Martedì, 13 Maggio 2025 08:18

Pio XII e il Concilio. In evidenza

Scritto da Prof. Daniele Trabucco

La presentazione del Libro di Mons. Don Nicola Bux è stata l’occasione per un incontro seminariale di elevato profilo, grazie alle qualità espresse dai relatori che si sono alternati al microfono.

Belluno, 10 maggio 2025 – Quello che, almeno a partire dal titolo, poteva apparire una semplice presentazione di un libro, si è invece trasformato in un vero e proprio seminario magistrale, grazie alla qualità degli intervenuti, al punto che il moderatore, Lamberto Colla direttore di Gazzettadellemelia.it e Quotidianweb.it, in chiusura dell’evento ha suggerito agli organizzatori di progettare alcuni successivi seminari per approfondire le varie questioni rilevate, che vanno dall’aspetto teologico a quello dottrinale oltre che filosofico.

A fare gli onori di casa sono stati la Professoressa Adriana Bisirri Presidente della SSML/istituto di grado universitario "san Domenico" di Roma, che oltre ai saluti agli intervenuti ha voluto sottolineare la qualità dei seminari proposti dal Professor Trabucco, alla quale è seguito il dottor Michele Talò. Presidente del Polo territoriale ed accademico Unidolomiti della SSML/Istituto ad Ordinamento universitario “San Domenico” di Roma, che ha invece sottolineato l’attualità dell’argomento, il riferimento è ovviamente all’elezione del nuovo pontefice Leone XIV, “questo dimostra che le attività che facciamo hanno sempre una loro valenza, un loro seguito e anche per me è un piacere ascoltare quello che verrà detto. Buona partecipazione e buona continuazione.”

Il Dott. Sergio De Nicola - Sostituto Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Cagliari – sottolinea il contributo che (Pio XII ndr) diede nella stesura del codice di diritto canonico, quello diciamo vigente sino al 1983, posto che lui aveva, oltre alle lauree teologiche, anche conseguito la laurea in giurisprudenza in utroque iure, cioè sia in diritto civile che in diritto canonico. Poi svolse un ruolo non meno importante come segretario di Stato, quindi un ruolo diplomatico, che ebbe modo di esercitare favorendo la promulgazione di accordi bilaterali fra lo Stato e la città del Vaticano e alcuni degli stati europei più importanti, oltre ad avere sostanzialmente comunque collaborato, seppure in via indiretta alla stesura e la promulgazione dei patti lateranensi che furono in realtà poi elaborati principalmente da suo fratello Francesco, che invece era giurista e esercitò la professione di avvocato”.

Gli interventi introduttivi si sono completati con la professoressa Francesca Ferrazza - Referente e Coordinatrice didattica del Polo territoriale e di orientamento "Unidolomiti' di Belluno della SSML/stituto di grado universitario "san Domenico" di Roma – la quale rimarca quanto anticipato dal dottor Talo, riconoscendo “come sempre, non solo si tratta di argomenti di attualità e di grande interesse ma anche argomenti che spesso non vengono sviscerati. Papa Pio XII, papa Pacelli, è stato un grande papa, molto spesso dimenticato ma anche forse associato soltanto a determinati fatti, determinati eventi e quindi è molto importante che, in un contesto scientifico, in un contesto accademico, venga messo sul piatto un po' tutto, tutta la storia, tutta la dottrina di questi grandi personaggi e di questi grandi papi”.

L’ultimo intervento, prima della relazione introduttiva è del Prof. Daniele Trabucco Professore strutturato in Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Comparato presso la SSML/ Istituto di grado universitario "san Domenico" di Roma. “Sarò brevissimo, innanzitutto un buon pomeriggio a tutti. Il nostro è un piccolo polo universitario, una realtà universitaria libera e quindi possiamo organizzare e trattare temi che forse in altre realtà accademiche, pubbliche e private o non vengono trattati o se vengono trattati questo avviene con sufficienza. Noi oggi abbiamo l'onore di ospitare il reverendo Monsignor Don Nicola Bux, che è stato uno dei collaboratori principali del santo padre Benedetto XVI, ed  è uno dei coautori del libro, “Pio XII e il concilio”, insieme a Peter Gumpel e Alexandra von Teuffenbach.  Mons. Bux è una figura di ecclesiastico tra le più eminenti, è una persona legata alla fede, la dottrina, la tradizione e per noi è un onore averlo qui e sarà con la sua relazione introduttiva che si apriranno le danze di questo seminario. Grazie a tutti gli amici che hanno partecipato, grazie ai colleghi che sono qui, ai nostri studenti, grazie al direttore dottor Lamberto Colla che svolge come sempre un'impeccabile attività di moderazione quindi auguro davvero a tutti un buon lavoro e vi ringrazio di cuore.”

