoghi di lavoro felici dove le persone condividono in forma paritetica la conoscenza".
Come mai serve un nome per identificare il comportamento di una azienda, di un imprenditore che valorizza i suoi dipendenti?. Perché se diventa facile individuare un oggetto della realtà che ci circonda, un bicchiere, un gatto, è molto difficile definire e applicare un modello culturale e portarlo a fattore comune in modo che tutte le persone si possano identificare. Assegnare un nome e prescrivere delle regole facilita l'adesione collegiale e facilita la messa in pratica, una volta entrato nella dimensione quotidiana.
Il Protocollo della Conoscenza Condivisa è un insieme di regole condivise all'interno dell'azienda, a cui possono aderire al¬tre realtà aziendali per creare una rete di aziende che agiscono sulla base degli stessi valori. L'intento è di favorire la realizzazione di una rete della Conoscenza Condivisa per allargare e rendere comune il dialogo tra le persone dell'organizzazione per agevolare un confronto diretto e leale, sostenuto dalla fiducia reciproca e dal dono della gratuità. Il lavoro è lungo e difficoltoso. Se non partiamo non daremo mai a noi stessi la possibilità di tagliare il traguardo prima degli altri, per cambiare una realtà che ormai non ci appartiene perché espressione remota di un tempo passato.
Mettiamoci in marcia e affrontiamo insieme le avversità senza attendere che qualcuno raggiunga il traguardo prima di Noi per decidere del nostro futuro.
GUIDO ZACCARELLI:
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
Curriculum: Guido Zaccarelli è referente dl Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola. Laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie. Dal 2008 è docente di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bancarotta e omesso versamento IVA. La Guardia di Finanza sequestra beni per il valore di circa 1 milione di euro. Al termine di articolate attività investigative, i Finanzieri del Comando Provinciale di Rimini hanno dato esecuzione nei giorni scorsi ad un provvedimento di sequestro preventivo di beni per un valore stimato di circa un milione di euro nei confronti di un settantaduenne B.V., imprenditore del settore della vendita di automobili e ricambi, la cui società era stata dichiarata fallita nel 2015.
Le indagini di polizia economico-finanziaria svolte dai finanzieri e coordinate dalla Procura della Repubblica di Rimini, hanno consentito di accertare che i 4 indagati avevano posto in essere tra il 2014 e il 2015 una serie di condotte delittuose in danno dei creditori, ed in particolare anche dell'Erario, consistenti, in sostanza, nella falsificazione dei bilanci societari e nella dissimulazione dello stato di insolvenza della società, cosa che consentiva, nonostante lo stato di decozione della medesima, il ricorso abusivo al credito e quindi l'aggravamento di oltre 2 milioni del passivo della società, con una sopravvalutazione dell'attivo per circa 6 milioni di euro.
Dagli accertamenti contabili effettuati, relativamente alla dichiarazione dei redditi del 2013, emergeva che la società non aveva provveduto al previsto versamento dell'Iva dovuta per circa 900.000 euro, in violazione dell'art. 10 ter del Decreto Legislativo 74/2000, che per l'omesso versamento dell'imposta, superata la soglia dei 250.000 euro, prevede la reclusione da 6 mesi a 2 anni.
Pertanto, in presenza di tale ipotesi di reato tributario, condividendo le argomentazioni e sulla base delle relative risultanze investigative rappresentate dalle fiamme gialle la Procura della Repubblica di Rimini avanzava richiesta di sequestro preventivo "per equivalente" su disponibilità e beni di pari valore dell'imposta evasa.
Il G.I.P. presso il Tribunale di Rimini, ritenendo sussistere i presupposti che avevano portato ad avanzare la richiesta, ha emesso il provvedimento di sequestro preventivo per equivalente che è stato operato dai Finanzieri riminesi apponendo il vincolo giudiziario su 3 immobili e 10 terreni, per un valore complessivo stimato pari a circa 1 milione di euro, riconducibili a B.V., nella sua qualità di liquidatore della fallita.
A margine si coglie l'opportunità di segnalare che il Reparto operante, denominato Nucleo di Polizia Tributaria di Rimini, dal primo gennaio 2018 – in attuazione del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 - ha assunto la nuova denominazione di "Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria", al fine di meglio allineare la denominazione del Reparto con le funzioni di polizia economico – finanziaria a competenza generale attribuite alla Guardia di Finanza, restando tuttavia sul piano sostanziale ed ordinativo immutate le competenze e le attribuzioni.
(Rimini 6 gennaio 2018)