È possibile che prediche molto lunghe potrebbero far distrarre i fedeli, e ad onor di cronaca anche Papa Benedetto XVI aveva mosso una riflessione riguardo alle omelie e alla loro durata. Infatti, nel 2008 egli riunì un’assemblea generale del Sinodo dei vescovi, dedicata alla "Parola di Dio", suggerendo la nascita di un "direttorio sull’omelia" ed elencando una serie di indicazioni pratiche, tra cui la brevità della predica. Poi, nel 2015 la congregazione per il Culto divino produsse un "direttorio omiletico", che non dava indicazioni di tempo, ma Francesco è sorprendente, perché fissa addirittura un tempo massimo, otto minuti.
Ecco le sue parole: “…più di otto minuti, la predica si svanisce, non si capisce, e questo lo dico ai predicatori (a queste illuminanti parole seguono gli applausi giubilanti degli astanti, mentre Bergoglio sorride compiaciuto, dopo aver sottolineato: vedo che vi piace sentire questo)”.
E continua, lui che è così pragmatico: “…Anche tante volte vediamo gli uomini, che quando comincia la predica, vanno fuori a farsi una sigaretta e poi rientrano di nuovo (che Bergoglio abbia scambiato la Santa Messa, per la pausa tra la prima e la seconda parte di un film al cinema? Durante le prediche al massimo ho visto uomini appisolarsi, ma mai uscire fuori per” fumare e poi rientrare!), e ritorniamo ai tempi della omelia: “…(la predica) non deve andare oltre i 10 minuti, no mai! Questo è molto importante”.
Per Papa Francesco è necessario stabilire un limite di tempo, che lui stima in otto, dieci minuti al massimo, e ritiene che “limitare” le “prediche” sia qualcosa di “molto importante”.
(sarebbe bello se il Papa usasse un linguaggio più inerente a ciò di cui sta parlando, ma la sua “tecnica comunicativa” è molto al passo con i tempi e in linea con un messaggio che deve coinvolgere la “massa”, pertanto da questo momento sarebbe più opportuno utilizzare il termine omelia, anziché “predica”).
Che il tema della brevità delle omelie, ecciti la “massa” è evidente dagli applausi, ed è questa la preoccupazione di questo Papa, dato che gli applausi lo esaltano. Questa è la “tecnica comunicativa” tipica di Bergoglio, e cioè, esaltare la “massa”, affrontare un tema importante, per poi sminuire il tema stesso con le sue illuminanti esortazioni. Altro che Spirito Santo, elemento imprescindibile per l’Evangelizzazione, come egli stesso sottolinea, la sua è una tecnica comunicativa ben collaudata. Basta ascoltare i suoi discorsi o leggere i suoi scritti, per capirlo. Qual è la finalità di una simile tecnica? Distrarre l’ascoltatore da ciò che è davvero importante, per evitare di parlare di ciò che è davvero importante.
Importante nell’omelia non è il tempo, è il contenuto, perché è il contenuto, ciò che viene detto e il “fervore” con cui viene detto, che viene dallo Spirito Santo a parlare ai cuori, a smuovere le coscienze, a far riflettere. E chi se ne importa se l’omelia dura otto, dieci, dodici minuti.
Il problema di Francesco è un “finto” problema”!
E che sia un “finto problema” lo dimostrano le sue parole che, questa volta, asseriscono al “contenuto” dell’omelia. Dice infatti Francesco: “I predicatori devono predicare un’idea, un affetto e un invito a fare”.
Eh! Cosa vuol dire predicare un’idea (quale idea?), un affetto (per chi?) e un invito a fare (cosa?).
È tutto molto chiaro! Si, in effetti, è molto chiaro, da queste, incomprensibili esortazioni, qual è la “tecnica comunicativa” di Papa Francesco e le sue finalità: evitare a tutti i costi di “fare chiarezza”.