 1_Bux.jpegQuesto libro è stato pubblicato nel 2012, - introduce il Rev. Mons. Don Nicola Bux Teologo e già Consultore della Congregazione per le cause dei Santi della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti -  qualche anno dopo l'approvazione delle virtù eroiche di Papa Pacelli, che ovviamente hanno in certo senso concluso la causa e messa nelle condizioni di attendere il miracolo per la beatificazione, quindi con il 2008 Papa Pacelli è stato dichiarato venerabile secondo il grado previsto dalle cause dei santi.  E quindi questo libro vede il contributo innanzitutto del correlatore della causa, il padre tedesco Peter Gumpel, grande studioso, defunto qualche anno fa

Il teologo passa in rassegna tutti i passaggi salienti dell’opera del Papa Pio XII con la contestualizzazione storica oltre alle note problematiche connesse alla salute che colpirono il Santo Padre per circa 4 anni nei quali rischiò anche la vita.

Padre Gumpel – prosegue il teologo - cerca di descrivere i motivi che indussero Pio XII a non convocare il concilio pur diciamo, avendo Egli progettato di riprenderlo e non sto qui a descrivere i motivi perché sono molteplici, innanzitutto quelli della salute, perché già nel marzo del ‘51 avrebbe compiuto l'età di 75 anni, aveva alle spalle l'anno santo del ‘50 che lo aveva molto affaticato. Poi cominciarono a manifestarsi i prodromi della grave malattia che nel 54 fecero temere per la sua vita. Però vi erano altri fattori, Per esempio, a differenza di Giovanni XXIII, che pensava che il concilio potesse essere portato a termine nello spazio di circa due mesi, Pio XII era convinto che le discussioni conciliari, data la gravità delle materie da trattare e le differenti situazioni esistenti nei vari continenti, come pure le divergenze di mentalità, formazione scientifica, etc.,.  Inoltre si domandava se fosse responsabile allontanare per tanto tempo i vescovi dalle loro sedi, che erano situati in quei paesi che avevano sofferto durante la guerra, stiamo parlando ovviamente della seconda guerra mondiale. Pio XII sapeva che la stragrande maggioranza delle città tedesche erano state distrutte, ma anche l'Italia ha sofferto molto, non solo a causa dei bombardamenti a tappeto, ma anche durante le azioni belliche che avevano causato gravi distruzioni. Non era quindi il caso che i Vescovi, si interrogava più precisamente, restassero nelle loro diocesi per correre ai ripari anziché venire così frequentemente e per molto tempo a Roma. Poi l'altro motivo è che era scoppiata la guerra fredda tra la Russia e i suoi alleati, poi l'Europa orientale, in gran parte, metà della Germania, era dominata dai comunisti i quali probabilmente non avrebbero permesso di venire al Concilio ai Vescovi o avrebbero approfittato della loro assenza per liberarsi della loro non gradita presenza e poi non facendoli più ritornare in patria. Vedete come Pio XII si poneva a tutti questi problemi perché era un uomo con grande senso di realismo. Poi ci sono stati altri fattori come i problemi del vicino Oriente, la situazione in Giappone, la conquista della Cina da parte dei comunisti, eccetera. Ecco, per cui nella data del 4 gennaio 51 Pio XII disse che non avrebbe convocato il concilio e a questo subentra la pubblicazione dell'enciclica Humani Generis, con cui egli combatteva alcune false opinioni che minacciavano i fondamenti della Fede Cattolica e quindi a questo punto Padre Dumpel affronta la questione dei riflessi del Magistero di Pio XII sul Concilio Vaticano II.”

