Lunedì, 14 Settembre 2020 15:32

Infiltrazioni mafiose. Società immobiliare sottoposta a controllo giudiziario In evidenza

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Il Tribunale di Bologna ha predisposto il provvedimento per un anno per bloccare i tentativi di infiltrazione mafiosa in un’importante società che opera nel settore edilizio da un decennio. Le indagini sono partite dopo un cambiamento societario.

Reggio Emilia 14 settembre 2020 – Un’importante società di costruzioni immobiliari che opera sul mercato da circa dieci anni è stata sottoposta dal Tribunale di Bologna a controllo giudiziario per bloccare i tentativi di infiltrazioni mafiose.

Si tratta di un provvedimento unico in Italia, perché deciso in forma congiunta dal Procuratore distrettuale di Bologna e dal Questore di Reggio Emilia, con il supporto del Servizio centrale anticrimine della Polizia di Stato.

In base al “decreto di sottoposizione alla misura di prevenzione del controllo giudiziario”, questo il nome tecnico del provvedimento, l’attività dell’azienda sarà controllata per un anno da un amministratore nominato dal tribunale, e sarà sotto la lente di un giudice delegato. L’amministratore potrà effettuare a sua discrezione accessi nell’azienda, intrattenere rapporti con i soci, controllare gli atti di acquisto, esaminare le scritture contabili, tenere monitorati sia i partner commerciali che i prestatori d’opera.

Il provvedimento, che è stato disposto ai sensi dell’articolo 34 bis del decreto legislativo 159/2011, è meno invasivo rispetto all’amministrazione giudiziaria e consente alle aziende di continuare a esercitare la propria attività per la salvaguardia occupazionale, quando il quadro non è ancora del tutto compromesso.

Ma come si è arrivati al controllo giudiziario? La società è finita sotto la lente degli investigatori della Questura di Reggio Emilia in seguito a un cambiamento societario. I nuovi soci, infatti, erano riconducibili a una famiglia connessa ai cugini Salvo, originari di Palermo, il cui capofamiglia è già stato condannato per associazione mafiosa e nel 1992 aveva subito un agguato da parte di grandi nomi di “Cosa Nostra”, tra cui Giovanni Brusca e Leoluca Bagarella.

Le indagini hanno anche rilevato che la società stava cominciano a favorire ditte facenti capo a gruppi di criminalità organizzata appartenenti al clan Grande Alacri di Cutro. Da qui, le ragioni del provvedimento.