Pio XII viene definito comunque il Papa del concilio, pur non avendolo convocato né avendovi partecipato, perché nei documenti del Concilio Vaticano secondo, ci sono ben 180 riferimenti espliciti a lui, riferimenti espliciti nelle varie Costituzioni. “E quindi ben a ragione che Pio XII in certo senso costituisce la materia prima del Vaticano II e non solo perché è stato immediato predecessore di Giovanni XXIII e poi di Paolo VI, ma proprio perché la sua dottrina è così ampia che era impossibile praticamente prescindere.”

Segue il contributo della dottoressa Alexandra von Teuffelbach, di origine tedesca ma italiana, vive nei dintorni di Roma, che affronta il contributo sulla via del Concilio Vaticano II, una preparazione sotto Pio XII. È un contributo che purtroppo non posso illustrare perché è molto documentato, descrittivo, posto che la dottoressa Teuffelbach è una studiosa d'archivio, direi una assidua frequentatrice dell'archivio segreto del Vaticano, adesso si chiama Archivio Apostolico, e quindi in questa relazione lei documenta in maniera veramente ineguagliabile come è andata la preparazione a partire dal suo inizio.”

Verso la conclusione del suo intervento, Mons. Bux esplora il rapporto tra la Chiesa Cattolica e i gli ebrei e la carità. Quella carità silenziosa, non chiassosa, non clamorosa, che poi è una delle fondamentali caratteristiche della carità, non sappia la destra quello che fa la sinistra.

2_Poli.jpegUn saluto particolare a Monsignor Bux – interviene il Rev. Prof. Don Paolo Poli Docente di Storia Ecclesiastica presso lo studio teologico "san Zeno" di Verona e Presbitero nella Diocesi di Verona -

che ho avuto anche io il piacere di ascoltare in questi minuti davvero concetti molto interessanti, ma questo è dir poco, soprattutto originali, coraggiosi, di un aspetto del pontificato di Pacelli a volte misconosciuto o non così ben approfondito. come questo suo avvenire è purtroppo un caposaldo non troppo apprezzato, invece andrebbe veramente molto rivalutata la figura di Pio XII per profondità e coraggio e lucidità nei suoi pronunciamenti anche per la grande visione che lui aveva di tutte quelle che erano le cause della crisi della Chiesa che sarebbe stata imminente e che Pio dodicesimo ho cercato, almeno a livello intellettuale, filosofico e teologico, di contrastare. Un'immagine che io mi sono fatto di Pio XII  è che lui aveva questa percezione di una crisi della Chiesa ormai imminente che lui ha cercato di arrestare in tutti i modi e che però sarebbe poi inevitabilmente esplosa di lì a poco.

Una premessa per porre le basi per una possibile riflessione futura.

 “Mi addentro nello specifico nel mio argomento di oggi, che voleva essere appunto nel contesto che stiamo affrontando il rapporto Pio XII e la Chiesa del suo tempo, non certo sulla questione del concilio in quanto tale, ma la Chiesa appunto in quanto tale. Per questo mi è piaciuto rifarmi all'enciclica di Pio XII che per eccellenza parla della Chiesa e cioè la celeberrima enciclica Mystici Corporis firmata dallo stesso Papa il 29 giugno del 1943.Ecco, la bellezza e l'attualità da riscoprire di questa grande enciclica lascia trasparire anzitutto il grande rapporto di servizio e di amore di questo grande Papa, Eugenio Pacelli, per la Chiesa, per il bene della Chiesa. Se ripensiamo alla sua storia personale, al contesto nel quale operò Papa Pacelli, davvero emerge una figura molto coerente di un grande servitore e un grande innamorato di Santa madre chiesa. E quindi davvero questo è il contesto personale e generale in cui si trovò ad operare Pio XII e per cui scrisse questa enciclica.”

L’intervento del professor Martino Mora che segue, ha messo sale e pepe al seminario, entrando a gamba tesa sull’intervento principale di Mons Bux, contrastando apertamente le teorizzazione della importanza di Pio XII sul Concilio Vaticano secondo.

Dunque io ho assistito con molta attenzione alle relazioni precedenti e devo dire che per la parresia, per il dovere della parresia, cioè il dovere di dire la verità, quella che io ritengo tale, sono costretto purtroppo a dirmi in disaccordo con l'interpretazione dottissima, di Monsignor Bux. Il nucleo centrale dell'interpretazione di Monsignor Bux sia quella di un Pio XII preparatore in vari modi del Concilio Vaticano II che poi ha ovviamente, si tratta di una preparazione, diciamo, una sorta di avere messo i segni di quell'albero che poi per motivi della sua morte nel 1958 non ha potuto assistere, ma dal punto di vista teologico Monsignor Bux ha affermato che vi sarebbe stata questa preparazione da parte di Pio XII e se non ricordo male durante la sua dotta relazione, ha citato anche Giovanni Paolo II che avrebbe appunto sostenuto che preparò teologicamente, che Pio XII, Papa Eugenio Pacelli, preparò teologicamente. A me sinceramente sembra una, come potremmo dire, una interpretazione poco credibile, in quanto già con l'Humani Generis del 1950 Papa Pio XII condannò la Nouvelle Theologie e le tesi della Nouvelle Theologie, ritenendole fondamentalmente relativiste dal punto di vista dei contenuti della fede e dei dogmi”.

Il professor Mora si addentra anche nella contestazione per ciò che riguarda il dialogo interreligioso con le altre confessioni cristiane, chiamiamole così, con il protestantesimo, con gli ortodossi. “Non c'è nulla di tutto questo nell'opera di Pio XII. È vero che c'è stato da parte di Pio XII un'opera estremamente caritatevole nei confronti degli ebrei, ma nei confronti del giudaismo teologico non c'è nulla in Pio XII che anticipi successivi sviluppi del dialogo, chiamiamolo così, giudaico cristiano tra chiesa cattolica, tra chiesa cattolica e mondo giudaico”.

4_Rocco_Vitale.jpegIn testa al suo intervento il Prof. Aldo Rocco Vitale - Docente di Filosofia del Diritto presso l'

Università Europea di Roma - si pone in atteggiamento critico rispetto al professor Mora. “Io dico che non sono d'accordo con le ultime cose che ho sentito, soprattutto su Maritain, vorrei intervenire su questo, ma questo ci porterebbe fuori traccia rispetto al tema che ci siamo fissati, dico solo che Maritain senza dubbio non è un filosofo perfetto e ha un sistema di pensiero perfetto, ma nessuno ce l'ha .Detto questo, Maritain comunque ha il grande merito di aver riproposto la riflessione, il pensiero tomista all'interno di un contesto storico-culturale, quale è stato quello novecentesco, che probabilmente è stato il più lontano e il più antitetico dal pensiero tomista. Quindi senza dubbio è legittimo non condividere magari alcuni processi del pensiero maritaniano, ma condannare e cestinare nella sua interezza l'opera di Maritain ho i miei dubbi perché Maritain, ripeto, ha questo merito metodologico, ma anche dei meriti sui singoli argomenti, per esempio la sua opera sulla filosofia morale in cui praticamente smantella letteralmente pezzo per pezzo quello che è il relativismo e anche l'ognosticismo presenti all'interno della morale materialistica e socialista così ampiamente diffusa nel ventesimo secolo.  Ritengo che sia una posizione che noi tutti dobbiamo riconoscere di grande merito dello sforzo intellettuale e filosofico di Jacques Maritain. Comunque, fatta questa piccola chiosa, mi permetto di dire che noi, quando parliamo di Pio XII, e sono contento che già sia considerato un venerabile, dobbiamo distinguere il piano storico da quello dottrinale. Perché? Perché non gli renderemmo un buon servizio se ci limitassimo soltanto a considerare uno dei due aspetti”.

Su Pio XII si sono addensate delle nubi oscure che sono state volutamente prodotte in funzione anti-ecclesiastica, in funzione anti-clericale, “direi in funzione anticristiana prima ancora che in funzione antipacelliana. Distruggere l'opera, la figura, i meriti storici e dottrinali di Pio XII non è stata un'operazione soltanto tesa a offuscare la persona del pontefice Pio XII o di Pacelli, ma anche e soprattutto quella di oscurare una delle più grandi parentesi diciamo di umanità e di profondità teologica del cristianesimo proprio quando tutto il mondo nel novecento, soprattutto nella prima metà del novecento, volgeva alle spalle alla tradizione teologica e morale cristiana. Cosa voglio dire? Voglio dire che tutte le accuse che gli sono state mosse di non aver ostacolato l'olocausto, di non essere riuscito ad aiutare gli ebrei, di essere stato addirittura il Papa di Hitler, ci sono alcuni che sostengono ancora oggi, sono tutti questi risultati frutto di una menzogna che è stata costruita e progettata a tavolino. Tutto questo, questa che poi è denominata da alcuni storici la leggenda nera intorno a Pio XII, nasce in un preciso istante della storia novecentesca, con dei personaggi, con dei protagonisti che si sono operati, che si sono azionati per ottenere questo risultato che ancora oggi noi spesso ritroviamo in modo automatico ripetuto in vari contesti culturali, perfino cattolici. Non sono pochi i casi in cui mi sono ritrovato anche a discutere con vescovi, con sacerdoti che guardano con sospetto alla figura di Pio XII basandosi proprio su questa menzogna e cioè sul fatto che Pio XII non si sarebbe opposto all'azione nazista hitleriana. Ebbene tutto questo sapete quando nasce? Nasce e ce lo dice, non lo dice Aldo Vitale, ce lo racconta, ce lo raccontano vari storici ma soprattutto ce lo racconta il capo dei servizi segreti comunisti rumeni che era il generale Ion Mihai Pacepa, allora quando in un articolo che è stato pubblicato alla fine degli anni 2000 racconta come nasce l'operazione Pio XII. Nel 1963, vi leggo qualche rigo perché così facciamo prima, ma rende con chiarezza quello che Pacepa racconta perché è stata una triangolazione fra il sistema comunista tedesco, quello sovietico Moscovita e i servizi segreti rumeni e tutti quelli della galassia sovietica che si sono mossi in questo senso per creare questo falso storico che ancora noi dopo quasi 70 anni ci portiamo appresso. Nel 1963 il generale sovietico Ivan Agayants, famoso capo del dipartimento di disinformazione del KGB, atterrò a Bucharest per organizzare questo genere di operazioni. L'operazione aveva un codice, si chiamava SIT 12 e si era sostanzialmente concretizzata nella creazione ad arte di un lavoro teatrale che riguardava Pio XII.”

Il professor Rocco Vitale conclude che dal punto di vista metodologico  è ineccepibile la tesi di Monsignor Bux. “Ma tornando a quello che dicevo prima, tutto questo, come si evince il collegamento fra le risultanze conciliari e i documenti di Pio XII, si trova proprio nel fil rouge sul celibato ecclesiastico. Il concilio Vaticano II, anche ammessa la tesi che sia stato un concilio rivoluzionario, e dubito che lo sia stato perché non è stato un concilio dottrinale dogmatico, quindi non credo che abbia revocato mai tutto ciò che è venuto prima, anche su questo dovremmo effettuare una riflessione.”

Caterina Berardi, docente di storia del Cristianesimo presso l’Università di Foggia,  sottolinea come la figura di Pio XII sia stata particolarmente dibattuta, poco apprezzato e soprattutto poco compreso.

A prendere la parola è ora il Prof. Avv. Rudi Di Marco - Professore di Diritto Commerciale presso la SSML/istituto di grado universitario "san Domenico" di Roma. Avvocato del Foro di Udine – il quale avverte “più ancora che in altre circostanze, che si tratta di una materia, vasta e complessa, quale appunto è la storia della chiesa, e soprattutto la sua «lettura» dal punto di vista teologico e dottrinale, quindi oltre il nozionismo fine a sé stesso.

5_Rudi_di_marco.jpegNon è mia presunzione, in questa sede, ascendere, nell’ambito del breve intervento che svolgo, a livelli di analisi e di concettualizzazione i quali lascio, con interesse e curiosità intellettuale, a colleghi assai più esperti di me nella materia.

Dovendo comunque adempiere l’impegno assunto – promissio boni viri est obligatio, si ammoniva un tempo – mi limito a rilevare che l’apparente provocazione anti-storica contenuta nel titolo del volume, il quale appunto fa riferimento a Pio XII e al Concilio Vaticano II, invero di molto successivo alla fine del di lui pontificato, quindi a contesti che parrebbero impermeabili l’uno all’altro, è in realtà assai «felice» dal punto di vista logico, almeno a  mio parere. Ed essa è particolarmente efficace dal punto di vista espressivo – aggiungo – giacché essa stessa pone il tema del Concilio, e meglio dovrei dire del suo «spirito», innanzitutto come tema da svilupparsi e non come dogma da assumersi o come spettro da nascondersi; e in secondo luogo come problema da leggersi non isolatamente, quanto piuttosto in una dimensione di trasversalità concettuale la quale, prima lo anticipa, in un certo senso, rispetto allo stesso Concilio, quasi a porsi a modo di causa o concausa del Concilio medesimo, a elemento che ne provoca, o almeno ne suggerisce l’indizione; e dopo ne travalica – se così posso dire – i confini, sia temporali, sia dottrinali, insinuandone nella prassi pastorale e nell’ermeneutica delle riforme l’orientamento, il clima, l’effetto indiretto. Vale a dire… quello che alcuni definiscono, per l’appunto, come spirito del concilio: uno spirito – per rimanere in quest’ambito lessicale – che è dunque precedente al Concilio, immanente nei suoi lavori, e successivo alla sua chiusura, quasi ne fosse l’eredità nascosta.”

Per il professor Di Marco, Pio XII e il Concilio  non sono capitoli distinti del grande volume che raccoglie la storia, altrettanto grande, della santa Chiesa cattolica, apostolica e romana, quanto piuttosto essi sono due paragrafi di un unico capitolo, il quale, attraversando le epoche, pone a tema tradizione e innovazione della pastorale rispetto alle sfide del modernismo politico, sociale, giuridico e teologico cui di fatto si ispira la cosiddetta nouvelle théologie

La questione della cosiddetta. Nouvelle théologie – e questo uno dei ponti, forse il maggiore, che unisce Pio XII al Concilio – rappresentava proprio il problema per risolvere il quale già nel pontificato di Pio XII albeggiava l’ipotesi di un Concilio. Le prese di posizione, però, di Papa Pacelli, che in termini più o meno chiari possono rinvenirsi quantomeno nell’Enciclica Humani generis del 1950 e nella precedente Medaitor Dei del 1947 (forse anche nella Mystici Corporis Christi del 1943), sono di netta opposizione e di fermo rifiuto di ogni deriva modernista. Egli, cioè, nella condanna del modernismo, in particolare di quello teologico, rimase in piena sintonia e continuità ideale con il grande pontificato di san Pio X e in particolare con i principii della sua Enciclica Pascendi Dominici gregis del 1907.”

Proseguendo nella analisi critica del Concilio Vaticano II Di Marco giunge ad affermare che

Il punctum dolens, allora, concerne, sotto un primo rispetto, l’orientamento c.d. pastorale assunto dal Concilio Vaticano II, orientamento che ha sostanzialmente evitato, almeno da un punto di vista di stretto rigore formale, la questione dogmatico-dottrinale. Sotto un secondo rispetto, però, il problema riguarda il ruolo di peritus che proprio in funzione dei lavori conciliari è stato assunto (perché affidato) da molti esponenti della c.d. Nouvelle théologie: per esempio da Rahner e Küng, che collaboravano alla rivista Concilium fondata nel 1965, e da De Lubac, Balthasar, Kasper e altri che invece appartenevano a una diversa corrente, condensatasi attorno alla rivista Communio fondata nel 1972.

Il risultato che ne è uscito è quasi paradossale, giacché ferma restando la dottrina tradizionale, e in questo senso il depositum fidei, la pastorale, con tutto ciò che ne deriva e che ne è derivato, da un lato ha assunto un ruolo trainante e propulsivo, abbandonando il suo naturale ruolo ancillare rispetto alla dottrina stessa, e dall’altro se ne è carsicamente discostata indulgendo proprio verso gli stilemi proposti e imposti da quella che Pietro Parente, prima, e  Garrigou-Lagrange dopo, hanno appunto definita teologia nuova o, alla francese, Nouvelle théologie.

La pastorale, però – rammento a questo rispetto una interessante conferenza di Brunero Gherardini che la paragonava, provocatoriamente, all’araba fenice – non può né darsi concettualmente, né aversi praticamente senza, al di fuori o indipendentemente dalla dottrina. Aggiungo: da una solida, certa e sicura dottrina. Giacché alla pastorale senza dottrina, o alla pastorale che rivendichi di derivare da sé stessa una dottrina lato sensu provvisoria, una dottrina dal basso o dialogata, parlamentaristica, sinodale et similia, in verità manca l’oggetto. Essa è, al netto di ogni buonismo ecumenista, una pastorale del nulla. Forse essa sarà pure una pastorale inclusiva, ma l’inclusione senza criterio porta alla dissoluzione, al caos, non alla comunità.”

Infine, l’avvocato Rudi Di Marco andando avviandosi alle conclusioni, considera quanto il tema dottrinale e teologico, sia complesso e ampio tanto da poter essere oggetto di ulteriori approfondimenti. “Quella del pastore, tuttavia, che raccoglie attorno a sé le proprie pecore e che per loro dà la vita, come insegna Gesù (Ego sum pastor bonus; bonus pastor animam suam ponit pro ovibus [Gv: 10, 11]) è – direi sinteticamente – l’arte di pascere – nomina sunt consequentia rerum – e si può pascere, appunto, e guidare il gregge, quindi esercitare bene l’arte del pastore, la pastorale, per rimanere nella metafora, solo disponendo del giusto e opportuno alimento per il gregge stesso e solo conoscendo precisamente la via che esso deve percorrere. E ciò sotto pena – se così posso dire – di inverare il pericolo dal quale il Vangelo di san Luca ammonisce di guardarsi: “numquid potest caecus caecum ducere? Nonne ambo in foveam cadent?” (Lc: 6, 39).

Il cieco che guida il cieco, e quindi il pastore che eserciti una pastorale senza che essa sia illuminata dalla luce radiosa e limpida della sana e vera dottrina, in altre parole da Cristo che è “via, veritas et vita” (Gv: 14, 6), come riporta san Giovanni nel suo Evangelo, è un pastore cieco che conduce le pecore del suo gregge verso il pericolo e verso lo smarrimento, non le pasce e non le guida.

Qui appena bisognerebbe iniziare il discorso, ma il tempo a disposizione non lo consente.”

Il Prof. Matteo Orlando Direttore del quotidiano online "inFormazione Cattolica”  è intervenuto ripristinando l’attenzione sui valori del magistero di Pio XII. “Sottolineo che l'opera di Pio XII, secondo me, preparò il terreno sia teologicamente che pastoralmente per il Concilio Vaticano II.

La sua fu una sorta di semina che poi il concilio farà germogliare. Quel suo pontificato di quasi 20 anni, 19 anni, dal 1939 in poi, fu segnato da riforme, da orientamenti che anticiparono sicuramente alcuni temi del concilio, che poi il concilio sviluppò in maniera più sistematica. io vorrei intanto cominciare con la parte mariana. Lui nel 1950 come sappiamo proclamò il dogma dell'assunzione di Maria e ciò riflette la centralità della figura mariana.  Poi nell'Egidia Mistici Corporis Christi che abbiamo citato, che hanno citato diversi relatori, presentò la Chiesa come Corpo di Cristo e superò questa visione, una certa visione puramente giuridica gerarchica, ma riaffermò una visione invece più spirituale e questa visione fu ampliata poi con la Costituzione Lumen Gentium che parla di Chiesa come Popolo di Dio e che non elimina la concezione di corpo mistico.

Poi Pio XII, corpo mistico sottolineo che è stato citato tra l'altro anche oggi da Papa Leone XIV durante l'Omelia davanti ai Cardinali nella Cappella Sistina. Poi Pio XII ancora, introdusse delle riforme liturgiche per quanto riguarda i riti della settimana santa, in particolare se non ricordo male durante gli anni 50 del secolo scorso.

Lui riformò la regia pasquale nel Salvato Santo e promosse anche lo studio della liturgia come scienza pastorale e e queste riforme sicuramente contribuirono al documento Sacrosantum Concilium per il Vaticano II.

7_minchillo.jpegRoberta Minchillo, giornalista di quotidiano web, contesta in buona misura l’intervento di Martino Mora da appassionata cattolica e studiosa di teologia.

Io sono profondamente in disaccordo rispetto ad alcune affermazioni del dottor Mora rispetto alla dichiarazione nostra etate. Mi permetto, con molta umiltà di dire questo, perché profondamente cattolica dalla nascita, amante di Cristo e della sua Chiesa e quindi sono una persona che mi sono sempre documentata. Tra l'altro studio anche lettere e ho sostenuto l'esame di storia del Cattolicesimo e del Cristianesimo. Io trovo che il dottor Martino Mora abbia fatto una considerazione della nostra etate che io ritengo un po' demonizzante, l'ha parecchio demonizzata, tra l'altro dandone una lettura che io ritengo non essere quella giusta. Il compito della nostra etate è questo, infatti, nel nostro tempo in cui sempre più strettamente cresce l'interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non cristiane. Quindi lo scopo della nostra etate è quello di riconoscere che non esiste al mondo solo il cattolicesimo, ma esistono anche altre religioni con i quali comunque noi ci dobbiamo relazionare.”

Io penso – prosegue la Minchillo , che bisogna avere sempre un approccio con i documenti conciliari, con la storia della Chiesa e quant'altro, sempre un approccio fortemente critico, quindi non lasciarsi troppo, secondo me, andare un po' alle emotività. ecco secondo me è un approccio emotivo, quell'approccio che spinge qualcuno ad sostenere che la nostra età sia stato l'inizio e il principio di quello che poi ha portato Papa Francesco a dare vita insomma a quello che è accaduto con la paciamama che, chiaramente, lo voglio dire apertamente io ho trovato strano e chiaramente in qualche modo non ho appoggiato”.

Completati gli interventi in scaletta, Mons. Bux chiede di rispondere alle questioni mosse dal professor Martino Mora.

In merito all'influenza del Magistero di Pio XII sul Concilio Vaticano II si afferma che Pio XII non ha convocato il Concilio Vaticano II ma è fuori dubbio che attraverso il suo magistero ha dato un contributo essenziale alla preparazione e allo svolgimento di esso. In questo contesto due posizioni estreme sono da evitare. È naturalmente sbagliato l'atteggiamento di coloro che non hanno capito o non hanno voluto capire che il Vaticano II non è, non poteva e non doveva essere, una semplice ripetizione degli insegnamenti bibliologici. Il tempo non si è fermato con la morte di questo grande Pontefice, ma la riflessione sulla Chiesa e l'attività che essa deve svolgere è continuata ed è quindi del tutto normale che i testi conciliari ne manifestino i risultati. Dall'altra parte è certamente non meno grave l'errore di coloro secondo i quali affermazioni di questo genere sono false ma addirittura assurde ed è difficile capire come mai si è potuti giungere ad una siffatta perversione della verità storica. Ed ecco i fatti.

Nei loro interventi conciliari, orari e scritti, i padri delle più svariate tendenze citano ben oltre mille volte di insegnamenti di Pio XII per giustificare le loro proposte.

Non a tutti i documenti conciliari è stato aggiunto un apparato scientifico di note, ma quelli che le hanno, ad eccezione del riferimento alle sacre scritture, riferiscono alla dottrina di Pio XII molto più che a qualsiasi altro autore, ili compresi i padri e i dottori della Chiesa.”

Il teologo prosegue quindi con ulteriori dettagli a conferma della tesi aggiungendo numeri e riferimenti bibliografici.

Infine Mons Bux si esprime anche sulla questione della nouvelle théologiequi è una saga, sottolinea l’altro prelato - permettetemi di dire, perché hanno cercato di presentare questa nouvelle théologie come la quintessenza del modernismo, la contrapposizione contro la dottrina eccetera eccetera. Attenzione, nella Chiesa la teologia non è la dottrina, sono due cose distinte. La dottrina è l'insegnamento che il cristiano cattolico è tenuto a conoscere e alla quale obbedire. La teologia è invece lo di ricerca della dottrina. Quindi nella teologia, essendo scienza, è legittimo che ci siano riflessioni, interpretazioni che vadano avanti e indietro. Martino confonde la teologia con la dottrina, la teologia ha uno statuto disciplinare come qualsiasi materia scientifica, sebbene abbia delle sue peculiari caratteristiche che consentono al teologo, ovviamente, di avanzare nelle sue ricerche, quindi non si può confondere la dottrina ed è chiaro che va posta sempre attenzione a che i teologi non vadano fuori binario.”

In conclusione il seminario ha lasciato aperte molte questioni che, come sostenuto dal moderatore Lamberto Colla, varrebbe la pena di approfondire organizzando incontri tematici specifici. Un invito agli organizzatori e ai relatori presenti a proseguire in forza delle loro profonde competenze che non possono completarsi nel ristretto contesto di un unico seminario.

Ringrazio personalmente l’istituto universitario per la preziosa occasione e i relatori che hanno affascinato con relazioni di alto pregio”.

 

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